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La dolce appiccicosa Baklava

Il dolce è una parte importante dell’identità culinaria di così tanti luoghi che molti popoli ne contestano l’origine

Sgombriamo subito il campo, lo troverete al maschile o al femminile, come pasticcino o torta. A noi piace al femminile, ma potete chiamarla il baklava ciò che importa è che sia buona. Tra i luoghi che sicuramente conoscono meglio e prepara meglio la baklava c’è la Turchia. Considerato il dolce nazionale per eccellenza, ha sempre un posto importante al centro delle vetrine delle pasticcerie. L’origine potrebbe essere siriana, Damasco e Aleppo sono tra le città che si contendono il primato, ma è ancora la Turchia ad averne fatto un vero business. La dolce appiccicosa Baklava.

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Pasta fillo come ingrediente particolare

Alla base del celebre dessert, tanti strati di pasta fillo, quasi trasparente e croccante ripiena di noci, sciroppo e miele. L’uso del miele la rende appiccicosa, perciò chi mangia baulava è obbligato a leccarsi le dita. La baklava viene preparata con 10 o 11 strati di pasta fillo, stesa così sottilmente da diventare una velina attraverso la quale si può vedere il mondo. Gli strati vengono ancora sovrapposti a mano, per questo il procedimento è lento e necessità di manualità molto delicata.

Non è un prodotto industriale

Esistono baklava di produzione industriale ma sono riconoscibili per lo spessore della pasta. Nessun turco, greco, afghano, iraniano, armeno o siriano porterebbe mai a casa o in dono, una torta non artigianale. I pasticceri che la preparano hanno bisogno di un training  piuttosto lungo. Un pasticcere in grado di stendere velocemente la pasta senza romperla avrà sempre un mestiere

Lo conoscevano già gli Assiri

Già gli assiri conoscevano un dolce molto simile a questo, perciò le origini si perdono nel tempo. Proprio l’area del loro impero è quella doveva baklava è diffusa e percepita come il dolce base. Il dolce che ti accompagna dall’infanzia fino alla matura età. Le versioni più vicine alle attuali risalgono a 5 secoli fa, quando a regnare era l’Impero ottomano.

La dolce appiccicosa Baklava

Dolce delle feste e prezioso

Era il dolce delle feste e veniva conservato per speciali evenienze. Era il dolce delle festività ufficiali e di rappresentanza. Era costoso perché le materie prime erano “preziose”, miele, zucchero e noci. Inoltre serviva quella speciale abilità per realizzarlo. La baklava ha anche versioni salate o  “meno dolci”. Già i romani ne realizzavano una versione ripiena di formaggio e miele, insaporita con foglie d’alloro, molto energetica.

In dono ai Giannizzeri

I Giannizzeri contribuirono creare il mito della baklava in quanto durante il ramadan a loro erano riservati i vassoi del dolcetto. Era un rito molto sentito a cui seguiva una processione. I cristiani a loro volta interpretarono il dolce nel periodo quaresimale con ben 40 strati di pasta, oppure con 33 strati a rappresentare gli anni di Cristo. Questa tradizione dei 33 strati di sfoglia resiste nella torta pasqualina della tradizione genovese. Anche gli ebrei la servivano in feste rituali. Le più grandi religioni son tutte attraversate dalla dolce appiccicosità di questo dessert.

Tante varianti, spezie e sciroppi

Tipico dolce di corte, ogni rappresentante dell’Impero ottomano portava con se questa tradizione ed essendo un dolce ricco e riservati a nobili e cortigiani, contribuì a donargli un’aura mitica e quasi mistica. Non tutti gli ingredienti erano sempre disponibili e nacquero diverse varianti, la più celebre delle quali è a base di pistacchio. In altri paesi troverete profumi speziati di cannella e chiodi di garofano, in altre al posto delle noci troverete le mandorle.

Il dolce dei ricordi d’infanzia

Per la sua particolare dolcezza la baklava è il dolce dei ricordi d’infanzia. Ogni popolo riconosce nell’armonicità dei sapori del ripieno le proprie origini. Come sempre i greci rivendicano le origini del dolce e la querelle coi turchi è infinita e irrisolvibile, come quella siciliana tra arancino e arancina. Un consiglio se vi offrono baklava, mangiatela, leccatevi le dita e state zitti, non innescate nessuna polemica sul luogo d’origina. La dolce appiccicosa Baklava

La dolce appiccicosa Baklava

Credits:Pixabay

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Orsi del sole una fake news per farli conoscere.

