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La dolce appiccicosa Baklava

Il dolce è una parte importante dell’identità culinaria di così tanti luoghi che molti popoli ne contestano l’origine

Sgombriamo subito il campo, lo troverete al maschile o al femminile, come pasticcino o torta. A noi piace al femminile, ma potete chiamarla il baklava ciò che importa è che sia buona. Tra i luoghi che sicuramente conoscono meglio e prepara meglio la baklava c’è la Turchia. Considerato il dolce nazionale per eccellenza, ha sempre un posto importante al centro delle vetrine delle pasticcerie. L’origine potrebbe essere siriana, Damasco e Aleppo sono tra le città che si contendono il primato, ma è ancora la Turchia ad averne fatto un vero business. La dolce appiccicosa Baklava.

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Pasta fillo come ingrediente particolare

Alla base del celebre dessert, tanti strati di pasta fillo, quasi trasparente e croccante ripiena di noci, sciroppo e miele. L’uso del miele la rende appiccicosa, perciò chi mangia baulava è obbligato a leccarsi le dita. La baklava viene preparata con 10 o 11 strati di pasta fillo, stesa così sottilmente da diventare una velina attraverso la quale si può vedere il mondo. Gli strati vengono ancora sovrapposti a mano, per questo il procedimento è lento e necessità di manualità molto delicata.

Non è un prodotto industriale

Esistono baklava di produzione industriale ma sono riconoscibili per lo spessore della pasta. Nessun turco, greco, afghano, iraniano, armeno o siriano porterebbe mai a casa o in dono, una torta non artigianale. I pasticceri che la preparano hanno bisogno di un training  piuttosto lungo. Un pasticcere in grado di stendere velocemente la pasta senza romperla avrà sempre un mestiere

Lo conoscevano già gli Assiri

Già gli assiri conoscevano un dolce molto simile a questo, perciò le origini si perdono nel tempo. Proprio l’area del loro impero è quella doveva baklava è diffusa e percepita come il dolce base. Il dolce che ti accompagna dall’infanzia fino alla matura età. Le versioni più vicine alle attuali risalgono a 5 secoli fa, quando a regnare era l’Impero ottomano.

La dolce appiccicosa Baklava

Dolce delle feste e prezioso

Era il dolce delle feste e veniva conservato per speciali evenienze. Era il dolce delle festività ufficiali e di rappresentanza. Era costoso perché le materie prime erano “preziose”, miele, zucchero e noci. Inoltre serviva quella speciale abilità per realizzarlo. La baklava ha anche versioni salate o  “meno dolci”. Già i romani ne realizzavano una versione ripiena di formaggio e miele, insaporita con foglie d’alloro, molto energetica.

In dono ai Giannizzeri

I Giannizzeri contribuirono creare il mito della baklava in quanto durante il ramadan a loro erano riservati i vassoi del dolcetto. Era un rito molto sentito a cui seguiva una processione. I cristiani a loro volta interpretarono il dolce nel periodo quaresimale con ben 40 strati di pasta, oppure con 33 strati a rappresentare gli anni di Cristo. Questa tradizione dei 33 strati di sfoglia resiste nella torta pasqualina della tradizione genovese. Anche gli ebrei la servivano in feste rituali. Le più grandi religioni son tutte attraversate dalla dolce appiccicosità di questo dessert.

Tante varianti, spezie e sciroppi

Tipico dolce di corte, ogni rappresentante dell’Impero ottomano portava con se questa tradizione ed essendo un dolce ricco e riservati a nobili e cortigiani, contribuì a donargli un’aura mitica e quasi mistica. Non tutti gli ingredienti erano sempre disponibili e nacquero diverse varianti, la più celebre delle quali è a base di pistacchio. In altri paesi troverete profumi speziati di cannella e chiodi di garofano, in altre al posto delle noci troverete le mandorle.

Il dolce dei ricordi d’infanzia

Per la sua particolare dolcezza la baklava è il dolce dei ricordi d’infanzia. Ogni popolo riconosce nell’armonicità dei sapori del ripieno le proprie origini. Come sempre i greci rivendicano le origini del dolce e la querelle coi turchi è infinita e irrisolvibile, come quella siciliana tra arancino e arancina. Un consiglio se vi offrono baklava, mangiatela, leccatevi le dita e state zitti, non innescate nessuna polemica sul luogo d’origina. La dolce appiccicosa Baklava

