Enogastronomia, Eventi, Viaggi

Una cantina con fontane di vino

Scoperta in una villa romana vicino alla via Appia una organizzatissima cantina lussuosa.

Una costruzione che fa pensare ad una attività commerciale e ludica legata alla vendemmia e al suo festeggiamento, è stata scoperta vicino a Roma. L’anno chiamata Villa dei Quintili, dal nome della gens che l’avrebbe costruita. Erano una famiglia ricca che aveva importanti ruoli di potere, servirono infatti come consoli romani attorno al 150 D.C. Una cantina con fontane di vino

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Espropriati da Commodo

Le loro fortune s’interruppero bruscamente quando l’efferato imperatore Commodo decise di eliminarli fisicamente e d’impossessarsi delle loro proprietà. Era una villa che poteva definirsi una mini città dotata di servizi essenziali e di molte comodità come un centro termale ed un teatro. Probabilmente era un luogo di delizie e di rappresentanza.

Un lusso esagerato per una cantina

Molta curiosità ha riservato il ritrovamento di una cantina che potremmo definire lussuosissima lastricata di marmi e ceramiche, con tre vasche per la pigiatura. Il luogo è talmente bello e curato, per essere una cantina, da far pensare ad un luogo destinato ad uno spettacolo rituale in onore della vendemmia. Forse fu lo stesso Commodo ad ordinare che fossero costruite in modo da rappresentare la sua ricchezza.

Pavimenti e condotte in marmo 

La scelta dei pavimenti in uno scivolosissimo marmo rosso, s’immagina vada in quella direzione, più una cantina dimostrativa che veramente produttiva. Dalle vasche di pigiatura il mosto sgorgava attraverso canali di marmo verso l’esterno dove confluiva in grandi tini dove poteva fermentare. Una festa per gli enologi e gli invitati del tempo che potevano servirsi direttamente da quelle canalizzazioni, in cui i Romani erano maestri come dimostrano i loro acquedotti.

Una cantina con fontane di vino

Sale per banchetti

La Villa Quintili era dotata di svariate sale per i convivi e banchetti, questo fa immaginare che fosse una località destinata ad essere un luogo di divertimenti. La ricchezza dei pavimenti con intarsi di svariati marmi supporta questa teoria. La curiosità riguarda piuttosto il fatto che, in loco, non si ricordino vigneti di particolare valore e che la cantina fosse una dimostrazione di ricchezza anziché una efficiente azienda vitivinicola.

Vino costoso ed esportato ovunque

Il vino era molto costoso e chi lo commerciava possedeva sicuramente buone rendite. Probabilmente i proprietari delle vigne festeggiavano copiosamente l’inizio della stagione della vendemmia che riempiva i loro tini e donava nuova consistenza ai loro capitali. i vini laziali e campani erano celebri e venduti in tutto il bacino del Mediterraneo grazie alla grande flotta commerciale e all’ottima rete stradale che i Romani avevano saputo costruire.

Cultura enoica 

La cultura enoica che seguiva le rotte commerciali romane aveva influenzato molte delle società e delle popolazioni con cui interagiva. Il vino era allo stesso tempo rituale laico e religioso. Non poteva mancare nei banchetti e nei doni agli dei. Molto vino è stato utilizzato nei secoli con scopi medicamentosi, accrescendone così l’importanza e la ricchezza morale, togliendo in parte la patina negativa legata all’ebbrezza. Una cantina con fontane di vino

Una cantina con fontane di vino
Una cantina con fontane di vino

Credits: Pixabay, unknown

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Stappato lo spumante invecchiato per sei mesi sott’acqua

Le 1.700 bottiglie depositate sul fondo del mare in Norvegia sono state recuperate.

Nata da un progetto a quattro mani tra una compagnia di crociere norvegese ed un’azienda vinicola inglese. Le casse di vino erano immerse per 6 mesi in una zona a nord della Norvegia con temperature costanti tra i 5 e gli 8 gradi Celsius. Le casse erano a circa 30 metri di profondità in modo da non essere sollecitate dal moto ondoso. Stappato lo spumante invecchiato per sei mesi sott’acqua

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Esperienza non nuova

L’esperienza di vini fatti invecchiare in profondità non è insolita. Sono diversi i progetti in corso, sia in acque marine e lacustri. Anche nel Lago di Garda ad esempio è possibile incontrare i grandi cestelli colmi di bottiglie posti a maturare a temperature basse e costanti. Un effetto cantina che in tempi di riscaldamento globale potrebbe essere una risorsa futura.

