Da un lato ci sono coloro che vogliono salvare il pianeta e lo fanno in modo etico, mentre dall’altro ci sono coloro che vogliono il guadagno immediato e se ne fregano del futuro del pianeta.
Forte malia ha fatto una scelta di campo, e si è schierata con chi ha a cuore il futuro, dando voce a tutto ciò che è eticamente corretto e denunciando ciò che danneggia.
Parliamo di proposte, innovazione, ricerca, divertimento, design, bellezza e lifestyle etici. Necessari per il nostro futuro, contro chi mette a rischio la possibilità di averlo, un futuro.
Un museo di Amsterdam propone un modo innovativo di amare l’arte
Siete fan di Rembrandt e vorreste possedere una sua opera? Nulla di più facile, basta prenotarsi per una visita al “Poor Man’s Rembrandt Project“, per poter avere la possibilità di un tatuaggio davvero speciale. Saranno 4 i tatuatori a disposizione per realizzare sulla vostra pelle un tatuaggio ispirato alle opere del celebre pittore olandese. Un tatuaggio di Rembrandt
Appesa s’è diffusa la notizia c’è stata una corsa a prenotarsi. Per una settimana uno studio di tatuatori si trasferirà all’interno del museo, ma le prenotazioni sono talmente tante che il rischio è di non poter accedere. I disegni tra cui scegliere sono celebri ritratti o soggetti presenti nelle opere di Rembrandt. Sono eseguiti con la tecnica della “punta secca” un metodo caro all’artista che incideva direttamente sulle lastre di stampa con un ago. Lo stesso metodo con cui gli aghi dei tatuatori inseriscono l’inchiostro nella cute.
Voglia di rinnovamento
I curatori del museo vogliono tentare un’azione di avvicinamento ai più giovani con questo escamotage. Vogliono raggiungere un nuovo pubblico e fidelizzarlo. I tatuaggi che sono così alla moda tra i più giovani, possono veicolare anche le opere d’arte e diventare uno stimolo a conoscere ancor meglio l’artista in oggetto. Il costo è molto limitato, tra i 100 e i 250 euro, a seconda della complessità del disegno. È possibile avere anche solo l’autografo di Rembrandt o il logo del museo.
Il vero studio
Il museo è negli spazi che furono la vera casa-atelier-studio dell’artista e questo rende il luogo in qualche modo speciale e d’ispirazione. Il passaggio delle opere dalle mura del museo alla pelle dei visitatori è un esempio di come l’arte possa essere veicolata in modo differente. Chi ama i tatuaggi li colleziona sul proprio corpo, proprio come si fa con le opere d’arte. Ma le opere di Rembrandt sono poche e molto costose, è più semplice averne alcune sottopelle.
Tatuatori fan
I quattro tatuatori sono grandi fan del pittore e della sua tecnica pittorica ed incisoria. La sua capacità con pochi tratti di dare personalità ai soggetti è ritenuta unica. Per questo, hanno accettato la proposta del museo, di trasferirsi dal loro studio per lavorare. L’atmosfera stessa della casa probabilmente aiuterà ad entrare in contatto con l’autore e renderà i tatuaggi veri capolavori. Un tatuaggio di Rembrandt
Uno dei funghi più amati e ricercati nella ristorazione disponibile ad ogni stagione.
Le spugnole sono funghi decisamente stagionali, si trovano quasi esclusivamente in primavera. Pero sono molto gustose e i ristoratori le cercano per completare le loro ricette. Crescono soprattutto tra le foglie cadute di alberi cedui come olmi, frassini e meli. Ora è possibili averli a disposizione tutto l’anno grazie ad una coltura indoor. Spugnole tutto l’anno se vengono coltivate.
Viene dalla Danimarca la soluzione che è stata brevettata. Per farle crescere serve un poco di spazio al chiuso dove possano essere controllati alcuni parametri. Innanzitutto l’umidità e la corretta percentuale di anidride carbonica, oltre alle temperature. Ci sono anche altri ingredienti da aggiungere, probabilmente, perché il piccolo miracolo avvenga, ma non tutto è svelato. La produzione è di circa 10 chili per metro quadrato.
Condizioni ideali per ricreare l’habitat perfetto
La coltivazione in spazi definiti consente di avere raccolto per tutto l’anno. A differenza dei loro fratelli selvatici hanno anche ulteriori vantaggi. Sono puliti, non presentano parassiti e insetti oltre alle lumache che sono assai golose di spugnole e le attaccano. La spugnola ha un grosso pregio nell’ottimo gusto, ma ha un problema, la sua cappella rugosa e piena di cavità, raccoglie le impurità. Ne consegue che sarebbe necessario lavarli, ma a contatto con l’acqua perdono di qualità e consistenza. Sono anche particolarmente delicati per quanto riguarda l’esposizione al sole che li secca rapidamente.