La dolce appiccicosa Baklava

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Gli italiani e le verdure

Un rapporto molto difficile 

Anche se in qualsiasi rivista o video che parli di diete o di salute, sono sempre al primo posto come alimento consigliato, le verdure sono sempre osteggiate. Come ben sa chi ha bambini, riuscire a convincerli a mangiarle, confina con l’impresa. Gli italiani faticano molto a considerarlo un alimento base e soprattutto salutare, nonostante la tanto celebrata dieta mediterranea. In una graduatoria dedicata ai cibi consumati meno volentieri, c’è una ricca hit parade legata ai vegetali. Gli italiani e le verdure

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Odiati o poco apprezzati

La top five degli alimenti che gli italiani non vorrebbero trovare mai nei loro piatti c’è una vera ecatombe di prodotti dell’orto. Al primo posto le insalate, verdi o miste. Con pomodori, peperoni cetrioli, lattuga, indivia, romana, scarola, radicchio in tutte le sue varianti, carote, ecc. In alcuni casi ci sono condizioni di difficile digestione a condizionare la scelta di tenersi a distanza dalle insalate. Ma sono relativamente poche, quasi sempre legati a lattuga e cetrioli

Gli italiani e le verdure

Basta tonno ed un uovo

Ma le insalatone ricche, intese come un piatto unico stanno leggermente ribaltando la situazione. Basta aggiungere tonno, un uovo sodo, oppure formaggio, striscione di speck o prosciutto  e la situazione cambia. Le versioni più salutiste e varie con altri cereali, mais, oppure noci, semi, fagioli, quinoa e altri legumi, arricchiscono il piatto e diventano un piatto unico, ottimo anche per chi lavora fuori casa.

Verdure grigliate

Anche le verdure grigliate non sono molto gradite, peperoni, pomodori, melanzane, zucchine, radicchi sia alla griglia o saltate in padella, fanno storcere il naso a molti. Anche se condite con olio, aceto o limone e sale, sono considerate poco attraenti. Interessante però che le stesse verdure se ripiene di formaggio, carni, pan grattato o altri ingredienti diventino subito appetitose. Per non parlar della parmigiana di melanzane.

Gli italiani e le verdure

Verdure bolite

Stessa sorte anche per le verdure lessate in acqua o cotte a vapore. La versione migliore per gustarle con il loro apporto di vitamine e minerali che rimangono integri. é il regno delle verdure “puzzolenti”, broccoli, cavoli, spinaci, carote, indivia, cavoletti di Bruxelles, verze. Tutti vegetali con formidabili apporti di nutrienti e minerali. Molte verdure cotte nel microonde conservano sapore e “odorano” molto meno a cause del velocissimo processo. Ma anche se il loro “profumo” non è così evidente, non è sufficiente per portarle nella classifica dei cibi graditi.

Minestrone vade retro

Anche se completato con pasta o riso, il minestrone è davvero ostico, gli italiani hanno poco tempo per preparare i cibi, e il minestrone è uno di quegli alimenti che più lentamente cuoce e meglio assimila i sapori. Sono molti quelli che preferiscono affidarsi alle buste congelate del supermercato, ma che non sono felicissimi del risultato finale. Il vecchio buon minestrone della nonna con tanti legumi, patate, carote, zucca e verdure miste resta a buona distanza da quelli ottenuti velocemente. 

Gli italiani e le verdure

Patate ovunque

Da notare che nonostante l’avversione in genere per le verdure, ci sono alcune eccezioni, tra queste sicuramente le patate. Tuberi eclettici che bollite, cotte alla brace, fatte a dadini per i minestroni o fritte, in olio o nella friggitrice ad aria, accolgono sempre consensi. La patata è il limite che consente a tutti di avere almeno un poco di verdure, nonni, adulti e bambini compresi.

Gli italiani e le verdure

Gran finale a sorpresa coi crostacei

Anche se molti sono disposti anche a sobbarcarsi viaggi per andare al mare a mangiare pesce, i crostacei sono indigesti a molti. Sono loro i meno apprezzati o se volete i più odiati dagli italiani. Molluschi, cozze, muscoli, vongole, gamberetti, lumachine, ostriche mettono in difficoltà molti dei nostri connazionali. Anche se utilizzati per arricchire paste, risotti o saporite zuppe non hanno mai conquistato completamente la fiducia degli italiani, Gusci bivalvi impenetrabili, e zampettine che ricordano insetti, fanno allontanare molti commensali da questi piatti. Gli italiani e le verdure

Gli italiani e le verdure

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I gatti dominano la nostra vita

Non solo l’aspetto sentimentale e la compagnia

A dirlo sono i dati di vendita dei petfood che sono in perfetta controtendenza col resto delle vendite. Mentre i consumatori italiani continuano a lottare con la spesa, diluendo i volumi, i gatti godono. I dati sono inequivocabili, la ricerca di buoni prezzi per mantenere un certo controllo del proprio potere d’acquisto, prosegue indefessamente. I gatti dominano la nostra vita

