Dopo il calo delle funzioni olfattive, che sono un sintomo dell’infezione da Covid-19, l’olfatto diventa importante anche per lo studio di chi ha subito lesioni cerebrali
Un biomarcatore della coscienza che viene stimolato dal fiuto e dal riconoscimento di certi odori. È questo che ha indirizzato un gruppo di neurobiologi del Weizmann Institute of Science ad un nuovo studio. Il test ha dimostrato che il corpo reagisce agli odori piacevoli o sgradevoli. Il modo in cui avvengono le reazioni a questi stimoli olfattivi indirizza le cure per il recupero dei pazienti che hanno subito danni cerebrali. Gli odori formano buona parte della nostra memoria, sono legati a situazioni positive e negative. Fissano momenti precisi in modo indelebile. Una diagnosi con la puzza del pesce marcio
Gli odori familiari
Reagiamo istintivamente agli odori che ci sono familiari, sia che siano buonissimi sia che siano pessimi. Ci turiamo naturalmente il naso per evitare di provare una sensazione fastidiosa in presenza di una puzza. Anche se la puzza è solo immaginata e non realmente esistente. I calzini appallottolati ci fanno arricciare il naso ancor prima di sapere se sono veramente usati o solo arrotolati male. Al contrario quando attendiamo di confrontarci con un buon odore inspiriamo profondamente, pronti a raccogliere l’esperienza di un buon profumo o di un dolce. Questa capacità di distinguere tra odori positivi e negativi si è evoluta nei millenni. La costruzione di questo spettro di aromi si lega alle emozioni.
Malattie degenerative
La relazione primordiale che lega l’olfatto e le funzioni neurali è stata individuata da tempo. Infatti i test olfattivi vengono già utilizzati per diagnosticare precocemente i segni di malattie neurodegenerative. Le malattie degenerative come il morbo di Alzheimer e il Parkinson sono tra i più studiati. Gli studiosi hanno elaborato un test su 43 pazienti affetti da disturbi della coscienza. Alcuni di loro erano in coma dopo aver subito traumi.
Due odori contrastanti
L’esperimento è stato condotto con due odori molto diversi. Il profumo fruttato di uno shampoo e pesce in putrefazione. È stato misurato il volume di aria inspirato quando sottoposti ai due diversi odori. Coloro che non hanno reagito sono stati etichettati come non reattivi. Un gruppo di loro però ha mutato il volume d’inalazione quando sono stati sottoposti al fetore di pesce marcio. Tra coloro che hanno dimostrato anche una minima reazione, il 90% sono riusciti a sopravvivere e a recuperare molte funzioni. Tra coloro ritenuti non reattivi solo il 35% è sopravvissuto a lungo tempo.
Un semplice test empirico
Un semplice test empirico che però ha fornito dati interessanti per lo sviluppo successivo delle cure. I pazienti che rispondevano alla prova di fiuto aveva una maggiore possibilità di avere una ripresa. In abbinamento con altri test consente di individuare i soggetti destinati a ritrovare una buona qualità della vita anche dopo traumi serissimi. Un pesce marcio potrebbe aiutare a avere un diverso approccio alla malattia ed essere un ulteriore stimolo per ricostruire una coscienza nel futuro. Una diagnosi con la puzza del pesce marcio
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