Sono la specie meno nota tra gli orsi anche se rischiano l’estinzione.

In uno zoo cinese hanno filmato un orso che stava in piedi sulle zampe posteriori e allargava le “braccia. Una postura che sembrava umana e qualcuno ha pensato di farne un caso indicandolo come un uomo travestito con una pelliccia d’orso. In realtà è una postura che gli orsi del sole tengono abbastanza abitualmente. Orsi del sole una fake news per farli conoscere

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Le orse coccolano i piccoli tenendoli tra le zampe

Le femmine spesso prendono in braccio i loro cuccioli e camminano sulle zampe posteriori, un gesto che fa pensare a qualcosa di molto umano. Chi le ha viste camminare nei boschi in quel modo può averli scambiati per esseri umani. Ma sono indubbiamente orsi anche se di piccola taglia. Arrivano a pesare tra i 30 e i 70 chili, molto meno degli orsi neri (250 chili) o dei grizzly (300 chili). Sono più vicini alla taglia degli orsi marsicani (ca. 150-200 chili).

Gli orsi del sole sono una specie dimenticata

Tra le otto specie presenti nel pianeta, quella degli orsi malesi è la meno studiata. Ma la loro esistenza è a rischio. Il loro habitat è sconvolto dalle azioni dell’uomo, la deforestazione li obbliga a rifugiarsi in aree sempre più ristrette, dove vengono catturati dai cacciatori di frodo. Sono cacciati per scopi opposti, per gli organi interni e per le zampe. La cistifellea viene utilizzata in molto preparati nella medicina cinese. Le zampe d’orso sono considerate una prelibatezza culinaria in tutto il sud est asiatico.

Bile ricavata da vivi

In Vietnam e Cina vengono catturati e costretti a vivere in piccole gabbie per estrarre dal loro corpo la bile. L’estrazione avviene con frequenza, debilitando gli animali ed è molto dolorosa. Anche la bile è un elemento utilizzato nella medicina popolare locale e le immagini di questi “allevamenti” hanno fatto il giro del mondo più volte. Purtroppo il fenomeno non è ancora stato fermato, perché la medicina tradizionale ha ancora un enorme seguito.

orsi del sole

Estinti a Singapore e forse in Cina

Sono già estinti a Singapore, ma non ci sono notizie di orsi del sole dal territorio cinese da molti anni. La loro esistenza sembra gravemente compromessa. Sono dotati di lunghe unghie di 10 cm con le quali scavano il terreno per trovare le termiti di cui sono golosi e per aprire la corteccia dei tronchi. Adorano il miele, in Indonesia sono infatti noti come orsi del miele, proprio per questa capacità di trovare e svuotare gli alveari di api selvatiche. Sono dotati di una attrezzatura apposita con la quale leccano e raccolgono il miele anche nei più piccoli anfratti. Utilizzano la loro lingua di 25 cm di lunghezza com’è statuito anche nel Guinness dei primati.

Contributo all’ecosistema

Oltre a ridurre la presenza delle termiti, formiche e altri insetti, contribuiscono a diffondere i semi dei frutti di cui si cibano e che vengono sparsi nei loro territori. Gli orsi del sole devono il loro nome alla macchia di pelo bianca o gialla sul petto, che ricorda il sorgere del sole. Questa particolare coloritura aiuta ad identificarli anche a distanza, perché ogni animale ha colori e macchie uniche.

Niente letargo per loro

Vivono in aree in cui il clima non è troppo rigido d’inverno, per questo non vanno in letargo. Sono attivi tutto l’anno ed hanno la possibilità di accoppiarsi in qualsiasi momento se le femmine vanno in estro. Le orse del sole quando restano incinte scavano, grazie alle forti unghie, delle tane nel terreno e allevano 1 o 2 orsacchiotti che alla nascita sono piccolissimi e pesano meno di 500 grammi. Orsi del sole una fake news per farli conoscere

orsi del sole

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Il miele mānuka della Nuova Zelanda

La controversia per ottenere un marchio riconosciuto fallisce.

