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Questi polli sono neri fino al cuore

Una mutazione genetica ha fatto diventare completamente neri questi rari polli

Nome scientifico di questa razza è Ayam Cemani. Originario dell’Indonesia, ha molti altri nomi alcuni davvero pittoreschi. In Toscana sarebbe l’idolo dei produttori di Chianti dove il consorzio del gallo nero è decisamente di casa. Il suo essere completamente “dark” lo fa amare molto dai seguaci del gotico, ed ha anche il pomposo nome di Pollo signore di Sith, Qualcuno si è sbilanciato pure in terminologie motoristiche e lo ha rinominato la “Lamborghini dei polli”. Questi polli sono neri fino al cuore

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Una pigmentazione rarissima

La sua particolarità non è solamente legata all’aspetto esteriore, piumaggio molto bello e lucente, ma anche al suo interno. Il pollo Cenami è nero dappertutto, piume, becco, ossa, occhi, artigli, muscoli ed interiora. Anche il suo cuore e persino la lingua sono neri. È molto probabilmente la creatura vivente con la pigmentatura più intensa che si conosca, e deve la sua insolita colorazione ad una mutazione genetica. Se lo cucinerete vi accorgerete che anche il suo petto non è bianco, sembra essere stato trattato col nero di seppia.

Le uova no e la pelliccia

Le uova di questa razza sono l’eccezione, hanno qualche leggera sfumatura ma sono decisamente uova che potreste confondere con le altre. Il sangue, invece, resta invariabilmente rosso. Esistono altri animali completamente neri, ma sempre con particolari di altre pigmentazioni. I merli hanno il becco giallo, altri uccelli hanno occhi colorati e lingue rosa. Esistono quattro varianti di polli neri, oltre a quella indonesiana, una svedese, e due vietnamite. Una di queste, la Silkie, ha anche un piumaggio particolare, morbidissimo, che sembra più una pelliccia rispetto alle usuali penne

Polli da collezione

La relativa rarità di questi polli, ha fatto la loro fortuna. Sono diventati pollame da collezione, da esposizione e sono venduti a cifre molto alte. La loro diffusione come uccelli da esposizione, come rarità, ha permesso la loro diffusione. La iper-pigmentazione che li porta ad essere completamente neri, è una caratteristica che non passa inosservata. Mentre nel resto del mondo vengono allevati per “divertimento”, in Indonesia sono quasi sacri.

2.000 euro a coppia

Il mercato delle rarità porta a far salire i prezzi per le varietà meno diffuse, e il pollo nero non fa eccezione. La valutazione attuale è stimata in 2.000 euro per una coppia in grado di riprodursi. C’è anche un risvolto che potremmo definire spiritico o magico, legato al suo successo. I polli neri in Indonesia sono considerati dei portafortuna, dotati di potere magico. Non vengono mangiati, ma allevati ed accuditi, e solo in rari casi vengono uccisi. Vengono coinvolti in rituali che comprendono l’uso del loro sangue, ritenuto dotato di particolari poteri curativi. Gli spiriti che governano il mondo sembrano gradire in modo particolare le carni ed il sangue del pollo nero. Credono che mettere a loro disposizione qualcosa di gradito, li predisponga all’ascolto delle necessità degli umani. Questi polli sono neri fino al cuore

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I veri re di New York sono i topi

Ogni tentativo di ridurre il loro numero è stato inutile

Sono i topi a dominare la scena nella grande mela. Dopo la leggenda urbana dei coccodrilli albini nati nelle fogne della città, ora è il turno dei topi di essere sempre in prima pagina. Non passa giorno senza che qualcuno denunci la loro invadenza. Escono dagli scarichi dei bagni, cadono dal soffitto di vecchi palazzi o scorrazzano tra i piedi degli utilizzatori della metropolitana. Troppi è la parola che accompagna i loro quotidiani avvistamenti. I veri re di New York sono i topi.

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Il sindaco Eric Adams

Il sindaco Eric Adams ha deciso di dichiarare loro guerra ed ha eletto una italo-americana a “domatrice di topi”. La signora Kathleen Corradi ha dichiarato che intende essere la nuova sceriffo e che non darà loro tregua. Non sappiamo se si travestirà da pifferaio di Hamelin per incantarli con la sua musica fino a raggiungere il mare. Ma una cosa che la fiaba non racconta è che i topi sanno nuotare benissimo. Non crediamo che annegarli sia la soluzione praticabile.

Un approccio diverso

Ovviamente servirà un approccio diverso, sinora il sistema di catturarli, avvelenarli, ucciderli non ha dato risultati. Ogni volta il metodo ha dato risultati appena impercettibili, mentre la popolazione dei ratti ha continuato ad aumentare senza pietà. Servirà sicuramente un metodo scientifico appropriato per ripulire la città dalla loro presenza.