Per celebrare un evento

Il vino invecchiato in fondo al mare è nato per festeggiare un anniversario della compagnia di navigazione e crociere. Le bottiglie sono a bordo delle sue navi e gli ospiti potranno brindare con quelle bollicine speciali. I sommelier che hanno stappato le prime bottiglie, si sono dichiarati molto soddisfatti, e di aver ottenuto quanto desiderato.

Stappato lo spumante sott'acqua

Sigillate con la ceralacca

Le bottiglie per evitare ogni contaminazione con le acque marine sono state sigillate con la ceralacca. La consistenza e il perlage erano migliorate, così come il gusto. Gli enologi avevano immaginato che il mantenimento in acqua per un semestre, quasi al buio e con una pressione esterna maggiore, avrebbe influenzato la rotondità del vino. Successo pieno a detta dei degustatori che lo hanno potuto assaggiare, con note e sentori agrumati e minerali.

Anche cocktail

Per proseguire nell’esperienza alcolica, a bordo delle navi da crociera, vengono serviti cocktail con ingredienti speciali. Uno di loro è a base di vodka insaporita coi resinosi aghi di pino raccolti in un’isola norvegese molto remota. Immaginiamo che anche i gin, non solo trasparenti, che sono molto di moda attualmente, siano stati insaporiti e arricchiti di colori in modo inusuale per garantire tutto uno spettro di gusti. Non resta che sorseggiare spumante e cocktail mentre la nave va. Stappato lo spumante invecchiato per sei mesi sott’acqua.

Stappato lo spumante sott'acqua
Stappato lo spumante sott'acqua

Credits: Pixabay e Hurtigruten

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Berreste un vino senza etichetta?

Sembra una provocazione ma ha una sua solida ed etica praticità

Una casa vinicola australiana sta sperimentando una soluzione minimalista che riguarda tutta la catena del packaging del vino. Invece di puntare su etichette che colpiscano occhio e fantasia le ha ridotte ai minimi termini. Tutto è condensato sul tappo. Una soluzione che è applicabile solo con un tappo a vite, che offre una superficie stampabile maggiore del tappo di sughero. La capsula che ricopre gabbietta e sughero normalmente, non potrebbe funzionare, perché una volta aperta, la bottiglia diverrebbe completamente anonima. Berreste un vino senza etichetta?

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Avere tutto sul tappo

Avere tutte le indicazioni di legge è invece possibile se il tappo è a vite. Soluzione che in Europa non è gradita per motivi di storia, tradizione ed abitudine. Il tappo a vite consente di ridurre l’impatto ambientale e rendere più sostenibile la catena dell’imballaggio. Nessuna etichetta tradizionale, quindi niente carta, niente colori, niente stampa e nessun collante. Molta sobrietà nel progetto australiano, che prevede di riportare sul tappo ogni informazione necessaria.

Dove come quando perché

Si possono ricavare tutte le informazioni necessarie direttamente sulla sommità della bottiglia, che così rimane “nuda”. Logo, marchio, uve, località, annata sono tutte presenti e leggibili, e se si vuole approfondire un pratico QR Code consente di viaggiare in rete. Oltre alla praticità delle informazioni condensate in cima alla bottiglia, Crate contribuisce alla sostenibilità anche con l’imballo. I box sono realizzati con carta riciclata e recano il claim: “Il nostro pianeta conta più del nostro imballaggio”.

berreste un vino senza etichetta

Anche il vetro è etico

Proviene da bottiglie riciclate il vetro utilizzato per imbottigliarlo. Inoltre il vino viene venduto solo a casse, in modo da ridurre il peso dell’impronta carbonica legata ai trasporti. Il vino è frutto di un accordo tra piccole aziende che reinvestono i ricavi nelle loro aziende e favoriscono l’economia locale. Una summa di azioni etiche che va nella direzione di fare impresa in modo sostenibile e che favorisce la salute del pianeta.

