Abitare, Enogastronomia, Viaggi

Quando 3 stelle Michelin non bastano

Chiude uno dei più rinomati e inventivi ristoranti al mondo il “noma” di Copenaghen

Costi alle stelle

Il “noma” rigorosamente tutto minuscolo, chiude perché i costi sono andati alle stelle e non è possibile fare ristorazione a quel livello.  Non chiude immediatamente ma lo farà alla fine del 2024. Un segnale molto forte, per tutti i ristoratori che si affannano per ricevere le importantissime stelle della guida francese.  L’idea non è però di scomparire ma di reinventarsi. Il nuovo corso prevede di trasformare il locale in un laboratorio alimentare. Quando 3 stelle Michelin non bastano

Leggi tutto

Innovare non spaventa

I soci fondatori del celebre locale, hanno saputo stupire grazie al rinnovamento della loro cucina. L’innovazione è stata per loro una scuola di pensiero. Una cucina relativamente povera, quella tradizionale danese. A causa della poca reperibilità di ingredienti, nelle loro mani ha saputo rifiorire e diventare davvero unica.  Il laboratorio alimentare come lo hanno definito i proprietari su Instagram sarà una cucina di prova. Sarà all’insegna della ricerca di una vera avanguardia alimentare, che ha fatto la fortuna del loro ristorante.

Nuovi sapori

Obiettivo raggiungere nuovi limiti esplorando nuovi sapori. La clientela sarà invitata a degustare novità e a mantenere intatta tutta la curiosità dei pionieri. Il progetto “noma” è nato 20 anni fa, nel 2003 nel centro di Copenaghen, e già nel nome ha dichiarato la sua identità. La crasi tra i due etimi danesi “nordisk” e “mad”, nordico e cibo, rimanda alla purezza e alla semplicità della cucina locale. Le variazioni sul tema hanno però dato una svolta importante, e la loro cucina è diventata un simbolo di come innovare senza troppe sovrastrutture.

Quando 3 stelle Michelin non bastano

Riaperto in un altro quartiere

Il locale ha avuto un grande successo, tanto che è stato necessario traslocare in un’altra zona della città, modificando struttura e posti nel 2018. La fama si è estesa ed hanno iniziato ad arrivare premi e riconoscimenti. Stabilmente ospitato nella classifica dei “The World’s 50 Best Restaurants“ l’ha dominata per tre annate dal 2010 al 2012 e si è riconfermato nel 2021. Nel 2020 a causa della pandemia ha dovuto chiudere per oltre 6 mesi ed ha mutato il menù per venire incontro alle nuove esigenze. La trasformazione in wine bar aveva fatto temere il peggio. Ma poi la crisi è rientrata ed hanno riaperto.

Cucina atipica

Così potremmo definirla grazie alle invenzioni dello chef Rene Redzepi, una cucina nordica atipica. Alcuni piatti hanno stupito gli avventori per originalità. Tra loro spiccano ragù di renna, pigne commestibili, e calendula croccante con salsa al tuorlo d’uovo al whisky. Un menù in grado di stupire anche i clienti più scafati. Il percorso però è tutt’altro che terminato, l’esplorazione di nuove idee, prodotti e ricette prosegue con ancora maggiore attenzione.

Nel futuro pop-up restaurant

L’esperienza di “noma” continuerà in modo diverso. Il ristorante non esisterà più, ma i clienti potranno frequentare delle strutture pop-up. Spazi che esisteranno solo per brevi periodi e che potrebbero essere aperti anche in luoghi distanti tra loro. Uno dei progetti riguardava un’apertura, in questo senso, di un ristorante a Kyoto per soli 45 giorni. Potrebbe essere il via di un sistema anch’esso innovativo di portare la loro ristorazione in altre città e nazioni. Un’idea che potrebbe funzionare e che potrebbe essere copiata da altri ristoratori stellati desiderosi di farsi apprezzare da un pubblico più vasto ed eterogeneo. Quando 3 stelle Michelin non bastano

Quando 3 stelle Michelin non bastano

Credits: web, noma.

Abitare, Eventi, Viaggi

I virus del permafrost

Un tema sviluppato nei romanzi di fantascienza diventa reale

Gli scienziati hanno riportato in vita un virus sepolto nel permafrost, questi sfugge dai loro laboratori e appesta la popolazione. Potrebbe essere l’attacco di un romanzo di fantascienza disfattista ed invece è almeno in parte realtà. Per fortuna la parte in cui fugge dai laboratori non è mai avvenuta, ma il virus lo hanno davvero scongelato. Avrebbe quasi 50.000 anni ed era intrappolato nel permafrost. Qual è la sua pericolosità è tutto da decifrare. I virus del permafrost

Leggi tutto

Caldo inusuale e il permafrost se ne va

Con i cambiamenti climatici che fanno innalzare le temperature le zone artiche sono le più sensibili ai mutamenti. I ghiacci si sciolgono rapidamente, al punto che già s’immagina la fine del Polo Nord così come lo conosciamo. La calotta probabilmente si ridurrà rapidamente e la rotta che collega i paesi nordeuropei e il nord-America diventa sempre più praticabile. Con questo scioglimento anche ciò che è rimasto intrappolato nel terreno congelato si libera. Non sono i gas serra, ma anche i virus dormienti che potrebbero tornare a circolare.

