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I materiali per respingere gli uccelli per fare i nidi

Sono soprattutto corvi e gazze ad aver imparato a sfruttare questa occasione

Gli uccelli sono intelligenti ed imparano. Sanno anche imitare i comportamenti dei loro colleghi pennuti e riescono sfruttare le occasioni che noi umani fabbrichiamo. Anche se sono creati proprio per respingerli o allontanarli. Come i materiali che dovrebbero tenerli alla larga da cornicioni e monumenti. Gli spuntoni che impediscono di posarsi, dormicchiare e defecarci sulla testa, sono diventati i loro materiali di costruzione. Hanno imparato a staccarli, a scollarli dalle superfici e a riutilizzarli. I materiali per respingere gli uccelli per fare i nidi

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Strane costruzioni

Se scorgete tra i rami degli alberi, strane costruzioni a metà tra un UFO e un improvvisato meccano non siete pazzi. Sono gli uccelli che stanno imparando a sfruttare a loro favore i materiali che dovrebbero tenerli alla larga. Stanno imparando a staccare le strisce di metallo o plastica che dovrebbe impedirgli di sostare sui cornicioni o altre sporgenze. Noi cerchiamo di impedire che riempiano di guano noi e i nostri monumenti, e loro si fan beffe di noi e ci costruiscono i nidi. Corvi e gazze i primi a dare l’esempio

I più intelligenti han dato l’esempio

Hanno cominciato gli uccelli più intelligenti, quelli appartenenti alla specie dei corvidi, ma anche altre specie di uccelli hanno imparato come e cosa fare. Le liste di spuntoni vengono staccate a colpi di becco, dalla colla che li tiene attaccati ai nostri tetti e balconi, e li “lavorano” nel modo che preferiscono. Li intrecciano, incrociano e modellano per ottenere delle residenze inusuali ma “abitabili”, dove deporre le loro uova.

respingenti riutilizzati dagli uccelli

Materiali freddi ma che difendono meglio i nidiacei

Una scelta decisamente inusuale di trattare materiali che sono freddi e quindi poco si adattano a mantenere le temperature notturne per i nidiacei. Sembrerebbero controsenso, ma gli uccelli arredano i loro nidi di conseguenza, aggiungendo materiali più caldi. Alcuni osservatori pensano che proprio la “sgradevolezza” del materiale sia utilizzata per tenere lontani altri uccelli e predatori. Quindi lo scopo di mantenere la distanza che noi umani perseguiamo, gli uccelli la usano contro i loro avversari. Una difesa che assomiglia talvolta a quella degli istrici.

Imparano da tutto ciò che mettiamo a disposizione

Un modello evolutivo sorprendente che non termina di stupire, per l’efficienza che dimostrano nell’imparare da tutto ciò che li circonda. Un oggetto che da oppositore e respingente, diventa un soggetto di sviluppo evolutivo. Non hanno però creato costruzioni tutte simili, i corvi hanno girato le punte verso il basso, per costruire piattaforme più solide, le gazze le hanno ricolte verso l’alto e l’esterno per costruire nidi a cupola.

Ingegneria aviaria colorata

A volte strappano la striscia intera, a volte si limitano a strappare le singole punte, a seconda delle esigenze costruttive. Aggiungono poi altri materiali anche decorativi o con la funzione di ammorbidire la parte interna. Nidificazioni con materiali inusuali, o prodotti dagli umani, sono state trovate in ogni continente tranne l’Antartide. Mozziconi di sigarette, lenze, carte, fazzoletti, carte di caramella, tappi di plastica, strisce di tessuto, tra gli oggetti presenti nei nidi più disparati. I materiali per respingere gli uccelli per fare i nidi

respingenti riutilizzati dagli uccelli

Credits:Pixabay

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Scoperti altri microbi mangia plastica

Ci sono batteri e funghi che riescono a distruggere le plastiche

Alcuni microbi, batteri e funghi hanno la capacità di aggredire e ridurre l’impatto delle plastiche. Riescono a farlo anche a temperature basse riducendo anche l’incidenza dei consumi energetici. Metodi che se applicati su larga scala potrebbero dare risultati importanti per ridurre l’inquinamento. Le plastiche sono ormai ovunque e le microplastiche sono nei nostri alimenti ed anche nel latte umano. Il problema è ancor più evidente ora che le spiagge si rianimano e dalla sabbia spuntano molti reperti plastici. Scoperti altri microbi mangia plastica

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Meno Plastica

L’unica vera e definitiva soluzione sarebbe ridurre la produzione di plastica in tutto il mondo. Un discorso molto difficile da far comprendere, ad una industria che dipende ancora troppo dai materiali provenienti dagli idrocarburi. Se non possiamo convincere le aziende a non produrne più, possiamo tentare di fare un’azione che dissolva il presente.

