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Abitare, Benessere, Enogastronomia

Insetti facciamo chiarezza

Sono almeno 20 anni che si parla delle proteine da insetti

Alimenti a base di insetti, molto nutrienti e alternativi ad altre fonti proteiche sono all’ordine del giorno da almeno un ventennio. Almeno sulla stampa specializzata, ma in Italia il tema sembra nato ieri. Con alzate di scudi e prese di posizioni politiche imbarazzanti. Sullo sfondo una notevole ignoranza sull’argomento, ed un tentativo di creare un tema che ne facesse dimenticare molti altri. Le decisioni della UE di sdoganare una sola farina di insetti, ha creato uno zibaldone di voci, non necessarie, che riguarda tutti i tipi di insetti. Insetti facciamo chiarezza

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Costi inferiori e facilità di allevamento

L’allarmismo cavalcato da certa stampa ha creato una barriera ad una discussione concreta e chiara. Il problema è reperire proteine a basso costo, alternative e meno impattanti, rispetto a quelle animali. Il numero crescente di esseri umani sul pianeta, crea nuove condizioni ed esigenze alimentari. Impensabile disboscare altri milioni di ettari per allevamenti di bovini, suini, pollame. La richiesta di cibo sarà in espansione, probabilmente farà lievitare i prezzi delle proteine. Una soluzione che comprenda proteine da insetti non è facile da gestire a causa dei molti pregiudizi presenti.

Solo se economicamente vantaggioso

Cibarsi di proteine provenienti da insetti, ha senso solo se economicamente vantaggioso. Al momento i costi di produzione non sono competitivi, se volessimo introdurre nei nostri prodotti, proteine da insetti, non saremmo pronti. Al momento siamo nel livello “curiosità” da soddisfare, decisamente lontani da un impiego massiccio. L’impatto ecologico non è ancora stato valutato, le emissioni di gas sono sicuramente inferiori, ma c’è da valutare se resterebbero basse anche a fronte di impianti di grandi dimensioni. L’impressione è che nel confronto con gli allevamenti animali estensivi, la riduzione di spazi occupati, sarebbe già un enorme vantaggio.

Sicurezza alimentare

Non esiste ancora una letteratura sufficiente a chiarire se possano esistere problematiche di tipo sanitario. Qualcuno fa notare che la sicurezza dei consumatori deve venire al primo posto. Concordiamo ma non esiste neppure una letteratura scientifica che possa individuare reali problemi legati alla salute. Alcuni articoli puntano a far notare che la produzione di insetti per l’alimentazione provengono da paesi ed aree che presentano criticità sanitarie. Non siamo certi che il paese d’origine possa influenzare in modo determinante la qualità degli eventuali prodotti.

Un problema di allergie

Interessante, d’altro canto, la preoccupazione che alcuni soggetti possano sviluppare allergie. Le proteine da insetti potrebbero attivare gli allergeni e creare situazioni sostanzialmente pericolose. Il tutto nasce dal fatto che, molti insetti potrebbero attivare le stesse allergie già note, di cui soffrono alcuni consumatori. La più temuta è probabilmente quella legata agli artropodi ovvero crostacei, gamberi, ecc. Anche in questo caso la letteratura scientifica è ancora scarsissima e non esaustiva. Sembra un timore sviluppato ad arte, da chi vuole dare una connotazione negativa a priori.

Insetti facciamo chiarezza

Non voglio mangiare insetti !

È lo strillo che accompagna molti degli articoli dedicati al tema. In realtà il problema non si pone, non c’è alcuna possibilità di consumare cibi che contengano proteine da insetti, senza esserne informati. Non potranno essere aggiunti ai prodotti esistenti senza che vengano palesati in etichetta. Dovranno essere comunicate provenienza degli ingredienti, ed indicata la possibilità di allergie. Una garanzia di sicurezza per tutti coloro che temono di trovare insetti nella brioche della colazione o nel panino.

Già presenti in percentuali minime

Se la letteratura scientifica non ci viene incontro, va però rilevato che l’esperienza comune già ci dà indicazioni. Nelle farine che utilizziamo per panificare, fare dolci, fare polente, ecc, già sono presenti in percentuali minime, insetti che sono stati macinati all’interno dei molini. Li mangiamo da secoli senza accorgercene, sono quantità minime, ma sono presenti. In ogni caso attualmente è quasi impossibile trovare prodotti a base di proteine d’insetti, perciò il problema di scegliere se consumarli o meno è assolutamente prematuro. Verranno chiaramente indicati i prodotti che le contengono e starà al nostro livello di curiosità decidere se assaggiare questi “novel food” o soprassedere. Il tentativo di far passare l’idea che sarà una imposizione non ha alcun senso di esistere.

