Benessere, Enogastronomia

Gli italiani e le verdure

Un rapporto molto difficile 

Anche se in qualsiasi rivista o video che parli di diete o di salute, sono sempre al primo posto come alimento consigliato, le verdure sono sempre osteggiate. Come ben sa chi ha bambini, riuscire a convincerli a mangiarle, confina con l’impresa. Gli italiani faticano molto a considerarlo un alimento base e soprattutto salutare, nonostante la tanto celebrata dieta mediterranea. In una graduatoria dedicata ai cibi consumati meno volentieri, c’è una ricca hit parade legata ai vegetali. Gli italiani e le verdure

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Odiati o poco apprezzati

La top five degli alimenti che gli italiani non vorrebbero trovare mai nei loro piatti c’è una vera ecatombe di prodotti dell’orto. Al primo posto le insalate, verdi o miste. Con pomodori, peperoni cetrioli, lattuga, indivia, romana, scarola, radicchio in tutte le sue varianti, carote, ecc. In alcuni casi ci sono condizioni di difficile digestione a condizionare la scelta di tenersi a distanza dalle insalate. Ma sono relativamente poche, quasi sempre legati a lattuga e cetrioli

Gli italiani e le verdure

Basta tonno ed un uovo

Ma le insalatone ricche, intese come un piatto unico stanno leggermente ribaltando la situazione. Basta aggiungere tonno, un uovo sodo, oppure formaggio, striscione di speck o prosciutto  e la situazione cambia. Le versioni più salutiste e varie con altri cereali, mais, oppure noci, semi, fagioli, quinoa e altri legumi, arricchiscono il piatto e diventano un piatto unico, ottimo anche per chi lavora fuori casa.

Verdure grigliate

Anche le verdure grigliate non sono molto gradite, peperoni, pomodori, melanzane, zucchine, radicchi sia alla griglia o saltate in padella, fanno storcere il naso a molti. Anche se condite con olio, aceto o limone e sale, sono considerate poco attraenti. Interessante però che le stesse verdure se ripiene di formaggio, carni, pan grattato o altri ingredienti diventino subito appetitose. Per non parlar della parmigiana di melanzane.

Gli italiani e le verdure

Verdure bolite

Stessa sorte anche per le verdure lessate in acqua o cotte a vapore. La versione migliore per gustarle con il loro apporto di vitamine e minerali che rimangono integri. é il regno delle verdure “puzzolenti”, broccoli, cavoli, spinaci, carote, indivia, cavoletti di Bruxelles, verze. Tutti vegetali con formidabili apporti di nutrienti e minerali. Molte verdure cotte nel microonde conservano sapore e “odorano” molto meno a cause del velocissimo processo. Ma anche se il loro “profumo” non è così evidente, non è sufficiente per portarle nella classifica dei cibi graditi.

Minestrone vade retro

Anche se completato con pasta o riso, il minestrone è davvero ostico, gli italiani hanno poco tempo per preparare i cibi, e il minestrone è uno di quegli alimenti che più lentamente cuoce e meglio assimila i sapori. Sono molti quelli che preferiscono affidarsi alle buste congelate del supermercato, ma che non sono felicissimi del risultato finale. Il vecchio buon minestrone della nonna con tanti legumi, patate, carote, zucca e verdure miste resta a buona distanza da quelli ottenuti velocemente. 

Gli italiani e le verdure

Patate ovunque

Da notare che nonostante l’avversione in genere per le verdure, ci sono alcune eccezioni, tra queste sicuramente le patate. Tuberi eclettici che bollite, cotte alla brace, fatte a dadini per i minestroni o fritte, in olio o nella friggitrice ad aria, accolgono sempre consensi. La patata è il limite che consente a tutti di avere almeno un poco di verdure, nonni, adulti e bambini compresi.