Dalle Alpi alle Svalbard

I batteri ed i funghi che possono digerire le materie plastiche sono stati scoperti sulle Alpi e nelle Isole Svalbard. Non sarebbe niente di eccezionale a parte il fatto che riescono a svolgere le loro funzioni a freddo. Un processo molto diverso da quelli utilizzati sinora dove il calore è parte importante del procedimento.Solo una piccola parte delle plastiche prodotte sinora è stato riciclato, anche a causa dei costi per la trasformazione e lo smaltimento.

Riciclare non basta

I rituali metodi di riciclaggio non eliminano il problema, si limitano ad allontanarlo ed implicano l’uso di altra energia per lavarla, e trasformarla in altri prodotti. Il materiale che si ottiene dal riciclo spesso è di qualità inferiore rispetto al materiale di partenza. Il riciclo inoltre non consente, come nel vetro, un riciclo costante, la perdita di qualità ad ogni passaggio, porterà la plastica ad essere stoccata nelle discariche.

Digestione a freddo

Questi batteri scoperti in Groenlandia e sulle Alpi riescono a digerire le plastiche a temperature molto più basse. Riescono a farlo già a 10 gradi rispetto agli almeno 35 gradi necessari negli impianti attuali. Un enorme risparmio in termini energetici. Riescono ad aggredire molti tipi di plastiche ma non il polietilene, forse la più diffusa tra le plastiche. I ricercatori stanno concentrando la loro attenzione sulla scoperta di quali sono gli enzimi che vengono attivati, e quali sono i meccanismi che vengono utilizzati. Buon lavoro. Scoperti altri microbi mangia plastica

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Pezzi di Lego ritornano a terra dopo 25 anni in mare

Dopo essere stato spazzato via da un’onda anomala, un container continua a rilasciare i pezzi Lego che hanno fatto naufragio

Mentre su alcune spiagge danesi e polacche si cerca di pescare le antiche resine trasformate in ambra, altrove si pescano i pezzi Lego. Succede in Cornovaglia, che si vede recapitare sulle spiagge, pezzetti di plastica di forme insolite. Sono i mattoncini della Lego, ed i pezzi decorativi che componevano alcuni dei soggetti da costruire, in voga 25 anni fa. La colpevole è stata un’onda anomala, che ha fatto sganciare alcuni container dalla tolda del mercantile Tokio Express. Uno di questi conteneva quelli che, poi, sono diventati preziosi pezzi rari a tema marino, proposti dalla Lego. Pezzi di Lego ritornano a terra dopo 25 anni in mare

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Plastica ecologica di origine insolita

Il DNA di sperma dei salmoni usato per realizzare una plastica ecologica che abbatte le emissioni di carbonio


Risparmia il 97% di emissioni di carbonio la nuova plastica realizzata dagli scienziati cinesi. Un’alternativa interessante anche se il materiale da cui deriva sembra assai inusuale. Alla base del loro processo c’è, infatti, lo sperma dei salmoni e l’olio vegetale. La combinazione di due filamenti del DNA contenuto nello sperma dei salmoni con olio vegetale produce una sorta di plastica. Plastica ecologica di origine insolita

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La Grande Isola di Plastica ospita piante ed animali

Il Great Pacific Garbage Patch sta diventando un rifugio per animali e piante che popolano questo finto continente

É una sorta di continente fluttuante la grande isola di spazzatura galleggiante che naviga nel mezzo dell’Oceano Pacifico. Viene regolarmente rifornita di altra plastica che viene abbandonata o gettata e arriva al mare. Gli scienziati studiano diversi modi per eliminarla, ma ha oramai raggiunto dimensioni che fanno ritenere l’operazione impossibile. Mentre cercano soluzioni possibili hanno cominciato a studiarla per altri aspetti. Quest’isola ospita vita. La Grande Isola di Plastica ospita piante ed animali

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La plastica cambia la temperatura delle spiagge

Sono molto più calde di giorno e più fredde di notte, il nuovo microclima altera le condizioni di vita di chi le frequenta.