C’è un’etica in questo approccio

C’è un’etica nel tentativo di trovare proteine alternative ed è quella di salvare il pianeta. Ridurre le emissioni e l’impronta carbonica, lasciando intatte le possibilità di ottenere cibo sufficiente a sfamare 8 miliardi di persone. Se tutto questo è possibile utilizzando proteine originate da insetti, ben venga. È giusto cercare di mantenere le nostre tradizioni alimentari, ma le condizioni mutano, non possiamo pretendere bistecca o salsicce ogni giorno. Possiamo sicuramente virare verso una cucina che abbia un maggiore apporto di vegetali, ma le proteine sono necessarie. Sta a noi fare scelte che coinvolgano il futuro di tutto il pianeta. Insetti facciamo chiarezza

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Birra più sostenibile

Dalla partnership tra Unionbirrai e la start up Biova Project nasce un nuovo progetto contro lo spreco

A Rimini al Beer & Food Attraction succedono molte cose. Un numero formidabile di stand a rappresentare i birrifici e i micro-birrifici artigianali, ne fanno una delle fiere più importanti per il settore. Dall’accordo fra Unionbirrai, che rappresenta i piccoli birrifici indipendenti, e Biova Project, ha preso vita un progetto contro lo spreco alimentare. La start up innovativa nasce proprio per recuperare surplus di cibo, usando i propri centri di recupero in tutta Italia. Birra più sostenibile

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Un impegno a fare di più e meglio

Una vera chiamata all’azione contro lo spreco alimentare. I birrifici fanno parte del gruppo di aziende che produce scarti amidacei, in buona compagnia coi produttori di pane, pasta, riso. Rappresenta un buon punto di partenza per recuperare e trasformare ingredienti che, altrimenti, non sarebbero utilizzati. Una visione ecologica del problema, che consente anche di pensarlo in chiave economicamente vantaggiosa. Sostenibilità, riutilizzo, trasformazione, sono alla base di una green economy, a cui è giusto riservare sempre maggiore attenzione.

Uno spreco evidente

Il solo pane gettato ogni giorno dai consumatori italiani e gli invenduti, raggiungono cifre impensabili. Sono 13mila i quintali che finiscono nella spazzatura. Numeri che fanno ancora più impressione se immaginiamo che, con quel pane quotidiano, si potrebbero nutrire 25mila persone per un anno. Gli italiani consumano in media 52 chilogrammo di pane l’anno, e purtroppo, molto altro è sprecato, come avanzo indesiderato. La messa in rete della App Sprecometro, riesce a quantificare quanta della nostra spesa, finisce direttamente nel cassonetto. Uno spreco che non possiamo più permetterci.

Food innovation

Biova Project fondata nel 2019 a Torino, fa food innovation. Il suo obiettivo è ridurre lo spreco alimentare in tutto il pianeta, partendo dalle realtà italiane. Il mezzo è creare nuovi prodotti, che possano interessare ogni tipo di comunità, dal privato cittadino alle aziende. Un nuovo valore aggiunto, che sia vantaggioso economicamente e socialmente sostenibile. Hanno dato vita a diversi progetti locali, ed ora con questo accordo con Unionbirrai, puntano ad estendere il loro operato su tutto il territorio nazionale. Trasformare materie che sarebbero di scarto in prodotti riutilizzabili, è un’attività encomiabile. Una direzione corretta per un mondo migliore. Birra più sostenibile

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Thor il tricheco in tournée

Evento abbastanza raro ma i trichechi scendono sempre più a sud forse per colpa del cambiamento climatico

È già accaduto altre volte, anche se di rado, di trovare un tricheco comodamente spiaggiato a riposare sulle coste europee. L’ultimo caso è quello di Thor, un maschio di circa 5 anni che probabilmente è partito dall’atlantico canadese per raggiungere Groenlandia, Islanda e Inghilterra. Ha eletto a residenza momentanea alcuni porticcioli dove è diventato una star dei selfie e idolo dei bambini. Sono due anni che nuota in acque relativamente calde rispetto a quelle che preferisce. Un lungo viaggio che lo ha spossato. Thor il tricheco in tournée

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In Islanda nuovamente

Ha lasciato l’Inghilterra ora e si è diretto verso acque più fredde, è stato infatti localizzato in Islanda. È un mammifero di grandi dimensioni che può arrivare ai 3,5 metri di lunghezza e al peso di 2 tonnellate. Per raggiungere queste dimensioni deve nutrirsi bene e forse ha seguito banchi di pesci per recuperare il suo “peso forma”. Non è certo cosa lo spinga a lasciare le acque fredde dell’Artico, dal momento che è adatto ad affrontare climi rigidi. Il suo enorme strato di grasso lo protegge tra i ghiacci, mentre lo ostacola in climi più caldi.

 Nella lista rossa

I trichechi sono inclusi nella lista rossa delle specie minacciate. Dovrebbero essere presenti solo 110mila esemplari sul pianeta, una quantità non tropo cospicua. La minaccia principale per loro è che il riscaldamento globale, porti a mutare le condizioni vitali nelle aree più a nord. Già foche ed orsi bianchi sono in grave sofferenza, anche i narvali che di solito vivono sotto ai ghiacci della calotta artica si sono spostati a sud. Gli orsi bianchi non riescono a nutrirsi a sufficienza e si avvicinano sempre più ai centri abitati, creando conflitti con gli umani.