Costi piuttosto bassi per produrli
Il costo di un impianto per farli crescere è relativamente basso, simile a quello degli impianti per produrre gli champignons o altri funghi bianchi. Il prezzo invece è molto rilevante. Le spugnole fresche vengono vendute attorno ai 100 euro al chilo, mentre quelle essiccate possono arrivare a 400 euro al chilo. Sono funghi relativamente piccoli, tra 8 e 12 cm di altezza e hanno una colorazione che varia su tutta la gamma dei marroni, dalla crema fino al cacao.
Anche l’erba è una variabile
I biologi danesi hanno sperimentato molte formule ed hanno trovato quelle più facili da coltivare. Preferiscono quelle dai colori scuri, che sembrano crescere molto bene al chiuso. Hanno anche scoperto che il terriccio in cui vengono coltivati, stimola la produzione di nuovi miceli se c’è la presenza di erba. L’hanno aggiunta nelle vasche dove svolgono la produzione ed i risultati sono stati molto soddisfacenti. I funghi sono difficili da coltivare al chiuso, ma il loro sistema funziona e rende. Spugnole tutto l’anno se vengono coltivate.
È una convinzione sempre più accertata dagli italiani
Un italiano su tre lo consuma regolarmente, molto meno di quanto auspicato, ma comunque un buon dato. Lo considerano un alimento salubre e che contribuisce a variare i menù. In molte aree del paese è parte integrante dei regimi e delle abitudini alimentari. C’è solo uno sparuto 2% che non lo mangia mai e di solito lo fa per scelte che riguardano il gusto. Quanto fa bene il pesce a tavola
Oltre il 40% consuma pesce solo 1 volta a settimana, mentre il 12% lo immette nella propria routine alimentare ogni 2 settimane. Sono abbastanza pochi coloro che lo cucinano e consumano almeno due volte a settimana, talvolta tre. Purtroppo il tipo di pesce privilegiato non è mediterraneo e selvaggio. L’orata è la tipologia preferita, seguita dal salmone, dal nasello e dal merluzzo.
Naturale e povero
Il pesce più consumato è quello allevato o pescato nei mari nordici. La richiesta di un cibo salutare e buono cozza con la richiesta di pesce “naturale e povero” come il pesce azzurro di origine mediterranea. Pesce che non resta in mare troppo a lungo come branzini, saraghi, orate, trote, rombi, sogliole, o altri di grandi dimensioni. Il Mediterraneo è sempre meno pescoso è la taglia del pescato è inferiore rispetto a pochi anni fa. Urge incrementare la conoscenza di altre specie altrettanto gustose e meno care.
Facile da cucinare
Uno degli aspetti che i consumatori tengono maggiormente in conto è la facilità di preparazione. È il trionfo del surgelato in tranci, pronto per andare in forno o padella senza perder tempo ad eviscerarlo o pulirlo. Molto amati anche i piatti a base di prodotti pronti per andare in pastella e frittura, o alla griglia, calamari, gamberoni, gamberi rossi. Apprezzatissime le cozze, i lupini, le vongole veraci mentre spopola il polpo e sono sempre più amate le alici.
Consumi molto regionali.
Il pesce viene consumato in modo molto diverso sul territorio nazionale, con ampi squilibri tra nord e sud. Probabilmente dovuti alle ricette e tradizioni culinarie legate alla vicinanza dei luoghi di pesca. Ma l’incremento dei surgelati ha in buona parte ridotto il gap delle regioni del nord che riescono ad approvvigionarsi più difficilmente di pesce fresco. In epoche di crisi economica, il pesce col suo costo elevato, resta appannaggio soprattutto dei big spender.
Salute primo motore
La prima motivazione che spinge ad acquistare pesce è la necessità di incrementare la salubrità di ciò che viene offerto a tavola. Molto consumato nelle famiglie con bambini per la convinzione che faccia bene ed aiuti lo sviluppo cerebrale. La sostenibilità è anch’essa un fattore, il pesce è messo in contrapposizione alle carni rosse, che godono di cattiva stampa recentemente. Gli allevamenti ittici non sono meno inquinanti ma questo non ha ancora raggiunto gli apici negativi di allevamenti di bovini e suini.
Rivalutare le piccole taglie
Sono molte le specie meno conosciute ma altrettanto buone e che non rischiano di impoverire ulteriormente il Mediterraneo. L’intero ecosistema marino richiede scelte più accurate ed oculate. Rigettare in mare le specie che sul mercato non hanno attrattiva perché meno conosciute, non è il modo migliore per proteggerlo. L’impegno dovrebbe essere quello di far conoscere meglio le qualità di pesci meno noti. Una campagna informativa in tal senso, dovrebbe essere uno degli impegni più importanti del ministero.