Potrebbe funzionare

Potrebbe funzionare anche qui, ma nutriamo forti dubbi. Mentre le varie strutture agricole nazionali si accapigliano per decidere se le eventuali etichette di pericolosità verranno approvate, l’Australia ha dato una indicazione molto precisa. Il futuro potrebbe passare proprio dalla miniaturizzazione delle indicazioni in bottiglia. Intanto Crate, prodotto da Fourth Wave Wines di Charleston, nel Nuovo Galles del Sud, ha spiazzato tutti. Altre direzioni a cui si rivolgono le aziende vinicole sono i contenitori in alluminio, sinora destinati ai vini senz’alcool o alle bibite energetiche.

Riuso

Gli imballaggi che possano facilitare il riuso sono studiati con attenzione. La consegna dei vuoti dietro cauzione, sta diventando una realtà, così come l’eventualità di poter fare il refill. Ogni azione volta a contenere l’impatto ambientale, viene sezionata in tutti i pro e contro. Il mondo del vino, anche se sembra legato a un passato millenario, molto codificato, è in evoluzione. Vedremo quale direzione prenderà, ma temiamo che non torneremo al consumo direttamente dalle anfore. Berreste un vino senza etichetta?

Credits: Crate, Fourth Wave Wines

Benessere, Enogastronomia, Marketing

C’è un futuro per il vino analcoolico?

Molti tentativi sviluppati nei secoli per produrre vino senz’alcool sono abortiti, ma la richiesta esiste

Può sembrare folle un vino senz’alcool visto che gli uomini coltivano la vite da quasi 10.000 anni, per le emozioni alcooliche. Ma in realtà c’è un mercato in crescita, anche per chi ama bere senza cercare nemmeno una minima ebbrezza. Ci han provato per secoli, per motivi religiosi e salutistici, ad eliminare l’alcool dalle bevande. Con efficacia assai relativa. Il clero cercava vino che non portassero all’etilismo le sue pecorelle, ma i parroci continuavano a dare il cattivo esempio consumando quello alcoolico durante la messa. La storia dell’enologia è piena di “vino del prete” “vino d’altare” e “vini santi”. Nati per essere consumati sull’altare ma spesso diventati un ottimo oggetto promozionale per i loro produttori. C’è un futuro per il vino analcoolico?

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Nuovi tentativi

È relativamente recente una nuova serie di tentativi, di produrre vini a tasso alcoolico azzerato. Oltre alla evidente molla morale del ridurre le cattive abitudini dei beoni, esistono consumatori che non possono bere per motivi salutistici. Tutti coloro che vengono invitati dai medici a cessare di bere, sono interessati a prodotti che almeno imitano il piacere del vino. Il “divide” al momento resta il sapore, assai difficile da imitare. Però le abitudini cambiano l’offerta, anche se ancora molto limitata di vini NA (Non Alcolici) aumenta. Segno che qualcuno è interessato. A spingere quel mercato c’è anche lo stigma nei confronti dell’alcolismo, ritenuto moralmente negativo anche se praticato con moderazione.

Generazione Z all’attacco

I dati dei consumi mostrano che la Generazione Z e i Millenials sono molto meno interessati all’alcool. Ne acquistano e ne degustano di meno. Sono diventati uno dei target dei produttori di NA. Togliere l’alcool può rivelarsi complesso, soprattutto perché nel processo vengono sottratte quasi tutte le sostanze volatili, che creano il bouquet. Diversi brevetti hanno dato vita a modi differenti di estrarre l’alcool. Alcuni complessi, altri abbastanza semplici, ma destinati quasi sempre a piccole comunità. Negli USA un dentista proibizionista (T.B.Welch) brevettò un sistema per produrre vino per gli altari, per le chiese metodiste. Dal suo metodo di non fermentazione, derivò in seguito l’industria dei succhi di frutta.

Un altro processo

Un altro processo, brevettato in Australia, rimuove le parti volatili dagli ingredienti. Utilizzato per molti tipi di prodotti, sia per esaltare o per eliminare le parti gassose è stato utilizzato anche nei processi di eliminazione dell’alcool dal vino. Ha dato vita a vini a bassa gradazione e successivamente a zero alcool. Un metodo che evita di far arrivare il vino all’ebollizione per eliminare il fattore alcoolico, e non rovina il gusto del vino. La tecnologia denominata BevZero, si è espansa anche sul seguito della diffusione della birra analcoolica, che ha fatto da traino.