Thor il tricheco in tournée

Thor il giovanotto

Forse Thor s’è preso il suo anno sabbatico per fare esperienze. È ancora giovane e relativamente “piccolo”, solo 8 quintali, probabile che si senta avventuroso e desideroso di conoscere di più di cosa offre il mondo. La speranza è che non si renda responsabile di guai. Un altro tricheco vagabondo è stato soppresso in Norvegia, perché si era reso pericoloso. I trichechi amano restare immobili al sole per ritemprarsi, ma a volte scelgono barche come luoghi isolati dove stendersi. In molti casi nel tentativo di salire a bordo le sbilanciano e le affondano. Un tricheco vagabondo, che era arrivato in Irlanda, ha avuto a disposizione un pontone tutto suo, per evitare che affondasse altre imbarcazioni

Solo selfie

La speranza è che Thor decida di essere solo il protagonista di molti selfie e che trovi una giusta collocazione. Il viaggio che ha ripreso verso l’Artico sembra un buon segno, ma i biologi marini sono preoccupati perché non comprendono cosa causi queste migrazioni. Fortunatamente al momento sono casi sporadici che possono essere legati a molte eventualità. Il timore che i trichechi possano “perdersi” in altri mari comprometterebbe anche la loro possibilità di riprodursi. Thor il tricheco in tournée

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Benessere, Enogastronomia

La pasta batte l’obesità

Una dieta mediterranea basata sulla pasta aiuta a perdere peso e stabilizzarlo

Esce proprio nella giornata mondiale dell’Obesità, (4 marzo) una ricerca svolta dall’Università di Parma. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica “Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases”. Il focus era dimostrare che un regime ipocalorico basato sui principi della dieta mediterranea, contribuisce a ridurre e a mantenere il peso. La dieta che pone la pasta come elemento cardine, è un indubbio vanto della nostra cucina, ma di fatto, è sempre più diffusa in ogni continente. La pasta batte l’obesità

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Attività fisica e buon cibo

Potremmo condensare l’articolo in questa semplice frase. Per combattere l’obesità serve un poco di attività fisica e buon cibo. Scelte che ognuno di noi può fare, per evitare di incorrere in problemi di salute, che passano dai problemi cardiocircolatori, al diabete, ai tumori. L’obesità sta diventando un problema in moltissimi paesi, l’accesso a cibi ipercalorici ha modificato l’alimentazione e fatto lievitare il sovrappeso. Il rischio, lamenta l’organizzazione mondiale dell’obesità, è che nel giro di un decennio metà della popolazione sarà sovrappeso.

Impatto sulla salute e sulla sanità

L’organizzazione ha costituito il World obesity day. Una giornata dedicata a sollecitare l’attenzione, di nutrizionisti e dietologi, e di tutti i cittadini. Il rischio è che molti paesi possano vedere la loro sanità crollare, sotto la spinta di un impatto enorme. La cronicizzazione di molte malattie legate all’alimentazione e agli eccessi ponderali, rischia di togliere troppe risorse, se i governi non sapranno intervenire con campagne apposite. L’invito ad una vita più attiva e partecipata, è un must su cui insistere.

Globesity

Lo chiamano “globesity”, una crasi tra global e obesity, questo allarme rivolto a tutte le organizzazioni sanitarie e ad ogni singolo cittadino. È a tavola che si combatte contro l’obesità, e l’Italia ha una tradizione alimentare che può ribaltare questo problema. Infatti, secoli di cultura alimentare ipocalorica, basata sul consumo di pasta come portata principale quotidiana, non si possono cancellare. Si può perdere peso senza rinunciare in toto al piacere di mangiare, ed ottenere i benefici a cui si mira.

Diete a confronto

Un’altra ricerca ha messo a confronto le diete più utilizzate da quelle senza carboidrati, a quelle a zone, al digiuno programmato, alla vegetariana, ecc.. Quella mediterranea è risultata la più efficace. Sia per la perdita di peso, che per il mantenimento, con evidenti riduzioni dei problemi cardiovascolari. Risultati che ribadiscono ciò che dagli anni ’60 del secolo scorso molti nutrizionisti sostengono, con la scoperta dei vantaggi della mediterranea. Dieta ipocalorica e lotta alla sedentarietà sono i cardini per ottenere risultati permanenti.