Confermata la presenza di antichi virus

Gli scienziati hanno già riportato in vita alcuni di loro dalla taiga siberiana. Il più vecchio avrebbe 48.500. Il timore è che possano risvegliarsi malattie dormienti, per le quali non abbiamo già pronti rimedi e antidoti. Pochi anni fa c’è stato un primo esempio di cosa potrebbe accadere con il corpo di una renna decongelata. Era vittima di antrace e la malattia s’è rapidamente diffusa. Sono morte molte renne e molti umani sono dovuti ricorrere alle cure ospedaliere e un bambino è morto.

i virus del permafrost

Il rilascio veloce è la cosa più pericolosa

La circolazione di questi “virus antichi” è molto più veloce di quanto immaginato. Questo limita i tempi di risposta della medicina, che non riesce a trovare immediatamente gli antidoti. Se alcune epidemie dovessero diffondersi a breve termine, sarebbe complicatissimo combatterle. Da un campionamento recente, 13 virus sono stati rintracciati e isolati. Ma il rischio è che ve ne siano migliaia in attesa ognuno col suo potenziale. Quelli coperti dalla taiga russa sono territori ricchi di minerali, perciò è abbastanza logico immaginare che presto ci sarà uno sviluppo industriale. Questo porterà popolazione ed insediamenti urbani, in aree disabitate da millenni. Una vera miccia pronta ad essere accesa e in grado di far esplodere epidemie.

Una minaccia reale

Siamo al limite della fanta-biologia, nulla può dirci se ciò che verrà liberato dal permafrost è sconosciuto. Ma potrebbe accadere, e sarà bene prendere in considerazione chi lancia questi allarmi. Il rischio d’impattare in qualcosa di terribile esiste. Ricordiamoci come ha danneggiato i nativi americani, l’entrare in contatto con gli europei. Malattie note come raffreddore, influenza e morbillo, per i quali gli europei hanno sviluppato gli anticorpi, li hanno decimati. Forse nessuno di noi possiede gli anticorpi adatti per battere virus di 40.000 anni fa o oltre. Potremmo dover ricominciare quasi da zero il percorso di civilizzazione. A qualcuno che ritiene siamo già in troppi sulla Terra, forse l’idea non dispiacerebbe. I virus del permafrost

i virus del permafrost
Abitare, Benessere, Enogastronomia, Viaggi

La tavola è sempre la maggiore attrazione

I turisti Italiani e stranieri mettono in preventivo nelle loro vacanze una grande cifra per il cibo

Non è fame è amore

Controllando le somme di denaro che i nostri connazionali e gli stranieri destinano ai pasti, si può decisamente parlare di infatuazione. Ristoranti, trattorie, bistrot, agriturismi e pizzerie sono nella lista delle cose da fare e visitare come i musei o le spiagge. Anche il finger food e il cibo da strada ha una parte rilevante, nessun visitatore vuole rinunciare ad appagare il gusto, assieme a tutti gli altri sensi. È un’opportunità da non lasciarsi sfuggire. La nostra ristorazione ha il compito di fare da vetrina e anteprima per far sospirare di piacere e ricordi i turisti. La tavola è sempre la maggiore attrazione

Leggi tutto

Prenderli per la gola

Prenderli per la gola è decisamente il metodo migliore, sia per fidelizzarli, sia perché diventi necessario importare i nostri prodotti. I turisti nostrani o alieni viaggiano per visitare il nostro paese e per prendere quella sbandata fatale che il nostro cibo potrà dedicare loro. È un fiume di denaro che è giusto spalmare su tutti i locali dedicati alla ristorazione. Che siano furgoni da strada o ristoranti stellati. Mettere a disposizione ogni tipo di cibo, per appagare tutti i gusti, è un appeal formidabile.

Posizione dominante

L’Italia detiene una posizione dominante nel turismo gastronomico, confermato da ogni classifica mondiale. I nostri prodotti sono di alta qualità, nessun paese può vantare tante specialità nel settore food & beverage. Il nostro paese vanta una delle più evolute agricolture biologiche, esportiamo moltissimo in quel senso. Gli stranieri ci vedono come un faro per tutto ciò che riguarda l’alimentazione. Le tradizioni sono viste come gli archetipi a cui affidarsi, la dieta mediterranea resta un caposaldo del benessere percepito. La grande quantità di centenari invita ad adottare il nostro tipo di alimentazione.

La tavola è sempre la maggiore attrazione

I dolci delle feste

Confermata dal boom delle vendite dei dolci delle feste, nazionali, tradizionali, e regionali hanno fatto segnare numeri formidabili al nostro export. Anche i vini e la diffusione capillare delle bollicine italiane, ha fatto gridare al miracolo. I timori recessivi, si sono schiantati contro ordinativi eccellenti. Anche il souvenir di gusto è sempre più presente nei bagagli dei turisti. Questo incrementa il piacere di confermare ciò che di buono s’è gustato e fa aumentare il desiderio di ripetere l’esperienza. Il cibo è veramente l’apriscatole per una serie di ricordi e di memorie di momenti piacevoli.