Pesce al ristorante
La situazione non muta molto per il pesce più richiesto al ristorante dagli italiani. Cozze, polpi, calamari, vongole e lupini sono tra i più amati. Legati alle ricette tradizionali più che alla freschezza e alla disponibilità del pescato del giorno. Gli italiani non amano “rischiare” al ristorante, chiedono quasi sempre gli stessi piatti e si fanno consigliare dagli amici e dai conoscenti per la scelta dei luoghi “giusti”. C’è una leggera crescita di ordinazioni di pesce al ristorante, varrebbe la pena di tentare di spingere a scegliere qualcosa che non sia usuale. L’incremento maggiore è nelle giovani generazioni. Quanto fa bene il pesce a tavola
Un’azienda francese le modifica geneticamente per svolgere quell’azione.
Quel povero Pothus che fatica a crescere nel vostro appartamento, anche se non avete il pollice verde, potrebbe essere la vostra salvezza. Lo stesso potrebbe accadere coi Ficus Benjamina, le felci, sanseveria o le altre piante che tenete in casa per godere di un poco di verde. Le piante normalmente non possono fare granché per ripulire l’aria, ma ora le cose stanno cambiando. Questa nuova generazione di piantine d’appartamento, ha la capacità di filtrare le sostanze nocive dannose che siamo costretti a respirare. I migliori filtri per l’aria sono le piante
Con questo tipo di vegetazione modificata geneticamente il verde non è più solo utile per il decoro ma anche per la nostra salute. È un metodo naturale, perciò il migliore che esiste. Hanno iniziato a commercializzare un tipo di Photus, una delle piante più semplici e con meno esigenze, per svolgere il lavoro. Una delle piante in vaso più popolari, che riesce a crescere anche in penombra e con la luce artificiale. Ideale per decorare anche uffici o luoghi con poca illuminazione naturale.
Richieste alle stelle
La richiesta di poter avere una di quelle piante modificate è veramente alta. Tanto che per averla bisogna prenotarsi in una lista d’attesa. Il prezzo non è popolare, una pianta costa fino a 180 euro, ma la fila per aggiudicarsene una, è tale che l’azienda sta cercando di aumentare la produzione. Gli agenti volatili che riesce a catturare sono quelli che vanno sotto la voce VOC (composti Organici Volatili) ovvero toluene, xilene, benzene e formaldeide. Contenuti soprattutto nelle vernici dei nostri mobili.
Trasformano in anidride carbonica e zuccheri
Le piantine modificate possono assorbire i VOC e trasformarli da elementi nocivi in anidride carbonica che viene reimpiegata per far crescere la pianta. Aggiungendo un poco di concime i batteri riescono a trasformare le parti nocive in zuccheri, che vengono assorbiti dal terriccio. Ogni piantina viene venduta con questa scorta di batteri per facilitare il processo di conversione.
Non sono miracolose
Non sono piante miracolose, non possono filtrare ambienti molto ampi, da sole. Sarebbe necessario avere una piccola foresta di Photus ma sicuramente posso essere un valido aiuto. Gli esperimenti effettuati dalla NASA, che sono alla base di queste modifiche genetiche, utilizzavano ambienti di piccole dimensioni. In quel caso il filtraggio era evidente, mentre in ambienti più grandi è complicato misurarne la reale efficacia. La rimozione degli agenti negativi è piuttosto lenta e quindi non possono competere cogli attuali moderni sistemi di filtraggio.
I progressi continuano
I progressi però continuano e l’azienda sta cercando di ottenere risultati ancora maggiori con l’aiuto del verde e dei processi naturali. Nel frattempo altre aziende si sono applicate sulla stessa disciplina. Restiamo in attesa di verificare chi riuscirà per primo a ripulirci casa in modo efficace e senza costi energetici supplementari. Affidarci alle piante è sicuramente il metodo più sostenibile al momento. I migliori filtri per l’aria sono le piante.
Il tempo che dedichiamo a noi stessi, non è sufficiente, ci facciamo trascinare dai ritmi della vita e del lavoro. Questo causa stress e cattive abitudini. Anche dopo aver testato lo smart working a casa ed aver migliorato la programmazione dei nostri tempi, non abbiamo compreso il valore della lentezza. Che non è solo dormire più a lungo, ma un modo per vivere ogni giorno diversamente. Imparare a dare importanza ai particolari ed alle situazioni che ci coinvolgono. Giornata mondiale della lentezza
La lentezza è una riscoperta dei valori sui quali abbiamo per troppo tempo glissato, tutto quello che non abbiamo potuto osservare con la necessaria calma. Le occasioni che ci sono passate accanto e che, per troppa fretta, e per compiacere i ritmi che ci vengono imposti, non abbiamo colto. È la riscoperta della banalità, delle cose che ci accrescono intimamente e che ci rendono consapevoli di ciò che ci circonda.