I veri re di New York sono i topi

Studiare nuove proposte

Il compito della signora Corradi, sarà di studiare ogni possibile nuova soluzione, che tenga conto delle conoscenze antiche ed attuali delle loro abitudini. I topi di fogna, rattus norvegicus il loro nome scientifico, nonostante il none vengono dalla Cina. Si sono diffusi in ogni parte del pianeta, tranne l’Antartico ed in una piccola isola hawaiana, divenuta celebre proprio per quella proprietà. Hanno cominciato a diffondersi ovunque grazie ai trasporti via mare. Sono saliti a bordo delle navi e si sono lasciati trasportare in ogni porto. Probabilmente a New York sono arrivati nel periodo della guerra con gli inglesi.

Avvelenati e sterilizzati

Avvelenati, gassati, soffocati, sterilizzati tutti interventi senza successo. Sono secoli che gli amministratori newyorchesi tentano di risolvere il problema. I topi sono intelligenti ed imparano velocemente, si adattano alle difficoltà e ai disagi. Comprendono come funzionano le trappole, e dopo poco tempo riescono ad evitarle, e diffondono questa conoscenza alle nuove generazioni. Probabilmente assieme alle blatte sono i candidati a prendere il sopravvento quando noi umani ci saremo estinti.

Pulizia e riordino

I ratti sono gli indicatori che i servizi igienico-sanitari, salute, edilizia, crisi degli alloggi non funzionano o hanno creato disparità sociale. La città ha bisogno di maggiore pulizia e riordino delle strutture pubbliche e private, per combattere questa invasione di roditori. La guerra alla loro sovrappopolazione rischia di diventare una guerra ai più poveri e fragili che vivono in condizioni disagiate. Se la campagna di pulizia per togliere habitat ai topi sarà utile anche agli umani, sarà un’ottima cosa.

I veri re di New York sono i topi

Più puliti del previsto

I ratti razzolano nello sporco per recuperare cibo, ma preferiscono le aree pulite. Purtroppo diffondono molte malattie, alcune assai pericolose come la peste bubbonica e la leptospirosi, anche per gli umani. Raggiungono la fertilità in appena 4 mesi, e questo li rende tra gli animali più prolifici che si conoscano. Ogni femmina può generare circa 50 cuccioli ogni anno. Moltiplicate il tutto per il numero dei presenti e comprenderete quanto il problema sia enorme.

Buona fortuna

Non resta che augurare buona fortuna alla signora Corradi, il lavoro non le mancherà. Le testate newyorchesi hanno salutato il suo incarico con una buona dose di ironia titolando: “C’è un nuovo sceriffo in città”. Nell’epoca della conquista del west, gli sceriffi riuscirono, spesso con le maniere forti, ad imporre che la legge venisse rispettata ed a catturare molti fuorilegge. Ora i fuorilegge hanno baffetti, naso a punta, pelo lungo e coda, riuscirà nell’impresa di metterli tutti in gabbia? I veri re di New York sono i topi.

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Gli omini verdi di Roswell

Sono passati 75 anni dalla “cattura” di un’astronave aliena.

Tutti gli appassionati di fantascienza conoscono bene l’argomento e hanno seguito tutte le evoluzioni di questa storia. Nel 1947 un vaccaro del New Mexico trova sul suo fondo dei detriti che non riesce a riconoscere. Sono di uno strano metallo che sembra tessuto, gomma, alluminio, e strumenti che sembrano sensori. Li carica su un camion e li porta alla stazione di polizia. La notizia esce sulla stampa locale col titolo “catturato un disco volante”. È l’inizio di una frenesia infinita. Gli omini verdi di Roswell

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Cominciano gli avvistamenti

Da quel giorno cominciarono ad arrivare notizie di avvistamenti nei cieli di tutti gli stati Uniti. Le salsiere volanti “the flying saucers” popolarono i sogni e gli incubi degli americani, e presto la cosa si diffuse ovunque. Libri e molti fumetti si appropriarono di questa storia e crearono una vera e propria letteratura spaziale fatta di invasori di altre galassie. Nacquero le leggende sugli occupanti del disco volante, i famosi omini verdi, presi in ostaggio dal governo degli USA e nascosti in un centro apposito, segretissimo. A seconda dei timori personali gli omini vengono reclusi, studiati, sezionati, messi a mollo in speciali gel, ibernati, sono vivi, sono morti, si sono dissolti e la fantasia galoppa.