Agro-alimentare leader

Il settore agro-alimentare è leader per la ripresa economica. L’albero della cuccagna va però coltivato a dovere. Non si possono commettere errori e lasciarsi sfuggire l’occasione di riconfermarsi campioni dell’alimentazione. Mantenere o incrementare la qualità del cibo e dei vini serviti è un “must. Nessuna concessione a facili scorciatoie, i turisti arrivano e pretendono il meglio, in ogni gamma di prezzo. Bisogna essere all’altezza della domanda, fornire risposte corrette, senza “strangolare” la clientela immaginandola come il solito “pollo da spennare”.

Promozione e organizzazione

Difettiamo di capacità di promuovere la nostra “bontà e bellezza” ed è un vero peccato. Le nostre strutture non sono sempre adeguate, specie a causa della logistica che si scontra sulla conformazione del paese. Si possono fare migliorie per facilitare gli arrivi, treni, aerei ed autostrade hanno bisogno di certezze organizzative. Non possiamo essere contemporaneamente primi nella ristorazione e ultimi, o quasi, nei collegamenti. Essere “sgaruppati” può fare tanto esotico per alcuni, ma fornire un servizio più alla portata, aiuterebbe maggiormente. La tavola è sempre la maggiore attrazione

La tavola è sempre la maggiore attrazione

Credits: Pixabay

Abitare, Eventi, Viaggi

Ora chi scoverà le bombe?

Ci affidiamo ai tartufi dei cani per scoprire gli esplosivi ma ora scarseggiano

Rischiamo un attentato in un aeroporto o in qualsiasi altro luogo di collegamento? Forse si, perché sta diminuendo drasticamente il numero dei cani addestrati allo scopo. I loro preziosi nasi lavorano meglio di qualsiasi explosive detector gestito da umani. Ma per poter funzionare sono necessari molti cani addestrati in modo perfetto e con la giusta abilità. Non basta infatti che abbiano ricevuto la corretta istruzione. Devono avere qualità che li rendano adatti allo scopo. Ora chi scoverà le bombe

Leggi tutto

Costano parecchio

L’addestramento di un cane per fiutare gli esplosivi arriva a costare 50.000 euro. È un lavoro difficile da svolgere e servono requisiti di docilità, e capacità di collaborare con gli umani. Inoltre devono essere in grado di muoversi anche in situazioni di grande impaccio, salire e scalare containers e montagne di bagagli. Non devono essere timorosi nei confronti dei rumori improvvisi e delle situazioni che possono distrarre la loro attenzione. A tutte queste prerogative va aggiunto il dono di un ottimo fiuto.

Carenza negli USA

Attualmente negli USA c’è una grossa carenza di questi animali indispensabili per la sicurezza. Le scuole locali non riescono a soddisfare la domanda, perché sono necessari molti animali con grande desiderio di giocare. I cani quando annusano le nostre merci o le nostre valigie, credono di partecipare ad un grande gioco con ricompensa. Ma la loro attenzione diminuisce quando si stancano. Per questo hanno turni piuttosto brevi e servono mute di diverse unità per garantire che il servizio venga svolto in modo eccellente.

Molti cani addestrati in Europa

Molti cani sniffatori vengono allevati in Europa ed esportati negli USA. Questo comporta un ulteriore sforzo economico, che ora stanno tentando di ridurre, incrementando le scuole su suolo statunitense. Lo scopo è duplice: rifornire il servizio di sicurezza e certificare salute e livello di addestramento. Molti cani vengono prelevati troppo presto dalle cucciolate per addestrarli, poiché la domanda è ingente. Anche il covid ha messo il suo zampino, nel creare problemi agli allevatori di cani.

Ora chi scoverà le bombe

Usati per attività materiali e immateriali

Non vengono usati solo per rintracciare gli esplosivi, ma come potete facilmente immaginare anche per le sostanze stupefacenti. Sono bravissimi anche nello scovare il denaro. Li hanno impiegati anche per riconoscere alcune malattie, covid compreso e per fiutare persone sepolte nel fango, nei terremoti, nella neve. Sono pochi gli animali dotati di grandi capacità di annusare. Oltre ai cani, i ratti, le api, gli sciacalli e gli elefanti. Escludendo, per puri problemi di ingombro gli elefanti, sono stati sperimentati ratti, sciacalli e api per svolgere quel lavoro.

Ratti bravi nello scovare esplosivi

Anche i ratti sono veramente bravi nello scovare gli esplosivi e sono abbastanza facilmente addestrabili. Ma la loro spettanza di vita è breve e questo costringe a turnazioni serratissime. Le loro nidiate necessitano di essere rinnovate costantemente. A loro favore, hanno una sorprendente abilità nello scovare le mine. Le api possono rivelarsi utili per esplorare luoghi molto angusti o situati in alto dove i cani non possono arrampicarsi o arrivare. Gli sciacalli sono abili ma difficili da addestrare.