Frenesia e ritmi troppo elevati
Una vita troppo frenetica regola le nostre funzioni e ne piega le esigenze. I ritmi di sonno, veglia, lavoro, pranzo, cena, supermercato, divano, sono scanditi in modo poco funzionale ai nostri bisogni. Riprendere possesso delle nostre funzioni con un miglior rapporto velocità-lentezza è vitale per un’armonica capacità di gustare la vita.
Tutto nuovo, anzi nuovissimo
Le abitudini ad usufruire di tutto ciò che è nuovo, modernissimo, up-to-date, ci crea la convinzione di essere inadeguati. Troppo lenti per rincorrere ogni nuovo prodotto, ogni nuova moda, nuovo gusto, nuovo device tecnologico. Una situazione indotta da chi deve tentare di farci sentire arretrati e spingerci a correre di più per ottenere quei risultati e quei beni di cui spesso non abbiamo nessun bisogno. Nei nostri cassetti invecchiano oggetti che solo un anno fa sembravano il must, il meglio a cui aspirare per sentirsi realizzati. Quanta fatica ed impegno ci sono costati ed ora già li abbiamo dimenticati.
Com’è nata la giornata della lentezza
Il rischio è di vivere in modo superficiale, quasi automatico, utilizzando le risposte più ovvie ai problemi che incontriamo. Dobbiamo tornare al 2009, per comprendere come è nata questa iniziativa. I fondatori del Movimento Slow Food, con la loro promozione dei prodotti alimentari tipici, locali e della cultura gastronomica tradizionale, hanno dato inizio al tutto. Il loro esempio di pratiche sostenibili a sostegno dell’integrità dei prodotti alimentari, ha fatto ripensare a molti degli standard recenti. La lentezza è diventata un elemento cardine della rivalutazione della qualità, non solo agricola, del modo di intendere la vita.
Nasce una filosofia diversa
Dalla tavola, il concetto è traslato ad ogni aspetto della vita, uno stimolo ad apprezzare maggiormente le singole attività che compiamo. La lentezza è diventata una componente sociale ed educativa, saper apprezzare appieno, senza fretta, è il risultato a cui tendere. Da allora le manifestazioni si sono moltiplicate ed hanno coinvolto il ruolo della cultura, della conservazione dell’ambiente. Tutti questi aspetti hanno dato vita ad una sorta di filosofia dove salute e benessere sono diventati i cardini su cui poggiare le nostre abilità ed abitudini.
Maggiore attenzione a sé
L’obiettivo della Giornata Mondiale della Lentezza è quello di aiutare a ripensare il modo di vivere con maggiore attenzione a sé stessi e con la consapevolezza di contribuire a migliorare anche la vita degli altri. Interrompere l’incessante corsa che ci obbliga a regole coercitive, è il primo passo da compiere. Per onorare questo elogio del vivere con maggior calma e rispetto, vengono attivate moltissime attività, che pongono la lentezza al centro. Lo scorrere lento è un privilegio ed un diritto di cui dobbiamo impossessarci.
Attività e meditazione
Camminate lente, letture, meditazioni, attività di cucina o artigianali in cui il concetto di tempo venga dilatato e faccia parte dell’attività stessa. Non è più il tempo di tutto subito e di corsa. La lentezza svolge anche un valore educativo, soprattutto ai più giovani non viene concesso di annoiarsi, le loro giornate vengono riempite di troppe incombenze. Questo li abitua ad essere dei giovani e degli adulti frenetici che devono trovare stimoli costantemente. In fondo, saper gustare in modo adeguato quanto ci circonda è un modo di leggere in chiave sostenibile il celebre “Carpe Diem”. Giornata mondiale della lentezza
Lo Chartreuse fanno solo i monaci francesi e a loro non interessa produrne altro
Proviamo a metterla così. Possedete un brevetto unico al mondo. Tutti chiedono il vostro prodotto e sono disposti a strapagarvi, se lo producete. Ma a voi non frega niente di guadagnare di più e mantenete lo stesso livello produttivo. Esistono due opzioni, o siete dei pazzi matricolati che soffrono di masochismo, o siete dei frati certosini dai principi etici. Un liquore particolarmente etico
In questo caso parliamo della seconda opzione. I frati certosini che hanno la loro sede sulle Alpi francesi posseggono una ricetta esclusiva che custodiscono preziosamente. Per produrre lo Chartreuse servono 130 erbe selezionate, spezie, fiori e tanta pazienza. La lavorazione dura un anno intero e la produzione è contingentata. Pensate sia un vezzo perché loro hanno fatto voto di non curarsi del denaro e dedicarsi alla preghiera e alla contemplazione? Non è così
Mantenere i conventi
Il denaro ricavato dalla vendita del liquore serve a mantenere i conventi, i monaci ed a sostenere azioni di volontariato e assistenza. Perciò il denaro sarebbe graditissimo e utile ma c’è una questione etica di fondo. I monaci sono molto preoccupati che la raccolta delle erbe e fiori possa arrecare danni ambientali. Non vogliono che la produzione del liquore possa intaccare l’equilibrio ambientale.
