Un documentario lo svela, facendo parlare i censori
Esce in questi giorni il documentario “Quello che i social non dicono“, sul ruolo dei censori che dovrebbero controllare i contenuti scabrosi o pericolosi. Un viaggio alla scoperta di cosa c’è dietro facebook ed i social media. Arriva in un momento terribile dopo la strage neozelandese di Christchurch. Documentata con 17 minuti di immagini terribili. Laura Ricciuti ha visto in anteprima il film/documentario e ci ha fornito il materiale per scrivere l’articolo.
Un video che farà da spartiacque
“Non è lo strumento in se da criminalizzare, ma l’uso che se ne fa“. I social media sposano questa teoria per auto-assolversi. Presa di posizione troppo facile, per chi svolge il ruolo di editore della piattaforma. La responsabilità va equamente condivisa tra autore ed editore. E’ proprio qui che intervengono i censori, coloro che dovrebbero filtrare i contenuti, ma che hanno strumenti limitati per farlo.
Le interviste ai censori
Lasciano sgomenti le interviste ai censori che spiegano come non abbiano che pochissimi secondi per selezionare in modo positivo o negativo. Il flusso di post e video è imponente. I social media vivono d’immediatezza, di commenti feroci scagliati senza meditare sugli eventuali danni arrecati, anche a se stessi. Un profluvio di post senza alcuna base d’appoggio, dove le fonti sono orecchiati dal vicino di casa e mai controllate. Se è solo la velocità il valore aggiunto dei social, è un valore davvero sminuente senza un minimo di controllo.
Pensa, scrivi, cancella
C’era un tempo in cui prima di profferire verbo, si raccomandava di pensare 10 volte prima di aprire bocca e poi, nel dubbio, tacere. Ora si effettua il contrario, prima si parla (si scriva o si commenta), e solo in un secondo tempo si valuta cosa s’è scritto. Scatenando polemiche furibonde dove la minaccia di morte è solo uno step della querelle. Eco aveva definito bene il problema dei cretini sempre a bocca aperta.
The Cleaners I ripulitori
Proprio di questo parla The Cleaners, lasciando intuire le morbosità e le cose indegne che questi poveracci devono vedere ogni giorno. Filmati che documentano, morti ammazzati, suicidi, pornografia nelle sue peggiori aberrazioni come la pedofilia. Sono post sconvolgenti che i ripulitori devono guardare, e non esiste uno sguardo asettico, ne verranno in ogni caso coinvolti. Alcuni di loro riportano traumi che non potranno più essere risolti, perché loro sono il filtro della feccia. Suprematisti che inneggiano alla pulizia etnica o mozzatori di teste dell’Isis, violentatori di bambini ognuno col suo carico di brutalità e malvagità.
Fino a 25.000 al giorno
I Cleaners devono sorbirsi fino a 25.000 post al giorno perché la rete non può rallentare la sua fame bulimica di cose tremende o sommamente stupide. Al limite dello sfruttamento umano e al confine con lo schiavismo combattono la loro battaglia quotidiana contro lo schifo. Sono degli eroi del disgusto, ma sono eroi che non hanno gli strumenti per svolgere questo lavoro. Sono inadeguati, non possono prendere decisioni univoche, ragionano con quelli che sono i loro principi, educazione, credo religioso. Non possono essere neutrali.
La rete come non l’avremmo voluta.
Quasi 30 anni fa favoleggiavamo di una rete libera, fruibile da tutti, il luogo dove condividere tutto il sapere. Ci sbagliavamo, internet è diventata preda di pochi che influenzano molti. Un bacino di utenti da convincere per fabbricare il “consenso di massa“. Ne abbiamo segnali evidentissimi con gli influenzatori russi entrati a piedi uniti nella politica degli Stati Uniti e chissà quali paesi. Oppure la “Bestia” di Salvini governata da Bot e fabbriche di click, sempre alla ricerca di consenso immediato.
Il libero pensiero possiamo scordarcelo
La rete da strumento di libertà è diventata strumento di oppressione dove il libero pensiero viene manipolato. Visibilità ad ogni costo, apparenza e irrealtà da opporre ai problemi quotidiani, sono l’obiettivo dei manipolatori. Uno scenario finto, di cartapesta, regolato da Bot, dov’è il denaro e non l’essere, a fornire l’unico motore.
L’etica dov’è finita?
Dov’è finita l’etica in tutto questo? E’ ben presente in tutti coloro che non usano mezzucci, bot e acchiappa-like nel fare il loro lavoro. Informazione seria, corretta, rispettosa dei lettori con fonti certe. Purtroppo non tutti seguono questi semplici principi e l’etica passa un brutto momento sulla rete. L’hanno mandata a braccetto con la democrazia, ricoverate nello stesso ospedale, in una emergency room dalla quale difficilmente riemergeranno intatte.