Milioni di recettori

I cani hanno molti milioni di recettori in più rispetto agli uomini. Inoltre hanno una respirazione diversa, mantengono separati su due canali la funzione di annusare e la respirazione, e questo facilita il loro compito. Per fare una proporzione l’area del cervello che gli umani delegano all’odorato è 40 volte inferiore a quella che utilizzano i cani. Ora chi scoverà le bombe

Credits: Pixabay

Eventi, Viaggi

Due misteriose bare sepolte a Notre Dame

Due inumazioni di cui non si sapeva nulla. Chi erano? Eroi, cavalieri, nobili, clerici, religiosi, la fantasia dei curiosi galoppa e crea aura di mistero

Durante gli scavi che precedono la ricostruzione della più celebre cattedrale gotica di Parigi sono sbucate sorprendenti reperti. Due bare di cui nessuno conosceva l’esistenza. È immediatamente partita la fantasia dei ricostruttori storici. Potrebbero essere testimonianze di fatti cruenti, o più semplicemente personalità degne di una sepoltura così importante. I due contenitori sono stati aperti ed analizzati ed hanno raccontato alcune verità. Due misteriose bare sepolte a Notre Dame

Leggi tutto

Sono passati tre anni

Era l’aprile del 2019 quando Notre Dame de Paris prese fuoco e nessuno fu in grado di spegnerla. Bruciò come un cerino e la scena del suo pinnacolo che s’inabissava tra le mura della cattedrale, fece il giro del mondo. Tutto ciò che circondava la cattedrale fece notizia, ad esempio le arnie di api sul terrazzino della facciata, si salvarono. Furono interpretate come un simbolo di resilienza per la ricostruzione, più o meo fedele, della cattedrale. Ma le sorprese che le mura della chiesa offrono non sembrano ancora esaurite

Due bare nascoste nelle fondamenta

Durante gli scavi per rinforzare le fondamenta, sono state rintracciate due bare, di cui nessuno sapeva nulla. Una di loro era stata danneggiata, l’ossigeno era penetrato e il dissolvimento del contenuto era molto avanzato. Molte delle notizie che potevano essere raccolte sono perdute, ma i resti permettono di conoscere meglio chi era stato inumato. Alcune iscrizioni consentono di datare il contenuto della bara. Era un religioso, probabilmente molto importante e molto anziano.

Antoine de la Porte

Conteneva i resti di un sommo sacerdote morto nel 1710. Gli archeologi hanno ricostruito l’identità dell’uomo, Antoine de la Porte, dalle iscrizioni sull’esterno della bara. Il sacerdote aveva avuto una vita molto lunga e agiata. Aveva 83 anni quando morì, un’età considerevole a quei tempi. Sono scarsi i resti a disposizione per effettuare analisi, solo ossa, capelli, peli della barba e alcuni tessuti. 

Due misteriose bare sepolte a Notre Dame

Malattia dei re

Gli anamopatologi si sono divertiti ad analizzare il materiale a disposizione. Hanno così scoperto che il religioso amava prendersi cura dei propri denti e non amava troppo la vita dinamica. Era molto sedentario, probabilmente ha dedicato la vita a consultare testi, piuttosto che a curare l’orto. Era un amante della buona cucina, infatti soffriva di gotta, la cosiddetta malattia dei re. Una forma di artrite infiammatoria molto dolorosa, spesso confinata nei piedi e nei polsi. La gotta è quasi sempre causata da un’alimentazione troppo ricca di carni rosse, formaggi e vino, quindi il de la Porte sapeva come rallegrare la propria tavola.

Un cavaliere misterioso

L’altra bara ha una forma inconsueta, sagomata per contenere un corpo nelle esatte dimensioni del giovane defunto. Forse un cavaliere, sicuramente un maschio tra i 25 e i 40 anni. La datazione lo colloca come antecedente a quella del religioso. Probabilmente un nobile, un aristocratico che sembrava affetto da una malattia cronica. All’interno della bara i resti di una probabile ghirlanda di fiori. Gli studiosi lo hanno chiamato “Le cavalier” ma non hanno riferimenti storici per risalire ad un nome.

Persona importante

L’importanza del personaggio però è indubbia perché il corpo è stato imbalsamato, una pratica in uso solo per persone di alto rango. Anche la collocazione all’interno della cattedrale, fa immaginare che fosse un personaggio molto influente. Il tipo di sepoltura in bare di piombo era destinata solo a persone molto importanti di cui si voleva conservare memoria. Gli esami proseguono, forse ci riveleranno altri segreti, mentre la fantasia degli amanti del mistery e dei romanzi storici galoppa. Due misteriose bare sepolte a Notre Dame

Due misteriose bare sepolte a Notre Dame

Credits: Pixabay

Eventi, Viaggi

Solstizio d’inverno un rito primordiale

Sono ancora molti quelli che lo ritengono un momento magico ed esoterico

È un fenomeno naturale che si ripete ogni anno ed è molto atteso da tutti coloro che lo associano ad eventi naturali e sovrannaturali.  Ha colpito la fantasia degli umani per millenni ed a lui sono dedicate strutture, templi e monumenti per onorarlo. Il solstizio d’inverno, nell’emisfero nord, poiché in quello sud è quello estivo, rappresenta la speranza. Arriva a segnare il giorno più breve e la notte più lunga. Giorni freddissimi usualmente, che però vedranno crescere le ore di luce e porteranno alla primavera. Solstizio d’inverno un rito primordiale

Leggi tutto

Tanti luoghi dove festeggiarlo

Ci sono molti luoghi dove il solstizio assume una dimensione particolare. Se avete voglia di viaggiare potreste recarvi in questi siti per dare spazio al vostro lato esoterico. Molto prima dei drudi celtici il solstizio era celebrato con molta cura. Gli egizi ad esempio nel celebre tempio di Karnak attendevano l’alba nell’ingresso, sicuri che il dio sole non li avrebbe traditi. Ma gli egizi ci hanno abituati ad avere monumenti e costruzioni che sono in linea con ciò che accade sopra le loro teste. Gli allineamenti con le stelle hanno dato respiro a moltissime opere letterarie e film dedicati a questi eventi.