C’è un futuro per il vino analcoolico

Solo vini dolci

I vini esistenti erano di sapore decisamente dolce, mosto d’uva che non soddisfaceva il gusto deli appassionati. Occorreva dare una svolta, anche perché nessuno dei consumatori pensava di bere veramente vino e questo creava una condizione sfavorevole. Per trovare il giusto blend sono stai necessari molti tentativi. Quando viene sottratto l’alcool il vino cambia, muta in modo molto percettibile, perché l’alcool è parte integrante del bouquet. Nella birra il processo è più semplice e il sapore cambia in modo molto minore, ma per mantenere il sapore nel vino è necessario aggiungere aromi.

NA in vendita

I negozi che vendono NA cominciano a diventare popolari negli USA, ma faticano molto in altri paesi. I vini hanno una rotazione vorticosa, le etichette cambiano ad un ritmo folle, nel tentativo di trovare le nuove “annate” migliori che soddisfino la clientela. È un’industria molto giovane con una turnazione che contraddice la cultura millenaria del vino. Da sopraffino nettare da invecchiare, si passa ad un prodotto “molto veloce”. Lo stesso vino NA non resta in vendita per più di 5 stagioni, e viene sostituito rapidamente da altri vini della stessa casa. Forse è scorretto pensare ad una unica categoria di prodotti, anche se sono venduti negli stessi negozi. Vino e vinoNA in realtà sono agli antipodi.

Packaging anomalo

I produttori hanno individuato questo discrimine, ed hanno scelto di utilizzare confezioni che si distinguano. Anziché puntare sul vetro, che è anche più costoso e difficile da trasportare, hanno puntato sulle lattine, anche nella versione sottile tipica degli energy drink. Popolari anche i minibrick. Alcuni ristoranti hanno introdotto una mini-lista di NA allegata ai loro menù, un altro segno che l’interesse è in aumento.  Esiste già un ricettario di piatti cucinati con i viniNA. L’opzione senz’alcool sembra più seguita ai fornelli che a tavola.

Meno bevitori

I sondaggi che vengono regolarmente svolti sul mercato del Beverage, segnano un rallentamento d’interesse verso i super-alcoolici. Oltre il 20% dichiara di aver ridotto il numero dei drink. Un ulteriore 35% dichiara che ha già deciso di bere meno. Questo costituisce una fascia di mercato molto interessante per i NA. Molte persone che potrebbero essere interessate a bere senz’alcool, per non farsi mancare il piacere della socialità, e del bicchiere condiviso senza rischi di sbronza. Il mercato non è ancora floridissimo, ma sembra destinato a raddoppiare i suoi numeri in pochi anni. Vedremo quale sarà l’evoluzione. C’è un futuro per il vino analcoolico?

C’è un futuro per il vino analcoolico
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Il vino nuoce veramente alla salute?

La polemica cresce di livello e coinvolge anche luminari del settore sanitario

L’immunologa Antonella Viola ha rilasciato dichiarazioni che hanno sollevato un vespaio. In un periodo di guerre commerciali che coinvolgono l’etichettatura delle bottiglie di vino, ogni elemento assume un valore speciale. L’Irlanda ha ottenuto una sorta di deroga per poter applicare una comunicazione di allarme sulle bottiglie commercializzate sul suo territorio. Le etichette mettono in evidenza come il vino sia nocivo per la salute. Questo ovviamente è sgradito a chi, come l’Italia è un grande produttore di nettari prodotti con le uve. Il vino nuoce veramente alla salute?

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L’Irlanda e l’alcolismo

L’Irlanda soffre di un grave problema di alcolismo e le etichette apposte a vino e superalcolici, vanno in quella direzione. Per cercare di dissuadere i cittadini a bere molto più responsabilmente. Azione nobile se vogliamo, ma che visti i risultati dei messaggi, molto più pesanti applicati alle sigarette, non sembra funzionare. Se conoscete qualcuno che ha smesso di fumare perché dissuaso da quegli allarmi, ritenetevi fortunati. Siete una perla rara.