Hollywood si getta sul tema

Ad Hollywood sono sempre alla ricerca di nuovi temi che possano tenere incollate le persone alle loro poltrone mentre divorano popcorn. Il genere fantasy ha sempre un gran fascino e tutte le serie dedicate allo spazio e agli incontri con alieni fanno incassi fantastici. Incontri ravvicinati del terzo tipo, Star wars, Alien, ET, Mars attacks! tanto per fare qualche esempio celebre, fanno aumentare il desiderio di nuove storie. Il cinema sforna pellicole a pieno regime, raffazzonate, con effetti speciali risibili, ma sufficienti per stimolare la fantasia e la curiosità. Intanto il mito cresce, gli omini verdi dai corpi sottili, grandi teste ed occhi enormi, sono dappertutto. Si sono trasformati e vivono tra noi senza farsi riconoscere. Ci studiano per trovare i nostri punti deboli.

Gli omini verdi di Roswell

La realtà è decisamente diversa

Quell’astronave aliena in realtà era un pallone di ricognizione, destinato a sorvolare i cieli della Russia. La guerra fredda era in pieno sviluppo e gli americani cercavano prove che i russi stessero sperimentando la bomba atomica. I palloni aerostatici forniti di sensori sorvolavano i territori sovietici in un’azione di spionaggio che non poteva essere rivelata. Perciò fece comodo al governo USA incrementare le leggende di un UFO catturato, piuttosto che svelare la verità. Per aggiungere pepe comparvero i cartelli di “zona con accesso proibito” e “pericolo mortale”, proprio nell’area di Roswell o nell’Area 51 nel Nevada. Ovviamente nulla stimola di più la curiosità di un luogo non accessibile, ed il gioco era fatto. Gli omini verdi erano sicuramente custoditi lì.

Gli UFO esistono

Gli UFO esistono anche se nessuno ancora ci ha spiegato cosa siano in realtà, se fenomeni naturali o astronavi aliene. Qualcuno obietta che con un numero infinito di galassie e pianeti, sembra impossibile che non si siano evolute altre specie. Se sono così evoluti da poter viaggiare a velocità impensabili attraverso lo spazio probabilmente ci snobbano e ci considerano alla stregua di primitivi. C’è chi dice che una volta che ci abbiano visitati, non ci abbiano trovati di loro gradimento e abbiano fatto di tutto per allontanarsi in fretta. Discorso che non fa una grinza.

Business is business

Come sempre dove c’è curiosità, c’è possibilità di far denaro. A Roswell non se lo sono fatto ripetere e tutto ciò che poteva essere trasformato in vagamente alieno, ha preso quella piega. Dal localino dove far colazione, al ristorante, al supermercato, alla pompa di benzina, tutto è stato dotato di simbologia extraterrestre.  E l’isteria aliena continua, con qualche alto e basso. Gli appassionati continuano a proliferare, hanno le loro convention, a cui invitano sempre gli alieni a palesarsi. Chissà forse qualcuno finalmente lo farà e si concretizzeranno gli incontri ravvicinati del terzo tipo. Gli omini verdi di Roswell

Gli omini verdi di Roswell

Credits: Pixabay

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Un santuario del buio

L’inquinamento luminoso è una materia poco discussa ma ben presente

Abbiamo tutti presenti le immagini notturne prese da satellite o da navicelle spaziale della Terra. Le cose più riconoscibili sono le aree che hanno maggiori luci accese, a volte macchie ininterrotte che occupano quasi un intero paese. Non ci rendiamo conto di quanto le luci artificiali mutino il paesaggio ed influenzino la vita di umani ed animali. Ora in Galles una piccola isola diventa un santuario del cielo scuro. Nessuna luce a modificare la visibilità del cielo stellato ed una pacchia per gli uccelli che ritrovano i loro riferimenti. Un santuario del buio

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Un nome quasi impronunciabile

Si chiama Ynis Enlli, la minuscola isola gallese, dal nome quasi impronunciabile, ad essere il primo Santuario del Cielo Nero d’Europa. (Dark Sky Sanctuary) la definizione internazionale del sito. Sono appena 17 i luoghi in cui viene dato pieno rispetto al buio, un luogo in cui tutti gli studiosi possono fare osservazioni senza interferenze. Cieli stellati affascinanti che riescono ad emozionare, come probabilmente hanno fatto per millenni i nostri progenitori.

Un fazzoletto di terra

L’isolotto di appena 2,5 km di lunghezza e 800 metri di larghezza ospita solo due persone. Anche se in estate subisce una invasione di ben 12 persone. L’isolotto si trova a 3 km dalla penisola di Llŷn, nel nord-ovest del Galles. L’isola è protetta dall’inquinamento luminoso della terraferma da una collinetta di 200 metri, che crea le giuste condizioni di buio. Per poter far parte di questo esclusivo club di luoghi oscuri, occorrono alcuni precisi parametri. Sono aree con un inquinamento luminoso eccezionalmente basso che sono almeno parzialmente accessibili al pubblico. Sono tra i luoghi più bui del pianeta.