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Alta fascia in difficoltà

A farne le spese molti dei prodotti di alta fascia che non riescono a mantenere i fatturati dello scorso anno. Nè in valore ne in quantità. Vengono favoriti molti prodotti di “seconda fascia” quelli che, non sono a livello discount, ma che costano un poco meno e non si fregiano di denominazioni come DOC, DOP, IGT, IGP. Vengono preferiti cibi senza denominazioni controllate, privilegiando l’aspetto costo, rispetto alla qualità.

Marchi e loghi italiani

Rimangono molto amati i prodotti con marchi italiani, con le definizioni prodotto 100% italiano o con il tricolore ben evidenziato. Un aspetto interessante di attaccamento ai valori tradizionali del nostro paese, ma sono milioni gli articoli che si definiscono in questo modo o che ospitano una bandierina italiana. Questo non è un aspetto che garantisca di aver acquistato automaticamente alimenti di qualità, ma solo di air acquistato prodotti nazionali

i gatti dominano

Regioni non più così appetibili

Anche la regionalizzazione non costituisce più quell’aspetto di traino alle vendite, salvo alcune eccezioni, e conferme, la media di interesse verso le regioni, sta scendendo. Curiosamente il Molise ha un inatteso appeal e guida le classifiche di vendite di prodotti ben geo-localizzati. Mantengono le posizioni le destinazioni che hanno un buon appeal turistico come Trentino Alto Adige o Sicilia e riescono a confermarsi nel top delle regioni con i migliori trend di vendita.

Gatti e cani

Ma parlavamo di gatti e di animali di compagnia. Sono loro ad essere gli unici ad avere consolidato la loro fetta di mercato ed averla incrementata. Anche in questo caso il riferimento all’italianità del prodotto costituisce un plus. Le bandierine tricolori sono sempre più presenti ed evidenziate, assieme ai riferimenti di dove sono prodotti. 

Domanda in aumento

La domanda di cibo per gatti è in aumento, i consumatori preferiscono ridurre la spesa per la propria tavola, ma nel carrello i prodotti per Fuffi devono sempre essere presenti e devono essere il meglio a disposizione. I dati anche in questo caso parla chiaro i prodotti per i felini sono aumentati di quasi il 29% in valore e il 16% a volume. Crescite così cospicue che qualunque azienda in questi giorni brinderebbe come se fosse Natale ogni giorno.

Anche i cani ma i felini

Buone le performance anche per i cani, ma come tutti coloro che vivono con i felini sanno, sono i gatti comandare e a decidere cosa fare della propria vita. Noi bipedi umani siamo solo ospiti paganti che vivono nella loro casa e utili servitori. Siamo apri-scatolette e pulisci sabbietta, contro le cui gambe strusciarsi un po’,, per ottenere un’altra dose di cibo. I gatti dominano la nostra vita

i gatti dominano

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Rintracciato un curry di almeno 20 secoli

E’ un mix di spezie che veniva commercializzato in tutto il sudest asiatico e che è ormai comune in ogni cucina fusion

Un nome inventato che non significa nulla

Il nome curry è stato utilizzato dagli occidentali che acquistavano i mix di spezie per esportarle in Europa. Ne sono state rintracciate tracce in antichi mortai e pestelli con gli ingredienti molto simili a quelli attualmente utilizzati. Il nome deriva dalla contaminazione di un termine tamil “kari” che significa, salsa, condimento. Non identifica un solo elemento ma una fusione di diversi ingredienti, pertanto il curry, come lo conosciamo in Europa, in Asia ha cento nomi diversi. Forse non è la spezia più antica ma sicuramente ci si avvicina. Rintracciato un curry di almeno 20 secoli

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Spezie necessarie per coprire i cattivi odori

Sono stati i coloni europei ad utilizzarlo per primi, per farsi capire dai locali e poterne fare commercio. Indicava qualsiasi pietanza speziata e le relative spezie. La necessità di insaporire le carni in modo da coprire i cattivi odori delle carni e del pesce, in tempi in cui la refrigerazione non esisteva, ne facevano un ingrediente molto gradito. Fu alla base di grandi fortune per le compagnie commerciali come quella delle Indie Orientali.