Effetti negativi

La dottoressa Viola ha stroncato i consumi di alcol, sottolineiamo alcol, per i danni che può apportare al nostro corpo. Ha evidenziato come un consumo smodato possa ridurre le dimensioni del cervello. Lo ha paragonato ai danni provocati dall’amianto. Ovviamente le prese di posizione dopo questa dichiarazione sono state immediate. Alcune decisamente fuori misura. Non sono mancate le risposte di altre celebrità in campo sanitario, che hanno rivendicato la grande tradizione della cultura enoica in Italia.

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Livelli altissimi

La tecnica e la capacità di vinificare ha raggiunto livelli difficilmente superabili. I rischi legati ad un bere responsabile sono infinitesimali, anzi molti nutrizionisti concordano che un bicchiere al giorno ha sicuramente un effetto positivo. A questo si aggiunge anche un aspetto culturale, il consumo di vino è parte di una storia millenaria, alla quale difficilmente diamo connotazioni così negative. Bere smodatamente è sicuramente dannoso per molteplici motivi, ma demonizzarlo è eccessivo. Bere consapevolmente, evitando eccessi, è probabilmente l’unica leva su cui appoggiarsi.

Resveratrolo

La parola magica è resveratrolo, è contenuto nei vini rossi ed ha sicuramente un effetto positivo. È un immunostimolante che tonifica il nostro corpo. La campagna irlandese è diretta soprattutto ai giovani e giovanissimi che hanno un rapporto di “sfida” nei confronti del bere. La ricerca di un facile sballo viene veicolato dai superalcolici, i veri protagonisti di questa tanto temuta etichettatura. In questa guerra alla riduzione dei consumi di alcolici probabilmente il deterrente maggiore è un ulteriore controllo delle strade. La polizia che sequestra mezzi e patenti, ha sicuramente un effetto molto più dissuasivo.

Timori che possa estendersi

Il timore dei nostri produttori di vino è che questa etichettatura costituisca un precedente e possa far sorgere desideri di emulazione. Il mercato export verso l’Irlanda al momento è marginale e si potrebbe soprassedere. Ma il timore che altre nazioni possano emulare questo tipo di etichettatura è grande. La produzione di vino in Italia vanta numeri imponenti che anche con la pandemia è incrementata. La bilancia commerciale parla chiaro, un quarto del fatturato nazionale si basa sull’eno-gastronomia. A nessuno fa piacere che vengano messi in crisi i valori su cui è costruita la propria cultura ed economia. È comprensibile una levata di scudi contro questa etichettatura, ma forse è eccessivo fasciarsi la testa in anticipo. Il vino nuoce veramente alla salute?

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Benessere, Enogastronomia, Marketing

Cambia il consumo di vino

Il mercato italiano del vino evolve in modi inattesi

Innanzitutto le cose positive. I dati totali sono buoni, con molte voci in incremento per la vendita dei vini italiani. Ciò che cambia in modo vistoso è la predominanza dei bianchi, soprattutto le bollicine. I veri dominatori del mercato attuale, fanno ripiegare su posizioni di rincalzo i rossi e i fermi. Anche molti dei grandi rossi più celebrati, accusano battute d’arresto molto cospicue. Prosecco, Trentodoc, Franciacorta sugli scudi a trainare un settore a cui gli italiani non hanno voluto rinunciare. Probabilmente ha giocato l’aspetto “frizzante” legato ad una immagine di freschezza e a una sferzata di energia. Il desiderio di cose positive e semplici ha probabilmente contribuito a questo “mood”. Cambia il consumo di vino

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Bianchi e rosati frizzanti

I bianchi ma anche i rosati frizzanti, hanno saputo imporre una immagine di vini beverini, da tutto pasto. Non più relegati a brindisi, feste, cerimonie, ricorrenze o aperitivi. La trasformazione in vini da tutto pasto, ha contribuito notevolmente al successo attuale. Le settimane delle feste natalizie hanno dato precise indicazioni di come si sono evoluti i gusti. Charmat o champenoise purché solletichino palato e naso. Il solo prosecco ha fatto segnare incrementi enormi di vendite. In tre anni il 30% in più, sono numeri da stropicciarsi gli occhi. Le centinaia di vini nazionali e soprattutto internazionali, che hanno assonanze con il nome Prosecco, sono lì a dimostrare quanta sia la richiesta dei consumatori.

