Una vita tragica quella di Hansken, portata in Europa come una sorta di giocattolo e sballottata come un pacco e come attrazione circense.
Gli elefanti nel periodo rinascimentale erano animali quasi sconosciuti in Europa. Bastava la loro presenza per attrarre un pubblico di curiosi. La gente accorreva per vedere l’enorme mammifero fare qualche numero circense. Anche Rembrandt restò affascinato dall’elefantessa e la raffigurò in moltissime pose. Molti i ritratti a carboncino ma la rappresentò anche in una celebre incisione “Adamo ed Eva”. L’attuale mostra ad Amsterdam alla Rembrandt House Museum ha riportato in primo piano la triste storia di Hansken. L’elefantessa di Rembrandt da Ceylon a Firenze
Hansken rapita dalle foreste dello Sri Lanka
L’elefantessa nacque a Ceylon, l’attuale Sri Lanka nel 1630. Il controllo dell’isola passò alla Compagnia Olandese delle Indie Orientali, ed i funzionari locali ricevettero un insolito ordine. Il Principe Federico Enrico d’Olanda richiese un giovane elefante da tenere a corte, come animale di compagnia. All’età di 3 anni l’elefantessa venne catturata, imbarcata e trasportata ad Amsterdam, dove venne ospitata nelle stalle reali. Non conosciamo come sia stata ricevuta e come si sia ambientata la spaesata Hansken, ma presumiamo che non fosse affatto felice.
Venne ceduta
L’elefantessa venne ceduta e cambiò molti proprietari, un probabile segno di cattiva convivenza. Alla fine se l’assicurò un certo Cornelis van Groenevelt per una cifra ingente, circa 20.000 fiorini. Per circa 20 anni il Van Groenevelt cercò di far fruttare il suo investimento viaggiando per tutte le piazze europee sfruttando Hansken come attrazione. Le insegnò alcuni trucchi e numeri e con quelli si guadagnò da vivere. Nelle sue peregrinazioni toccò più volte Amsterdam e fù lì che Rembrandt la vide e la disegnò. L’elefantessa lo interessava molto, infatti dedicò a lei moltissimi schizzi in pose diverse e con tanta attenzione ai particolari.
Uno spettacolo già solo con la presenza
Quasi nessuno aveva incontrato un elefante fino ad allora. Solo alcuni dei più colti ne avevano viste illustrazioni ma non lo avevano visto da vicino e dal vivo. Perciò una tournée, anche solo di presenza, era un evento che richiamava masse. In tutta Europa pare che nel sedicesimo e diciassettesimo secolo fossero presenti solo 3 elefanti. Hansken aveva imparato ad impugnare una spada ed una pistola con la proboscide, numeri che sicuramente fecero la fortuna di Cornelis.
Finale tragico
Ancora giovanissima, Hansken collassò in Piazza della Signoria a Firenze nel 1655. Aveva appena 25 anni, la metà degli anni che di solito vivono gli elefanti asiatici. Venne ritratta nella sua agonia da un artista locale, Stefano della Bella. Nemmeno nel suo tragico momento di trapasso smise di essere un’attrazione per i curiosi. La causa della morte è dovuta ad ascessi nei piedi (uno dei punti più delicati degli elefanti). Le ferite hanno causato un’infezione non curata a dovere, anche perché nessuno in Europa conosceva come curarla.
Resta lo scheletro
Lo scheletro di Hansken è conservato al Museo della Specola dell’Università di Firenze. Per un breve periodo è stato esposto anche agli Uffizi. In occasione della mostra di Amsterdam, il suo cranio è stato prestato al Museo come parte dell’esposizione. La vita, quasi da feuilleton della povera Hansken serve a documentare l’arte di Rembrandt e degli altri artisti che si sono applicati per rappresentarla. L’elefantessa di Rembrandt da Ceylon a Firenze
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