Da un sito del Sud Vietnam 

Dalle tracce di materie prime contenute negli antichi mortai e relativi pestelli, rintracciati in un sito archeologico del sud Vietnam, i ricercatori sono riusciti a riconoscere almeno 7 ingredienti. La cosa curiosa è che quegli ingredienti sono gli stessi ancora utilizzati oggi per produrre il mix di spezie. Curcuma, chiodi di garofano, zenzero e zenzero in polvere, valanga, cannella, latte di cocco e noce moscata. Attualmente vengono aggiunti altre spezie ma tutti questi sono ancora alla base della ricetta da almeno due millenni.

un curry di 20 secoli

Tanti mortai e pestelli

La presenza di grandi quantità di pietre in cui pestare e mescolare le spezie, ha fatto comprendere che erano sicuramente destinate al commercio, e non all’uso delle piccole comunità locali. La città dove sorgeva il sito archeologico è una in una zona di collegamento tra molte via di accesso terrestre, fluviale e marino. Buoni collegamenti hanno permesso una buona circolazione del curry, in un’area che andava dall’Oceano Indiano a quello Pacifico.

Navi e carovaniere attraverso tutta l’Asia

Alla distribuzione in Medio Oriente pensarono le rotte commerciali europee o le carovaniere che trovavano sbocco sulle coste del Mediterraneo. Il sito era una sorta di collettore di spezie provenienti da diverse aree, ad esempio i chiodi di garofano vengono raccolti sono in un’area ristretta dell Indonesia, ma erano parti della ricetta. Perciò gli ingredienti arrivavano qui, erano lavorati e poi distribuiti ovunque via mare o terra.

Datazioni al carbonio

Le datazioni dei semi e delle sostanze risalgono al 200 A.C. e datano molto più in passato la conoscenza di questa ricetta. Uno dei mix profumati più longevi, ed uno dei più fortunati. Da decenni la cucina etnica si serve di spezie per rendere appetitosi i propri piatti e questa mescolanza di sapori e profumi ha fatto la fortuna di molte cucine, ad esempio la thai, la vietnamita e quella indiana, rendendo decisamente mondiale la sua sfera d’influenza. Rintracciato un curry di almeno 20 secoli

un curry di 20 secoli

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Sorpresa vegana cambia il trend 

Vegetariani e vegani non sono più così influenti

Per la prima volta dopo molti anni Vegani e Vegetariani fanno segnare un arresto nelle intenzioni di vendita. Anzi, sono in regresso rispetto allo scorso anno. Solo il 4,2 del campione degli intervistati dichiara di aver fatto la scelta V, ma erano 5,4 solo un anno fa. Un calo consistente. Sorpresa vegana cambia il trend

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La forbice si amplia

La forbice tra le due culture alimentari si fa più ampia con molti ripensamenti. A parte pochi integralisti vegani, tra i vegetariani si segnalano molti ripensamenti. La gratificazione dei cibi di origine animale è troppo consistente e la voglia di concedersi qualche scappatella è sempre più costante. A ripensare alla loro dieta sono soprattutto i maschi, mentre le donne resistono nelle loro convinzioni. 

Carni sintetiche meno invise

Tra le altre notizie rilevata la contrarietà dei consumatori italiani a consumare le carni sintetiche anche se non esiste più l’ostracismo completo di pochi mesi fa. Parlare delle nuove possibilità, sta creando una corrente di pensiero innovativa. Anche i prodotti a base di farine d’insetti non sono graditi ai più, ma va segnalato che le giovani generazioni hanno un approccio meno respingente. Un quarto di loro li consumerebbe.

Calano anche i googlatori di prodotti

Il calo d’interesse nei confronti dei cibi vegani e vegetariani è confermato anche dalla riduzione delle ricerche su tali prodotti e dalle ordinazioni in rete. Anche i ristoranti solamente vegetariani stanno modificando i loro menù, integrando con piatti “tradizionali”. Sono pochi i locali che riescono a mantenere una clientela rilevante con solo piaggi veg.

sorpresa vegana cambia il trend

Finita la frattura o bianco o nero

Forse è terminato il periodo di frattura tra i due mondi. Essere vegetariano è una scelta che può anche non essere esclusiva e non per tutto l’anno. Vengono consumati più vegetali, ma non esclusivamente nella forma all veg, Sono scelte salutiste e di impegno verso un mondo più sostenibile. Ormai tutti i ristoranti inseriscono una proposta vegana, forse è giunto il tempo che anche i vegani seguano l’esempio, aggiungendo una o più portate tradizionali.

Comprendere le reciproche posizioni

Non è più tempo di litigi ma di comprensioni. La curiosità di provare alimenti alternativi legati all’orto e al foraging portano a sperimentare alternative che sono basate su culture alimentari del passato. Una riscoperta di valori legati alla conoscenza dei territori e della coltivazione in loco. Dal km zero, siamo passati agevolmente al metro zero, con coltivazioni direttamente messe in opera dai ristoratori. 