Vino spumante da tutto pasto

Un cambiamento abbastanza repentino quello accaduto negli ultimi anni. Le bollicine sono diventate vini in grado di accompagnare tutto il pasto, una mutazione delle abitudini che ha condizionato le vendite. È un cambiamento rilevante di cui hanno fatto le spese le altre tipologie di vini. Sono pochi i rossi e i fermi che abbiano saputo tenere il passo, compresi vini IGP con indicazioni di origine geografica, che sinora erano i dominatori degli scaffali delle enoteche e dei supermercati.

Cambia il consumo di vino

Anche i DOP

Stesso livello ma con qualche eccezione per i DOP. In questo caso la situazione è a macchia di leopardo, ma in generale è evidente su tutto il territorio nazionale. Alcune aree hanno tenuto bene, altre evidenziano dei segni negativi preoccupanti. Lambrusco (ma siamo ancora nel campo delle bollicine), Chianti, Negramaro, Trebbiano, Montepulciano, Sangiovese, Vermentino, Verdicchio, sono i vitigni coi migliori risultati. Mancano all’appello alcuni grandi rossi, i vini da meditazione. Sicilia e Piemonte sembrano aver accusato il colpo peggiore.

e-commerce in crisi

I dati relativi all’e-commerce preoccupano. Rispetto allo scorso anno si assiste ad una diminuzione cospicua, che si attesta sul -15%. Anche i prezzi, dopo aver goduto di una ottima fiammata nel biennio scorso sono in diminuzione. Un divario anche superiore al 10%, che rosicchia troppo le marginalità. Dopo la grande esplosione di ordini legati alla pandemia, ed alla comodità dei servizi a domicilio, pare che il mercato si stia stabilizzando su valori tendenti al ribasso. Urgono considerazioni su tutto il settore e ripensamenti sui canali di vendita. Se qualcuno aveva immaginato per la propria azienda, un canale di vendita esclusivamente elettronico, farà bene a rivedere le proprie scelte in chiave di multicanalità. Cambia il consumo di vino

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Benessere, Enogastronomia, Marketing

Health Warnings in etichetta

È un allarme esagerato o ha ragione d’esistere?

Sta per arrivare un’etichetta che ammonisce a non consumare alcol. Potrebbe provocare un danno d’immagine a tutto il settore del beverage, questa aggiunta di avvisi salutistici. Alcune associazioni vinicole italiane, sono partite lance in resta gridando allo scandalo e con l’intenzione di fare guerra alla UE. Le cose vanno però, riportate nel giusto alveo. Questi avvertimenti rispetto alla salute riguardano solo una minoranza, al momento è soltanto l’Irlanda che ne ha fatto richiesta. Se verrà approvata saranno solo gli irlandesi ad averli sui loro scaffali. Di base c’è una motivazione molto seria in quel paese, e riguarda il problema dell’alcolismo. La salute non è delegata alla EU, ogni nazione resta indipendente in quel settore. Perciò dovremmo evitare di fasciarci la testa inutilmente. Health Warnings in etichetta

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Quasi una pandemia

Bere in modo esagerato è uno dei problemi più sentiti nell’isola verde. Per porvi un freno hanno pensato di mettere degli avvisi chiari sulle bottiglie che ne sconsigliano l’abuso. Sono gli avvisi che da decenni sono riportati sui pacchetti delle sigarette. Inviti alla moderazione e al bere bene e sano. Chi vuole smettere di fumare o bere lo farà indipendentemente dall’avviso in etichetta. Come sempre è il buon senso ad essere il fattore determinante. Frugate nella vostra memoria, conoscete qualcuno che abbia smesso di fumare per gli avvisi sui pacchetti di sigarette? Il vino non è sicuramente uno dei prodotti più esportati in Irlanda, l’eventuale flessione delle vendite dovrebbe essere molto contenuta. Il rischio temuto dai nostri produttori e vinificatori, è, che possa essere un esempio per altre nazioni.

Non ci sono prove del danno

Il vino è uno dei prodotti più diffusi del settore eno-gastronomico e non esistono efficaci prove scientifiche della sua dannosità entro certi limiti. Bere con moderazione e bere vino di qualità non provoca nessuna delle malattie di cui lo si accusa. Anzi una dose opportuna viene consigliata da molti nutrizionisti. Questo contrasto di opinioni ha suscitato le proteste di chi il vino lo produce con passione e con tutti i crismi. Sotto accusa in realtà, più del vino sono i superalcoolici, i veri colpevoli della situazione di disagio in Irlanda.

