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Una città tutta sottoterra.

In Australia esiste una città che si è sviluppata molto di più sotto che sopra.

Si chiama Cooper Pedy ed è la capitale degli opali. La cittadina è caratterizzata dai cumuli di arenaria rossa, che quasi tutti i suoi residenti scavano per trovare le pietre preziose. E’ un paesaggio davvero inusuale che ricorda scene apocalittiche, e che ha ispirato anche un celebre film. Mel Gilbson qui ha girato Mad Max assieme a Tina Turner. Una città tutta sottoterra.

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Un luogo arido

Una città dove tutto è arido e la temperatura dell’aria è spesso irrespirabile. Qui si sono riproposte le condizione della corsa all’oro, attirando molte persone che volevano svoltare la loro vita. Avventurieri senza scrupoli o con qualcosa da dimenticare e lasciarsi alle spalle. E’ una vita dura condizionata da un caldo eccessivo, scarsa vegetazione ed alcuni pericoli. Le temperature qui possono arrivare a 45 gradi all’ombra, sempre che la si trovi un’ombra.

Vivere sotto

Le persone scelgono di vivere sottoterra perché le temperature sono più costanti e decenti, escono raramente, solo per vendere i loro preziosi opali o fare rifornimenti. Molti di loro sono solitari e rudi sognatori, pronti ad abbandonare tutto se riusciranno a scavare qualche pietra particolarmente grossa e bella. La vita sociale è piuttosto ridotta qui.

Un modo di vivere selvaggio

Per vivere qui serve una mentalità un poco selvaggia, un modo di approcciare la vita in modo essenziale. Alcuni immaginano di essere entrati in completa clandestinità, vivendo qui. L’abitudine a vivere nel sottosuolo permea molte delle attività della cittadina. Anche il locale hotel si sviluppa in buona parte sotto al livello del terreno. Non è un luogo per mammolette, mettete assieme un poco di far west e vita nel bush, per farvi un’idea di come funzionano le cose. Se nei saloon dei western invitavano a lasciare le armi fuori, qui invitano a non portare nei luoghi pubblici gli esplosivi.

Una città tutta sottoterra

Non c’erano alberi

Fino a pochi anni fa non c’erano alberi in tutta Coober Pedy, ma recentemente è stato approvato un piano per far crescere un poco di verde. Ogni abitante è stato invitato a piantare semi nelle sue proprietà e a prendersene cura. Anche l’erba, nelle rare occasioni in cui ne vedrete un poco, rischia di essere finta o dipinta. Il locale campo di golf offre piccole aree coperte di moquette per i lanci iniziali. Tutto il campo da golf è in terra battuta, è il campo da golf meno verde del mondo.

Scoperta per caso

Un ragazzino scalciando a terra, trovò i primi opali oltre un secolo fa, e a quel ritrovamento fortuito si deve la nascita della città. Tra il 60 e il 70% della produzione mondiale di opali viene da questo paesino nel deserto australiano. Sono appena 3.500 gli abitanti della città, quasi tutti impegnati nella ricerca delle pietre. La grande maggioranza vive in grotte che hanno scavato dove le temperature restano costanti quasi tutto l’anno attorno ai 25 gradi. Sottoterra oltre all’hotel hanno trovato posto anche una chiesa, un museo e preziose pozze d’acqua a cui attingere.

Spazi silenziosi

Vivere sottoterra ha lo strano fascino del silenzio quasi assoluto. Qui non entrano nemmeno il canto degli uccellini e le risate dei kookaburra. Una tranquillità che si adatta bene a chi preferisce la solitudine. Gli appartamenti scavati nelle rocce, hanno forme inusuali che ricordano grosse ragnatele con un paio di locali più grandi e molti cunicoli che si diramano in ogni direzione. L’aria non entra e nemmeno la luce naturale. Qualcuno ha anche costruito una piccola piscina sotterranea per aumentare il proprio comfort. Se cercate un luogo dove sparire dalla faccia del mondo questo è il posto giusto. Una città tutta sottoterra.