Gli italiani e le verdure

Gran finale a sorpresa coi crostacei

Anche se molti sono disposti anche a sobbarcarsi viaggi per andare al mare a mangiare pesce, i crostacei sono indigesti a molti. Sono loro i meno apprezzati o se volete i più odiati dagli italiani. Molluschi, cozze, muscoli, vongole, gamberetti, lumachine, ostriche mettono in difficoltà molti dei nostri connazionali. Anche se utilizzati per arricchire paste, risotti o saporite zuppe non hanno mai conquistato completamente la fiducia degli italiani, Gusci bivalvi impenetrabili, e zampettine che ricordano insetti, fanno allontanare molti commensali da questi piatti. Gli italiani e le verdure

Gli italiani e le verdure

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Benessere, Enogastronomia, Viaggi

Rintracciato un curry di almeno 20 secoli

E’ un mix di spezie che veniva commercializzato in tutto il sudest asiatico e che è ormai comune in ogni cucina fusion

Un nome inventato che non significa nulla

Il nome curry è stato utilizzato dagli occidentali che acquistavano i mix di spezie per esportarle in Europa. Ne sono state rintracciate tracce in antichi mortai e pestelli con gli ingredienti molto simili a quelli attualmente utilizzati. Il nome deriva dalla contaminazione di un termine tamil “kari” che significa, salsa, condimento. Non identifica un solo elemento ma una fusione di diversi ingredienti, pertanto il curry, come lo conosciamo in Europa, in Asia ha cento nomi diversi. Forse non è la spezia più antica ma sicuramente ci si avvicina. Rintracciato un curry di almeno 20 secoli

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Spezie necessarie per coprire i cattivi odori

Sono stati i coloni europei ad utilizzarlo per primi, per farsi capire dai locali e poterne fare commercio. Indicava qualsiasi pietanza speziata e le relative spezie. La necessità di insaporire le carni in modo da coprire i cattivi odori delle carni e del pesce, in tempi in cui la refrigerazione non esisteva, ne facevano un ingrediente molto gradito. Fu alla base di grandi fortune per le compagnie commerciali come quella delle Indie Orientali.

Da un sito del Sud Vietnam 

Dalle tracce di materie prime contenute negli antichi mortai e relativi pestelli, rintracciati in un sito archeologico del sud Vietnam, i ricercatori sono riusciti a riconoscere almeno 7 ingredienti. La cosa curiosa è che quegli ingredienti sono gli stessi ancora utilizzati oggi per produrre il mix di spezie. Curcuma, chiodi di garofano, zenzero e zenzero in polvere, valanga, cannella, latte di cocco e noce moscata. Attualmente vengono aggiunti altre spezie ma tutti questi sono ancora alla base della ricetta da almeno due millenni.

un curry di 20 secoli

Tanti mortai e pestelli

La presenza di grandi quantità di pietre in cui pestare e mescolare le spezie, ha fatto comprendere che erano sicuramente destinate al commercio, e non all’uso delle piccole comunità locali. La città dove sorgeva il sito archeologico è una in una zona di collegamento tra molte via di accesso terrestre, fluviale e marino. Buoni collegamenti hanno permesso una buona circolazione del curry, in un’area che andava dall’Oceano Indiano a quello Pacifico.

Navi e carovaniere attraverso tutta l’Asia

Alla distribuzione in Medio Oriente pensarono le rotte commerciali europee o le carovaniere che trovavano sbocco sulle coste del Mediterraneo. Il sito era una sorta di collettore di spezie provenienti da diverse aree, ad esempio i chiodi di garofano vengono raccolti sono in un’area ristretta dell Indonesia, ma erano parti della ricetta. Perciò gli ingredienti arrivavano qui, erano lavorati e poi distribuiti ovunque via mare o terra.

Datazioni al carbonio

Le datazioni dei semi e delle sostanze risalgono al 200 A.C. e datano molto più in passato la conoscenza di questa ricetta. Uno dei mix profumati più longevi, ed uno dei più fortunati. Da decenni la cucina etnica si serve di spezie per rendere appetitosi i propri piatti e questa mescolanza di sapori e profumi ha fatto la fortuna di molte cucine, ad esempio la thai, la vietnamita e quella indiana, rendendo decisamente mondiale la sua sfera d’influenza. Rintracciato un curry di almeno 20 secoli

un curry di 20 secoli

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Fattorie verticali al posto degli uffici

Le città ripensano i propri spazi per coltivare cibo

Sono tantissimi i capannoni, le strutture industriali e gli edifici utilizzato come uffici, in disuso. Una vera crisi dell’edilizia accentuata dal covid-19 e i problemi che ha indotto. Anche lo smart working ha contribuito a rendere obsoleti o inutilizzati molti uffici, che ora non trovano altre accomodazioni. La soluzione a questo problema è forse arrivata da alcune società agricole. Fattorie verticali al posto degli uffici

