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Diritti – Troppi uomini ovunque

Troppi uomini ovunque

Diritti Impari: Il non senso della porta chiusa

Ancor oggi assistiamo alla negazione di diritti pari tra uomini e donne. Ma cosa sono i diritti aldilà della definizione tecnica? I diritti sono un insieme di principi codificati. Hanno lo scopo di fornire ai membri di una comunità regole oggettive di comportamento, su cui fondare una ordinata convivenza. I diritti sono una porta aperta che  ti concede di accedere a un’area, ad una zona. In cui ti puoi curare, istruire, lavorare, avere una casa, realizzare te stesso. Ma questa porta per le donne è spesso solo socchiusa, quando non è sbarrata del tutto.

Una società misogina

Sarebbe utile che alle bambine venissi detto:” Guarda che tu sei donna e vivi in una società che è misogina. Quindi dovrai impegnarti molto, più dei maschi per fare carriera, per essere pagata come gli uomini a parità di lavoro. Per ottenere fiducia presso gli istituti di credito, per trovare uno spazio in politica, ad esempio.” “Ma perché? Non ha senso !”

Il non senso della porta chiusa, sta tutto nella storia.

Per millenni le donne non potevano accedere all’istruzione, non potevano disporre del proprio patrimonio, non potevano votare. Solo recentemente,  nel 1874 le donne sono state ammesse all’Università e al Liceo. Nel 1945 con il decreto luogotenenziale n. 23, le donne acquisiscono il diritto di voto attivo e passivo. Nel 1950, viene sancita la parità fra lavoratrici e lavoratori, solo nel 1956 le donne sono ammesse alla carriera diplomatica, solo nel 1963 in Magistratura. Nel 1968 viene abrogato dal codice penale il reato d’adulterio per la moglie. Solo nel 1981 viene abrogata la rilevanza penale della causa d’onore nei casi d’omicidio della donna infedele e il matrimonio riparatore. Estingueva il reato di stupro (roba da Medioevo, si poteva uccidere la moglie o stuprare una donna senza alcuna conseguenza penale !).

Eppure il diritto di voto non era negato dalla legge

Considerate, inoltre, che il diritto di voto non era negato dalla legge, dallo statuto Albertino. Ma per negarlo si disse che il diritto di voto non era un diritto politico, era un’esclusione implicita, basata su un assurdo giuridico! Insomma, per troppo tempo le donne sono state considerate inferiori agli uomini. Oggi nessuno si fida a sostenere tesi così spericolate, ma di fatto le donne sono discriminate. Pur essendo più istruite con performance scolastiche più lusinghiere dei colleghi, ma questo è inversamente proporzionale alle carriere maschili sul lavoro e in politica.

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Le donne al Parlamento

Mi viene in mente la commedia di Aristofane 391 a.C. ”Le donne al Parlamento”, che relativamente al discredito della politica non si discosta dai giorni nostri. (Il termine sarebbe stato più corretto con Assemblea dei cittadini, da cui le donne erano escluse) Ekklesiazousai. Di fronte al perpetrarsi di scandali, furbizie ed alla ricerca di ogni sorta di novità, le donne di Atene, ordiscono un piano per impossessarsi del potere. Capeggiate in segreto da Prassagora, moglie di un influente cittadino ateniese, puntano a risolvere tutti i problemi della vecchia città greca. Introducendosi nel parlamento mascherate da uomini, con mantelli e barbe finte, fanno sì che Prassagora possa parlare ai cittadini. Travestita anch’essa da oratore ateniese, allo scopo di far votare a maggioranza una proposta di legge che permetta alle donne di assumere il pieno controllo della cittàSostituendosi completamente agli uomini in ogni sorta di attività.

Il piano di Prassagora per prendere il potere

Il piano riesce, e Prassagora assurge al ruolo di Comandante della città. In base ad un criterio rigorosamente democratico, vengono emanati gli editti che cambieranno radicalmente la vita di tutti i cittadini ateniesi. Ogni proprietà verrà messa in comune a disposizione della comunità: case, vestiti, cibo, terra, ricchezze. Alcuni cittadini all’inizio opporranno qualche resistenza, soprattutto in merito alla cessione dei propri beni personali alla Comunità. La situazione però si complica, poiché Prassagora, vuole mettere in comune anche le donne e gli uomini più belli di Atene. Ponendo fine alle discriminazioni antidemocratiche tra belli e brutti, giovani e vecchi. Posto che i Greci escludevano le donne dal potere, c’è però in questa commedia di Aristofane l’idea del “gruppo escluso”. (altri vedono i principi del comunismo e del femminismo).

