Il cacciatore sepolto nel ghiaccio non smette di stupire. Tantissimi piccoli segreti sono raccontati dagli oggetti che portava con sé
La faretra di Oetzi conteneva armi incomplete, come se avesse dovuto partire in fretta prima di poterle finire. Probabilmente aveva rintracciato i materiali sul percorso di viaggio e li aveva raccolti per completarle in un secondo tempo. Aveva con sé un grande arco di oltre 180 cm. portato slegato assieme a 14 frecce. Solo due erano complete con la punta e incoccate con le penne. Questo arco di legno di tasso è l’esemplare più antico che sia arrivato fino a noi. Lui non era un gigante ed un arco molto più grande lo avrebbe impacciato nei movimenti e nel tiro. Oetzi cosa portava con sé nella faretra
Dall’età del rame
Così poche frecce ed un arco da completare fanno immaginare che la mummia non avrebbe potuto scoccare nessun tiro. Probabilmente questa impossibilità di difendersi è alla base della sua fuga e della sua uccisione, avvenuta nell’età del rame, circa 5300 anni fa, con un colpo di freccia alle spalle. Tutti i materiali e gli accessori rinvenuti sono rimasti nel ghiaccio per millenni, splendidamente conservati. Ogni oggetto è perfettamente riconoscibile e ci parla della vita degli uomini in quell’era così lontana da noi.
Tutto conservato
Conservato e visibile al Museo Archeologico delll’Alto Adige di Bolzano il suo kit di caccia è sorprendente. Il reperto più raro è dato dalla corda che avrebbe teso l’arco, ottenuta con tendini animali intrecciati. Le corde sono tra le parti che si deteriorano più facilmente ed è stata una reale sorpresa rintracciarne una così integra. Gli archi finora conosciuti appartenevano agli egizi e sono datati attorno al 2000 avanti cristo. Quello di Oetzi è di almeno un millennio più antico.
Una corda di grande tensione
La corda di grande resistenza, avrebbe teso l’arco, rendendolo molto potente. I tendini una volta tesi avrebbero raggiunto una dimensione fine, di circa 2 mm. simile agli attuali archi da competizione. Però la corda non era lunga abbastanza per tendere un arco di quelle dimensioni. Troppo lungo e quindi ancora da modellare secondo le esigenze del cacciatore. Probabilmente avrebbe dovuto accorciarlo per renderlo perfetto per le sue dimensioni, ma Oetzi aveva una grossa ferita alla mano destra. Immaginiamo per una rissa scatenata prima di fuggire.
Punte di selce
Le punte delle frecce, solo sbozzate, erano di selce, mentre le piume direzionali erano tre per ogni freccia, erano fissate con del catrame ottenuto bruciando della betulla. Nella sua sacca restavano anche tracce di muschio, usato per curare la ferita alla mano. Nello stomaco hanno trovato resti del cibo dell’ultimo pasto (speck di camoscio ed erbe). Non è possibile conoscere la storia del cacciatore ferito da un colpo di freccia alla spalla, ma possiamo immaginare una vita avventurosa.
Un viaggiatore, uno sciamano
Probabilmente era un uomo che aveva molto viaggiato, perché tra i suoi attrezzi aveva un’ascia di rame, proveniente dalla bassa Toscana. Il suo DNA presenta geni che lo apparentano a popoli che oggi vivono in Sardegna e Corsica. Ma che non sono più presenti in nessun ceppo europeo. La sua tribù si è molto probabilmente estinta. I tatuaggi che coprono il suo corpo, non risolvono i dubbi su quale fosse la sua attività. Forse era una figura di qualche importanza nella sua tribù. Il kit di viaggio comprendeva erbe e muschi, il che fa pensare che conoscesse rudimenti di medicina, poteva essere uno sciamano?
Una vetrina sul passato
Tutti gli elementi che hanno accompagnato lo sfortunato cacciatore in fuga sono una vetrina sul passato. I ricercatori continuano ad indagare per scoprire nuovi dettagli che svelino altri segreti. Il corpo è custodito al museo archeologico di Bolzano in una speciale cella a temperatura costante di -6° per conservarlo intatto ed evitare che venga contaminato. Il suo abbigliamento era perfetto per la montagna, era formato di calzature, leggings, perizoma, una sopravveste e un berretto di pelo d’orso. Le pelli erano di vari animali tra i quali cervo, orso, camoscio e capra. Oltre ad arco, frecce e faretra, portava con sé un’ascia di rame, un pugnale col suo fodero, un attrezzo per lavorare la selce, punteruoli d’osso, una gerla e dei contenitori di legno e corteccia di betulla.
Pollini e licheni
Dalle analisi degli elementi sui suoi abiti e dai contenuti del suo colon si è compreso che aveva dovuto fuggire in alta montagna e rifugiarsi in quella gola. Un luogo aspro dove poteva nascondersi meglio. I pollini sugli abiti appartengono a piante che crescono solo a quote molto più basse, perciò prima di venire intercettato e colpito ha dovuto fare una scalata difficile. Un viaggio compiuto velocemente, per cercare di trovare scampo. Forse proprio quella fretta gli ha impedito di finire il suo arco e dargli l’occasione di difendersi. Oetzi cosa portava con sé nella faretra. muschio ed erbe che fanno pensare ad uno sciamano
Credits: all pics courtesy Museo Archeologico dell’Alto Adige H-Whisthaler