Una città tutta sottoterra

Credits: Pixabay

Benessere, Enogastronomia, Marketing

Il miele mānuka della Nuova Zelanda

La controversia per ottenere un marchio riconosciuto fallisce.

È una battaglia che si svolge tutta in Oceania quella per il miele ottenuto da una pianta che cresce solo in Nuova Zelanda e Australia. I neozelandesi volevano ottenere un brevetto per essere gli unici ad utilizzare quel nome ma non ci sono riusciti. Erano anni che cercavano di ottenere la loro DOP ma il nome era troppo generico e quindi non poteva essere registrato. Il miele mānuka della Nuova Zelanda

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L’albero del te

Mānuka è il nome di un albero dai piccoli fiori bianchi che in Australia chiamano anche albero del té. Le api che frequentano i suoi fiori producono un te dalle proprietà salutistiche molto ambite. È ritenuto un antibatterico e antimicrobico naturale e per questa proprietà viene venduto ad un prezzo molto alto rispetto ai mieli concorrenti. La battaglia si sposta quindi sul fronte economico, chi potrà utilizzare quella denominazione, anche se generica, ne ricaverà evidenti benefici. È un articolo tra i più apprezzati e desiderati in ambito salutistico. La grande domanda ha fatto aumentare notevolmente il prezzo sul mercato internazionale.

Un articolo destinato a pochi

È un articolo di lusso, destinato ai pochi in grado di spendere cifre molto alte. La valutazione di un vasetto di miele di altissima qualità da 250 grammi, può superare i 2.000 euro. Viene venduto nelle erboristerie e tramite e-commerce. Il miele di manuka previene le infezioni, favorisce anche la digestione, aiuterebbe nella cura della pelle, prevenendo l’acne. Un articolo che ha fatto ingolosire anche la malavita, che vorrebbe prenderne il controllo. Negli ultimi anni si sono moltiplicati episodi sgradevoli con furti, vandalismi, distruzione di arnie o uccisioni di api.

Una parola maori

Mānuka, è una parola Māori, un patrimonio della cultura neozelandese, pertanto, la delusione per non aver la possibilità di essere gli unici ad usare la sua denominazione, è molto cocente. Non intendono demordere, anche se questa sentenza (già la terza) ha creato malumore. La sensibilità Maori verso il rispetto delle proprie tradizioni è fortissima. È un sentimento nazionale che si nutre della storia, del passato e della dignità di un intero popolo.

In Australia festeggiano

In Australia ovviamente festeggiano ed ottenuto lo sdoganamento del nome, ora possono dedicarsi a commercializzare maggiori quantità di miele. Nonostante i costi proibitivi, la domanda internazionale di miele mānuka è sempre più consistente. La sovra-produzione rischia di far abbassare i prezzi, ma agli australiani non importa, puntano ad ottenere il controllo del mercato grazie alla quantità che possono esportare.

La battaglia prosegue

Sembra una battaglia tra dirimpettai, ma in realtà nasconde molto altro. C’è anche il bisogno di una nazione poco popolata come la Nuova Zelanda di tenere alto il proprio “blasone”. I Maori e i loro discendenti sono un popolo fiero, con un’etica basata sulla condivisione di valori. Non perdonano agli australiani le loro radici britanniche e una cultura basata solo sul business. Il miele mānuka della Nuova Zelanda

il miele manuka della nuova Zelanda

Credits: pics from the web

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Berreste un vino senza etichetta?

Sembra una provocazione ma ha una sua solida ed etica praticità

Una casa vinicola australiana sta sperimentando una soluzione minimalista che riguarda tutta la catena del packaging del vino. Invece di puntare su etichette che colpiscano occhio e fantasia le ha ridotte ai minimi termini. Tutto è condensato sul tappo. Una soluzione che è applicabile solo con un tappo a vite, che offre una superficie stampabile maggiore del tappo di sughero. La capsula che ricopre gabbietta e sughero normalmente, non potrebbe funzionare, perché una volta aperta, la bottiglia diverrebbe completamente anonima. Berreste un vino senza etichetta?