Spiagge bellissime ma invase da detriti plastici, è il destino di alcune isole dell’Oceano Indiano che potrebbero essere paradisi turistici. Sono le Isole Cocos, sono a migliaia di km dalle aree continentali, eppure la plastica domina le loro spiagge. Alcuni studiosi le han prese ad esempio per effettuare misurazioni delle temperature delle sabbie. Risultati sorprendenti, ma non troppo, l’inquinamento da plastica interferisce sulle temperature delle spiagge. La plastica cambia la temperatura delle spiagge

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Un nuovo asfalto plastico testato a Los Angeles

La plastica straborda ovunque e l’amministrazione della città degli angeli sta provando ad utilizzarla nel fondo stradale

Le strade californiane non sono esattamente un sogno, sono enormi blocchi di asfalto color cemento assemblati in loco. Ora a Los Angeles tentano una nuova via per averne uno migliore. Aggiungere allo strato superficiale un mix di plastica riciclata di bottiglie. Il mix di plastica ridotta e macinata viene inglobata nel cemento creando un “asfalto plastico“, in grado di riciclare rifiuti, di buona resistenza. Il processo avviene completamente sul luogo, senza aver bisogno di altre strutture industriali che frantumano il materiale plastico e l’asfalto vecchio. Un nuovo asfalto plastico testato a Los Angeles

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Uccelli marini e plastica ingerita

Gli uccelli marini, le tartarughe, le balene, i delfini ingeriscono molta plastica e ne pagano le conseguenze

L’ingestione anche di pochi pezzi di plastica può avere conseguenze a lungo termine per la salute, specialmente per i nidiacei degli uccelli marini. Uno studio recente, svolto in Australia ha dimostrato l’impatto dell’inquinamento da plastica sugli animali. Un gruppo di berte dai piedi rosa, le Ardenna carneipes hanno mostrato una riduzione drastica della popolazione. La causa è stata individuata nella plastica che ingeriscono. Le berte la scambiano come cibo, la “catturano” e la trasportano sulle scogliere dove nidificano. Qui la rigurgitano per nutrire i propri piccoli. Mentre gli adulti possono espellere o rigettare molti dei pezzetti di plastica i nidacei non hanno la capacità di farlo. Uccelli marini e plastica ingerita

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Benessere, Enogastronomia

Plastica inquinante trovata nelle placente umane

La mangiamo, la beviamo, è entrata nelle nostre vene e adesso ne abbiamo le prove.

La plastica è ovunque, tanto che ora è stata individuata anche nelle placente umane. L’essenza dell’intimità, il luogo dove si sviluppano gli embrioni che daranno vita ai nostri figli. Ridotta in microparticelle è diffusa ovunque, ed è entrata in circolo nella nostra alimentazione. Ne ingeriamo 5 grammi a testa ogni settimana ed il problema sembra di difficilissima soluzione. Soprattutto perché le microplastiche sono entrate nell’alimentazione della fauna, ittica e non, e di conseguenza finisce nei nostri piatti. Plastica inquinante trovata nelle placente umane

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Benessere

Nuova vita alle plastiche riciclate dagli enzimi

Trasformare la plastica da causa d’inquinamento a prodotto principe per il riciclo e l’economia circolare

Nuovi enzimi creati in laboratorio sembrano garantire la possibilità di trasformare il PET, la plastica delle bottiglie, in un prodotto riutilizzabile all’infinito. Il riciclo della plastica va a rilento, perché è molto complicato trasformarla in un altro prodotto utile. Serve una accelerazione dei processi per arrivare a creare nuova materia prima. Il Polietilene Tereftalato che sembra dominare le attività umane è presente quasi ovunque. A lui si addebita buona parte dell’inquinamento delle acque, una sorta di nemico pubblico numero uno che tutti vorrebbero eliminare. Nuova vita alle plastiche riciclate dagli enzimi

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