Breve anzi brevissimo

Stiamo per assistere al giorno più corto e più buio dell’anno. Più a nord ci spostiamo e peggiore sarà il periodo d’illuminazione solare arrivando a zero vicino al Polo. Il timore che il sole non tornasse più a scaldare la terra ha sempre spaventato i popoli. L’inverno rappresentava il momento più duro e pericoloso, il più freddo senza cibo fresco, chi non aveva accumulato riserve rischiava di morir di fame. Ma questo giorno così breve che vedeva sorgere di nuovo il sole, era anche il simbolo che sarebbero tornate le buone stagioni. Era il momento di fare un raccoglimento e chiedere l’indulgenza degli dei per una rinascita.

Solstizio d’inverno un rito primordiale
Karnak

Stonehenge

Stonehenge è quasi per tutti il simbolo per eccellenza del solstizio. Ma forse non era quello lo scopo per cui le grandi pietre sono state erette. Non c’è vera corrispondenza con gli eventi celesti, ma i fan del sito sono sicuri della sua potenza esoterica. Ogni anno si radunano a migliaia per attendere l’alba e creano ingorghi nelle strade. La polizia locale deve sobbarcarsi un lavoro extra per risolvere i problemi di superaffollamento. Sono molti i riti pagani associati e i sostenitori di curiosi riti sono soliti festeggiare in modi inusuali l’evento.

Glastonbury Tor

Ancora in Inghilterra, Glastonbury Tor è un tumulo artificiale di terra. Gli storici ritengono sia stato costruito per celebrare il Sole e sia un riferimento alla sua presenza in cielo. Durante il solstizio d’inverno, sembra tracciare un percorso che va dalla cima della collinetta sino alla sua base.

Chichen Itza e Egitto

In Messico la piramide maya è simboleggiata dal serpente. Nel giorno del solstizio la piramide di Kukulcán grazie alla forma della sua scalinata, sembra ospitare un serpente che si arrotola e va a scomparire in cielo. In Egitto il Tempio di Karnak è uno dei luoghi più noti dove osservare il sorgere del sole che entra proprio dalla porta. Ma sono moltissimi i luoghi deputati allo scopo. Edifici costruiti con quello speciale allineamento, sono parte della tradizione degli Egizi.

L’altra Stonehenge

In Nuova Zelanda, esiste una Stonehenge alternativa, si trova vicino a Wellington e si chiama Aotearoa Stonehenge. Niente a che vedere coi druidi e nemmeno coi Maori. È una ricostruzione voluta da un gruppo di astronomi. È allineata con gli astri della calotta australe ed è una sorta di osservatorio ad occhio nudo. Sta diventando celebre tra tutti gli appassionati dei fenomeni astronomici. Solstizio d’inverno un rito primordiale

Aotearoa
Abitare, Benessere, Viaggi

I castori si trasferiscono sempre più a Nord

Gli impatti delle dighe di castori sulla tundra sono imponenti

Non è un fenomeno nuovo, gli abitanti del luogo hanno incrociato i loro sentieri coi castori già negli anni ’80. A quei primi sparuti pionieri se ne sono aggiunti altri a colonizzare la tundra artica. Ora le colonie sono molto più presenti, tanto che con le foto satellitari sono riusciti ad individuare 12.000 nuovi stagni creati dai castori. L’ecosistema potrebbe essere in pericolo. I castori sono gli animali che, dopo l’uomo, possono modificare più a fondo i luoghi in cui risiedono. I castori si trasferiscono sempre più a Nord

Leggi tutto

Stanno aumentando

Gli inuipiat e gli inuvialit che abitano quelle terre, temono che le variazioni apportate dai castori, li obbligherà a cambiare vita. Vivono di pesca e caccia e le dighe bloccano la loro viabilità, costringendoli a trainare le canoe a riva ad ogni nuovo invaso. Inoltre temono che i salmoni artici non possano più risalire i torrenti ed i fiumi per deporre le uova. I salmoni sono alla base della loro alimentazione ed economia. Perciò il problema è molto sentito.

Scongelamento più rapido

I piccoli invasi creati dai castori sono molto più profondi del corso dei fiumi e quindi non congelano rapidamente. Questo permette lo scongelamento del permafrost con relativo rilascio dei gas serra, anidride carbonica e metano, intrappolati nel terreno. Il riscaldamento climatico rischia di subire altri innalzamenti per colpa dei grassi roditori. Un tempo i castori erano diffusi in tutto il Nord-America, poi la passione per le loro pellicce ha rischiato di farli sparire. I corsi dei fiumi erano modellati dalle loro attività e soprattutto, lo erano le specie vegetali.