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Avere tutto sul tappo

Avere tutte le indicazioni di legge è invece possibile se il tappo è a vite. Soluzione che in Europa non è gradita per motivi di storia, tradizione ed abitudine. Il tappo a vite consente di ridurre l’impatto ambientale e rendere più sostenibile la catena dell’imballaggio. Nessuna etichetta tradizionale, quindi niente carta, niente colori, niente stampa e nessun collante. Molta sobrietà nel progetto australiano, che prevede di riportare sul tappo ogni informazione necessaria.

Dove come quando perché

Si possono ricavare tutte le informazioni necessarie direttamente sulla sommità della bottiglia, che così rimane “nuda”. Logo, marchio, uve, località, annata sono tutte presenti e leggibili, e se si vuole approfondire un pratico QR Code consente di viaggiare in rete. Oltre alla praticità delle informazioni condensate in cima alla bottiglia, Crate contribuisce alla sostenibilità anche con l’imballo. I box sono realizzati con carta riciclata e recano il claim: “Il nostro pianeta conta più del nostro imballaggio”.

berreste un vino senza etichetta

Anche il vetro è etico

Proviene da bottiglie riciclate il vetro utilizzato per imbottigliarlo. Inoltre il vino viene venduto solo a casse, in modo da ridurre il peso dell’impronta carbonica legata ai trasporti. Il vino è frutto di un accordo tra piccole aziende che reinvestono i ricavi nelle loro aziende e favoriscono l’economia locale. Una summa di azioni etiche che va nella direzione di fare impresa in modo sostenibile e che favorisce la salute del pianeta.

Potrebbe funzionare

Potrebbe funzionare anche qui, ma nutriamo forti dubbi. Mentre le varie strutture agricole nazionali si accapigliano per decidere se le eventuali etichette di pericolosità verranno approvate, l’Australia ha dato una indicazione molto precisa. Il futuro potrebbe passare proprio dalla miniaturizzazione delle indicazioni in bottiglia. Intanto Crate, prodotto da Fourth Wave Wines di Charleston, nel Nuovo Galles del Sud, ha spiazzato tutti. Altre direzioni a cui si rivolgono le aziende vinicole sono i contenitori in alluminio, sinora destinati ai vini senz’alcool o alle bibite energetiche.

Riuso

Gli imballaggi che possano facilitare il riuso sono studiati con attenzione. La consegna dei vuoti dietro cauzione, sta diventando una realtà, così come l’eventualità di poter fare il refill. Ogni azione volta a contenere l’impatto ambientale, viene sezionata in tutti i pro e contro. Il mondo del vino, anche se sembra legato a un passato millenario, molto codificato, è in evoluzione. Vedremo quale direzione prenderà, ma temiamo che non torneremo al consumo direttamente dalle anfore. Berreste un vino senza etichetta?

Credits: Crate, Fourth Wave Wines

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La Posidonia più grande del mondo vive in Australia

La pianta, che si clona da sola, vive sulle coste australiane da almeno 4.500 anni

È una fanerogama marina ed ha molti aspetti positivi. Purifica l’acqua, assorbe carbonio ed è la perfetta nursery per migliaia di specie marino. È una foresta da difendere e proteggere. Gli scienziati l’anno scoperta mentre studiavano la sua struttura. È una pianta che si è espansa su quasi 180 km quadrati e lo ha fatto tutto da sola. Ovvero questa pianta ha rinunciato a riprodursi sessualmente, per clonarsi continuamente. Probabilmente è il più grande essere vivente presente sulla Terra. La Posidonia più grande del mondo vive in Australia

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La foresta pluviale di Daintree ritorna ai proprietari

Qualcuno sa scusarsi e restituire il maltolto. In Australia il governo federale ha restituito 160.000 ettari di foresta pluviale ai legittimi proprietari