Milano fa ancora scuola

Milano è una città dove il pensiero e la cultura Vegano/vegetariana è maggiormente rilevante. La città è sempre pronta a sperimentare e fare sua ogni esperienza alimentare, che sia reale o modaiola. Qui l’interesse per il sushi e sashimi, per il poke e altre realtà alimentari esterofile o esotiche s’è sviluppato con anticipo rispetto alle altre aree italiane. L’adesione al ven e al vegetarian scema com l’aumentare dell’età, sono soprattutto i più giovani ad esserne attratti. Sorpresa vegana cambia il trend

sorpresa vegana cambia il trend

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Fattorie verticali al posto degli uffici

Le città ripensano i propri spazi per coltivare cibo

Sono tantissimi i capannoni, le strutture industriali e gli edifici utilizzato come uffici, in disuso. Una vera crisi dell’edilizia accentuata dal covid-19 e i problemi che ha indotto. Anche lo smart working ha contribuito a rendere obsoleti o inutilizzati molti uffici, che ora non trovano altre accomodazioni. La soluzione a questo problema è forse arrivata da alcune società agricole. Fattorie verticali al posto degli uffici

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Edifici vuoti ed inutilizzati

Si avete capito bene, gli edifici vuoti ed inutilizzato possono diventare orti urbani. Orti automatizzati verticali che consumano pochissima acqua e pochissimo spazio, rispetto alle colture in campo. Un’azienda, la Area 2 Farms, ha dato il buon esempio installando una struttura in grado di produrre verdure, tuberi ed erbe aromatiche.Il tutto nel centro città con la possibilità di raggiungere molte persone con il suo mercato contadino.

Niente affitti con lo smart working

Il crollo degli affitti per gli edifici in posizioni centrali, non più utilizzati, ha coinvolto anche tutto l’indotto di bar cafeterie, ristoranti, che grazie a questa nuova attività riprendono slancio. I tentativi di trasformare gli edifici dedicati agli uffici, in loft e appartamenti, ha trovato scarso interesse. Troppo complicato rendere gradevoli gli ambienti dedicati ad altre attività, e decisamente costoso.

fattorie verticali al posto degli uffici

Il sistema Silo

Il sistema utilizzato trasforma gli ambienti in una fattoria che può operare in gran parte in autonomia. Il sistema utilizza dei nastri trasportatori che si spostano in verticale. La loro funzione è replicare il ciclo luce-buio naturale con cui crescono le piante. La loro automazione alleggerisce il lavoro degli operatori che prima dovevano muovere tutti i contenitori manualmente. Altro punto a favore, non è necessario modificare gli edifici, bastano gli allacci ad acqua ed elettricità per poterlo rendere operativo. Sono ambiente solitamente climatizzati, dotati di riscaldamento e ventilazione.

Fattorie moderne

Le aziende che hanno progettato queste automazioni immaginano che le loro fattorie verticali possano soppiantare molte delle coltivazioni in campo. Non tutto può essere coltivato verticalmente, ma sono molte le verdure e i piccoli frutti che possono essere coltivati arrivando fino a 30 raccolti annui. Ora sono in fase di promozione per farsi conoscere e potrebbero veramente costituire una scelta interessante per dare un futuro a molti edifici. Se pensate alle distese di capannoni vuoti del Veneto, che stringono il cuore, la soluzione sembra ancor più interessante.

Strutture aggiornabili e modificabili

Le fattorie verticali non sono un monoblocco destinato solo a certe coltivazioni. Possono essere adattate a seconda delle esigenze. Modificando alcune parti l’automatizzazione diventa ottimale per la coltivazione che si vuole intraprendere. Non c’è nemmeno bisogno di particolari skils in agraria e agronomia. Il sistema una volta deciso cosa coltivare predispone tutto ciò che serve e comincia a lavorare per noi. S vogliamo insalata o fragole o lamponi basta impostare la richiesta e la fattoria verticale si predispone in autonomia.