Un limite forestale

Fino a pochi anni il limite naturale della diffusione dei castori era legato al tipo di foresta presente in natura. Per costruire le loro dighe hanno bisogno di specie ad alto fusto. I salici e gli ontani che adorano rodere coi loro dentoni, si fermavano molto più a sud. Ma ora crescono ad altre latitudini e i castori trovano, letteralmente, legno per i loro denti. La stagione invernale è meno rigida, inizia più tardi e termina prima. Perciò alcune piante riescono a vivere in areali più ampi ed hanno colonizzate nuovi terreni.

I castori si trasferiscono sempre più a Nord

Non è colpa loro

Non è certo colpa dei castori se il clima è impazzito, ma loro potrebbero aumentare il pericolo di accelerare alcune situazioni. Gli ecosistemi sono talmente fragili che sono gli stolti umani non se ne sono accorti. Nell’estremo nord queste fragilità sono ancora più evidenti. Gli scienziati esaminano gli stomi (pori) delle foglie per controllare le emissioni di anidride carbonica. Se gli stomi sono più grandi ci sono le condizioni ideali o sufficienti per far vivere altri animali come gli alci, che sono comparsi solo 50 anni fa in zona.

Popolazioni locali in allarme

Gli indigeni del luogo puntano il dito contro i castori. Li accusano di cambiare troppo il loro habitat e di minacciare la loro esistenza. Il paesaggio cambia e le abitudini cementificate in secoli sembrano dover cambiare. Agli Inupiat e ai cacciatori Inuvialuit questo non piace affatto. Accusano anche i castori di portare malattie e di rovinare la loro economia. Assolutamente vero, ma incolpare i castori dei disastri fatti dal nostro consumo di combustibili fossili, sembra fuori luogo.

Ci sono anche vantaggi

Gli scienziati pensano che gli stagni creati dai roditori abbiano anche impatti positivi. Tanto da perorare la causa dei naturalisti che li vogliono reintrodurre in alcune aree umide. Sarà necessario riavvicinare, se possibile, le parti. Pescatori, cacciatori e castori dovranno trovare il modo di convivere. Nel frattempo sono stati approntati degli scivoli che permettono ai salmoni di risalire le correnti anche in presenza di dighe e che servano anche da scolmatori. In questo modo controllano l’altezza delle acque ed impediscono che ci siano allagamenti dei sentieri. Ovviamente è richiesta una buona dose di comprensione delle reciproche esigenze. I castori si trasferiscono sempre più a Nord

Eventi, Viaggi

13 Babbi Natale in Islanda

La tradizione natalizia islandese è veramente particolare

Il Natale in islandese e nelle nazioni nordiche viene chiamato Yule. Non è esattamente come ce lo immaginiamo, anche perché viene da un retaggio medievale, che potremmo definire gotico. Le fiabe erano uno strumento d’insegnamento, con una morale molto forte, che però spesso confinava con l’orrore. Non si contano le streghe, gli orchi, i giganti mangiabimbi che hanno popolato le leggende da raccontare attorno al fuoco. Un retaggio di quelle storie resta nelle leggende natalizie islandesi. 13 Babbi Natale in Islanda

Leggi tutto

Qui santa Lucia, là 13 folletti

Mentre da noi si festeggia una santa con gli occhi strappati via, Santa Lucia, lassù compaiono 13 folletti. Il loro ruolo è le stesso di Babbo Natale, ma appariranno uno alla volta nelle tredici notti prima della santa notte. Il loro compito è premiare i bimbi buoni e lasciare pessimi ricordini a quelli che sono stati cattivi. Per conoscere la loro sorte i bambini devono lasciare fuori dalla porta o su una finestra una scarpa. Il mattino dopo troveranno caramelle o dolcetti se le loro azioni sono state giudicate positive, oppure qualcosa di sgradevole come qualcosa di marcio, se sono stati cattivi

Tredici ladruncoli

I tredici folletti sono in realtà dei ladri matricolati. Siccome la leggenda che li riguarda viene dal passato sono quasi sempre legati al cibo. Sono buffi e dispettosi, ma svuotano le dispende. La fame era molto temuta, quindi veder sparire qualcosa dalle riserve era ritenuto un evento pericoloso anche per la vita. Possono fare delle azioni sgradevoli ma mai troppo cattive. Nei secoli precedenti erano descritti come dei veri e propri orchi assassini, ma da 300 anni in qua, per legge, i genitori non possono spaventare i figli con quelle orribili storie. Prevale l’aspetto buffo, goliardico e divertente del loro carattere. Anche l’aspetto fisico è decisamente più sul piano dei nanetti da giardino che quello del killer.

13 Babbi Natale in Islanda

Abili ad intrufolarsi

I folletti sono abili ad intrufolarsi in casa e ad ispezionare tutto ciò che vi è custodito. Lo fanno di notte, quando tutti dormono e i bambini non devono aprire gli occhi o rischiano una brutta fine. I nomi sono una breve descrizione delle loro abitudini, perciò conoscerli comporta una conoscenza del danno possibile che si può subire. I folletti sono figli di Gryla, una gigantessa sempre affamata che a Natale scende dalle montagne e chiede alle famiglie di consegnarle i bambini cattivi per poterli mangiare. Li fa bollire nel suo pentolone, ma per allontanarla basta regalarle del cibo.