Le luci di Dublino

Il luogo più vicino che potrebbe creare inquinamento luminoso è Dublino, sul lato opposto del Mare d’Irlanda ad oltre 100 km. L’isola è un paradiso naturalistico che ospita una grande colonia di berte notturne. Sono uccelli che per tornare al nido, viste le abitudini notturne, hanno bisogno di stelle ben visibili. Procellarie, gufi ed alcuni roditori, sono endemici. L’isolotto è stata sede di monasteri tanto da essere nota come l’isola dei 20.000 santi, ed era luogo di pellegrinaggio. Con l’abbandono dei monaci è diventata sede di predoni e pirati, nel tempo sostituiti da pescatori e contadini, fino all’attuale spopolamento.

Un faro killer

Sull’isola esiste un faro a base quadrata che ha causato migliaia di vittime tra gli uccelli, sia stanziali che migratori. La luce bianca disturbava e stordiva, da alcuni anni è stata sostituita da una luce rossa, e gli incidenti sono immediatamente crollati. Un esempio che dovrebbero seguire altri fari. L’inquinamento luminoso è in aumento e non disturba solo la fauna selvatica. Sono molti gli umani che sviluppano disturbi del sonno, legati alla eccessiva luminosità notturna. Un santuario del buio.

Un santuario del buio

Credits: Pixabay

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La torta te la stampo in 3D

Un dolce disponibile con una semplice stampante pronto in pochi minuti.

Gettiamo altra benzina sulle preoccupazioni di tuti coloro che avversano le innovazioni. Le stampanti 3D stanno diventando relativamente popolari, ed il loro impiego è molto variegato. Ora un team di ricercatori ha spostato i limiti noti un poco oltre, utilizzando la tecnica in cucina. Una cheesecake ha preso forma grazie ad un mix di ingredienti che sono i classici elementi della ricetta tradizionale. La torta te la stampo in 3D

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Non tradizionale

Ciò che non è tradizionale è il metodo. Dopo aver acquistato gli ingredienti li hanno sminuzzati, riducendoli a forma liquida o semi solida per poter essere “iniettati” sul piano di lavoro e creare la torta. Sono serviti molti tentativi per trovare i giusti livelli di consistenza degli ingredienti, ma alla fine il risultato è stato eccellente. Non abbiamo potuto assaggiarla perciò ci limitiamo a giudicare l’aspetto esteriore. I ricercatori giurano che era buona, anche se differente, da quella cucinata da nonna, indubbiamente commestibile.

Sette ingredienti

La ricetta si basa su sette ingredienti: pasta di cracker Graham, burro di arachidi, marmellata di fragole, nutella, purea di banana, ciliegie candite e glassa. Sono stati tutti ridotti per poter essere contenuti nelle siringhe utilizzate dalla stampante. Le linee sottili degli ingredienti si sono sovrapposte, fino a creare la cheesecake. Unico escluso la base di crackers con burro e acqua, realizzata con un robot da cucina. L’intero processo è terminato in mezz’ora.

Lo avremo tutti

Sarà l’ennesimo elettrodomestico che tutti vorremo avere o resterà un curioso oggetto da dimenticare rapidamente? Sembra poco probabile che una stampante 3D diventi un “must” della nostra cucina, ma potrebbe interessare i locali pubblici per rinnovare costantemente le fette di torta nelle loro vetrinette. Anche la NASA sta studiando la possibilità di utilizzare questa tecnologia per i viaggi nello spazio. Già esistono carni, verdure e formaggio realizzati con le stampanti, mancavano i dolci, prossimo step la frutta.

Mancano i ricettari

Al momento la tecnologia esiste, gli ingredienti pure, ma mancano le ricette ed i trucchi per realizzarle, se volete creare una start-up apposita, avete campo libero. Non mancheranno i detrattori della nuova tecnologia, ma qualcuno potrebbe trovare soluzioni accattivanti che la renderanno ancor più semplice. Per gli igienisti potrebbe rivelarsi un vero toccasana, il cibo non verrebbe manipolato, e tutto si svolgerebbe nell’ambiente asettico in cui funziona la stampante 3D. La torta te la stampo in 3D

Credits: Jonathan BlutingerColumbia Ingegneria

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Esportare la felicità finlandese

Puoi partecipare ad una “Masterclass di felicità” di 4 giorni in Finlandia

La Finlandia si è classificata come nazione più felice del mondo per il quinto anno consecutivo. Oramai è un fatto consolidato e anche se molti sollevano un sopracciglio pensando al grande numero di suicidi ed alla piaga dell’alcoolismo, è indubbiamente vero. Ma i finlandesi non sono “avari” e vogliono condividere questo atteggiamento. Misurare la felicità è complicato, forse il miglior modo per comprendere di cosa si tratta è viverla personalmente. Esportare la felicità finlandese