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Edifici vuoti ed inutilizzati

Si avete capito bene, gli edifici vuoti ed inutilizzato possono diventare orti urbani. Orti automatizzati verticali che consumano pochissima acqua e pochissimo spazio, rispetto alle colture in campo. Un’azienda, la Area 2 Farms, ha dato il buon esempio installando una struttura in grado di produrre verdure, tuberi ed erbe aromatiche.Il tutto nel centro città con la possibilità di raggiungere molte persone con il suo mercato contadino.

Niente affitti con lo smart working

Il crollo degli affitti per gli edifici in posizioni centrali, non più utilizzati, ha coinvolto anche tutto l’indotto di bar cafeterie, ristoranti, che grazie a questa nuova attività riprendono slancio. I tentativi di trasformare gli edifici dedicati agli uffici, in loft e appartamenti, ha trovato scarso interesse. Troppo complicato rendere gradevoli gli ambienti dedicati ad altre attività, e decisamente costoso.

fattorie verticali al posto degli uffici

Il sistema Silo

Il sistema utilizzato trasforma gli ambienti in una fattoria che può operare in gran parte in autonomia. Il sistema utilizza dei nastri trasportatori che si spostano in verticale. La loro funzione è replicare il ciclo luce-buio naturale con cui crescono le piante. La loro automazione alleggerisce il lavoro degli operatori che prima dovevano muovere tutti i contenitori manualmente. Altro punto a favore, non è necessario modificare gli edifici, bastano gli allacci ad acqua ed elettricità per poterlo rendere operativo. Sono ambiente solitamente climatizzati, dotati di riscaldamento e ventilazione.

Fattorie moderne

Le aziende che hanno progettato queste automazioni immaginano che le loro fattorie verticali possano soppiantare molte delle coltivazioni in campo. Non tutto può essere coltivato verticalmente, ma sono molte le verdure e i piccoli frutti che possono essere coltivati arrivando fino a 30 raccolti annui. Ora sono in fase di promozione per farsi conoscere e potrebbero veramente costituire una scelta interessante per dare un futuro a molti edifici. Se pensate alle distese di capannoni vuoti del Veneto, che stringono il cuore, la soluzione sembra ancor più interessante.

Strutture aggiornabili e modificabili

Le fattorie verticali non sono un monoblocco destinato solo a certe coltivazioni. Possono essere adattate a seconda delle esigenze. Modificando alcune parti l’automatizzazione diventa ottimale per la coltivazione che si vuole intraprendere. Non c’è nemmeno bisogno di particolari skils in agraria e agronomia. Il sistema una volta deciso cosa coltivare predispone tutto ciò che serve e comincia a lavorare per noi. S vogliamo insalata o fragole o lamponi basta impostare la richiesta e la fattoria verticale si predispone in autonomia.

Produrre di più

L’agricoltura verticale permette di produrre molto più rispetto al terreno e con una costanza che l’esterno non consente. La ciclicità della stagioni, accelera o rallenta i cicli, mentre in ambienti al chiuso questo può essere evitato. Inoltre c’è l’enorme vantaggio delle energie utilizzate fino al 90% in meno e il risparmio di consumo di acqua, fino al 98% in meno grazie a ricicli e filtraggi. Fattorie verticali al posto degli uffici

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Le ciliegie non si raccolgono da sole

C’è un sacco di lavoro da fare prima di raccogliere i frutti

Alcuni mesi fa mia sorella se ne esce con: “quest’anno voglio fare la confettura con le ciliegie del campo“. L’ho guardata perplessa e risposto: “sai vero che le ciliegie non entrano nella cesta per miracolo. Sono anni che quel campo non viene curato, e le piante hanno bisogno di potatura, concime e trattamenti“. Lei mi ha guardata come se fossi un extraterrestre. Le ciliegie non si raccolgono da sole

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In effetti tutti noi pensiamo molto poco a cosa c’è dietro un prodotto, che sia un frutto, un alimento o un piatto. Lo sappiamo solo se ce ne occupiamo personalmente. E’ così per tutto, immaginiamo sempre che sia tutto facile e veloce, a meno che non siamo coinvolti nel lavoro. Solo allora capiamo davvero l’impegno e la complessità dietro a ogni cosa.