Le piccole pesti

Le piccole pesti sono: Stekkjarstaur = che ruba il latte alle pecore, ha le gambe di legno e non è molto lesto. Giljagaur = si nasconde nei fossi e s’intrufola per rubare il latte nelle stalle. Stufur = un nanetto piccolissimo che ama ripulire i resti di cibo nelle padelle. Þvorusleikir = la sua passione è di rubare i cucchiai e leccarli, siccome trova poco cibo è quasi scheletrico. Pottaskefill = lui ama i tegami alla follia, pulisce ogni tipo di avanzo. Askasleikir = letteralmente lecca ciotole, quelle che venivano riposte sotto ai letti, le ruba e si mangia tutto. Hurðaskellir = un fastidioso sbattitore di porte.  

Skyrgamur = divora tutto lo skyr, lo yogurt locale. Bjugnakrækir = adora rubare le salsicce appese. Gluggagægir = uno spione che dalle finestre individua cosa si possa rubare in una casa. Gáttaþefur = ha una passione per i dolci e grazie ad un enorme naso, li fiuta ovunque siano nascosti. È lui che ha ispirato i folletti nasoni col grande berretto. Ketkrókur = è il più attrezzato, ha un gancio per rubare la carne anche se è appesa in alto. Kertasnikir = è un ladro di candele, insegue i bambini e gliele ruba.

Il gatto cannibale

I bambini islandesi non devono badare solo ai ragazzacci del Natale (Yule lads) se non vogliono essere sbranati. Il giorno della vigilia c’è un enorme gattina nera, Jola, che gira in città e divora tutti i bambini che in quella giornata non indossano qualcosa di nuovo. La gatta ha il muso dolce dei micetti, ma ha un animo cattivo, ed è meglio non farsi ingannare dal suo aspetto. 13 Babbi Natale in Islanda

13 Babbi Natale in Islanda

Credits: Pixabay, Wikimediacommon

Abitare, Enogastronomia, Viaggi

Boccone del prete

Un pezzo di carne che come quasi tutto il quinto quarto, nessuno mangia negli USA

In questi giorni, per il Thanksgiving c’è un grande commercio di tacchini. Molti di loro sono congelati e impacchettati, tanto che difficilmente riusciamo a capire cosa contiene quella palla brinata. I tacchini sono pronti per essere farciti e finire in forno per una lenta cottura, e poi finire sulle tavole con varie salse e condimenti. Però manca qualcosa, oltre alla testa e parte del collo, manca il sedere. Quasi nessuno, nel paese che consuma più tacchini al mondo, mangia quella parte. Molte persone nemmeno sanno che esiste un prolungamento del sedere, nel corpo del grosso gallinaceo. Boccone del prete

Leggi tutto

Un pezzo un tempo pregiato

Era un pezzo un tempo pregiato, che ha una denominazione di “boccone del prete” del papa, del sultano, ecc. ad indicarne la prelibatezza. Un pezzo ricco di grasso, molto nutriente, saporito e destinato all’ospite di riguardo. È il supporto alla coda, quello che consente di fare una maestosa ruota. Ma la sua ricchezza di grasso ha finito per decretarne la condanna. Ritenuto un pezzo poco nobile, è stato eliminato al momento della macellazione. Per questo molti che non frequentano i tacchini ancora vivi, nemmeno sanno com’è la loro vera anatomia.

Il quinto quarto

C’è una certa repulsione, da parte della comunità americana, a consumare i pezzi di minor pregio. Abituati a filetti, braciole e petti, hanno rinunciato in buona parte a coltivare la cucina di sussistenza. Quella fatta anche dalle parti meno nobili, il cosiddetto quinto quarto dai norcini. Orecchie, lingue, zampetti, rognoni, frattaglie, trippa, fegato, cuore, cotenna, testicoli, mammelle, ecc. sono parte integrante della cucina popolare. Parti che hanno sapori ben distinti e che consentono di esplorare molte ricette tradizionali. Ora quelle pezzature sono state in parte riscoperte, e lo dimostrano i prezzi che hanno raggiunto, recentemente, lingue e zampetti. Quasi competitivi con le parti più pregiate.

Boccone del prete
Muli Pili

Culture etniche

Il quinto quarto è parte integrante delle cucine etniche, specialmente asiatiche. Grazie a loro, alcuni americani hanno imparato ad apprezzare anche altre parti degli animali. Le code di tacchino però, hanno una storia particolare. Sono diventate popolarissime in alcune isole del Pacifico. Sono uno dei cibi base della loro tradizione, anche se raramente allevano tacchini, ricevono le code congelate dai macelli statunitensi. Le cuociono lesse o fritte e sono diventate il simbolo del cibo da consumare in compagnia durante i raduni familiari e le feste.

Tutto è cambiato dopo la W.W.II

Il modo di produrre carne industrialmente è mutato e si è evoluto dopo la Seconda Guerra Mondiale. La chimica è entrata a far parte dei processi di macellazione e conservazione. Al contempo la possibilità di ricorrere all’inseminazione artificiale, ha moltiplicato i capi a disposizione. Altri processi scientifici hanno fatto crescere rapidamente in peso e volume, gli animali allevati. Questo ha creato un surplus dei pezzi “di scarto” che dovevano essere in qualche modo riqualificati o ricollocati. Una parte è stata assorbita dai prodotti per gli animali da compagnia. Altri sono diventati saponi. Altri ancora sono finiti alle Samoa ed “eletti” cibo simbolo della loro cultura alimentare.