Health Warnings in etichetta

Un precedente rischioso

Ciò che turba i sonni dei vinificatori è che l’esempio irlandese possa fare breccia e altri stati possano far propria la norma. Gli effetti sulla salute che vengono descritti nelle avvertenze sono troppo cruenti, e non vengono confutati in modo rilevante. Il mercato europeo potrebbe farsi coinvolgere e adottare questi messaggi allarmistici, che indubbiamente rovinano l’immagine del vino e degli alcolici. Il timore che s’inneschi un’emulazione è evidente, l’Italia non può permettersi una battuta d’arresto sui mercati, con quello che è uno dei suoi prodotti di punta. Va detto che è una norma che interessa un solo stato, e potrebbe essere esteso ad altri in altri settori. Ma la salute viene prima di tutto e su questo è inutile discutere.

Un simbolo sotto attacco

I produttori di vino e alcolici ritengono esagerati gli avvisi in etichetta. Un simbolo della cultura mediterranea finisce sotto attacco ingiustamente. A fare la differenza, però, non è tanto il consumo generalizzato, ma la quantità che finisce nei bicchieri. Forse le campagne di avviso potevano essere formulate in modo diverso e più puntuale. Maggior rilievo al quanto e non alla qualità del bere. Il rischio è che emerga il provincialismo italiano, sempre pronti ad attaccare la UE, vista come un “nemico” che cala dall’alto i suoi diktat per qualsiasi argomento. Ma di questo può occuparsi solo il Ministero della Sanità irlandese. Health Warnings in etichetta

Health Warnings in etichetta

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Abitare, Benessere, Enogastronomia

Vino Sostenibilità e Ambiente

Vino biologico protagonista nell’Agricoltura biologica e nella sostenibilità ambientale

Nei sotterranei della Tridentum del museo archeologico, si è tenuto un incontro sull’agricoltura biologica e la sostenibilità ambientale, moderato dalla giornalista del Corriere della Sera Divina Vitale. “ll consumo di vini biologici a livello mondiale è più che raddoppiato negli ultimi dieci anni, e rappresenta il 3,5% del consumo totale. In tutto il mondo c’è una costante espansione della superficie agricola condotta a regime biologico. Il Trentino è, per l’Italia, che si contende il primato con Francia e Spagna con circa 100mila ettari a testa, una delle regioni più performanti”. La giornalista dopo aver comunicato una serie di dati, ha dato il via alle danze. intervistando i vari ospiti. Vino Sostenibilità e Ambiente

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Abitare, Enogastronomia

Come cambierà il nostro vino

I cambiamenti climatico coinvolgono pesantemente la salute e il futuro delle vigne.

Chi ama bere il vino è bene che cominci ad abituarsi all’idea che ci saranno importanti cambiamenti nella cultura enologica in breve tempo. La siccità, l’aumento delle temperature e gli eventi climatici estremi spingono a cercare soluzioni. Talvolta rivoluzionarie, che fanno temere molti vinicoltori per il successo delle loro aziende. Una mutazione di latitudine è già tra le cose presenti, l’Inghilterra, ad esempio, sembra essere destinata a diventare sede di molti vigneti. Era già stata sede di vigne alcuni secoli fa, ma la piccola glaciazione europea aveva fatto interrompere l’esperienza. Come cambierà il nostro vino

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Sarà BIO il vino del futuro?

Gli italiani sono interessati al vino Biologico, lo hanno provato e lo hanno acquistato

Cresce l’interesse e l’attenzione nei confronti del vino biologico. Lo dimostrano le vendite che stanno aumentando, sia in Italia che all’estero. Tra i valori che i consumatori ricercano maggiormente, e che trovano come imprescindibile, c’è la sostenibilità ambientale. L’attenzione al territorio si sviluppa proprio in quel senso, facendo lievitare la ricerca di tutti i prodotti bio. Anche il vino approfitta del momento positivo e vede incrementare richieste e vendite. Sarà BIO il vino del futuro?

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