Dietro ad una ciliegia

Dietro a una ciliegia ci sono mesi e mesi di lavoro, ci sono anni di esperienza, ci sono tradizione e innovazione, anche una strategia di comunicazione ha molto dietro. Chi ha una azienda e vuole vendere (bene) il proprio prodotto, ha bisogno di comunicare chi è, cosa fa, cosa rende il suo prodotto appetibile e ci si focalizza subito sulla comunicazione. Esattamente come mia sorella che si voleva mettere sotto la pianta aspettando che le ciliegie saltassero nella cesta.

Occorre fare uno anzi due passi indietro.

Prima di comunicare me stesso devo sapere chi sono, che tipo di azienda sono, che tipo di gestione ho o vorrei, che tipo di prodotto faccio, che tipo di risultati voglio ottenere. É  quello che si chiama strategia aziendale, e spesso si ha bisogno di una visione esterna, una sorta di specchio che riflette la nostra immagine e ci fa capire come siamo.

Ma questo non è che l’inizio

Ma questo non è che l’inizio, ho il campo e le piante di ciliegio ma c’è ancora tanto lavoro da fare. É il momento di concentrarsi sull’azienda come marchio e trasformarlo in brand e di concentrarsi sul prodotto, sui prezzi, sulla rete di vendita. É quella che si chiama strategia di marketing, anche in questo caso l’aiuto esterno di professionisti è utile, se non indispensabile.

Ecco che, dopo aver potato, concimato, trattato possiamo raccogliere le nostre ciliegie e magari goderci la soddisfazione di venderle e di ricevere i complimenti per il gusto del nostro frutto. Solo in questo momento siamo pronti per la vera strategia di comunicazione. Adesso che abbiamo chiaro chi siamo, come e cosa facciamo, cosa e come vogliamo vendere, possiamo fare un piano di comunicazione coerente.  

le ciliegie non si raccolgono da sole

Quali strumenti utilizzare

Decidere quali e quanti strumenti utilizzare per farci conoscere e magari anche per vendere direttamente e possiamo anche spingerci oltre e raccontarci. Non solo per vendere meglio ma perché ognuno di noi ha voglia di raccontare quello che fa per passione, possiamo farlo da soli se abbiamo il tempo e le competenze o affidarci a professionisti.

Forse si ha la sensazione di perdere tempo nel fermarsi a ragionare sulla propria azienda, sul proprio prodotto, su cosa vogliamo comunicare e su cosa vogliamo ottenere. Viviamo nell’epoca del tutto e subito, facciamo molta fatica a scendere per un momento dal treno in corsa per rifare la mappa del nostro viaggio. Ma è fondamentale pensare alla strategia aziendale, alla strategia di marketing e al piano di comunicazione, proprio perché viviamo in un mondo complesso e veloce.

Se soltanto mia sorella

Se mia sorella si fosse fermata a pensare a cosa c’è dietro una ciliegia e avesse fatto tutto il necessario, adesso avrebbe una buona confettura fatta in casa. Se mia sorella avesse prenotato un’ora di consulenza gratuita cliccando su https://olabepartners.com/accresci-la-marginalita-con-be-foodie-olab adesso potremmo vendere una buona e gustosa confettura! Invece ha dovuto acquistarla al supermercato! Le ciliegie non si raccolgono da sole

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Convivere col gran caldo fino a 40°

Temperature “folli” e disastri meteorologici stanno svegliando anche i negazionismi.

Anche i dubbiosi e gli “agnostici” del cambiamento climatico cominciano a vacillare. Le temperature che si alzano ogni giorno e toccano nuovi record, arrivando e sorpassando i 40 fanno capire cosa accadrà. Se in alcuni paesi temperature simili sono normali e consuete ad ogni stagione estiva, in Europa questo non vale. Convivere col gran caldo fino a 40°

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Persone fragili

Vengono rinnovati i consigli alla cautela specie per le persone fragili, a non uscire, bere molto, ecc. Tutti consigli consueti ma ripetuti con una frequenza inusuale. Lo scorso anno le vittime per il caldo eccessivo sono state 18.000 in Italia, su un totale di 62.000 in tutta Europa. Un primato molto triste.

