Ma non si deve a loro la diffusione della bionda bevanda, i primi europei a sorbirla furono i portoghesi
Le croccanti foglioline secche erano note in tutta l’Asia da millenni, ritenute da sempre una prelibatezza e una sorta di elisir di lunga vita. Solo verso il 1500 i commercianti portoghesi hanno iniziato ad importarlo ma è rimasto confinato nelle stanze di pochi “illuminati” lusitani. Non ha avuto modo di diffondersi, per la mancanza un buon marketing. Ad importarlo e distribuirlo in tutta Europa ci hanno pensato gli olandesi. Da abili commercianti hanno fiutato l’affare e ne hanno fatto un must. Gli inglesi hanno creato il mito del tè
Così british
Siamo talmente abituati ad associarlo all’Inghilterra che sembra strano che non siano stati loro a scoprirlo. A dire il vero lo hanno scoperto solo verso il 1650, quando gli olandesi hanno deciso che valeva la pena farci sopra un bel ricarico. Il mito del tè come bevanda salutare e che poteva schiarire le menti, fece breccia. Il consumo del tè divenne una pratica a la page. Per dargli un’ulteriore spinta è stato però necessario un matrimonio importante, quello tra Carlo II e la principessa portoghese Caterina di Braganza. Lei era già appassionata dell’infuso e la corte si diede da fare per rendere la bevanda “indispensabile” a corte, e fornirla di un rituale iconico.
Un’esplosione di richieste
Niente come la voglia di emulare la famiglia reale per far funzionare un business. L’olandese Compagnia delle Indie Orientali, ha annusato che qualcosa stava cambiando ed oltre alle spezie ha cominciato ad importare tè per i britannici, e a cascata per tutti gli europei. La Compagnia delle Indie orientali non è mai andata per il sottile, ha sviluppato monopoli su ogni genere di merce disponibile. Ha stroncato con navi corsare la concorrenza per mantenere i suoi prezzi sempre molto alti. Ha sfruttato i conflitti tra le popolazioni asiatiche, fomentando quelli che tornavano a suo profitto. Sono molte le vittime di quelle guerre commerciali. Anche l’oppio era parte integrante dei loro commerci.
Zucchero un vero freno
Il tè però è amaro, per farlo diventare interessante serviva un cucchiaio di zucchero. Un ingrediente dannatamente raro e costoso, alla portata solo delle classi più agiate, che ne facevano sfoggio, come se avessero cosparso il loro cibo di foglie d’oro. Con lo zucchero così poco disponibile sul mercato, il tè è rimasto un genere di lusso per centocinquant’anni. Solo alla fine del ‘700 anche il popolo ha potuto permettersi il lusso del tè. Lo zucchero era sceso di prezzo e anche le foglioline erano a disposizione di una porzione molto più ampia di popolazione. La fama di essere una bevanda generosa e salutare fece il resto, chi ne aveva la possibilità cominciò a consumarlo con soddisfazione, e come segno di elevazione di rango.
Un’ indipendenza dalle tasse
Tutti sappiamo come sia nata la rivolta che ha dato vita all’indipendenza americana. Quelle balle di tè buttate in mare, per l’enormità delle gabelle applicate dai britannici. La corona inglese ha goduto per un lungo periodo del beneficio delle alte imposte sul tè. Ma le vendite non ne avevano mai risentito fino a quell’episodio americano. Però nulla come un’impresa lucrosa attira le attenzioni dei disonesti. Una flotta di navi è riuscita a portare tè di contrabbando, esente da tasse, ed ovviamente il mercato libero ha fatto crollare le compagnie monopoliste. Le tasse vennero ridotte dal 120% al 12,5%, e i dazi furono sconfitti miseramente.
Tè ovunque e comunque?
Potrebbe sembrare, nel nostro immaginario ogni inglese ne consuma 100 tazze al giorno. Ma la realtà è che anche in Inghilterra si consuma molto meno infuso dorato. I paesi che ne consumano di più sono tutti in Asia: Cina, India e Pakistan. Le stime dicono che in pochi mesi il sostanziale pareggio tra tè e caffè subirà uno scossone, a favore del caffè. Che fine faranno le belle teiere in argento, i servizi di porcellana, le zuccheriere e le lattiere che hanno fatto la fortuna di tutti i vasai e ceramisti d’oltre Manica? Sarà uno stravolgimento epocale o un lento affievolirsi della passione per tazzine e piattini? I gialli british alla Agatha Christie, sicuramente perderanno una delle loro battute più frequenti: “Gradisce una tazza di tè?” Ma ce ne faremo una ragione. Gli inglesi hanno creato il mito del tè
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