Un cocktail riproposto
La richiesta è incrementata dopo che un cocktail sta avendo un grande successo. È la riproposizione del Last World, che è molto richiesto, ma la difficoltà di reperimento del liquore dei monaci sta creando imbarazzo. Recentemente i frati hanno inviato una mail ai fornitori, chiarendo che anche se la richiesta è molto forte non intendono aumentare la disponibilità del loro liquore verdognolo. I grossisti si sono messi le mani nei capelli, perché la domanda è tale che chiunque farebbe carte false pur di produrne di più. Ma i monaci sono irremovibili.
Compiti religiosi in primis
Non c’interessa guadagnare di più e ci distoglierebbe da quelli che sono i nostri compiti religiosi, quelli per cui siamo entrati in convento. Non c’interessano viaggi di lusso e comodità, preferiamo una vita spartana dedicata alle preghiere e alla meditazione solitaria. Teniamo più a mantenere intatto l’habitat che ci fornisce le erbe necessarie. Produciamo già un milione di bottiglie l’anno e non vogliamo superare quella soglia.
40 tonnellate di materie prime
Preleviamo 40 tonnellate di materiale e non vogliamo danneggiare il pianeta solo perché qualcuno pensa che dovremmo farlo ed avere maggiore disponibilità del liquore. A noi interessa maggiormente l’equilibrio della vita monastica, produrre maggiormente ci distoglierebbe dalle preghiere e dovremmo farci aiutare da personale esterno. Le nostre pianificazioni non riguardano il presente, ma le attività che si svolgeranno tra secoli. Amiamo le piante, le erbe e i fiori che raccogliamo vogliamo che possano essere a disposizione anche di chi verrà dopo di noi. Un liquore particolarmente etico.
Il pianeta blu, la Terra, ha ancora bisogno di molto supporto, e molte azioni.
Sono molte le azioni che si possono attuare ogni giorno per festeggiare il nostro pianeta. Il metodo più semplice è amare la Terra in ogni modo possibile e tenerla in considerazione con tutte le sue contraddizioni. Tutte le azioni che possono deturparlo e metterlo in crisi andrebbero evitate e c’è tanto lavoro da fare in quel senso. Però se manteniamo più saldo il contatto con la Terra possiamo conoscerla meglio e costruirne una relazione migliore. Celebrare la giornata della Terra
Saper apprezzare la bellezza del nostro pianeta è un passo importante che ci riconcilia coi nostri bisogni interiori. La bellezza può essere ovunque, anche in un timido piscialetto che riesce ad uscire dal cemento di un marciapiede. Sta a noi riuscire a vederlo in quel modo e renderci conto della qualità del luogo in cui viviamo. Oltre alla vista possiamo affidarci anche all’udito per godere dei suoni della natura, anche il luogo più urbanizzato è ricco di sonorità, di canti di uccelli a cui non facciamo tropo caso.
I birdwatcher
I birdwatcher potrebbero stupirvi mostrandovi tutte le specie che vivono nella vostra area, e che voi non riuscite a vedere. Uccelli che nidificano in posti che vi potrebbero lasciare a bocca aperta. Come i falchi o le poiane che hanno scelto le cime dei palazzi o gli splitter dei vostri condizionatori per metter su casa. Se avete familiarità con le telecamere, potete controllare chi vi ha visitato la scorsa notte. Oltre ai gatti del vicino, potreste immortalare volpi, moffette, ricci, nutrie o magari un daino. C’è una fauna cospicua là fuori che si muove, e che considera il vostro giardino un ottimo posto da esplorare o dove trovare cibo.
Osservare gli animali
Osservare gli animali non è solo per esclamare “Ma che carini!” Neppure per fare statistiche su chi ti vive accanto, ma può generare un sistema per accorgersi del proprio ecosistema che cambia. Ogni avvistamento, ogni canto d’uccello può dare un’idea di come si comportino, ritornino, fuggano o scompaiano gli animali nel nostro vicinato. Notizie utili a chi studia questi fenomeni ed utili per la salvaguardia del pianeta. La stessa cosa accade per i vegetali
Coltivare un orto
Far crescere piante, meglio se autoctone, originarie della nostra zona, nei giardini, nei parchi, nei balconi, regala altre informazioni. Inoltre permette di coltivare un orto che darà prodotti a metro zero, migliori per gusto e qualità. Senza uso di anticrittogramici, veleni o agenti chimici. Ortaggi, frutti o verdure che potresti scambiare coi vicini per evitare che i trasporti modifichino la nostra impronta carbonica. Ogni piccola azione è di aiuto per la sostenibilità del pianeta. Ognuno deve farsene carico.