È una battaglia che si svolge tutta in Oceania quella per il miele ottenuto da una pianta che cresce solo in Nuova Zelanda e Australia. I neozelandesi volevano ottenere un brevetto per essere gli unici ad utilizzare quel nome ma non ci sono riusciti. Erano anni che cercavano di ottenere la loro DOP ma il nome era troppo generico e quindi non poteva essere registrato. Il miele mānuka della Nuova Zelanda

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L’albero del te

Mānuka è il nome di un albero dai piccoli fiori bianchi che in Australia chiamano anche albero del té. Le api che frequentano i suoi fiori producono un te dalle proprietà salutistiche molto ambite. È ritenuto un antibatterico e antimicrobico naturale e per questa proprietà viene venduto ad un prezzo molto alto rispetto ai mieli concorrenti. La battaglia si sposta quindi sul fronte economico, chi potrà utilizzare quella denominazione, anche se generica, ne ricaverà evidenti benefici. È un articolo tra i più apprezzati e desiderati in ambito salutistico. La grande domanda ha fatto aumentare notevolmente il prezzo sul mercato internazionale.

Un articolo destinato a pochi

È un articolo di lusso, destinato ai pochi in grado di spendere cifre molto alte. La valutazione di un vasetto di miele di altissima qualità da 250 grammi, può superare i 2.000 euro. Viene venduto nelle erboristerie e tramite e-commerce. Il miele di manuka previene le infezioni, favorisce anche la digestione, aiuterebbe nella cura della pelle, prevenendo l’acne. Un articolo che ha fatto ingolosire anche la malavita, che vorrebbe prenderne il controllo. Negli ultimi anni si sono moltiplicati episodi sgradevoli con furti, vandalismi, distruzione di arnie o uccisioni di api.

Una parola maori

Mānuka, è una parola Māori, un patrimonio della cultura neozelandese, pertanto, la delusione per non aver la possibilità di essere gli unici ad usare la sua denominazione, è molto cocente. Non intendono demordere, anche se questa sentenza (già la terza) ha creato malumore. La sensibilità Maori verso il rispetto delle proprie tradizioni è fortissima. È un sentimento nazionale che si nutre della storia, del passato e della dignità di un intero popolo.

In Australia festeggiano

In Australia ovviamente festeggiano ed ottenuto lo sdoganamento del nome, ora possono dedicarsi a commercializzare maggiori quantità di miele. Nonostante i costi proibitivi, la domanda internazionale di miele mānuka è sempre più consistente. La sovra-produzione rischia di far abbassare i prezzi, ma agli australiani non importa, puntano ad ottenere il controllo del mercato grazie alla quantità che possono esportare.

La battaglia prosegue

Sembra una battaglia tra dirimpettai, ma in realtà nasconde molto altro. C’è anche il bisogno di una nazione poco popolata come la Nuova Zelanda di tenere alto il proprio “blasone”. I Maori e i loro discendenti sono un popolo fiero, con un’etica basata sulla condivisione di valori. Non perdonano agli australiani le loro radici britanniche e una cultura basata solo sul business. Il miele mānuka della Nuova Zelanda

il miele manuka della nuova Zelanda

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I pancake stanno diventando molto popolari

Dall’antica Grecia alle celebrazioni del martedì grasso, le focacce dolci o salate sono state a lungo un alimento base culinario

Nel 2022, i ricercatori che hanno scavato in Iraq hanno trovato avanzi cotti più antichi del mondo. Era una sorta di antico pancake. Ne sono stati rintracciate versioni rudimentali un poco in tutte le culture. Facili da preparare e semplici negli ingredienti, si adattavano a tutte le latitudini. Ci sono esempi di tortine piatte da farine di cereali, che datano oltre 30.000 anni fa. Un poco di farina, latte, acqua, uova e se è disponibile un poco di lievito, e l’impasto è pronto. Versare piccole quantità su una superfice riscaldabile, di solito una piccola padella, girarla una volta e la frittellina è pronta. I pancake stanno diventando molto popolari

