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Ci stiamo rimbambendo?

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In quarant’anni i test che misurano il Q.I. (Quoziente Intellettivo) mostrano un calo rilevante.

L’impoverimento del linguaggio, la riduzione drastica dei vocabolari, la difficoltà di comprensione sono segni evidenti di un calo culturale. La misurazione del Q.I. mostra un chiaro segno di rimbambimento. Questo accade soprattutto nei paesi più sviluppati. Contrasta visibilmente col numero di strumenti che sono a disposizione della popolazione. La conseguenza più immediata è che le masse che non riescono a raggiungere livelli cognitivi superiori sono manipolabili. Alcuni politici utilizzano questo impoverimento per il proprio tornaconto. Ci stiamo rimbambendo?

Dopo gli anni 60

Fino agli anni 60 del secolo scorso, col mutare delle condizioni post belliche, il Q.I. era in costante salita. Ma da oltre 40 anni si è passati da una stasi ad un vistoso arretramento. Le cause possono essere molteplici, sul banco degli imputati l’impoverimento del linguaggio. Troppe le parole che vengono dimenticate o restano inutilizzate. Anche i tempi verbali ridotti quasi solo al presente, limitano la formulazione di pensieri complessi. La scomparsa di coniugazioni in tempi che non siano il presente o il futuro semplice limita il modo di esprimersi. Una realtà costruita solo nel momento attuale, impedisce di comprendere appieno gli eventi storici. Un popolo che rinuncia alla propria memoria storica ed ai suoi esempi è malleabile e non riconosce i propri errori, evitando di ripeterli.

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Le sottigliezze sprecate

Un linguaggio povero fa perdere le mille sottigliezze che formano un pensiero completo. Anche la scomparsa della punteggiatura con tutte le sue variegate sfumature, appiattisce i pensieri. L’utilizzo di frasi concise, abbreviate, legate all’uso degli smartphones, rende veloce la comunicazione, ma la rende monocorde. Le emozioni vengono sviluppate sono nelle parti apicali, viene esacerbata una comunicazione che è tutto attacco. L’assenza delle sfumature toglie anche la capacità di comprendere il lato umoristico e dimostra un livello minore di capacità interpretative. Ogni parola in più offre esempi su cui strutturare un pensiero, ogni parola in meno lo destruttura.

Discorsi violenti

Meno parole non portano ad un pensiero più chiaro, ma ad un pensiero impoverito, un pensiero fatto di bianchi e neri. La violenza di alcuni discorsi è legata all’incapacità di esibire le proprie emozioni. Sempre più spesso portate a limiti della rissa verbale. Se prendiamo ad esempio le conversazioni o i commenti ai post pubblicati in rete, si avverte un rischio che tutto scada in litigi insensati. Al punto che si ricorre sempre più spesso all’uso di iconcine per segnalare che si tratta di commenti umoristici ed evitare commenti sgradevoli.

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Pensiero critico

La storia è purtroppo ricca di esempi di limitazioni del linguaggio. Costruite in modi cruenti con i roghi delle biblioteche o della messa all’indice di ciò che è sgradito ai potenti di turno. La costruzione di un pensiero unico, che possa essere incanalato, è molto utile a chi ha necessità di imporre la propria volontà. La riduzione del lessico, facilita il compito di chi vuole dare valore solo a certi messaggi, riducendoli a slogan semplificati. La capacità di smontare questi slogan si lega alla profondità del linguaggio, al numero di parole che formano il nostro pensiero. La libertà passa per poter esprimere il proprio volere, con tutte le sfumature necessarie, ad articolare un pensiero che ci rappresenti. Ci stiamo rimbambendo?

Credits: PxHere

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Ci stiamo rimbambendo? il linguaggio impoverito, la scomparsa di molte parole e di tempi verbali sono alla base della difficoltà di formulare pensieri complessi
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