Un cratere che da 50 anni brucia gas metano senza smettere mai
Se Dante fosse vissuto ai nostri giorni forse avrebbe ambientato proprio lì, a Darvaza, l’ingresso per l’Inferno. Si trova nel deserto Karakum nel Turkmenistan ed è diventato un luogo visitato da turisti (pochissimi quelli ammessi) e specialisti dello spegnimento del fuoco. Il Turkmenistan possiede un enorme giacimento di gas sotterraneo, attualmente la quarta riserva al mondo. Nei giorni in cui i prezzi delle riserve energetiche sono schizzate alle stelle un simile spreco non è gradito. Le Porte dell’Inferno sono in Turkmenistan
Presidente lancia in resta
Il presidente del Turkmenistan ha dato un ultimatum ai suoi tecnici perché riescano a spegnere l’incendio che brucia oramai da 50 anni. Sono stati fatti moltissimi tentativi sinora infruttuosi. Il cratere è stato definito “Le Porte dell’Inferno” ed è impressionante. Ha un diametro di 75 metri. Le fiamme sono visibili da lontano, e danno un aspetto veramente inquietante al luogo.
Preso con calma
Sinora l’incendio era stato preso con relativa calma, ma ora i tempi sono mutati. Quel gas che brucia potrebbe essere incanalato in gasdotti e venduto a tutti i paesi che ne fanno una grande richiesta. L’economia mondiale sta soffrendo di un aumento insopportabile di prezzi, ed ogni risorsa aggiuntiva a cui poter attingere sarebbe benvenuta. Un business che ingolosisce molti.
Soluzioni molto complicate
Sono stati invitati esperti internazionali di spegnimento di incendi su impianti petroliferi o studiosi di catastrofi. Il loro responso è molto dubitativo. Pare che le soluzioni che potrebbero essere adottate non siano sufficientemente sicure. Potrebbero anche risultare vane o peggiorare la situazione. Coprire l’intera superficie del cratere potrebbe non bastare a spegnere in modo definitivo. Il terreno del deserto di Karakum è poroso, il gas può trovare altri percorsi per uscire e basterebbe una scintilla per riaccenderlo.
Brucia dal 1971
il cratere che sembra un enorme braciere dall’alto, è profondo una ventina di metri. Non è certa l’origine, pare che sia stato causato da un errore dei sovietici che fecero sprofondare una piattaforma di perforazione. I tecnici appiccarono il fuoco al metano, convinti che in 48 ore la fuga si sarebbe esaurita, ma sbagliarono i conti. Pare però che il cratere fosse già presente negli anni ‘60 e solo dopo molti anni venne incendiato. Incolpare l’URSS di ogni problema del Turkmenistan pare essere uno degli hobby del presidente dello stato.
Berdymukhamedov
Il presidente è decisamente una figura particolare, molto folkloristica che mescola mistero ed esibizioni di potere. Più un dittatore di stato delle banane che un reale amministratore pubblico. Sono celebri alcune delle sue esternazioni molto “colorate”. Ha una smodata passione per l’oro di cui si circonda, anche in accessori che di prezioso non hanno nulla. Ha una vera venerazione per ciò che è kitsch. Venera il suo cavallo e del suo cane, ha preteso una enorme statua dorata. Ha preteso che l’unica città vicina alle Porte dell’Inferno venisse rasa al suolo, perché faceva tristezza.
Pericolo per i cittadini
Berdymukhamedov giura che chiudere il cratere è importante per la salute dei suoi cittadini. Ma nessuno vive in quell’area. Gli scienziati ritengono che sia un grande spreco di risorse naturali e che trattandosi di metano rilasciato in atmosfera, danneggi l’ecosistema. Il presidente però, non dice che quel giacimento è la maggior fonte di reddito del Turkmenistan. Una miniera d’oro (metano), che potrebbe essere aspirato con tecniche moderne, e che è il reale obiettivo di questi tentativi di spegnimento. Trovare una soluzione per poter commercializzare quel gas e la reale esigenza. Le Porte dell’Inferno sono in Turkmenistan
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