Comunicare meglio
Il nostro impegno quotidiano è corretto che venga diffuso e condiviso. Se tutti conosceranno il nostro impegno, potrebbero essere stimolati ad imitarci. La comunità attenta a ciò che lo circonda può crescere e diventare più partecipe. Ognuno può portare il proprio mattoncino, ma deve saperlo, deve esserne convinto, deve essere coinvolto. Rendere il nostro quartiere, rione, villaggio, paese, città, regione importante, apre alla cooperazione. Rende visibile il futuro e le opzioni per le quali ci possiamo impegnare.
Sano, equo, innovativo
È la trilogia di valori su cui impegnarsi a fondo. Un pianeta più sano che sappia valorizzare l’esistente e ciò che può produrre. Dobbiamo nutrire 8 miliardi di persone e dobbiamo farlo nel modo più equo possibile, rispettando le esigenze, gli usi e le tradizioni delle comunità. Non possiamo stravolgere completamente il loro modo di vivere, ma dobbiamo cercare di integrarci maggiormente. Questo significa cedere qualcosa in alcuni casi, per raggiungere un unico risultato, salvare la Terra.
Nuovi leaders per un pianeta duraturo
Pensare ad un mondo duraturo, dove la logica del facile ritorno economico, passi in secondo piano, sembra utopico. Ma dovremo cominciare a ripensare alla nostra economia, ed al modo di intenderla. Dobbiamo creare nuovi leaders che sappiamo portarci verso queste mete. La difficoltà sarà creare le condizioni per una vita migliore, che non produca per consumi eccessivi. Ci salveremo solo se collaboreremo tutti assieme, non sarà semplice cambiare la mentalità e le pessime abitudini di molti, troppi terrestri. Ma la Terra che ci ospita da milioni di anni, se lo merita. Celebrare la giornata della Terra
Comunicare correttamente la propria capacità di essere sostenibili è sempre più importante
Per essere più attrattivi ai ristoratori non bastano le stelle o i menù strepitosi. L’attenzione dei consumatori si sta spostando, in modo sostanzioso, verso un mondo più equo ed attento. Il coinvolgimento verso un pianeta, che ha un equilibrio precario, prende forma. Aumenta l’attenzione verso i locali che utilizzano prodotti di stagione e che sanno comunicarli nei loro menù. La sostenibilità attira clienti.
Il Noma di Copenaghen chiude perché i proprietari vogliono trovare nuove formule da proporre in cucina, ma il loro esempio ha fatto scuola. Rapporto col territorio, prodotti a km zero, Un menu ristretto con pochi piatti ma davvero sostenibili. Riduzione degli sprechi, attenzione a tutto ciò che non viene consumato immediatamente. Un interesse verso una green economy che sappia impiegare al meglio le proprie risorse.
Ristorazione intelligente
L’amore per gli agriturismi, a Pasqua l’ennesimo boom di tutti esauriti, è un dato di fatto. È una direzione da perseguire, ma è impensabile che tutti possano trasformarsi in quel senso. I ristoranti non possono tramutarsi in strutture agrituristiche, specialmente per le collocazioni all’interno delle città. Sono però favoriti se riescono a palesare che posseggono un orto dove coltivano le proprie verdure ed aromi. O se possono dimostrare di utilizzare materie prime da mercati equi e solidali.
Italiani più attenti
Gli italiani sono più attenti al packaging, all’uso della plastica e dei materiali riciclabili, fanno scelte più sostenibili, e stanno attenti agli sprechi. Acquistano prodotti dai mercati contadini, di cui vogliono conoscere provenienza e dettagli. Un approccio diverso rispetto al solo prezzo ribassato dei discount. Una maturazione per il rispetto ambientale dove gli eccessi dei trasporti sono sempre meno compatibili con un mondo migliore. Anche la scelta di consumare meno carne rossa va inteso in quella direzione. Salvo il pianeta comprando meno ma meglio, è il nuovo mantra.
Attenzione al pianeta
Riciclo, riuso, separazione dei materiali da gettare sempre più elevata, fino a sfiorare il 100%. Attenzione a tutto ciò che può danneggiare l’ecosistema, come le raccolte degli oli esausti e quelli da frittura, raccolta delle batterie e dei RAEE (rifiuti elettronici). Maggiore attenzione al risparmio energetico individuale, e alle riorganizzazioni dei propri frigoriferi e dispense, per evitare di dimenticare qualche prodotto. Un aspetto che coinvolge maggiormente i giovanissimi (per cultura) e gli anziani (più abituati a consumi parchi ed oculati).