Boccone del prete

Tutti obesi nelle Samoa

70 anni fa nessuno conosceva i bocconi del prete nelle Samoa. Ma è progressivamente diventato un cibo richiestissimo, tanto che ha avuto anche l’onore di un nome samoano Muli Pipi. Oggi i samoani consumano 23 chili di code di tacchino a testa ogni anno. La conseguenza è un tasso di obesità decisamente alto, del 75%, il governo ha cercato di bloccare l’importazione per motivi salutari. Ma s’è scontrato con l’Organizzazione Mondiale del Commercio che ha fatto riaprire le frontiere all’importazione. Le pressioni dei macelli americani per poter esportare i loro avanzi, è stata fortissima. Un mercato così favorevole per accollarsi degli scarti, era un’occasione troppo ghiotta.

Riprendere a consumare tutto e non sprecare.

Non sembra possibile al momento un ritorno alle normali procedure. Gli americani non intendono tornare a mangiare i loro animali, “dalla punta del muso alla coda”. È una situazione che potrebbe mutare solo dopo una massiccia campagna informativa, di conoscenza. Le comunità, filippine, cinesi, vietnamite in USA, utilizzano quei prodotti, ma restano nell’ambito delle “curiosità etniche”. Non entrano nelle diete quotidiane o nei programmi televisivi dei gourmet locali. Gli statunitensi sono abituati a consumare solo il pezzo migliore, senza limitazioni di peso, pezzatura, prezzo. Il quinto quarto lo disprezzano e lo considerano degno solo delle comunità più povere. Boccone del prete

Boccone del prete

Credits: Pixabay

Abitare, Benessere, Viaggi

L’albero più vasto del mondo ha 47.000 tronchi

Lo stanno fotografando con camere a 360° per offrire una visione d’insieme

Si chiama Pando, un nome latino che significa “mi espando” e questo spiega buona parte del mistero che avvolge questo albero immenso. Non è il classico baobab o un solenne abete rosso californiano a svettare, da solo, verso il cielo. Questo immenso albero, il più grande del mondo è nato da un solo seme, ma si è distribuito su qualcosa come 45 ettari. Ognuno dei tronchi nati dalle radici del primo pioppo tremulo che ha dato origine alla foresta possono considerarsi suoi rami. L’albero più vasto del mondo ha 47.000 tronchi

Leggi tutto

Pioppo tremulo

È un pioppo tremulo dal tronco bianco (Populus tremuloides) e sorge nello Utah. Per difenderlo è nata una associazione la “Amici di Pando” che vuole valorizzarlo e proteggerlo. Lo chiamano il “Gigante Tremante” perché basta un alito di vento per farlo vibrare e mormorare. L’intreccio delle sue radici, lo rende uno degli esseri viventi più grandi al mondo. Si sono presi la briga di calcolarne il peso totale, che supera le 6.500 tonnellate.

Satellite per vederlo

Per comprendere le sue dimensioni servono le foto satellitari. Ha un’ampiezza che non consente allo sguardo da terra di misurarlo. È attraversato anche da un’autostrada. A periodi alterni Pando riempie di articoli la stampa statunitense. Ha qualche nemico che lo mina, come i cervi o i coleotteri che si nutrono della sua corteccia. Qualcuno lo dà come morente, ma non si capisce su quali basi. È un gigante che è sulla Terra da moltissimi anni e continua a prosperare. Potrebbe avere tra i 25.000 e gli 80.000 anni.

L'albero più vasto del mondo ha 47.000 tronchi

Un progetto per immortalarlo

Nel dubbio se vivrà o morirà in un prossimo futuro, è partito un progetto per immortalarlo. La Amici di Pando lo sta fotografando con camere a 360 gradi, tutto quanto, per offrire una possibilità di visitarlo anche restando a casa. Un’immersione nella foresta che si può gustare anche da un pc o da un tablet. Sarà la più grande documentazione fotografico dell’albero, nella sua interezza. I dati e le immagini saranno disponibili per tutti, persone comuni o studiosi. L‘obiettivo è fare innamorare della foresta più persone possibile in modo che tutti si sentano responsabili e vogliano proteggerla

Un solo organismo

È stato documentato solo nel 1976 come un unico albero con migliaia di ramificazioni. Il merito è di due botanici Burton Barnes e Jerry Kemperman. Grazie alle foto aeree si sono accorti di come si era sviluppato. La prova definitiva, è stata la raccolta del DNA dai campioni essiccati di migliaia di piante. Pando è un unico clone sviluppato da una singola pianta. È un maschio che produce polline, e continua a produrre nuovi cloni attraverso la linfa che percorre le sue radici. Pando cresce ogni anno non solo verso il cielo, ma espandendosi in larghezza, occupando nuovi spazi. Una sorta di enorme polipo vegetale che da ogni ventosa dei suoi tentacoli, fa crescere un’altra pianta. L’albero più vasto del mondo ha 47.000 tronchi

L'albero più vasto del mondo ha 47.000 tronchi

Credits: Pixabay