Arriverà un decennio di follie come negli anni ’20 del secolo scorso dopo la fine della Spagnola?
Sta succedendo da qualche tempo che vengano fatte similitudini tra l’Influenza Spagnola di un secolo fa e l’attuale pandemia da Covid-19. Cent’anni fa due eventi molto diversi si fusero tra loro: la fine della Prima guerra Mondiale e la remissione dell’influenza. In realtà la Spagnola scoppiata nella primavera del 1918 aveva mietuto molte più vittime della guerra. Negli USA le vittime erano state quasi 700.000 tra i civili e 53.000 tra i soldati. Molti di loro, in realtà, morti per le complicazioni dovute alla polmonite. Era la morte viola, perché i cadaveri assumevano una colorazione melanzana dovuta all’assenza di ossigeno nei polmoni. Ma tutta l’attenzione venne rivolta alla fine dell’evento bellico. Il Covid innescherà una stagione di anni ruggenti?
Arrivarono gli anni ruggenti
Al termine dei due eventi, impazzarono i “roaring 20’s” (ruggenti anni ’20). Una stagione di baldorie eccessive in cui le differenze di classe e razziali si fecero ancora più profonde. Un decennio esuberante di facili costumi, in cui le donne pretesero un’indipendenza sociale, morale e sessuale. La ricchezza era molto esposta, le classi più ricche si arricchirono ulteriormente e scavarono un solco invalicabile per gli altri ceti. F. Scott Fitzgerald l’autore del Grande Gatsby, fotografò il periodo, con una definizione fulminante, gli anni ’20 furono “l’orgia più costosa della storia“.
Una classe di vincenti
Provenivano da una pandemia mostruosa e una guerra sanguinosa, ma la pandemia venne rimossa perché si preferì dare risalto alla vittoria in guerra. Essere vincenti divenne uno dei simboli della classe dominante. Gli anni ’20 vennero connotati come un periodo selvaggio in cui tutti prendevano tutto quello che era possibile avere. In realtà ciò rappresentava solo una classe di americani, mentre gli altri erano esclusi. Erano i bianchi ad avere il controllo di tutto, ai neri erano relegati ruoli di contorno e rincalzo. Mutarono talmente le condizioni, che anche l’etica religiosa protestante, basata su lavoro e low profile, venne rinchiusa nei cassetti. Fu l’inizio del consumismo, dell’auto per tutti, dello sport e del tempo libero. Il mito del self-made-man venne eretto ad esempio da imitare, non importa come e a scapito di chi. Il desiderio di emergere ed arricchirsi divenne proprio in quegli anni il nuovo modo d’intendere la cultura americana.
Una nuova femminilità
La femminilità assunse nuove tinte. Donne libere di scegliere, uscire, avere vita sociale e sessuale indipendente. Ottennero il diritto di voto (solo le bianche) ed il divorzio. Potevano truccarsi senza destare sospetto o ricevere cattiva reputazione. I loro abiti si erano accorciati fino alla coscia e potevano fumare come gli uomini. Iniziò un periodo di glamour sovraesposto. C’erano ovviamente stati altri casi di donne libere o liberate anche negli anni precedenti, ma negli anni ’20 tutto questo divenne “normale”. D’altro canto si ergeva il muro delle perbeniste che si battevano per un ritorno ai costumi vittoriani e l’eliminazione dell’alcool. Crearono la situazione perfetta per far aumentare i luoghi clandestini, dove bere e riunirsi. Fiorirono migliaia di locali clandestini, spesso gestiti dalla malavita.
Il proibizionismo
Il proibizionismo è l’elemento più appariscente di quel periodo. I consumatori di alcool, uscirono dai saloon e si rintanarono nei club, nelle case, nelle cantine. C’era anche una battaglia politica a spingere il proibizionismo. I saloon erano frequentati dagli operai e dagli immigrati che potevano confrontarsi e ragionare di diritti. Il “fascino” del bere di nascosto in realtà nascondeva razzismo, xenofobia e timore di rivincite sociali. Anche se il consumo di alcool segnò un poco il passo, in realtà rinvigorì alcune frange di adepti del white power. Nelle zone rurali il Ku Klux Klan aumentò la sua attività di prevaricazione, la polizia intervenne ma solo per dare loro manforte. È proprio da quegli anni che s’instaura una sorta di regno del terrore tra forza pubblica immigrati e uomini di colore. Le conseguenze le vediamo ancora oggi.
Una ricorrenza ciclica
Qualcuno sostiene che la Spagnola come il Covid rappresentino una ricorrenza ciclica. Un disastro sanitario a cui segue un periodo di formidabile euforia. Un secolo fa gli americani si misero le maschere, chiusero locali pubblici e scuole e si ammalarono gravemente. Quando finalmente tutto cessò, mutò anche il modo di pensare, il rispetto per la religione e i timori scomparvero. Tutti si sentivano baciati dalla sorte, solo per essere scampati. L’enorme folla al Khumb Mela indiano, appena concluso, con i relativi disastrosi strascichi, potrebbe essere letto in quel senso.
Si ripeterà?
Ora c’è chi sostiene che quando questa crisi passerà, avremo le stesse condizioni per un periodo di festa, di tentazioni, di apertura sessuale, di promiscuità diffusa. Maggiore attenzione all’arte, all’effimero, e un enorme bisogno di socialità. Sarà complicato trattenere l’impulso ad uscire, incontrare, essere presenti ovunque. Sembra fantascienza, ma c’è un aspetto che non dovremmo trascurare, lo stesso effetto “liberatorio” si è avuto alla fine di altre grandi pestilenze. Solo aspettando potremo vedere come evolverà. Il Covid innescherà una stagione di anni ruggenti?
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