Operazione simpatia
I ristoratori che riescono a comunicare meglio le loro scelte ecologiche attuano una operazione simpatia che li aiuta ad avere maggiori chance di successo. La clientela tiene sempre più conto quanto arriva nel suo piatto. Alimenti da colture eque o locali vengono privilegiati Una cucina che sia appagante ma rispettosa, per riuscire ad immaginare un futuro migliore. Anche le doggy bag, per portare a casa gli avanzi, stanno diventando sempre più comuni, i clienti non si vergognano più di richiederle. Gli italiani plaudono a tutte le iniziative per recuperare il cibo avanzato, alle banche solidali, ai centri di raccolta per prodotti in scadenza. Un aspetto che nessuno dovrebbe dimenticare. La sostenibilità attira clienti.
Non è solo l’Italia ad avere problemi con le scarse precipitazioni
Gli stati occidentali USA utilizzano l’acqua del bacino di uno dei più famosi fiumi, il Colorado, per approvvigionarsi. Ma da alcuni anni le piogge latitano e l’intero bacino è in sofferenza. Non c’è abbastanza acqua per tutti, ma nessuno vuole rinunciare alla propria quota. È un’area molto vasta quella che comprende Arizona, California, Colorado, New Mexico, Nevada, Utah e Wyoming. Ben 7 stati a sottrarre acqua ad un solo fiume. Siccità che non da tregua
I 7 stati non riescono a trovare un accordo ed hanno fatto passare importanti scadenze per presentare un progetto decente. Ora il rischio è che intervenga direttamente il governo federale a chiudere i rubinetti. Se non verrà presentato un piano fattibile, rischieranno tutti di ricevere solo poche gocce nei prossimi mesi. La situazione è peggiorata dal fatto che entrambi gli invasi che regolano il flusso, vengono utilizzati per produrre energia elettrica. Se i laghi non raggiungono un livello minimo, e sono quasi a quel punto, le centrali dovranno essere fermate.
Un poco come noi
La situazione è allarmante perché assomiglia alla nostra realtà, il Po disperatamente in secca per tutto il periodo primaverile, fa tenere gravi conseguenze. Non solo per i prelievi necessari ad industria e agricoltura, ma per il rischio del cuneo salino. Se il livello non si innalza, le acque dell’Adriatico risaliranno il fiume e contamineranno molte delle colture. Il terreno sabbioso che sta alla fine del suo corso, facilità l’assorbimento delle acque salmastre, e nulla potrà essere coltivato.
Una gestione collegiale
La speranza è che nessuna delle regioni che si affacciano sul fiume più grande della Valpadana voglia effettuare gli stessi prelievi delle stagioni scorse. La gestione dovrà essere collegiale per evitare che il cuneo salino superi gli attuali 30 km. Un coordinamento di tutte le attività che riguardano l’uso delle acque è necessario, anche se ovviamente è un palliativo. Tutte le attività che dovevano essere messe in ponte già un decennio fa, sono state posticipate e rinviate.
Correre a tappare le falle
Correre a tappare le falle, aggiustare le tubazioni per evitare perdite, creare i mini-invasi sono tutte operazioni che arrivano quasi fuori tempo massimo. I privati cittadini sono preoccupati per le loro docce estive, ma i consumi dei privati sono relativamente bassi, rispetto ai consumi industriali e agricoli. Urgono provvedimenti per ridurre quegli usi e per passare anche ad una agricoltura 4.0 attenta a non sprecare una sola goccia. I privati possono dare una mano evitando di lavare la macchina ogni settimana, evitando di riempire le loro piscine o annaffiando campi di golf, giardini e parchi. La parola d’ordine è risparmiare i consumi. Siccità che non da tregua.
Quanto pesce arrivava sulle nostre tavole? Perché troviamo solo resti di capre, buoi e pecore?
Esiste una teoria che considera il pesce localemediterraneo, come una parte poco rilevante della nostra dieta originale. Basata più sulle carni che sul pescato. La dieta mediterranea viene studiata in ogni dettaglio, e continuano ad uscire reperti che rivoluzionano quel tipo di pensiero. Il mare nostrum come lo chiamavano i romani ha sempre fornito buone dotazioni di proteine ittiche. Dieta mediterranea originale ricca di pesce.
Ma i reperti negli insediamenti antichi mostrano solo parti appartenute a capre, pecore, suini e bovini. In realtà tra i resti c’è anche molto pesce, ma le sue lischepiccole e fragili, vengono disperse facilmente. La loro fragilità le fa scomparire ad una prima ricerca, solo con gli approfondimenti si trovano resti di pesci.