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Un successo in aumento

È sempre più diffusa anche in Italia, amata soprattutto dai più giovani, istigati da una celebre crema spalmabile. Sia come colazione che come snack, da completare a seconda del gusto. Dolce o salata che sia. È un cibo disponibile in molte tavole e che vanta l’enorme traino del cinema statunitense. Hollywood ne ha fatto l’elemento cardine delle colazioni di tutti, irrorandole di sciroppo d’acero e fiocchetti di burro. Ma sono diffuse anche in Europa, Africa, Cina, India, Corea, ecc. Ognuno ha piccole varianti, legate agli ingredienti disponibili e alla cultura locale. L’unica cosa che non cambia è la forma tonda e lo spessore minimo per cuocerle velocemente.

I primi pancake

Sono conservate testimonianze scritte di pancakes cotti già dai Romani e dai Greci, che li accompagnavano con miele. In realtà la definizione pancake arrivò solo nel medioevo derivata da due arcaismi panecake o ponkake. Da sempre cibo povero per eccellenza, realizzato con le farine meno nobili inadatte ad essere panificate, e con ingredienti a disposizione anche delle classi meno abbienti. La liquidità dell’impasto, consentiva di allungarlo a misura delle esigenze economiche familiari, anche con pochissima farina di miglio o d’avena o d’orzo si poteva mettere a tavola qualcosa.

I pancake stanno diventando molto popolari

Niente carne o pesce

Dove mancavano carne o pesce per i costi troppo alti, i pancakes servivano a sostenere abbastanza anche coloro impegnati in lavori di fatica. Avevano anche il pregio di essere facilmente trasportabili per essere consumate sui posti di lavoro. Anche nei grandi cantieri dove i cuochi dovevano nutrire molte persone, potevano essere preparate rapidamente e in quantità. Erano sazianti e molto economiche rispetto ad altri cibi.

Li troviamo ovunque

Le frittelle a base di varie farine sono comuni in molte parti del mondo. Nel corno d’Africa li preparano con farina di teffe sono un elemento immancabile nelle cerimonie, feste, matrimoni. Li chiamano iniera e vengono consumate da tutti i convenuti assieme attingendo dallo stesso contenitore. Preparati per le feste anche in India, sono a base di farina di ceci e in questo caso si chiamano chilla. Con la farina di ceci viene preparata anche la farinata, tipica della Liguria e del sud della Francia. La leggenda vuole che la farinata sia nata per caso durante una tempesta che squassava una barca. La farina uscita dal suo contenitore si unì all’acqua e il sole fece cuocere le improvvisate frittelle.

Evviva lo zucchero e il burro

In molte località i pancakes vengono mangiati in occasione del Mardi Gras, il martedì grasso, con l’aggiunta di zucchero e burro. Ovviamente alcune versioni aggiungono alche altri condimenti dolci e zuccherosi, miele, sciroppi, marmellate, composte. Sostituiscono i tortellini dolci, le frappe, lattughe, castagnole, tipiche della nostra cultura. Con l’inizio della quaresima non si potevano consumare i latticini e le uova, quindi era l’ultima occasione per utilizzarle. Ora che la quaresima ha perso efficacia, i pancakes sono divenuti un alimento ideale per le colazioni, guarniti con qualsiasi cosa piaccia ai commensali. Dolci o salate o abbinate alla frutta, stanno diventando un vero “must”. I pancake stanno diventando molto popolari

I pancake stanno diventando molto popolari

Crdits: Pixabay

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Miele sempre più scarso

Il giorno della terra, 22 aprile, diventa il mezzo per parlare di tutti i guai dello scorso anno.

Il miele si riduce sempre più per un numero di cause sempre più rilevanti. Sono in parte l’uso dei pesticidi a danneggiare la produzione, ma in realtà, sono soprattutto gli eventi climatici. Lo scorso anno tra fortunali, bombe d’acqua, contrapposte a forti siccità, gelate, vento fortissimo, c’è stata una catastrofe al giorno. Troppe, per i fragili sistemi che regolano la vita nel nostro paese e nel nostro pianeta. Anche questa primavera, sembra condannare ad un’ennesima tragedia, la fioritura di molte piante da frutta. La coda d’inverno ha segnato, in modo orribile, i frutteti di molte aree. Miele sempre più scarso

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