Non tutti ricordano l’impatto di una vaccinazione di massa, e ancora meno ricordano il grande aiuto che diede Elvis Presley
Era quasi in cima alle classifiche di popolarità Elvis quando è stato “assunto” per dimostrare l’importanza della vaccinazione anti-polio. Era il 1956, la malattia stava massacrando i bambini americani, ne colpiva una media di quasi 40.000 ogni anno. La prognosi era orribile, il 20% degli infettati venivano colpiti da paralisi. Serviva un evento choc per convincere i genitori americani della necessità di utilizzare il vaccino messo a punto da Jonas Salk. Elvis era la perfetta “vetrina”, colpiva un target enorme ed era un esempio da emulare per tutti i ragazzi e giovanissimi. Gli adolescenti recepirono il messaggio perché veniva da uno dei loro simboli, il perfetto testimonial. Il giorno che Elvis ci salvò dalla polio
Una posa che valse milioni di dollari
La campagna pubblicitaria per stimolare la popolazione a vaccinarsi e vaccinare i giovanissimi costava milioni di dollari ma non raggiungeva il target desiderato. È bastata una foto di un Elvis sorridente mentre riceveva l’iniezione per far decollare il processo. Tutti i giornali e le riviste pubblicarono quell’immagine, immediatamente i presidi sanitari si trovarono con le file all’uscio. I più giovani finora riluttanti, e possibili vittime, si fecero convincere a lasciarsi sforacchiare il braccio. Il risultato fu impressionante, la polio diminuì in due anni dell’80%.
Giovani contro la polio (TAP)
Non è stata solo quell’immagine a contribuire alla diminuzione. I giovani americani hanno creato una sorta di congrega, quella denominata TAP (Teens Againt Polio) che invitava ad agire in modo coerente. La TAP ha prodotto opuscoli con informazioni utili che usavano slogan accattivanti. Uno sforzo di marketing e fantasia molto efficace. Forse fu la prima presa di coscienza dei giovani americani, che agirono come una tribù riconoscibile. Anche la parte economica divenne importante, il vaccino si componeva di tre iniezioni con un costo pari agli attuali 50 dollari. Per le famiglie numerose era una spesa “importante” e la tendenza era quella di vaccinare solo i bambini e non i ragazzi. Oppure di pagare per una sola iniezione, insufficiente a fermare la polio. Il TAP fece pressione per cercare di ottenere finanziamenti dal servizio sanitario nazionale, per ottenere che tutti potessero avere le iniezioni necessarie.
Morosi messi all’uscio
Anche le ragazze hanno avuto un ruolo importante nelle campagne organizzate dal TAP. Uno dei loro slogan preferiti riguardava la politica “no shots, no dates” (niente iniezioni, niente appuntamenti). Le giovani si rifiutavano di incontrare i corteggiatori non vaccinati, e li mettevano alla porta. Idem per le feste da ballo private, riservate solamente a coloro che potevano dimostrare di essere vaccinati. Gli aspiranti danzatori venivano bloccati all’ingresso, limitazioni insopportabili per i maschietti americani degli anni ’50. Il freno agli amoreggiamenti, è sicuramente stato un fattore importante per ridurre l’impatto della malattia.
Il buon esempio
Sarebbe bello se anche oggi ci fosse un Elvis a promuovere il vaccino anti Covid-19. Un simbolo tanto forte e universale che possa convincere anche i riottosi No-Vax a deporre le armi. Potete divertirvi ad immaginare chi potrebbe avere il phisique du role per dare il buon esempio. Intanto negli USA l’osteggiatissimo, da Trump, immunologo Anthony Fauci ha offerto il proprio braccio per essere vaccinato. La Regina Elisabetta II d’Inghilterra sarà vaccinata appena possibile. Forse in Italia potrebbe essere il Presidente della Repubblica Mattarella a svolgere il ruolo di Elvis Presley. Il giorno che Elvis ci salvò dalla polio
Credits: PxHere e Department-of-Health-Collection-NYC-Municipal-Archives