Nell’isola di Creta un gruppo di zoo-archeologi svolge ricerche in quel senso e sta ribaltando l’idea di popoli di soli allevatori. Non solo ovini o ruminanti da mungere e a fornire carni, ma anche vasche di allevamenti ittici. Se questi grandi investimenti sono stati fatti, come mai non si rintracciano i resti? Eppure il pesce era alla base della quotidianità. Rappresentava buona parte dell’apporto proteico delle diete.
Testimonianze ma poche rappresentazioni
Ci sono testimonianze che lo dimostrano, anche se il pesce raramente era parte dei sacrifici agli dei, non veniva rappresentato nei templi o nei luoghi pubblici. Alcuni teorici individuano il Mediterraneo come troppo poco pescoso, ed irrilevante anche per la più celebre dieta. In effetti sono pochi i fiumi che scaricano nutrienti a mare e quindi, la catena alimentare parte ad handicap rispetto agli oceani. Ma i ritrovamenti di piccole parti di lische e teste dimostrano che il pesce era parte integrante della dieta.
Renderlo più pescoso
il pesce è parte integrante delle diete moderne, l’ipotesi di un Mediterraneo più pescoso sarebbe molto positiva, anche attualmente. L’apertura del Canale di Suez ha mutato la situazione attuale, molti pesci non originali entrano nel Mediterraneo e sconvolgono l’habitat. Alcune specie aliene sono anche pericolosamente tossiche. A questo aggiungete una pesca dissennata e avrete una pessima immagine dell’esistente.
Pesca sostenibile
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, solo il 37% degli stock valutati nel Mediterraneo e nel Mar Nero è stato pescato entro livelli biologicamente sostenibili. Dopo che la diga di Assuan è stata completata, il flusso di nutrienti dal delta del Nilo si è ridotto. Le fioriture di plancton, e forse l’intera rete alimentare marina, hanno subito un grave dissesto, provocando un calo delle nascite di nuovi pesci.
Disinteresse alla base del problema
Questo costante degrado è causato dal disinteresse verso il settore della pesca, ritenuto minore. Ad eccezione delle piccole comunità costiere, il resto dell’Europa non utilizza il Mediterraneo per la sua sopravvivenza. Ma non è sempre stato così. Il mare ha fatto da culla a più civiltà, ed il pescato era importanti per le società più antiche. Bovini, pecore, capre erano tutti animali usati per i sacrifici nei rituali religiosi. Le rappresentazioni di questi sacrifici sono rimaste ovunque, documentate in testi, incisioni e monumenti. Il pesce però, occupava un posto importante nella società, più strettamente legato al quotidiano,
Declino delle popolazioni ittiche
Negli ultimi 50 anni c’è stato un declino delle popolazioni ittiche. Prima della seconda guerra mondiale i pescatori locali su piccola scala, simili ai loro antichi omologhi, lavoravano principalmente nel Mediterraneo. Dal dopoguerra navi molto più grandi hanno cambiato il mondo della pesca. Questa pressione ha schiacciato il settore artigianale ed ha ridotto drasticamente gli stock. Mentre la pesca, in tutto il mondo, passa dalla gestione delle quote, nel Mediterraneo si basa ancora su metodi molto meno precisi. Le aperture e le chiusure stagionali e le dimensioni delle maglie delle reti, sono gli strumenti principali con cui vengono controllate le catture.
Una visione ridotta
Ogni generazione successiva ha una visione ridotta di ciò che costituisce l’abbondanza. I ricordi del pescatore che poteva catturare 100 orate in un’ora, sono folli per il suo erede, che pensa che una giornata con 10 pesci sia andata alla grande. Il Mediterraneo viene ritenuto un mare povero, eppure sappiamo dagli storici romani che era molto popolato, ci sono testimonianze della presenza di moltebalene grigie. Segno che il mare era ricco, lo confermano anche gli squali che un tempo erano ovunque, ed ora stanno scomparendo. Per mantenerlo vivo, occorre attivare sistemi che lo rendano nuovamente molto pescoso.
Basta il solo turismo?
Le richieste dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo sono mutate. I turisti desiderano mari blu, acque cristalline anche se senza pesci. Vogliono il luogo perfetto per bagnarsi e prendere il sole anche a costo di riempire le coste di cemento. Per un gradevole Souvenir di vacanze, e poco importa se non ci saranno più orate, saraghi, alici o pagelli. Le pressioni sulla UE, perché finanzi progetti ambientali che si prendano cura del Mediterraneo, è forte e costante. La speranza è che il Mediterraneo torni ad essere un punto di forza anche per la nostra dieta quotidiana. Più pesce “selvaggio” locale, non allevato e riempito di antibiotici, e meno pesce oceanico sulle nostre tavole. Dieta mediterranea originale ricca di pesce.