Produrre di più

L’agricoltura verticale permette di produrre molto più rispetto al terreno e con una costanza che l’esterno non consente. La ciclicità della stagioni, accelera o rallenta i cicli, mentre in ambienti al chiuso questo può essere evitato. Inoltre c’è l’enorme vantaggio delle energie utilizzate fino al 90% in meno e il risparmio di consumo di acqua, fino al 98% in meno grazie a ricicli e filtraggi. Fattorie verticali al posto degli uffici

fattorie verticali al posto degli uffici

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Le ciliegie non si raccolgono da sole

C’è un sacco di lavoro da fare prima di raccogliere i frutti

Alcuni mesi fa mia sorella se ne esce con: “quest’anno voglio fare la confettura con le ciliegie del campo“. L’ho guardata perplessa e risposto: “sai vero che le ciliegie non entrano nella cesta per miracolo. Sono anni che quel campo non viene curato, e le piante hanno bisogno di potatura, concime e trattamenti“. Lei mi ha guardata come se fossi un extraterrestre. Le ciliegie non si raccolgono da sole

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In effetti tutti noi pensiamo molto poco a cosa c’è dietro un prodotto, che sia un frutto, un alimento o un piatto. Lo sappiamo solo se ce ne occupiamo personalmente. E’ così per tutto, immaginiamo sempre che sia tutto facile e veloce, a meno che non siamo coinvolti nel lavoro. Solo allora capiamo davvero l’impegno e la complessità dietro a ogni cosa.

Dietro ad una ciliegia

Dietro a una ciliegia ci sono mesi e mesi di lavoro, ci sono anni di esperienza, ci sono tradizione e innovazione, anche una strategia di comunicazione ha molto dietro. Chi ha una azienda e vuole vendere (bene) il proprio prodotto, ha bisogno di comunicare chi è, cosa fa, cosa rende il suo prodotto appetibile e ci si focalizza subito sulla comunicazione. Esattamente come mia sorella che si voleva mettere sotto la pianta aspettando che le ciliegie saltassero nella cesta.

Occorre fare uno anzi due passi indietro.

Prima di comunicare me stesso devo sapere chi sono, che tipo di azienda sono, che tipo di gestione ho o vorrei, che tipo di prodotto faccio, che tipo di risultati voglio ottenere. É  quello che si chiama strategia aziendale, e spesso si ha bisogno di una visione esterna, una sorta di specchio che riflette la nostra immagine e ci fa capire come siamo.

Ma questo non è che l’inizio

Ma questo non è che l’inizio, ho il campo e le piante di ciliegio ma c’è ancora tanto lavoro da fare. É il momento di concentrarsi sull’azienda come marchio e trasformarlo in brand e di concentrarsi sul prodotto, sui prezzi, sulla rete di vendita. É quella che si chiama strategia di marketing, anche in questo caso l’aiuto esterno di professionisti è utile, se non indispensabile.

Ecco che, dopo aver potato, concimato, trattato possiamo raccogliere le nostre ciliegie e magari goderci la soddisfazione di venderle e di ricevere i complimenti per il gusto del nostro frutto. Solo in questo momento siamo pronti per la vera strategia di comunicazione. Adesso che abbiamo chiaro chi siamo, come e cosa facciamo, cosa e come vogliamo vendere, possiamo fare un piano di comunicazione coerente.  

le ciliegie non si raccolgono da sole

Quali strumenti utilizzare

Decidere quali e quanti strumenti utilizzare per farci conoscere e magari anche per vendere direttamente e possiamo anche spingerci oltre e raccontarci. Non solo per vendere meglio ma perché ognuno di noi ha voglia di raccontare quello che fa per passione, possiamo farlo da soli se abbiamo il tempo e le competenze o affidarci a professionisti.

Forse si ha la sensazione di perdere tempo nel fermarsi a ragionare sulla propria azienda, sul proprio prodotto, su cosa vogliamo comunicare e su cosa vogliamo ottenere. Viviamo nell’epoca del tutto e subito, facciamo molta fatica a scendere per un momento dal treno in corsa per rifare la mappa del nostro viaggio. Ma è fondamentale pensare alla strategia aziendale, alla strategia di marketing e al piano di comunicazione, proprio perché viviamo in un mondo complesso e veloce.

Se soltanto mia sorella

Se mia sorella si fosse fermata a pensare a cosa c’è dietro una ciliegia e avesse fatto tutto il necessario, adesso avrebbe una buona confettura fatta in casa. Se mia sorella avesse prenotato un’ora di consulenza gratuita cliccando su https://olabepartners.com/accresci-la-marginalita-con-be-foodie-olab adesso potremmo vendere una buona e gustosa confettura! Invece ha dovuto acquistarla al supermercato! Le ciliegie non si raccolgono da sole

le ciliegie non si raccolgono da sole
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Bevande analcoliche in espansione