Escluse dal potere economico e finanziario

E cioè, le donne sono un gruppo sociale o meglio quella gran parte della società che di fatto è esclusa dalla gestione del potere economico e finanziario. Come avviene in ogni società, e mi riferisco alle aziende in senso ampio, quando investono sulla diversity. Ovvero inseriscono nei cda o nel management giovani, donne, appartenenti ad etnie diverse. O inseriscono persone che rappresentano il cosiddetto “pensiero laterale” e registrano performance migliori. (Il pensiero laterale prevede un approccio particolare, ovvero l’osservazione del problema da diverse angolazioni. Contrapposta alla tradizionale modalità che prevede la concentrazione su una soluzione diretta al problema. Per intenderci, una soluzione che prevede il ricorso alla logica sequenziale. Che risolve il problema partendo dalle considerazioni che sembrano più ovvie. Il pensiero laterale se ne discosta e cerca punti di vista alternativi per cercare la soluzione).

Governo in mano agli uomini

Quindi, fino ad oggi il governo del mondo, possiamo a buon diritto esprimerci così, è stato ed è in mano agli uomini. Ciò che hanno fatto è evidente, e con un minimo di ironia, si può affermare che ci sono ampi margini di miglioramento. Sarebbe utile ed interessante che lasciassero provare al “gruppo escluso” di svolgere la propria parte! L’ONU ha definito il gap salariale esistente tra uomini e donne, come il più grande furto della storia. Frase pronunciata dalla consigliera dell’Onu per le donne Anuradha Seth. Sempre secondo il Rapporto dell’ONU, in assenza di azioni forti, ci vorranno oltre 70 anni per colmarlo.

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Tanti fattori contribuiscono alla discriminazione

Tanti i fattori. Dalla minore partecipazione al mercato del lavoro: alla mancata retribuzione per il lavoro domestico, dalla discriminazione, alla sottovalutazione del lavoro delle donne. Il gap salariale si acuisce con l’età e in presenza di figli. Secondo le stime, ad ogni nascita le donne perdono in media il 4% del loro stipendio rispetto a un uomo, i padri invece vedono il loro reddito crescere del 6%. L’economia è nelle mani degli uomini, a capo delle grandi o piccole banche ci sono uomini. Tranne eccezioni come la Presidente del Fondo monetario Christine Lagarde o Janet Yellen governatrice della Federal Reserve, che attuano una politica in linea con i predecessori.

Il divario di genere si allarga

Il divario di genere si allarga così, secondo il Wef, oltre il 30%. Una situazione inaccettabile. Dal 2006 l’Italia ha dovuto recepire, tramite il decreto legislativo 198, una direttiva europea su pari opportunità e pari trattamento in materia di occupazione. L’ennesima norma rimasta lettera morta nel Paese reale. Per fare un semplice paragone, l’Islanda è il primo Paese, non solo ad aver recepito la legge, ma anche ad averla attuata. Ora in Islanda è annullato il gender gap salariale ( La legge impone a istituzioni pubbliche e private,  con piú di 25 dipendenti, di assicurare pari retribuzione alle donne a pari qualifica con gli uomini. Pena una sanzione.)

Il divario di genere rallenta il Prodotto Interno Lordo

Quello che è certo è che il divario di genere è anche fonte di un freno al Prodotto interno lordo. E il discorso vale per l’Italia come per il resto d’Europa e del mondo. Anche dalla riduzione di quel divario passa la crescita economica di un Paese. Già tre anni fa, uno studio di Goldman Sachs calcolava che riuscire a colmare il gender gap avrebbe comportato un aumento medio del Pil pari al 13%. Negli Stati, in particolare nordeuropei, dove la strada verso la parità è già ben avviata, la crescita prevedibile sarebbe più ridotta. Ma per gli Stati, come l’Italia, dove più ampio è il divario uomo/donna nel mondo del lavoro, l’incremento potrebbe arrivare al 22%.

Anche la Politica è in mano agli uomini

Se l’economia è nelle mani degli uomini, la POLITICA non è da meno. E’ sufficiente uno sguardo ai dati delle donne in politica a livello internazionale per averne la conferma. Ci sono 196 stati sovrani riconosciuti e solo 15 hanno donne o capo di governo o Presidenti. La presenza delle donne nelle Assemblee Elettive è insufficiente a far registrare un sensibile cambio di passo delle politiche messe in campo. Anche perché nei posti chiave c’è sempre un uomo, ma soprattutto perché nel nostro Paese, la Politica rimane dominata da logiche maschili. Esiste “uno squilibrio (…) nella presenza dei due sessi nelle assemblee rappresentative, a sfavore delle donne. Squilibrio riconducibile sia al permanere degli effetti storici del periodo nel quale alle donne erano negati o limitati i diritti politici. Sia al permanere, tuttora, di ben noti ostacoli di ordine economico, sociale e di costume. Suscettibili di impedire una effettiva partecipazione all’organizzazione politica del Paese.(sentenza della Corte Costituzionale n. 49 del 2003)

