La legge che salvaguardia le specie in pericolo è stata annullata, dando il via a speculazioni commerciali
A rimetterci di più sarà probabilmente l’aquila calva, il simbolo stesso degli USA. Ma a Trump nulla importa delle specie animali in pericolo, già è molto che non abbia iniziato lui stesso una battuta di caccia per abbatterle. Sono 1663 le specie animali e vegetali che sono considerate a grande rischio. La legge era stata promulgata proprio per dare una possibilità di salvare queste specie, ma ora ogni progetto di ripopolamento andrà in fumo. Trump sempre meno ecologista.
Aquile, balene, alligatori condor
Sono molte le specie animali che rischiano gravi conseguenze dallo sfruttamento dei territori e delle aree di protezione. Aquile calve, condor della california, Alligatore americano, balene tra le altre, ma i repubblicani invocavano questa revoca da molti anni. L’intralcio alle compagnia di perforazione, alle attività di miniere ed estrazione di materiali era molto forte e le grandi compagnie da sempre finanziano il ramo destro del parlamento.
Le lobby in USA funzionano bene, anche troppo
In USA le lobby politiche funzionano bene, sovvenzionano apertamente i politici per ottenere riscontri alle loro richieste, non importa se vanno contro il benessere generale. Il dio danaro è sempre quello che fa la voce più grossa ed ammorbidisce anche le coscienze più moderate. Le formule di protezione “foreseeable future” (futuro prevedibile) che riuscivano a spuntare le pretese di molte compagnie minerarie, ora potranno essere reinterpretate in modo molto più malleabile.
La maledizione della riserva
Al fine di proteggere molte specie considerate di nicchia si è cercato di creare riserve di dimensioni ridotte, in cui poter studiare meglio l’ecosistema. Ora questa riduzione delle aree potrebbe essere controproducente. Aver ristretto i loro territori potrebbe aver indebolito la loro capacità di sopravvivere se dovesse essere invasa la loro area e il loro habitat. Le aree invece di essere ridotte dovrebbero essere espanse, e questo va ovviamente contro chi in quel territorio deve trivellare o far passare un oleodotto per ottenere altri combustibili fossili.
Le variabili cambiano in modo pericoloso
Cambiano in modo vistoso le variabili che vengono prese in considazione. Subentrano fattori che esulano da quelli conservativi e scientifici, ora viene introdotta la variabile di danno economico arrecato. Ovveo la compagnia che dovesse vantare mire espansionistiche in una certa area potrebbe dare nuove armi ai suoi avvocati. Affermare che l’impossibilità di scavare o entrare in certi territori comporterebbe un danno economico farebbe ovviamente pendere la bilancia a favore delle grandi compagnie.
Una visione anti ecologista
Una visione anti ecologista che non sorprende, provieniente da un pessimo presidente, che mette il denaro al primo posto. Un negazionista del cambiamento climatico, dei rischi d’inquinamento, deforestazione e contaminazione delle acque. Nessuno dei gesti più grevi è stato risparmiato da questa amministrazione nei confronti della salvaguardia del pianeta. Un visuale troppo ristretta, che purtroppo pagheremo tutti, solo per immolarci davanti all’idolo del denaro facile e senza pagare tasse per l’inquinamento provocato. Trump sempre meno ecologista.


Premesso che l’energia viene usata a livello mondiale per riscaldamento e raffreddamento domestico, per trasporto, e per l’industria (circa un terzo per ogni tipo di consumo), chiedo agli ecologisti quale di questi tre consumi vorrebbero ridurre. Dato che bruciare fossili produce inquinamento e riscaldamento globale, quanti sono disposti a ridurre il condizionamento della casa? Quanti a usare meno l’ automobile? Quanti a vivere più poveri? Penso che nessuno risponderà “si” a tutti e tre i quesiti, e pochi saranno disposti a rinunce sostanziali sui singoli tipi di consumo energetico. Ciò perché qualsiasi riduzione di energia produce un peggioramento della qualità della vita.