Un reparto finora poco esplorato sta diventando una buona occasione di business

Sono acque e bibite addizionate, arricchite o fortificate, aromatizzate, che puntano ad un pubblico attento alla salute o a nuovi modi d’intendere la “sete”. Ma all’opposto anche depauperate di alcuni elementi, senza sali disciolti, caffeina o zuccheri. L’obiettivo è soddisfare il gusto e allo stesso tempo regalare la sensazione di bere qualcosa di salutare od efficace per mantenere peso, colore e brillantezza della pelle. Bevande analcoliche in espansione

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L’aspetto estetico entro in gioco

Le nuove bevande analcoliche fanno leva sulla autostima di chi è preoccupato per i rischi che apporta al proprio corpo. Il timore di aumentare di peso con le bevande zuccherate o contenenti alcool, ha spostato l’attenzione su questi prodotti. Anche la birra analcolica rientra in quel settore, poiché non favorisce la tipica pancetta da bevitore di bionde. In Germania hanno coniato un termine apposito per definire quella piccola rotondità della pancia, “Bierbauch”. Un’autentico spauracchio per i giovani teutonici. La auto gratificazione di compiere un’azione positiva, fa il resto.

Bibite non gassate

Sono bevande che non prevedono aggiunta di anidride carbonica o altri zuccheri. Uniche eccezioni i succhi di frutta, dove il senza zucchero si riferisce a quelli aggiuntivi, mentre è abbondante la presenza di fruttosio. L’effetto salutista e/o di mantenimento è l’elemento chiave di tutti i prodotti del settore. Il modo in cui vengono presentati al pubblico si focalizza su quegli aspetti, con molta rilevanza ai “meno” ed anche ai “più”. Bevande che contengono sostanze ritenute essenziali per la salute fisica, e per il reintegro dei sali persi con l’attività sportiva .

Nuovi alleggerimenti

Molte bevande propongono un panorama di sapori diversi, spesso accompagnati da colorazioni che rendono immediata e facile la scelta degli elementi “utili”. Molto apprezzate dagli sportivi le acque insaporite ed alleggerite delle parti ritenute nocive, sostituite talvolta da elementi integratori. Anche le bevande a base di latte vengono private dalle parti grasse, ben sottolineati dai claim “scremato” o “parzialmente scremato”. La demonizzazione dei grassi animali prosegue anche in questo settore.

Sapori evidenziati

Molto apprezzate le bevande che rinnovano il panorama dei gusti, dalle semplici acque con aromi, frutti o essenze, ai che hanno aggiunto agli usuali limone, pesca o menta, una serie di variabili. La domanda di elementi integrativi ha dato vita a una serie di bevande definite “funzionali”, ovvero utili alla salute e all’attività fisica. Sono veri integratori salini o vitaminici, succhi di frutta e verdura, bevande stimolanti che aggiungono energia (redbull) o che possono rigenerare i muscoli. Di questo gruppo fanno parte anche le bibite a base di elementi naturali, riconosciuti come coadiuvanti delle funzioni fisiche e mentali. Ginseng, zenzero, melograno, goji, mirtilli, acai, papaya, pitaya, ecc. Bevande analcoliche in espansione

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Birrerie artigianali continuano a crescere

C’era il timore che il trend potesse rallentare dopo la grande esplosione degli ultimi anni

A sorpresa, ma non per gli addetti, il trend positivo per le birre artigianali in Italia prosegue. Crescono sia le aziende, i micro-birrifici e le birrerie artigianali ed anche i consumi, segno che l’interesse resta immutato. Ora sono 1.326 le birrerie in esercizio con quasi 10.000 addetti. Per gli amanti delle cifre corrispondono ad un aumento superiore al 100 in quantità e del 22% per gli addetti.* Birrerie artigianali continuano a crescere

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Un exploit

Italia ritenuta per anni il fanalino di coda della cultura brassicola ha scalato posizioni ed è arrivata ad insidiare le prime cinque posizioni occupate da Francia, UK, Germania, Svizzera e Olanda. Realtà dove la birra è spesso la prima bevanda a cui ricorrere. Il fenomeno di nuove strutture sta dilagando dal Nord al sud. Proprio nel Centro Sud si hanno i maggiori incrementi. I micro-birrifici agricoli sono in espansione grazie alla possibilità di produrre malto e luppolo in proprio, creando una ulteriore brandizzazione e zonazione.

Sempre più amata

La birra e soprattutto quella artigianale cresce nei consumi degli italiani. Complice anche una nuova cultura del bere consapevole. L’inferiore tasso alcolico consente di mettersi alla guida con meno timori. La recente stretta al codice della strada non invita a rischiare. Ovviamente anche la grande varietà di gusti offerti gioca un ruolo importantissimo. I consumatori sono curiosi di provare nuove e stimolanti birre insaporite in modo originale.