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Visit Finland

Visit Finland è l’ufficio turistico nazionale ed è fa promotore di questa opportunità. Mette a disposizione di 10 persone una “masterclass” che si terrà al Kuru Resort. Il seminario avverrà dal 12 al 15 giugno e svelerà i segreti di questo buonumore nazionale. Come mai i poco più di 5 milioni di abitanti sono cosi appagati? Le spiegazioni non sono semplici perché sono frutto di molte “contaminazioni o coincidenze”. Innanzitutto la sobrietà con cui affrontare la vita, l’essere saldamente predisposti a tenere i piedi a terra. Il contatto con la natura, facilitato dall’enorme territorio e dalla scarsa popolazione. Cibo e benessere, e uno stato che è veramente al fianco dei cittadini.

Equilibrati e pacati

I finlandesi vogliono condividere la loro pacatezza. Sono celebri per non essere vistosi conversatori, prendono le cose con la giusta calma e questo rimuove molto stress. I parametri che misurano la felicità sono 6: PIL, aspettativa di vita, generosità, sostegno sociale, libertà e corruzione. Il report sulla felicità mondiale lo calcolano grazie a sondaggi internazionali che interessano oltre 150 paesi. Il nord Europa domina le prime posizioni della classifica. Paesi, anche molto solidi economicamente, invece, si classificano in posizioni intermedie o basse. Gli Stati Uniti ad esempio sono solo al 16° posto, mentre l’Italia è al 33°.

Esportare la felicità finlandese

La politica ha una grande importanza

Il sostegno sociale, la generosità reciproca e l’onestà nel governo, sono fondamentali per il benessere. Questo è uno dei postulati della scala Cantril utilizzata per la misurazione. I nostri politici dovrebbero prestare attenzione e dare esempio della loro qualità del buon vivere. Dovrebbero essere attenti al benessere dei cittadini e non alla distribuzione del potere a parenti ed amici. Proprio per questo la classifica ci relega in posizioni molto lontane dalla vetta.

Candidarsi on line

Chi vuole candidarsi onIine lo può fare antro il 2 aprile. Basta riempire un semplice modulo e pochi altri passaggi con la creazione di contenuti da condividere in rete sui social media.  Il tema è quello di dimostrare l’aspirazione a svelare la propria “finlandesità interiore” e la motivazione per partecipare al seminario. Per tutti coloro che non potranno vincere il soggiorno, c’è la possibilità di assistere alla masterclass online. Condividere lo stato d’animo interiore finlandese potrebbe essere il modo di raggiungere nuovi vertici di felicità. Sul sito di Visit Finland trovate tutti i dettagli. Esportare la felicità finlandese

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Credits:Pixabay e samihatonen

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Berreste un vino senza etichetta?

Sembra una provocazione ma ha una sua solida ed etica praticità

Una casa vinicola australiana sta sperimentando una soluzione minimalista che riguarda tutta la catena del packaging del vino. Invece di puntare su etichette che colpiscano occhio e fantasia le ha ridotte ai minimi termini. Tutto è condensato sul tappo. Una soluzione che è applicabile solo con un tappo a vite, che offre una superficie stampabile maggiore del tappo di sughero. La capsula che ricopre gabbietta e sughero normalmente, non potrebbe funzionare, perché una volta aperta, la bottiglia diverrebbe completamente anonima. Berreste un vino senza etichetta?

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Avere tutto sul tappo

Avere tutte le indicazioni di legge è invece possibile se il tappo è a vite. Soluzione che in Europa non è gradita per motivi di storia, tradizione ed abitudine. Il tappo a vite consente di ridurre l’impatto ambientale e rendere più sostenibile la catena dell’imballaggio. Nessuna etichetta tradizionale, quindi niente carta, niente colori, niente stampa e nessun collante. Molta sobrietà nel progetto australiano, che prevede di riportare sul tappo ogni informazione necessaria.

Dove come quando perché

Si possono ricavare tutte le informazioni necessarie direttamente sulla sommità della bottiglia, che così rimane “nuda”. Logo, marchio, uve, località, annata sono tutte presenti e leggibili, e se si vuole approfondire un pratico QR Code consente di viaggiare in rete. Oltre alla praticità delle informazioni condensate in cima alla bottiglia, Crate contribuisce alla sostenibilità anche con l’imballo. I box sono realizzati con carta riciclata e recano il claim: “Il nostro pianeta conta più del nostro imballaggio”.

berreste un vino senza etichetta

Anche il vetro è etico

Proviene da bottiglie riciclate il vetro utilizzato per imbottigliarlo. Inoltre il vino viene venduto solo a casse, in modo da ridurre il peso dell’impronta carbonica legata ai trasporti. Il vino è frutto di un accordo tra piccole aziende che reinvestono i ricavi nelle loro aziende e favoriscono l’economia locale. Una summa di azioni etiche che va nella direzione di fare impresa in modo sostenibile e che favorisce la salute del pianeta.