Vivere con tanto caldo

Quanti altri eventi meteorologici folli dovremo ancora incontrare prima di convincerci che questo diventerà il nostro rituale futuro. Estati roventi con fortunali simili agli uragani tropicali, che ci costringeranno a cambiare le nostre abitudini. Ci rintaneremo nei seminterrati o nel sottosuolo

Servizi interrati  

Ci sono realtà dove già per proteggersi tutta la vita sociale e non avviene al chiuso in luoghi refrigerati o condizionati. Siamo sicuri di voler vivere in questo modo rinunciando a stare all’aperto? Le grandi città con l’uso dissennato dei condizionatori diventano autentiche fornaci con sbalzi di 5-6 gradi rispetto alle aree extraurbane. Scapperemo dalle città?

Come ci vestiremo? 

Dovremo imparare ad utilizzare abbigliamenti che sappiano mediare dal caldo eccessivo esterno, alle folli refrigerazioni interne. Sarà l’apoteosi delle raucedini, dei mal di gola, delle bronchiti. Forse dovremmo investire in sciroppi per la gola sin d’ora. Anche i trasporti diventeranno opzioni su cui investire mota attenzione. Muoversi con la propria auto senza la certezza di un posto riparato o sotterraneo è quasi impensabile, salvo disidratarsi in tre minuti dall’apertura della portiera.

combattere il gran caldo

Mezzi pubblici refrigerati

Spostarsi coi mezzi pubblici se non conveniente raffreddati sarà problematico. Ma anche solo aspettare alla fermata dell’autobus i classici 10 minuti diventerà occasione per un colpo di calore. Da combattere con strumenti che possono essere ricaricati a pile o tramite usb. In ogni caso un altro consumo energetico, che già molto costoso in ogni caso, al di là dei problemi legati alla guerra russo-ucraina.

Combattere il calore esagerato con il cibo corretto.

Dovremo ridare sfarzo alla dieta mediterranea in cui vegetali, frutta e cereali sono alla base dell’alimentazione. Dovremo ridurre il consumo di cibi troppo processati, ridurre le carni rosse e dare più rilevanza ai pesci, anche quelli non celebrati. Ridurre gli insaccati, le cose troppo saporite e salate. Abbandonare i superalcolici e accontentarci di poco vino, eliminare anche i dolci e gli zuccheri, ove possibile.

Bilanciamento indispensabile

Il giusto bilanciamento della nostra dieta, ci aiuterà a sopportare il calore eccessivo e a mantenere una corretta alimentazione. Bere molto e spesso, evitando le bevande troppo ghiacciate, favorire sempre l’acqua rispetto alle bibite, anche se queste sono più “divertenti” al gusto, sono in realtà dannose per il nostro metabolismo interno ed intestinale.

Torneremo a vecchie usanze?

I nostri avi quando dovevano affrontare le giornate più estreme ricorrevano ad espedienti. Alcuni di loro potremmo riesumarli, perché a costo bassissimo e funzionali. Portare una foglia di cavolo sotto al cappello ad esempio, aiuta a mantenere il livello di umidità necessario per evitare di sentirsi mancare. Convivere col gran caldo fino a 40°

combattere il gran caldo
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Splooting un nuovo termine dovuto al caldo

É difficile da tradurre ma potremmo provare con spappolamento o spaparanzamento

Tutto è cominciato in rete con le foto di uno scoiatolo steso su un marciapiede con le quattro zampe aperte e la coda stesa, alla ricerca di un po’ di fresco. Le immagini hanno fatto presa e molti hanno pubblicato altre foto e video sia di scoiattoli che di altri animali. La stagione calda ha reso le condizioni difficili ed obbligato gli animali a trovare soluzioni utili per sopravvivere. Splooting un nuovo termine dovuto al caldo

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Un caldo esagerato

Recentemente un’ondata di calore ha colpito gli stati del sud degli Stati Uniti, perciò è diventato comune osservare animali domestici o selvatici alla ricerca di frescura. Tutti avrete notato che i vostri gatti o cani vanno alla ricerca dei punti più freschi della casa. Si sdraiano sulle mattonelle che disperdono meglio il calore e gli permette di disperdere il calore che hanno immagazzinato.