Birrerie artigianali continuano a crescere

Materie prime e nuove tecnologie

La selezione delle materie prime e le nuove tecnologie applicate all’arte brassicola sono la chiave di volta di questo successo. Anche le problematiche legate all’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, non hanno smorzato la voglia di fare. Creare nuove birre, che potessero soddisfare la curiosità dei consumatori, è diventata un’esigenza ed un must. Il prezzo che avrebbe potuto creare un grande discrimine, soprattutto per la concorrenza dei grandi brand internazionali, è stato interpretato come uno sforzo creativo.

Un futuro roseo

La fiducia che questo trend prosegua è alta. C’è richiesta di birre personalizzate, sempre più uniche, originali che sappiano sfruttare gli ingredienti locali. Proprio la geolocalizzazione delle materie prime, così diverse sul nostro territorio, possono dare vita ad infinite varietà. La creatività italiana in questo senso, è apprezzatissima anche all’estero dove le craft beers sono apprezzatissime. L’export segna buoni numeri e potrebbe riservare altre sorprese in futuro. Birrerie artigianali continuano a crescere

* Dati CCIIAA e Unionbirrai

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Gli Italiani spendono meno e meglio

Gli Italiani spendono meno e meglio

Sono meno fedeli ai punti vendita, ai brand e cercano le offerte

I consumatori italiani cercano di fare fronte al diminuito potere d’acquisto, con scelte più calibrate. Eliminati o ridotti gli acquisti superflui, maggiore attenzione alle offerte a tempo limitato e a tutti i benefit che possono far ottenere sconti. I timori di una inflazione che possa rivelarsi galoppante sono rilevanti. L’attenzione ai rincari e alle strategie di marketing (shrinking) ha mantenuto alto l’interesse verso i prodotti che hanno mantenuto una linea di prezzo costante. Gli Italiani spendono meno e meglio

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Sconti prima di tutto

Tutto ciò che è scontato attrae, mantenere il carrello pieno ed ancora qualche euro nel portafoglio o nella credit card è l’interesse primario. Non tutti riescono a comprare tutto ciò che desiderano e scegliere bene è diventato un vero esercizio di economia applicata. L’economia domestica, derisa per decenni, torna a diventare un tema di cui dibattere.. Eliminati gli extra e controllate le offerte, l’altra leva più utilizzata sono i programmi fedeltà. Consentono scontistiche supplementari affidandosi a prodotti di private label (a marchio della catena).

Saggezza nello spendere

Si compra ciò che è indispensabile, soprattutto per bambini e anziani, mentre gli adulti fanno alcune rinunce. Per formaggi e salumi, ove possibile si ricorre alle private label, gli alcolici hanno subito i tagli più consistenti. Una diminuzione preoccupante riguarda frutta e verdure, articoli necessari per una buona salute e una dieta corretta. I recenti guai climatici con le alluvioni in Emilia-Romagna, aree di grandi produzioni orticole e frutticole, aggiungono preoccupazioni per ulteriori rincari.

Gli Italiani spendono meno e meglio

Stesso supermercato ma

Gli italiani mantengono la fedeltà alle strutture commerciali abituali. Frequentano le stesse catene di supermercati, ma cambiano gli articoli acquistati. C’è uno spostamento verso le gamme di prodotto medio o basso. Tutto in funzione di un risparmio abbastanza consistente da permettere di riempire il famoso carrello. Il rapporto qualità/prezzo è tenuto sempre in maggior conto e si programma meglio.

Anche in cucina

Anche in cucina le cose stanno cambiando. Le insistenti campagne per l’utilizzo di tutte le risorse e l’uso degli avanzi, anche grazie a ricette apposite, stanno funzionando. Anche nei prossimi mesi gli italiani continueranno a mantenere alta quest’attenzione ai prezzi.  Cambiano le abitudini anche rispetto ai marchi e brand, meno rispettati e riveriti. I prodotti di fascia simili ma con minore prezzo sono diventati molto attraenti.

Gruppi d’acquisto e mercati contadini

Chi può si rivolge ai mercato rionali e contadini, direttamente dal produttore al consumatore. Saltando tutta la filiera intermedia ed i costi di imballaggi e trasporti. Anche i gruppi d’acquisto che consentono sconti consistenti e supportano il lavoro degli agricoltori, godono di buona salute. A rilevare maggiormente gli aumenti dei costi sono le donne, in percentuale quasi doppia rispetto agli uomini, forse meno accurati nel fare gli acquisti. Gli Italiani spendono meno e meglio

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