Potrebbe funzionare

Potrebbe funzionare anche qui, ma nutriamo forti dubbi. Mentre le varie strutture agricole nazionali si accapigliano per decidere se le eventuali etichette di pericolosità verranno approvate, l’Australia ha dato una indicazione molto precisa. Il futuro potrebbe passare proprio dalla miniaturizzazione delle indicazioni in bottiglia. Intanto Crate, prodotto da Fourth Wave Wines di Charleston, nel Nuovo Galles del Sud, ha spiazzato tutti. Altre direzioni a cui si rivolgono le aziende vinicole sono i contenitori in alluminio, sinora destinati ai vini senz’alcool o alle bibite energetiche.

Riuso

Gli imballaggi che possano facilitare il riuso sono studiati con attenzione. La consegna dei vuoti dietro cauzione, sta diventando una realtà, così come l’eventualità di poter fare il refill. Ogni azione volta a contenere l’impatto ambientale, viene sezionata in tutti i pro e contro. Il mondo del vino, anche se sembra legato a un passato millenario, molto codificato, è in evoluzione. Vedremo quale direzione prenderà, ma temiamo che non torneremo al consumo direttamente dalle anfore. Berreste un vino senza etichetta?

Credits: Crate, Fourth Wave Wines

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Yakutsk la città più fredda del mondo

Le temperature invernali a Yakutsk sono arrivate ben altre i -40 C per diversi giorni

Dici Russia, Siberia e immediatamente pensi “cavolo che freddo!” Come fanno a vivere lì? Bella domanda, che i locali non si pongono più. Hanno un’esperienza secolare di come sopravvivere al grande freddo siberiano ma stavolta qualcosa di diverso è successo. Le temperature sono arrivate molto al di sotto di quelle usuali, e stanno creando problemi. A Yakutsk, nella provincia di Sakha arrivare a -20 è considerato normalissimo. Ma occorre usare molti accorgimenti se si vogliono evitare guai. Arrivare a -40 è inusuale anche a queste latitudini, dove l’abbigliamento di norma è composto da un numero di strati difficile da immaginare. L’effetto cipolla è garantito, e per i più pruriginosi, immaginare di spogliare qualcuno/a per arrivare fino alla pelle nuda è una vera impresa. Yakutsk la città più fredda del mondo

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Un abbigliamento consono

Serve un abbigliamento consono fatto di molti strati di vestiti, sciarpe, guanti, berretti, cagul, colbacchi e creme grasse. Le creme servono perché se si esce, è bene ricordare che il freddo anestetizza la pelle e se non la si protegge la congelerà. Nemmeno un centimetro deve essere esposto al naturale. Tra l’altro c’è pure poca possibilità di vedere, a causa di una nebbia ghiacciata che impedisce all’aria calda di salire. Una fastidiosa nebbia che accompagna tutta la giornata, ovattando tutto e inghiottendo il paesaggio. Come colonna sonora avrete il rumore di fondo dei motori delle auto che sono in funzione giorno e notte, per impedire che i motori vadano in blocco e si spacchino. Nessun olio e nessun antigelo riesce a proteggerli.

Yakutsk la città più fredda del mondo

Un atteggiamento stoico

Chi vive qui ha un atteggiamento stoico. Dicono “se vuoi vivere qui devi adattarti e non badarci troppo. Fa freddo ma è più un atteggiamento mentale, una volta che lo hai compreso non lo senti più. È così e basta, il freddo è ovunque, inutile sprecare energie”. A vedere alcuni di loro sembra veramente che potrebbero pure uscire a petto nudo a -40. Non battono un ciglio, mentre noi ci contorciamo dal freddo e cerchiamo di riscaldarci fregandoci le braccia, loro restano immobili. Probabilmente hanno ragione loro, consumare energie con questo freddo mostruoso è perfettamente inutile.

Perché vivono qui

La città non offre granché, perciò ci si chiede cosa li trattenga qui. Sono gli stipendi, Yakutsk è una città mineraria ed ha bisogno di forza lavoro, perciò è possibile guadagnare molto più che in altre località. Gli stipendi sono alti e compensano dalle difficoltà create dal freddo eccessivo. Le possibilità di spenderli sono poche, perciò lavorare qui per pochi anni consente di risparmiare per poi trasferirsi in aree più miti. La vastissima Siberia è decisamente poco ospitale, ma nel sottosuolo ha ricchezze inestimabili. Le materie prime sono ciò su cui punta Putin per mantenere il proprio esercito in guerra. La Russia, non è una nazione di trasformazione, i suoi prodotti sono poco appetibili, perciò basa la sua economia sulle risorse minerarie ed energetiche. Ora che gas e petrolio non possono contare sul mercato europeo i minerali diventano ancora più importanti.