Diffondere le notizie

Ora assieme a tutte le campagne a difesa del made in Italy, sarebbe utile diffondere le notizie che portano ad una migliore salute. La pasta, del resto, porta buonumore, modifica il nostro mood quotidiano, e il buonumore è di per sé un ottimo viatico al benessere. Educare i giovanissimi diventa importante, sensibilizzarli verso scelte che possono essere alla base della loro salute, è determinante. Messaggi positivi, che consigliano un’alimentazione corretta, dovrebbero coinvolgerli sin dalla più tenera età. Gli eccessi ponderali sono un problema che si può sconfiggere in modo gradevole, mangiando correttamente. La pasta batte l’obesità

Abitare, Marketing

Siamo sicuri che il Goblish sia veramente positivo

La lingua creata per influencer e content creator è una scarnificazione culturale

Scrivere per i social media e farsi seguire da molti follower, implica un abbassamento del livello culturale? La risposta purtroppo pare sia una nuova formula di linguaggio che è stata codificata. Si tratta del Goblish. Chi lo propugna giura che è la chiave del successo per ottenere visibilità e per farsi seguire da orde di followers. I contenuti vengono svuotati di ogni “asperità” linguistica per raggiungere un pubblico molto vasto. Solo 1.500 parole per questo Global English che dovrebbe accontentare persone di ogni età e nazionalità. Siamo sicuri che il Goblish sia veramente positivo

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Semplificazione o svuotamento

Resta da vedere se la semplificazione a così poche parole sia veramente utile per la comprensione mentre svuota il dizionario. È veramente necessario esprimersi in modo così basic per essere buoni creatori di contenuti e trasformarsi in influencer? Un buon livello di comprensione è sicuramente gradevole, ma asciugare troppo va nella direzione dell’AI. L’intelligenza artificiale è già stata testata per scrivere senza interventi umani, ed è proprio grazie ad un dizionario così ridotto che può avere successo.

Ridurre all’osso per rimbambire meglio

Il tentativo di massificare troppo, passa anche per un eccessivo rimbambimento del pubblico. Un linguaggio molto pratico ma che non evolve, né chi lo propone, né chi lo legge/ascolta. Un linguaggio da tiktoker, o utile per post brevissimi da due righe da postare sui social media. Se l’obiettivo è questo, va nella direzione di ridurre sempre più i lemmi (parole) utilizzate nella lingua parlata ma anche scritta. Chi ha figli in età scolare conosce bene quanto scarna sia già la varietà di linguaggio utilizzata. L’impoverimento culturale sembra non spaventare chi promuove il Goblish, anzi li esalta.

Abbassare il livello

Il mito di chi produce contenuti dovrebbe essere quello di una bambina di 8 anni presa ad esempio da imitare? Ha milioni di followers e i suoi post sono di livello elementare ovviamente. Tornare al livello di terza elementare per esprimersi, e farne un fatto positivo, sembra veramente un modo pessimo per livellare tutti. Abbassare ad ogni costo il livello è insopportabilmente sterile per il futuro che ci attende. Serve crescere e accrescere la propria cultura, non banalizzare ai minimi termini. Con un fronte massiccio di analfabetismo di ritorno e l’incapacità di comprensione, anche di brevi messaggi o frasi, un dizionario più corposo è necessario.

Un aspetto positivo

Un aspetto positivo del Goblish è che riduzione ai minimi storici del dizionario, obbliga a cercare un contatto coi propri follower basato sulla sincerità. Il “parla come mangi” non consente molti trucchi, come ben sa chiunque si occupi di politica e politichese. Lo sforzo di essere sempre interessanti e coinvolgenti, rischia però di arrivare a produrre messaggi “strillati”. Abbiamo veramente bisogno di altre Vanne Marchi che ci riempiano di inutili ciarpami? L’inglese è già piuttosto basic rispetto alle lingue neo-latine, una ulteriore riduzione sembra un tentativo per facilitare il restringimento delle capacità di scelta dei cittadini. Siamo sicuri che il Goblish sia veramente positivo

Siamo sicuri che il Goblish sia veramente positivo

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Abitare, Viaggi

I super maiali canadesi sono peggio dei cinghiali

Sono maiali che sono fuggiti dal controllo umano e si sono inselvatichiti

Sono una grandissima minaccia per umani e animali. Seguono i percorsi che gli agricoltori tracciano con le loro culture. I super-maiali trovano splendidi pranzetti già pronti nei campi curati e nessun nemico a contrastarli. Mentre in Italia si cercano soluzioni per fermare i cinghiali che trovano facilmente cibo nelle nostre città, altrove lottano con mostri da 150, fino a 300 chili. I cinghiali che scorrazzano nel nostro territorio sono di origine dell’Est Europa. Sono di piccola taglia ed hanno saputo occupare tutti gli spazi lasciati liberi dai cinghiali autoctoni, molto più grossi e pesanti. Negli Usa ora temono una invasione dal Canada. I super maiali canadesi sono peggio dei cinghiali

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Maiali selvatici

Sono un problema da moltissimo tempo. I maiali selvatici non esistevano in America, li hanno portati Cristoforo Colombo, ed Hernando de Soto. Quelli che sono sopravvissuti e sono riusciti a fuggire si sono stabiliti in Florida. Hanno formato mandrie, sono inselvatichiti ed hanno cominciato ad espandersi fino a raggiungere il Texas. Raramente presenti anche in altri stadi del sud, sono però molto temuti, dove passano distruggono raccolti e terreni. Attaccano anche gli animali domestici, distruggono gli allevamenti e come ultimo regalo diffondono malattie. Nel 1900 i cinghiali asiatici sono stati importati per la caccia ricreativa, ed anche in questo caso sono sfuggiti al controllo.