Pochissime donne Ministro

Le parlamentari, in Italia, sono il 35% del totale, un record storico raggiunto con la legislatura corrente, ma solo con una percentuale del 28% di donne Ministro. Questo numero vale al nostro paese un posto poco sopra la metà della classifica – 11esima posizione su 28 – nel confronto con gli altri stati membri dell’Unione europea. Da notare, però, che le posizioni successive della classifica si distaccano per un soffio dal risultato italiano (in Regno Unito e Lussemburgo la quota di donne in parlamento è rispettivamente del 29 e 28%). Il primo posto spetta alla camera svedese (44%), mentre all’ultimo troviamo l’Ungheria, con solo una parlamentare donna su 10. Tra i grandi paesi, fanno meglio di noi la Spagna (43%) e la Germania (36%) e peggio il Regno Unito (29%), la Polonia (27%) e la Francia (26%).

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Siamo una società MERITOCRATICA ?

Davvero vale il merito? In politica assolutamente no e nemmeno negli altri settori. A tal proposito è interessante l’analisi del filosofo canadese Alain Deneault contenuta nel libro “La Mediocratie” “La Mediocrazia”. Con una silenziosa “rivoluzione anestetizzante” i mediocri sono riusciti a imporsi e a dettare “le regole del gioco“. Essere mediocri, spiega Deneault, non vuol dire essere incompetenti. Anzi, è vero il contrario. Il sistema incoraggia l’ascesa di individui mediamente competenti, a discapito dei super-competenti e degli incompetenti. Questi ultimi per ovvi motivi (sono inefficienti), i primi perché rischiano di mettere in discussione il sistema e le sue convenzioni. Ma comunque, il mediocre deve essere un esperto. Deve avere una competenza utile ma che non metta in discussione i fondamenti ideologici del sistema. Deve “Giocare il gioco”, che significa accettare i comportamenti informali, sottomettersi a regole non dichiarate è saper chiudere gli occhi. Lo spirito critico deve essere limitato e ristretto all’interno di specifici confini, perché se così non fosse potrebbe rappresentare un pericolo.

La morte stessa della Politica

All’origine della mediocrità c’è – secondo Deneault – la morte stessa della politica, sostituita dalla “governance”. L’azione politica è ridotta alla gestione, a ciò che nei manuali di management viene chiamato “problem solving”. Cioè alla ricerca di una soluzione immediata a un problema immediato. Cosa che esclude alla base qualsiasi riflessione di lungo termine fondata su principi e su una visione politica discussa e condivisa pubblicamente. Si ha così il declassamento dei DIRITTI in BISOGNI che possono trovare risposte dal MERCATO e non dallo STATO.

La “MEDIOCRAZIA” trova la sua declinazione nel Conformismo.

Dopo gli anni della contestazione del ’68” siamo dunque giunti alla convinzione che serve un Riformismo di facciata e che è meglio non sconvolgere l’ordine costituito.  «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». (Tancredi – Il Gattopardo) In politica la mediocrazia è una regola non scritta ma decisamente effettiva. “Giocare il gioco” in politica significa, ad esempio, non citare un determinato nome, essere generici su aspetti specifici. Assumere comportamenti che segnano un rapporto di lealtà verso qualcuno, o verso una rete, o verso una specifica cordata, o  disconoscere i meriti degli avversari.Eppure valorizzare il merito tornerebbe a vantaggio dei migliori e delle migliori idee. Su un campo neutro le donne avrebbero le stesse chances degli uomini, ma quando il campo è “drogato” vincono i più tattici e i mediocri.

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Ci vuole coraggio

Rompere gli schemi e andare contro corrente, impone di avere coraggio e non vale affermare che “il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare’. Noi dobbiamo avere il coraggio di cambiare.Per concludere: – l’economia trarrebbe grande miglioramento da un tasso di occupazione femminile pari a quello maschile. – la Politica potrebbe solo migliorare con un riequilibrio della Rappresentanza a tutti i livelli. – il sistema bancario, con un ingresso consistente delle donne nei cda, smetterebbe di praticare la disastrosa “Finanza di Relazione”. Quella che concede prestiti non in base alla bontà dei progetti di investimento, ma in base alle amicizie e alle “buone relazioni”.

Bisogna esserci con tante idee

BISOGNA DUNQUE ESSERCI, MA PER ESSERCI BISOGNA AVERE IDEE, CAPACITÀ DI FARE SQUADRA, BISOGNA CONOSCERE IL MONDO CHE SI VUOLE CONQUISTARE, BISOGNA ESSERE INFORMATE E PARTECIPARE.

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Margherita Cogo

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Diritti - Troppi uomini ovunque per poter aspirare ad una parità di genere che colmi il gap salariale e ridistribuisca il potere economico e politico
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