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Un diamante maledetto da restituire

Un diamante maledetto da restituire

Il celebre Koh-i-Noor appartiene al tesoro della corona britannica, ma la leggenda vuole che porti malasorte

L’opinione pubblica è divisa su un argomento che riguarda l’etica, la correttezza morale e la giustizia. Si devono restituire le opere d’arte ed i preziosi trafugati, rubati, o ottenuti con l’inganno? Le nazioni colonialiste han fatto man bassa di opere d’arte di grande valore, ed ora sempre più musei sono disposti a cederle ai legittimi proprietari. Le campagne napoleoniche e i furti compiuti dall’esercito tedesco durante la II Guerra mondiale, sono chiari esempi e gridano vendetta. Ma i furti dei tesori di altre nazioni, fanno parte della storia da millenni. Molti paesi africani, americani e asiatici, sono stati spogliati delle loro risorse e dei loro oggetti più preziosi ed iconici. Lentamente alcune di quelle opere stanno rientrando a casa loro. Però non tutte. Un diamante maledetto da restituire

Giustizia a corrente alternata

Sta accadendo che alcune opere non vengano prese in considerazione, in questi legittimi atti di restituzione. Perché è corretto restituire l’obelisco di Axum ed invece non si fa lo stesso con il diamante Koh-i-Noor? La “Montagna di Luce” è stato ottenuto con l’inganno, frodando un giovanissimo re di soli 10 anni. Dopo molte vicissitudini e tremende guerre fratricide, il diamante era rimasto di proprietà di due dei superstiti della famiglia reale, madre e figlio. Imprigionata la madre, fu semplice per gli inglesi far firmare ad un bambino inesperto, un documento che ne sanciva la proprietà ai britannici.

Passaggi di mano

L’origine del diamante si perde nel tempo, è una gemma alluvionale, trovata tra le sabbie di un fiume. Ha fatto parte del tesoro personale di molte famiglie reali, ed è stato la causa di vere e proprie faide familiari. Più un simbolo di potenza, che di bellezza. Tra gli eventi malefici che lo hanno contraddistinto, un figlio accecato dal padre, e un principe assassinato versandogli sul capo oro fuso durante l’incoronazione. Ha scatenato appetiti insaziabili, divenendo un simbolo di potere, disponibile solo per le caste più nobili, le uniche in gradi di indossare diamanti. Fu incastonato nel trono di pavone di Mughal, l’invasore venuto da occidente, che fece costruire il Taj Mahal. Nel suo scranno condivideva il ruolo di pietra più preziosa con un enorme rubino. Per costruire quel trono tempestato di gemme, servirono 7 anni ed un costo inimmaginabile.

Un diamante maledetto da restituire

Persiani affamati di gioielli

La ricchezza di Mughal e del suo regno, attirò le attenzioni del persiano Nadir Shah. Questi invase l’India, conquistò nuova Delhi e rubo tutto ciò che riuscì ad arraffare. Il tesoro era così immenso che servirono 700 elefanti, 4.000 cammelli e oltre 10.000 cavalli per trasportarlo. Anche il trono con la testa di pavone e il diamante Koh-i-Noor vennero depredati. Il diamante venne montato su un bracciale in modo che Nadir potesse averlo sempre addosso. Il diamante dopo quasi un secolo, e varie altre tremende e sanguinarie storie sanguinose, fu portato nell’attuale Afghanistan. La Compagnia delle Indie, dominava le rotte commerciali tra Asia ed Europa. Grazie agli enormi guadagni da , oppio e legname, s’impossesso del controllo di gran parte di quei territori. Nel 1850, approfittando della debolezza del regno, fece firmare al giovanissimo Duleep Singh il documento che ne trasferiva la proprietà agli inglesi.

Esposto ma non amato

All’arrivo in Inghilterra nel 1851, il diamante venne esposto al pubblico, ma molti rimasero sconcertati perché non era intagliato e sembra va un pezzo di vetro. Il principe Alberto, il marito della regina Vittoria lo fece ripulire ed intagliare, riducendone le dimensioni di quasi la metà. Divenne una spilla spesso indossata dalla regina ed infine fu incastonato sulla corona reale. Ora il diamante dovrebbe, correttamente, essere restituito a chi lo possedeva, ma le famiglie o le nazioni che lo possedevano non esistono più. Accertare i veri proprietari, procedendo a ritroso forse è complicato, ma non impossibile, basta volerlo. Però alienare un oggetto tanto prezioso non fa piacere ai Windsor.

Non tornerà mai a casa, è la lunga coda del colonialismo.

Per questo il diamante non tornerà mai ai legittimi proprietari. Con questa scusa di irreperibilità dei legittimi proprietari, molti dei materiali e delle opere trafugate durante il colonialismo, non sono state rese a chi di dovere. Grazie alle dominazioni e al saccheggio, molti oggetti restano in Europa in musei e collezioni private. La querelle che riguarda le parti del Partenone depredate nei secoli scorsi dai britannici, è ben presente e lo testimonia. La Grecia non è ancora riuscita ad ottenere nulla. Questo continuo rinviare e ritardare, rappresenta un’altra forma di sudditanza ed imperialismo, a cui l’Inghilterra non vuole rinunciare. Un diamante maledetto da restituire.

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Credits: Pixabay

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Un diamante maledetto da restituire un simbolo del colonialismo ottenuto con un inganno, è sporco di sangue
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