Da Nord a Sud

Ora la situazione sembra sul punto di esplodere, ma per le regioni a Nord. La probabilissima invasione arriverà dal Canada dove si sono sviluppate mandrie di “super-maiali”. Sono molto più grandi dei corrispettivi cinghiali, con cui si sono ibridati. Sono molto più intelligenti, sono forti e massicci e sono degli ibridi con un enorme potenziale distruttivo. Gli stati del Nord degli Usa ospitano colture estensive, soprattutto di mais, colza, orzo e grano, e non hanno nessun confine visibile. Ai super maiali non sembra vero di poter avere un così facile accesso al cibo, perciò sembra inevitabile una discesa verso le regioni coltivate.

I super maiali canadesi sono peggio dei cinghiali

Quasi 6 milioni

La stima degli etologi è di circa 6 milioni di capi probabilmente sono anche in numero maggiore. Hanno cominciato a presentarsi nelle aree rurali coltivate circa trent’anni fa e da allora le visite “sgradite” sono diventati eventi comuni. Hanno sviluppato una tecnica particolare, attaccano velocemente, prendono quello che gradiscono, distruggono il resto e scompaiono. L’ibridazione ha dato vita ad esemplari che in natura si possono definire enormi. Un super maiale è il doppio o il triplo di un cinghiale. Ne hanno abbattuti alcuni di quasi 300 chili.

Una falsa convinzione

In Canada pensavano di poter esenti dal problema, se qualche maiale riusciva a fuggire era condannato a morire. Non sarebbe mai riuscito a sopravvivere alle rigide temperature canadesi. Ma invece ce l’hanno fatta ed ora sono diventati un vero problema. Gli allevatori hanno ibridato varie razze per renderli pesanti e ricchi di carne e così hanno favorito il processo che ha portato a mostri intelligenti e potenti. Il loro peso gli ha permesso di resistere anche al gelo estremo ed hanno imparato a crearsi degli “igloo” scavando gallerie nella neve. Ora stanno cercando di trovare il modo per fermarli, ma non sarà semplice, ed aumenta il timore per le malattie che potrebbero diffondere. Sappiamo come il Covid-19 sia iniziato e non vorremmo si ripetesse. I super maiali canadesi sono peggio dei cinghiali

I super maiali canadesi sono peggio dei cinghiali

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Benessere, Enogastronomia, Marketing

C’è un futuro per il vino analcoolico?

Molti tentativi sviluppati nei secoli per produrre vino senz’alcool sono abortiti, ma la richiesta esiste

Può sembrare folle un vino senz’alcool visto che gli uomini coltivano la vite da quasi 10.000 anni, per le emozioni alcooliche. Ma in realtà c’è un mercato in crescita, anche per chi ama bere senza cercare nemmeno una minima ebbrezza. Ci han provato per secoli, per motivi religiosi e salutistici, ad eliminare l’alcool dalle bevande. Con efficacia assai relativa. Il clero cercava vino che non portassero all’etilismo le sue pecorelle, ma i parroci continuavano a dare il cattivo esempio consumando quello alcoolico durante la messa. La storia dell’enologia è piena di “vino del prete” “vino d’altare” e “vini santi”. Nati per essere consumati sull’altare ma spesso diventati un ottimo oggetto promozionale per i loro produttori. C’è un futuro per il vino analcoolico?

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Nuovi tentativi

È relativamente recente una nuova serie di tentativi, di produrre vini a tasso alcoolico azzerato. Oltre alla evidente molla morale del ridurre le cattive abitudini dei beoni, esistono consumatori che non possono bere per motivi salutistici. Tutti coloro che vengono invitati dai medici a cessare di bere, sono interessati a prodotti che almeno imitano il piacere del vino. Il “divide” al momento resta il sapore, assai difficile da imitare. Però le abitudini cambiano l’offerta, anche se ancora molto limitata di vini NA (Non Alcolici) aumenta. Segno che qualcuno è interessato. A spingere quel mercato c’è anche lo stigma nei confronti dell’alcolismo, ritenuto moralmente negativo anche se praticato con moderazione.

Generazione Z all’attacco

I dati dei consumi mostrano che la Generazione Z e i Millenials sono molto meno interessati all’alcool. Ne acquistano e ne degustano di meno. Sono diventati uno dei target dei produttori di NA. Togliere l’alcool può rivelarsi complesso, soprattutto perché nel processo vengono sottratte quasi tutte le sostanze volatili, che creano il bouquet. Diversi brevetti hanno dato vita a modi differenti di estrarre l’alcool. Alcuni complessi, altri abbastanza semplici, ma destinati quasi sempre a piccole comunità. Negli USA un dentista proibizionista (T.B.Welch) brevettò un sistema per produrre vino per gli altari, per le chiese metodiste. Dal suo metodo di non fermentazione, derivò in seguito l’industria dei succhi di frutta.