L’Australia e gli aborigeni che vi vivevano hanno passato momenti molto bui nei due secoli scorsi. La dominazione britannica ha sconvolto la vita di molti dei nativi che si sono trovati defraudati dei loro territori e della loro libertà. Il concetto di possesso non era sviluppato dalle tribù indigene locali ed i bianchi hanno pensato bene di arraffare tutto. I territori strappati sono stati sfruttati e depredati e le popolazioni locali confinate in territori inospitali. Molti sono stati tratti in schiavitù e forzati a cambiare le loro abitudini, a partire dal credo religioso passando per i vestiti. La foresta pluviale di Daintree ritorna ai proprietari

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I gatti australiani stanno diventando un vero problema

Sono amatissimi ovunque tranne che in Australia. Sono killer perfetti e stanno eliminando molta della fauna selvatica

Pare che siano oltre due miliardi gli animali che sono vittime dei gatti australiani. Al contrario dei nostri paciosi amici d’appartamento nel bush australiano danno fondo alle loro caratteristiche di cacciatori notturni. Rischiano di sterminare intere specie selvatiche come accade nelle Isole Mauritius ai dodo. I gatti si sono inselvatichiti ed hanno pochi nemici naturali (praticamente solo i dingo), che potrebbero limitarne l’azione. Importati nel continente solo a partire dal 1790, in 230 anni hanno spolpato a fondo la fauna locale. I gatti australiani stanno diventando un vero problema

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Una barriera corallina che nessuno conosceva

Una bellissima notizia che viene dal Reef australiano. Una barriera corallina che si erge come una torre di 500 metri dal fondo dell’oceano

La sorpresa deve essersi dipinta sui volti di una squadra di esploratori quando hanno scoperto una nuova barriera corallina. Sconosciuta ed ignorata dalle mappe. Ha la forma di una torre attorno a cui nuotano pesci, squali e tutta la fauna marina tipica del reef.  La torre marina si trova vicino all’estremità settentrionale della Grande Barriera Corallina australiana. Per esplorarla i biologi marini si sono serviti di un robot. Una barriera corallina che nessuno conosceva

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In Australia brucia la nostra innocenza

Il disastro ecologico che fa pensare a scenari danteschi, era stato previsto, eppure ignorato

Sta bruciando anche la nostra innocenza tra le sterpaglie e il bush dell’Australia. Niente sarà più come prima, soprattutto perché sono stati ignorati tutti i segnali e le previsioni che hanno portato a questa catastrofe. In una indagine commissionata nel lontano 2008 dal governo australiano, vennero esposti dati assai precisi che indicavano le previsioni sul riscaldamento globale. Questi dati indicavano chiaramente che la stagione degli incendi (abbastanza regolare in Australia) sarebbe iniziata precocemente e sarebbe durata di più. La maggiore intensità del fenomeno veniva segnalata ad iniziare dal 2020. Esattamente oggi. In Australia brucia la nostra innocenza

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Sarà l’Australia a guidare la rivoluzione energetica

Impianti fotovoltaici e turbine eoliche su superfici maggiori che in qualsiasi altra parte del pianeta.

L’Australia ha molte aree desertiche o quasi desertiche che si prestano perfettamente ad installare impianti di grandi dimensioni. Hanno investito ingenti somme per cambiare completamente il loro sistema energetico e stanno ottenendo grandi risultati. Anche se c’è ancora qualcuno che non crede nel potenziale delle energie rinnovabili, loro sono già ben insediati nel futuro. Sarà l’Australia a guidare la rivoluzione energetica

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Australia un anno fatto di sole estati.

Entro il 2050 l’inverno rischia di scomparire in Australia a causa dei cambiamenti climatici. Ad una estate rovente ne seguirà una appena meno calda.

Se siete stanchi dell’inverno potete trasferirvi in Australia, dove entro il 2050, come promettono gli esperti, non dovrete più preoccuparvi di cappotti guanti e sciarpe. L’inverno australiano, spesso molto mite, lascerà il passo ad un’altra stagione. L’estate sarà secca e molto bollente, assomiglierà più al caldo africano e il classico inverno, diventerà un’altra estate un poco più fresca, ma con ondate di calore di più di 40 gradi. Australia un anno fatto di sole estati.

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