Anche i selvatici

Anche i selvatici hanno le stesse esigenze, ma non essendo ammessi negli ambienti rinfrescati o ventilati interni, utilizzano ciò che trovano. Un marciapiede di cemento all’ombra, ad esempio, funziona benissimo in quel senso. La prima settimana di luglio ha raggiunto temperature superiori ai 38° C. ed il 3 e il 4 luglio sono stati dichiarati i due giorni più caldi da quando le temperature vengono annotate.

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Effetto comico

lo Splooting ha un certo effetto comico, vedere animali che estendono i loro arti e si stendono sul terreno, tirando fuori la lingua, ha un effetto cartone animato. Ma è una soluzione per sopravvivere, perché ci sono limiti alla capacità di espellere il sudore e creare le condizioni perché evapori. Molti animali non hanno ghiandole sudoripare e quelli con folto pelame, soffrono ancor di più, come nel caso degli scoiattoli.

Un fenomeno non recente

In realtà lo splooting esiste da sempre, ma ora che tutti sono dotati di smartphone è più semplice scattare foto o fare brevi video. Il senso di emulazione ha fatto il resto sui social media più diffusi. Ma le temperature globali sono in aumento e lo sdraiarsi al suolo in posizioni “innaturali” potrebbe non bastare più. Se l’umidità relativa in un luogo non consente di far evaporare il sudore, il calore non verrà dissipato.

Spappolati come se non ci fosse nessuno a guardarti

Parafrasando un celebre adagio che cita “balla come se non ci fosse nessuno a guardarti” gli etologi hanno elaborato una frase dedicata agli animali. Consigliano di evitare di disturbare gli animali che cercano di rinfrescarsi ma magari di contribuire alla loro salute. Questo si può fare semplicemente mettendo a loro disposizione acqua fresca e pulita. Il modo migliore per farli rinfrescare ed abbreviare lo spaparanzamento. Splooting un nuovo termine dovuto al caldo

Texas Park and Wildlife Department

Credits: Pixabay & Texas Park and Widlife Department

Benessere, Enogastronomia, Marketing

Bevande analcoliche in espansione

Un reparto finora poco esplorato sta diventando una buona occasione di business

Sono acque e bibite addizionate, arricchite o fortificate, aromatizzate, che puntano ad un pubblico attento alla salute o a nuovi modi d’intendere la “sete”. Ma all’opposto anche depauperate di alcuni elementi, senza sali disciolti, caffeina o zuccheri. L’obiettivo è soddisfare il gusto e allo stesso tempo regalare la sensazione di bere qualcosa di salutare od efficace per mantenere peso, colore e brillantezza della pelle. Bevande analcoliche in espansione

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L’aspetto estetico entro in gioco

Le nuove bevande analcoliche fanno leva sulla autostima di chi è preoccupato per i rischi che apporta al proprio corpo. Il timore di aumentare di peso con le bevande zuccherate o contenenti alcool, ha spostato l’attenzione su questi prodotti. Anche la birra analcolica rientra in quel settore, poiché non favorisce la tipica pancetta da bevitore di bionde. In Germania hanno coniato un termine apposito per definire quella piccola rotondità della pancia, “Bierbauch”. Un’autentico spauracchio per i giovani teutonici. La auto gratificazione di compiere un’azione positiva, fa il resto.

Bibite non gassate

Sono bevande che non prevedono aggiunta di anidride carbonica o altri zuccheri. Uniche eccezioni i succhi di frutta, dove il senza zucchero si riferisce a quelli aggiuntivi, mentre è abbondante la presenza di fruttosio. L’effetto salutista e/o di mantenimento è l’elemento chiave di tutti i prodotti del settore. Il modo in cui vengono presentati al pubblico si focalizza su quegli aspetti, con molta rilevanza ai “meno” ed anche ai “più”. Bevande che contengono sostanze ritenute essenziali per la salute fisica, e per il reintegro dei sali persi con l’attività sportiva .

Nuovi alleggerimenti

Molte bevande propongono un panorama di sapori diversi, spesso accompagnati da colorazioni che rendono immediata e facile la scelta degli elementi “utili”. Molto apprezzate dagli sportivi le acque insaporite ed alleggerite delle parti ritenute nocive, sostituite talvolta da elementi integratori. Anche le bevande a base di latte vengono private dalle parti grasse, ben sottolineati dai claim “scremato” o “parzialmente scremato”. La demonizzazione dei grassi animali prosegue anche in questo settore.