Un altro processo

Un altro processo, brevettato in Australia, rimuove le parti volatili dagli ingredienti. Utilizzato per molti tipi di prodotti, sia per esaltare o per eliminare le parti gassose è stato utilizzato anche nei processi di eliminazione dell’alcool dal vino. Ha dato vita a vini a bassa gradazione e successivamente a zero alcool. Un metodo che evita di far arrivare il vino all’ebollizione per eliminare il fattore alcoolico, e non rovina il gusto del vino. La tecnologia denominata BevZero, si è espansa anche sul seguito della diffusione della birra analcoolica, che ha fatto da traino.

C’è un futuro per il vino analcoolico

Solo vini dolci

I vini esistenti erano di sapore decisamente dolce, mosto d’uva che non soddisfaceva il gusto deli appassionati. Occorreva dare una svolta, anche perché nessuno dei consumatori pensava di bere veramente vino e questo creava una condizione sfavorevole. Per trovare il giusto blend sono stai necessari molti tentativi. Quando viene sottratto l’alcool il vino cambia, muta in modo molto percettibile, perché l’alcool è parte integrante del bouquet. Nella birra il processo è più semplice e il sapore cambia in modo molto minore, ma per mantenere il sapore nel vino è necessario aggiungere aromi.

NA in vendita

I negozi che vendono NA cominciano a diventare popolari negli USA, ma faticano molto in altri paesi. I vini hanno una rotazione vorticosa, le etichette cambiano ad un ritmo folle, nel tentativo di trovare le nuove “annate” migliori che soddisfino la clientela. È un’industria molto giovane con una turnazione che contraddice la cultura millenaria del vino. Da sopraffino nettare da invecchiare, si passa ad un prodotto “molto veloce”. Lo stesso vino NA non resta in vendita per più di 5 stagioni, e viene sostituito rapidamente da altri vini della stessa casa. Forse è scorretto pensare ad una unica categoria di prodotti, anche se sono venduti negli stessi negozi. Vino e vinoNA in realtà sono agli antipodi.

Packaging anomalo

I produttori hanno individuato questo discrimine, ed hanno scelto di utilizzare confezioni che si distinguano. Anziché puntare sul vetro, che è anche più costoso e difficile da trasportare, hanno puntato sulle lattine, anche nella versione sottile tipica degli energy drink. Popolari anche i minibrick. Alcuni ristoranti hanno introdotto una mini-lista di NA allegata ai loro menù, un altro segno che l’interesse è in aumento.  Esiste già un ricettario di piatti cucinati con i viniNA. L’opzione senz’alcool sembra più seguita ai fornelli che a tavola.

Meno bevitori

I sondaggi che vengono regolarmente svolti sul mercato del Beverage, segnano un rallentamento d’interesse verso i super-alcoolici. Oltre il 20% dichiara di aver ridotto il numero dei drink. Un ulteriore 35% dichiara che ha già deciso di bere meno. Questo costituisce una fascia di mercato molto interessante per i NA. Molte persone che potrebbero essere interessate a bere senz’alcool, per non farsi mancare il piacere della socialità, e del bicchiere condiviso senza rischi di sbronza. Il mercato non è ancora floridissimo, ma sembra destinato a raddoppiare i suoi numeri in pochi anni. Vedremo quale sarà l’evoluzione. C’è un futuro per il vino analcoolico?

C’è un futuro per il vino analcoolico
Benessere, Enogastronomia

I pancake stanno diventando molto popolari

Dall’antica Grecia alle celebrazioni del martedì grasso, le focacce dolci o salate sono state a lungo un alimento base culinario

Nel 2022, i ricercatori che hanno scavato in Iraq hanno trovato avanzi cotti più antichi del mondo. Era una sorta di antico pancake. Ne sono stati rintracciate versioni rudimentali un poco in tutte le culture. Facili da preparare e semplici negli ingredienti, si adattavano a tutte le latitudini. Ci sono esempi di tortine piatte da farine di cereali, che datano oltre 30.000 anni fa. Un poco di farina, latte, acqua, uova e se è disponibile un poco di lievito, e l’impasto è pronto. Versare piccole quantità su una superfice riscaldabile, di solito una piccola padella, girarla una volta e la frittellina è pronta. I pancake stanno diventando molto popolari

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Un successo in aumento

È sempre più diffusa anche in Italia, amata soprattutto dai più giovani, istigati da una celebre crema spalmabile. Sia come colazione che come snack, da completare a seconda del gusto. Dolce o salata che sia. È un cibo disponibile in molte tavole e che vanta l’enorme traino del cinema statunitense. Hollywood ne ha fatto l’elemento cardine delle colazioni di tutti, irrorandole di sciroppo d’acero e fiocchetti di burro. Ma sono diffuse anche in Europa, Africa, Cina, India, Corea, ecc. Ognuno ha piccole varianti, legate agli ingredienti disponibili e alla cultura locale. L’unica cosa che non cambia è la forma tonda e lo spessore minimo per cuocerle velocemente.