Yakutsk la città più fredda del mondo

La curiosità e l’incoscienza

Qui arrivano anche turisti che vogliono sfidare il freddo e se stessi. Una sorta di turismo estremo per scoprire il proprio grado di sopportazione o di incoscienza. I danni da congelamento per chi non è strutturato e preparato possono essere molto seri. Ma l’avventura come sempre attrae, è nell’animo umano tentare di esplorare i propri limiti. Aver visitato, anche se solo per poche ore o giorni, la città più fredda, fa curriculum per chi ama osare.

Scienziati al lavoro

Il permafrost è la base su cui è costruita la cittadina. Il terreno resta ghiacciato tutto l’anno ma il riscaldamento climatico è arrivato anche qui, nonostante il gran freddo di quest’anno. Il ghiaccio che si scioglie trasforma tutto in un gran pantano fangoso che svela i suoi segreti. Qui sono stati svelati molti dei segreti del mammuth lanoso grazie ai reperti scongelati. Gli scienziati stanno facendo ricerche e quasi ogni giorno rintracciano altri resti. Qui sorge il museo dei Mammuth, una struttura unica nel genere, una galleria sotterranea mostra i fossili nella collocazione originaria. Ovviamente tutto rigorosamente sotto zero.

Palafitte e instabilità

Il permafrost costringe a vivere in costruzioni che sono moderne palafitte. Il terreno cede improvvisamente a causa del disgelo e le case non godono di una perfetta stabilità come potete immaginare. Le fondamenta se ne vanno e con loro scivola pura l’abitazione. Se amata il bricolage potrete trovare interessante visitare i garages e le cantine dei residenti. Scoprirete che tra gli attrezzi necessari, come lime, trapani, martelli e cacciaviti, potrebbero esserci lanciafiamme e pistole spararazzi. Ciò che serve se resti in panne con l’auto e per farti trovare in pochi minuti, prima di diventare a tua volta un reperto congelato. Yakutsk la città più fredda del mondo

Yakutsk la città più fredda del mondo

Credits: Pixabay

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Thor il tricheco in tournée

Evento abbastanza raro ma i trichechi scendono sempre più a sud forse per colpa del cambiamento climatico

È già accaduto altre volte, anche se di rado, di trovare un tricheco comodamente spiaggiato a riposare sulle coste europee. L’ultimo caso è quello di Thor, un maschio di circa 5 anni che probabilmente è partito dall’atlantico canadese per raggiungere Groenlandia, Islanda e Inghilterra. Ha eletto a residenza momentanea alcuni porticcioli dove è diventato una star dei selfie e idolo dei bambini. Sono due anni che nuota in acque relativamente calde rispetto a quelle che preferisce. Un lungo viaggio che lo ha spossato. Thor il tricheco in tournée

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In Islanda nuovamente

Ha lasciato l’Inghilterra ora e si è diretto verso acque più fredde, è stato infatti localizzato in Islanda. È un mammifero di grandi dimensioni che può arrivare ai 3,5 metri di lunghezza e al peso di 2 tonnellate. Per raggiungere queste dimensioni deve nutrirsi bene e forse ha seguito banchi di pesci per recuperare il suo “peso forma”. Non è certo cosa lo spinga a lasciare le acque fredde dell’Artico, dal momento che è adatto ad affrontare climi rigidi. Il suo enorme strato di grasso lo protegge tra i ghiacci, mentre lo ostacola in climi più caldi.

 Nella lista rossa

I trichechi sono inclusi nella lista rossa delle specie minacciate. Dovrebbero essere presenti solo 110mila esemplari sul pianeta, una quantità non tropo cospicua. La minaccia principale per loro è che il riscaldamento globale, porti a mutare le condizioni vitali nelle aree più a nord. Già foche ed orsi bianchi sono in grave sofferenza, anche i narvali che di solito vivono sotto ai ghiacci della calotta artica si sono spostati a sud. Gli orsi bianchi non riescono a nutrirsi a sufficienza e si avvicinano sempre più ai centri abitati, creando conflitti con gli umani.