Sapori evidenziati

Molto apprezzate le bevande che rinnovano il panorama dei gusti, dalle semplici acque con aromi, frutti o essenze, ai che hanno aggiunto agli usuali limone, pesca o menta, una serie di variabili. La domanda di elementi integrativi ha dato vita a una serie di bevande definite “funzionali”, ovvero utili alla salute e all’attività fisica. Sono veri integratori salini o vitaminici, succhi di frutta e verdura, bevande stimolanti che aggiungono energia (redbull) o che possono rigenerare i muscoli. Di questo gruppo fanno parte anche le bibite a base di elementi naturali, riconosciuti come coadiuvanti delle funzioni fisiche e mentali. Ginseng, zenzero, melograno, goji, mirtilli, acai, papaya, pitaya, ecc. Bevande analcoliche in espansione

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Scoperti altri microbi mangia plastica

Ci sono batteri e funghi che riescono a distruggere le plastiche

Alcuni microbi, batteri e funghi hanno la capacità di aggredire e ridurre l’impatto delle plastiche. Riescono a farlo anche a temperature basse riducendo anche l’incidenza dei consumi energetici. Metodi che se applicati su larga scala potrebbero dare risultati importanti per ridurre l’inquinamento. Le plastiche sono ormai ovunque e le microplastiche sono nei nostri alimenti ed anche nel latte umano. Il problema è ancor più evidente ora che le spiagge si rianimano e dalla sabbia spuntano molti reperti plastici. Scoperti altri microbi mangia plastica

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Meno Plastica

L’unica vera e definitiva soluzione sarebbe ridurre la produzione di plastica in tutto il mondo. Un discorso molto difficile da far comprendere, ad una industria che dipende ancora troppo dai materiali provenienti dagli idrocarburi. Se non possiamo convincere le aziende a non produrne più, possiamo tentare di fare un’azione che dissolva il presente.

Dalle Alpi alle Svalbard

I batteri ed i funghi che possono digerire le materie plastiche sono stati scoperti sulle Alpi e nelle Isole Svalbard. Non sarebbe niente di eccezionale a parte il fatto che riescono a svolgere le loro funzioni a freddo. Un processo molto diverso da quelli utilizzati sinora dove il calore è parte importante del procedimento.Solo una piccola parte delle plastiche prodotte sinora è stato riciclato, anche a causa dei costi per la trasformazione e lo smaltimento.

Riciclare non basta

I rituali metodi di riciclaggio non eliminano il problema, si limitano ad allontanarlo ed implicano l’uso di altra energia per lavarla, e trasformarla in altri prodotti. Il materiale che si ottiene dal riciclo spesso è di qualità inferiore rispetto al materiale di partenza. Il riciclo inoltre non consente, come nel vetro, un riciclo costante, la perdita di qualità ad ogni passaggio, porterà la plastica ad essere stoccata nelle discariche.

Digestione a freddo

Questi batteri scoperti in Groenlandia e sulle Alpi riescono a digerire le plastiche a temperature molto più basse. Riescono a farlo già a 10 gradi rispetto agli almeno 35 gradi necessari negli impianti attuali. Un enorme risparmio in termini energetici. Riescono ad aggredire molti tipi di plastiche ma non il polietilene, forse la più diffusa tra le plastiche. I ricercatori stanno concentrando la loro attenzione sulla scoperta di quali sono gli enzimi che vengono attivati, e quali sono i meccanismi che vengono utilizzati. Buon lavoro. Scoperti altri microbi mangia plastica

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Cessi volanti

Un nuovo servizio on demand

Siamo passati dagli UFO (the flying saucers) ai wc volanti. Invece di preoccuparci se troveremo un bagno che soddisfi le nostre necessità idrauliche ed igieniche, ora dovremo solo coordinarci per dove ricevere il servizio. Una società mette a disposizione dei bagni-drone che possono raggiungerci in quasi ogni luogo. Basterà trovare un opportuno spazio dove farli atterrare. Cessi volanti