I primi pancake

Sono conservate testimonianze scritte di pancakes cotti già dai Romani e dai Greci, che li accompagnavano con miele. In realtà la definizione pancake arrivò solo nel medioevo derivata da due arcaismi panecake o ponkake. Da sempre cibo povero per eccellenza, realizzato con le farine meno nobili inadatte ad essere panificate, e con ingredienti a disposizione anche delle classi meno abbienti. La liquidità dell’impasto, consentiva di allungarlo a misura delle esigenze economiche familiari, anche con pochissima farina di miglio o d’avena o d’orzo si poteva mettere a tavola qualcosa.

I pancake stanno diventando molto popolari

Niente carne o pesce

Dove mancavano carne o pesce per i costi troppo alti, i pancakes servivano a sostenere abbastanza anche coloro impegnati in lavori di fatica. Avevano anche il pregio di essere facilmente trasportabili per essere consumate sui posti di lavoro. Anche nei grandi cantieri dove i cuochi dovevano nutrire molte persone, potevano essere preparate rapidamente e in quantità. Erano sazianti e molto economiche rispetto ad altri cibi.

Li troviamo ovunque

Le frittelle a base di varie farine sono comuni in molte parti del mondo. Nel corno d’Africa li preparano con farina di teffe sono un elemento immancabile nelle cerimonie, feste, matrimoni. Li chiamano iniera e vengono consumate da tutti i convenuti assieme attingendo dallo stesso contenitore. Preparati per le feste anche in India, sono a base di farina di ceci e in questo caso si chiamano chilla. Con la farina di ceci viene preparata anche la farinata, tipica della Liguria e del sud della Francia. La leggenda vuole che la farinata sia nata per caso durante una tempesta che squassava una barca. La farina uscita dal suo contenitore si unì all’acqua e il sole fece cuocere le improvvisate frittelle.

Evviva lo zucchero e il burro

In molte località i pancakes vengono mangiati in occasione del Mardi Gras, il martedì grasso, con l’aggiunta di zucchero e burro. Ovviamente alcune versioni aggiungono alche altri condimenti dolci e zuccherosi, miele, sciroppi, marmellate, composte. Sostituiscono i tortellini dolci, le frappe, lattughe, castagnole, tipiche della nostra cultura. Con l’inizio della quaresima non si potevano consumare i latticini e le uova, quindi era l’ultima occasione per utilizzarle. Ora che la quaresima ha perso efficacia, i pancakes sono divenuti un alimento ideale per le colazioni, guarniti con qualsiasi cosa piaccia ai commensali. Dolci o salate o abbinate alla frutta, stanno diventando un vero “must”. I pancake stanno diventando molto popolari

I pancake stanno diventando molto popolari

Crdits: Pixabay

Abitare, Benessere, Enogastronomia

Carne di squalo nelle scatolette dei nostri gatti

Non c’è mai una completa certezza di cosa serviamo nelle ciotole dei nostri animali domestici

A confermare questo dubbio una ricerca proveniente da Singapore, ha messo in luce che le etichettature dei cibi per animali, sono molto carenti. Un terzo dei preparati per i nostri Fuffi e Romeo contengono evidenti tracce di carne di squalo. La cosa peggiore è che alcuni di questi squali sono specie in via di estinzione. Siamo tanto attenti ad acquistare prodotti sostenibili o cruelty free, ma davanti alle esigenze dei nostri amici, non usiamo la stessa accortezza. Carne di squalo nelle scatolette dei nostri gatti

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Gli ingredienti

Controllate nell’elenco degli ingredienti, se trovate dei generici “pesce”, “pesce bianco” o ancor peggio “pesce oceanico”, probabilmente state acquistando carne di squalo o razze. I ricercatori hanno trovato evidenze, grazie al DNA, che molto spesso dietro a queste definizioni si celano carni di squalo. La stessa ricerca ripetuta su cibo per animali prodotto negli USA, ha dato lo stesso risultato. I produttori cercano di mascherare l’origine delle carni utilizzate aggiungendo “salmone” o “tonno”. Altri nemmeno citano il pesce che è contenuto nel cibo anche se è indubbiamente presente.

Squali inesistenti

La carne di squalo non viene mai citata. Non è una pratica illegale, ma probabilmente molti dei proprietari di animali da compagnia, sarebbero restii ad acquistare prodotti che la contengono. Le campagne per la salvaguardia degli squali si sono infittite nel tempo, i consumatori sono maggiormente educati ed attenti. La sensibilità verso comportamenti etici da parte dell’industria è in forte aumento, e potrebbe porre dei limiti alla predazione ittica. Il tipo di pesca che non consente agli squali di riprodursi e prosperare, è proprio lo spauracchio che i produttori temono. Chi acquisterebbe a cuor leggero cibo ottenuto da pesca non sostenibile?

