Il suggerimento della Confederazione svizzera di eliminare il caffè dagli alimenti essenziali ha scatenato le proteste dei cittadini.
Molti alimenti e generi di conforto vengono accumulati dal governo svizzero per sostenere le esigenze dei cittadini per almeno tre mesi. É un retaggio dell’esperienza maturata durante la prima guerra mondiale. In caso di conflitti i cittadini svizzeri grazie a queste scorte, potevano mantenere gli standard essenziali di vita per almeno un trimestre. La difficoltà di approvvigionamento rendevano particolarmente attento il governo rosso-crociato che si cautelava contro ogni evenienza. La rivolta del caffè in Svizzera
Il pericolo bellico
Ora il pericolo bellico sembra scongiurato, però la tradizione di accumulare scorte non è mutata. L’elenco dei prodotti considerati indispensabili per la sopravvivenza comprende molte materie prime che vengono regolarmente stoccati. Oltre a carburanti, acqua potabile, medicine, zucchero, farina, olio, riso e mangimi per il bestiame erano compresi anche molte tonnellate di caffè. Tutto bene sinché i governanti svizzeri hanno suggerito che la bevanda più amata non era indispensabile e poteva essere eliminata dalla lista.
Non calorico
Il caffè non è calorico perciò in caso di eventi bellici, epidemie, attacchi nucleari, ecc non è indispensabile per il benessere dei cittadini. Meglio favorire altre forme di sostentamento. Appena la notizia è uscita sui quotidiani s’è scatenata una protesta che ha fatto vacillare tutte le certezze governative. La decurtazione delle scorte che doveva essere decisa mesi fa, è stata rinviata già più volte, il problema sembra più consistente di quanto il governo svizzero auspicava.
8 chili a testa
Gli svizzeri anche se non dominano la classifica dei consumatori di caffè, amano molto l’infuso di moka o arabica. Ne consumano circa 8 chili a testa e non hanno intenzione di ridurre questa quantità. La protesta si è allargata rapidamente sulla rete, con messaggi sempre più insofferenti rispetto alle scelte governative. C’è chi ha parlato di “blasfemia” e di cambiamenti non richiesti che segneranno la fine della Confederazione.
Reservesuisse
L’organizzazione che si occupa di queste riserve si chiama Reservesuisse ed intrattiene rapporti con tutte le aziende fornitrici. Nel caso del caffè sono coinvolte 15 aziende, che ovviamente puntano a mantenere la loro posizione. Tra di loro c’è anche la multinazionale svizzera Nestlè che ovviamente cerca di far valere il proprio peso. Le scorte stanno diventando un problema anche a causa del riscaldamento globale, che rende difficoltoso ricreare le scorte minime.
Rifornimenti fluviali
I rifornimenti avvengono per la maggior parte sfruttando il trasporto fluviale sul Reno. L’anno scorso hanno trovato intoppi per lo scarsità d’acqua. Il livello del Reno era così basso che per diversi mesi non poteva essere navigato dalle chiatte abilitate al trasporto. Ne hanno sofferto alcune delle riserve che non sono state reintegrate immediatamente. Ora si attende per comprendere se la decisione verrà revocata o se le riserve di caffè diventeranno ancor di più uno spazio di scontro. Non ci meraviglieremmo se i cugini d’oltralpe decidessero di fare un ennesimo referendum specifico sul tema. La rivolta del caffè in Svizzera
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