Thor il tricheco in tournée

Thor il giovanotto

Forse Thor s’è preso il suo anno sabbatico per fare esperienze. È ancora giovane e relativamente “piccolo”, solo 8 quintali, probabile che si senta avventuroso e desideroso di conoscere di più di cosa offre il mondo. La speranza è che non si renda responsabile di guai. Un altro tricheco vagabondo è stato soppresso in Norvegia, perché si era reso pericoloso. I trichechi amano restare immobili al sole per ritemprarsi, ma a volte scelgono barche come luoghi isolati dove stendersi. In molti casi nel tentativo di salire a bordo le sbilanciano e le affondano. Un tricheco vagabondo, che era arrivato in Irlanda, ha avuto a disposizione un pontone tutto suo, per evitare che affondasse altre imbarcazioni

Solo selfie

La speranza è che Thor decida di essere solo il protagonista di molti selfie e che trovi una giusta collocazione. Il viaggio che ha ripreso verso l’Artico sembra un buon segno, ma i biologi marini sono preoccupati perché non comprendono cosa causi queste migrazioni. Fortunatamente al momento sono casi sporadici che possono essere legati a molte eventualità. Il timore che i trichechi possano “perdersi” in altri mari comprometterebbe anche la loro possibilità di riprodursi. Thor il tricheco in tournée

Credits:Pixabay

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I super maiali canadesi sono peggio dei cinghiali

Sono maiali che sono fuggiti dal controllo umano e si sono inselvatichiti

Sono una grandissima minaccia per umani e animali. Seguono i percorsi che gli agricoltori tracciano con le loro culture. I super-maiali trovano splendidi pranzetti già pronti nei campi curati e nessun nemico a contrastarli. Mentre in Italia si cercano soluzioni per fermare i cinghiali che trovano facilmente cibo nelle nostre città, altrove lottano con mostri da 150, fino a 300 chili. I cinghiali che scorrazzano nel nostro territorio sono di origine dell’Est Europa. Sono di piccola taglia ed hanno saputo occupare tutti gli spazi lasciati liberi dai cinghiali autoctoni, molto più grossi e pesanti. Negli Usa ora temono una invasione dal Canada. I super maiali canadesi sono peggio dei cinghiali

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Maiali selvatici

Sono un problema da moltissimo tempo. I maiali selvatici non esistevano in America, li hanno portati Cristoforo Colombo, ed Hernando de Soto. Quelli che sono sopravvissuti e sono riusciti a fuggire si sono stabiliti in Florida. Hanno formato mandrie, sono inselvatichiti ed hanno cominciato ad espandersi fino a raggiungere il Texas. Raramente presenti anche in altri stadi del sud, sono però molto temuti, dove passano distruggono raccolti e terreni. Attaccano anche gli animali domestici, distruggono gli allevamenti e come ultimo regalo diffondono malattie. Nel 1900 i cinghiali asiatici sono stati importati per la caccia ricreativa, ed anche in questo caso sono sfuggiti al controllo.

Da Nord a Sud

Ora la situazione sembra sul punto di esplodere, ma per le regioni a Nord. La probabilissima invasione arriverà dal Canada dove si sono sviluppate mandrie di “super-maiali”. Sono molto più grandi dei corrispettivi cinghiali, con cui si sono ibridati. Sono molto più intelligenti, sono forti e massicci e sono degli ibridi con un enorme potenziale distruttivo. Gli stati del Nord degli Usa ospitano colture estensive, soprattutto di mais, colza, orzo e grano, e non hanno nessun confine visibile. Ai super maiali non sembra vero di poter avere un così facile accesso al cibo, perciò sembra inevitabile una discesa verso le regioni coltivate.

I super maiali canadesi sono peggio dei cinghiali

Quasi 6 milioni

La stima degli etologi è di circa 6 milioni di capi probabilmente sono anche in numero maggiore. Hanno cominciato a presentarsi nelle aree rurali coltivate circa trent’anni fa e da allora le visite “sgradite” sono diventati eventi comuni. Hanno sviluppato una tecnica particolare, attaccano velocemente, prendono quello che gradiscono, distruggono il resto e scompaiono. L’ibridazione ha dato vita ad esemplari che in natura si possono definire enormi. Un super maiale è il doppio o il triplo di un cinghiale. Ne hanno abbattuti alcuni di quasi 300 chili.

Una falsa convinzione

In Canada pensavano di poter esenti dal problema, se qualche maiale riusciva a fuggire era condannato a morire. Non sarebbe mai riuscito a sopravvivere alle rigide temperature canadesi. Ma invece ce l’hanno fatta ed ora sono diventati un vero problema. Gli allevatori hanno ibridato varie razze per renderli pesanti e ricchi di carne e così hanno favorito il processo che ha portato a mostri intelligenti e potenti. Il loro peso gli ha permesso di resistere anche al gelo estremo ed hanno imparato a crearsi degli “igloo” scavando gallerie nella neve. Ora stanno cercando di trovare il modo per fermarli, ma non sarà semplice, ed aumenta il timore per le malattie che potrebbero diffondere. Sappiamo come il Covid-19 sia iniziato e non vorremmo si ripetesse. I super maiali canadesi sono peggio dei cinghiali

I super maiali canadesi sono peggio dei cinghiali

Credits: Pixabay