Carne di squalo nelle scatolette dei nostri gatti

Antichissimi eppure fragili

Il numero degli squali e in costante diminuzione. Queste creature antichissime, che sono sopravvissute a tanti eventi, epidemia, che hanno sviluppato sistemi antivirali formidabili, rischiano di sparire per colpa dell’uomo. Oltre alle razzie dovute ad una pesca poco oculata e molto invasiva, molti squali vengono uccisi solo per le pinne. L’industria dei cibi per animali afferma di utilizzare le carcasse per evitare un inutile spreco. Un calcolo approssimativo indica la perdita di squali in circa il 70% da mezzo secolo in qua (Nature 2021).

Etichette intelligenti

I biologi marini che si battono per salvare e ripopolare gli oceani di squali, chiedono uno sforzo. Scrivere in etichetta tutti i componenti e gli ingredienti sarebbe corretto ed aiuterebbe i consumatori. Potrebbe allentare la pressione sulla pesca sconsiderata che non tiene conto delle specie a pericolo. Le limitazioni forzate della pesca non funzionano, al momento. Per riequilibrare la presenza di squali, indispensabili per l’ecosistema servono altri sforzi. L’informazione corretta sul cibo con cui nutriamo i nostri amici animali è un passaggio fondamentale. Carne di squalo nelle scatolette dei nostri gatti

Carne di squalo nelle scatolette dei nostri gatti

credits: Pixabay

Abitare, Eventi

Cadono nel lago ghiacciato e muoiono

È successo negli USA nello stato del Vermont quando il ghiaccio del lago ha ceduto

La notizia è orribile, ma è ancora peggiore ciò che si ricava da questa informazione. Il ghiaccio diventa sempre più instabile per l’aumento delle temperature. Il lago Champlain è una destinazione molto ambita per la pesca. I pescatori fanno buche nel ghiaccio riparati nei loro casotti e si divertono ad attendere che qualcosa abbocchi. Ma il dipartimento della caccia e pesca, ha annullato le due gare di pesca che costituiscono la tradizione locale, per paura che il ghiaccio ceda. Cadono nel lago ghiacciato e muoiono

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Tre pescatori intrappolati nel ghiaccio nel Vermont

Un gennaio caldissimo ha causato una fragilità del manto ghiacciato. L’ondata successiva di freddo, ha ricostituito il manto, ma non nel modo corretto. I tre pescatori coinvolti erano del luogo ed esperti conoscitori, però si sono fatti ingannare dalle condizioni mutate. Uno di loro aveva 62 anni ed è caduto nel lago dopo che il foro che aveva praticato ha ceduto. Gli altri erano due fratelli di 71 e 88 anni che stavano guidando il loro furgone alla ricerca della posizione giusta. Il ghiaccio ha ceduto e sono sprofondati. In entrambi i casi sono dovuti intervenire i sommozzatori per recuperare i corpi.

Guidare sul ghiaccio

Andare in auto sul ghiaccio è ritenuto normale sul lago Champlin nei mesi invernali. Ma questo è un anno particolare e gli automobilisti ed i pescatori, sono invitati ad evitare d’inoltrarsi sulla superfice del lago. Lo spessore minimo per pescare col casotto è di 10 cm. Mentre per usare l’auto ne servono almeno 25. In ogni caso è un atto di fiducia quello di chi voglia rischiare di usare la propria auto. Entrano in campo troppe variabili che possono modificare lo spessore del ghiaccio. La prima è ovviamente l’alta temperatura, dovuta ai cambiamenti climatici, ma si deve tener conto del vento, neve, correnti interne, sole, ombre, ecc. Anche le persone del luogo non si fidano

Cadono nel lago ghiacciato e muoiono

Misurare lo spessore

Le autorità sconsigliano di usare mezzi a motore, e suggeriscono di misurare lo spessore con un palo metallico o una trivella. Gli esperti prevedono che il ghiaccio tenderà a diventare sempre più sottile nei prossimi anni e il periodo ghiacciato diminuirà di quasi 40 giorni. Le cittadine che si affacciano sul lago hanno fatto registrare temperature record a gennaio. Anche i pescatori più esperti esprimono forti dubbi sulla consistenza e resistenza del ghiaccio, soprattutto nell’area centrale, di solito la più pescosa. Dichiarano:“è folle rischiare la vita così

Cambia l’economia locale

Questo innalzamento delle temperature complica e sconvolge anche l’attività economica che ruota sulla pesca sportiva. I negozi di materiali per la pesca ed esche se la passano male. Tanto che uno di loro che noleggia le attrezzature ha deciso di chiudere per evitare altri problemi. Troppo rischioso anche per chi è espertissimo andare sul lago ghiacciato. Anche chi conosce il lago come le sue tasche, sa che le correnti che agiscono proprio al centro rischiano di farlo sembrare abbastanza solido, mentre in realtà è infido. Cadono nel lago ghiacciato e muoiono

Cadono nel lago ghiacciato e muoiono

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