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Tre tipi di servizi

Vengono offerti tre tipi di servizi con relative tariffe. Economica, confortevole e business, per saper sempre dove poter espletare le proprie funzioni fisiche. Un drone a 6 braccia trasporta una cabina wc e la colloca dove ne abbiamo più bisogno. Le immagini che accompagnano il drone lo illustrano come trasparente su due lati. Immaginiamo che i vetri vengano oscurati nel momento opportuno per mantenere la privacy. Ma potrebbero essere la degna cabina per gli esibizionisti più motivati

Possibile prenotarlo

È possibile prenotare il wc volante come fosse un taxy e farlo arrivare nel luogo corretto. Ovviamente l’azienda non risponde per gli eventuali ritardi che potrebbero compromettere l’espletazione in tempi utili. Si consiglia durante l’attesa di incrociare le gambe. Un altro aspetto che ancora non è stato chiarito, è se è possibile usufruire dalla tazza mentre il drone è in volo. Potrebbe rivelarsi interessante constatare se è possibile vendicarsi dei piccioni che prendono di mira le nostre teste e le nostre auto

Immagine creata da I.A.

Ovviamente si tratta di un fake, di un’immagine creata da Intelligenza Artificiale, ma che ha suscitato molta curiosità. Gli utenti di Facebook e Twitter si sono scatenati in ogni tipo di supposizione. Qualcuno con ironia altri abboccando completamente alla bufala. Cessi volanti

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Covid arrivato dai cani procione?

Emerge la teoria che il virus che causò il Covid-19 si diffuse per le contaminazioni tra umani ed animali

Contrariamente a quanto molti pensano, la contaminazione cha ha portato all’epidemia di Covid-19, non sarebbe causata da una fuga da un laboratorio. Non ci sono ancora elementi sufficienti per sostenerlo. Pare invece che la migrazione del virus sia avvenuta tramite contatti con animali infetti. Sinora erano stati accusati i pangolini e i pipistrelli, ma forse non sono loro i responsabili. I dati raccolti recentemente parlano di infezione avvenuta tramite i cani procione. Covid arrivato dai cani procione?

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Presenti al mercato di Wuhan

Anch’essi erano presenti al mercato di Wuhan, il luogo dove tutto ha avuto inizio. I campioni prelevati dal mercato all’ingrosso di prodotti ittici di Huanan, in Cina, contenevano sia il virus SARS-CoV-2 che materiale genetico di cani procione. Non è ancora una prova vera, ma offre uno scenario diverso rispetto a quello sinora studiato. La loro presenza non basta ad una identificazione certa, ma il fatto che fossero presenti un’area molto ristretta fa sorgere più di un dubbio.

Procioni infetti

Affermare in modo definitivo che i cani procioni infetti sono alla base dell’epidemia è azzardato. Necessita approfondimenti. Ora il report verrà analizzato dagli scienziati della OMS per valutarne fondatezza e veridicità. Quello che possiamo dire sin d’ora è che la possibilità del passaggio del virus da animali a uomini è molto più concreto. Una probabilità assai gradita agli scienziati e alle autorità cinesi, messi sotto pressione come possibili “untori”. Tutti i dati raccolti dei DNA degli animali presenti al mercato di Wuhan sono già stati condivisi con gli altri scienziati impegnati nella ricerca.

Altre possibilità

Dopo aver scartato molte altre possibilità gli analisti sono arrivati ad escludere molte variabili, quella dei cani procioni sembra la più plausibile. Forse l’unica che abbia ancora senso studiare. Ovviamente molti altri ricercatori sollevano dubbi sulla qualità di questo lavoro e attendono che la OMS si esprima. I dati non sembrano esaustivi, e il timore è che gli studiosi cinesi cerchino di allontanare ogni tipo di ombra sul loro operato.

Lentezza nel condividere

Pero la Cina non ha mostrato l’apertura che un simile evento imponeva. Non tutte le informazioni sono arrivate immediatamente e rese disponibili alla comunità scientifica, che continua a mantenere forti dubbi. Il gigante cinese ha dapprima cercato di nascondere e confondere e questo ha creato molta cattiva stampa e molto senso di inappagamento in chi stava lottando per bloccare il SARS. Il dubbio che qualcosa di meglio e più rapido potesse essere fatto permane. Covid arrivato dai cani procione?

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