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Un grande vulcano si sveglia in Islanda

Ci sono forti probabilità di un evento eruttivo in Islanda di grande portata

Lo comunica l’Ufficio Metereologico Islandese, ci sono molti segnali di un evento in formazione. I terremoti si sono moltiplicati nella parte sud da oltre un mese, sono ancora relativamente, di piccola intensità, ma sono segnali inequivocabili che la caldera sta riempiendosi di magma. Un grande vulcano si sveglia in Islanda

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Convivere con le eruzioni

Le eruzioni in Islanda sono un evento abbastanza normale, anzi è un paese considerato un perfetto laboratorio di analisi per studiare i fenomeni eruttivi. Le autorità sono spesso costrette ad allontanare curiosi, turisti ed anche scienziati, dalle aree dove si svolgono le maggiori attività. I vulcani affascinano e molti diventano imprevidenti.

Paese di pescatori evacuato

Il magma sembra pronto ad uscire anche nella zona del piccolo villaggio di pescatori di Grindavík, tanto da costringere ad evacuare tutti i residenti. Le rocce fuse si sono mosse in direzione del paesino e non era più possibile assicurare l’incolumità delle persone che vivono lì.

Impossibile prevedere quando accadrà

Prevedere esattamente dove e quando avverrà è impossibile ma i segnali non hanno trovato impreparati i sismologi e gli studiosi di vulcanologia. Le probabilità che il magma fuoriesca proprio dove si concentra l’attività sono molto alte. Al momento il paesino è proprio sulla verticale della caldera e quindi ad alto rischio.

Un grande vulcano si sveglia in Islanda

Viaggi aerei interrotti

La storia dei vulcani islandesi è ricca di esempio, molti funesti per i viaggi aerei. Il vulcano Eyjafjallajokull ha eruttato nel 2010, diffondendo nell’aria una nuvola di cenere. Le ceneri sospinte nell’atmosfera hanno fatto modificare o bloccare molte linee, perché troppo dannose per i motori degli aerei. 

Due placche tettoniche che si sospingono

La conformazione dell’Islanda è molto particolare, è alla congiunzione di due placche tettoniche, un punto relativamente “debole” dove il magma può farsi strada. Il segnale che un evento si sta avvicinando è l’incidenza dei terremoti, a volte di forte entità, che aprono squarci nel terreno. Le recenti crepe nel terreno stanno a dimostrare che qualcosa là sotto sta accadendo. I vulcani attivi in Islanda sono 32

Grandi crepe nelle strade e terreni

Le grandi crepe che hanno tagliato in due le strade hanno reso difficile il rientro dei cittadini per raccogliere i loro averi e soprattutto per portare in salvo gli armenti e gli animali. Le autorità hanno concesso una deroga per rientrare nel villaggio e salvare il salvabile. Le rilevazioni hanno mostrato che la quantità di materiale magmatico presente nella caldera è aumentato ed il rischio sta diventando troppo alto, anche i vulcanologi sono stati invitati a lasciare l’area. Un grande vulcano si sveglia in Islanda

Un grande vulcano si sveglia in Islanda
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Troppo amore fa male

I lucchetti dell’amore stanno creando condizioni difficili in molte aree

Nati per celebrare e confermare un amore eterno i “love locks” (lucchetti dell’amore) sono diventati invisi in alcune città ed aree. Le diverse collocazioni in luoghi ameni, particolarmente belli e significativi per celebrare un patto amoroso, si sono trasformati in problemi difficili da risolvere. Troppo amore fa male

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Parapetti pericolanti

Agganciati a parapetti dei ponti o alle ringhiere dei monumenti sono passati da elogio dell’amore a stress strutturali. il loro peso eccessivo ha messo in difficoltà alcune strutture, i parapetti si sono pericolosamente incurvati sotto al peso di migliaia di lucchetti agganciati uno all’altro con inciso le iniziali o i nomi degli amanti.

Sanzioni per i trasgressori

In molte città sono malvisti e le amministrazioni hanno messo il divieto di continuare ad agganciarli. Anzi hanno intrapreso azioni di rimozione per liberare i monumenti dal peso eccessivo di tutti questi lucchetti, diventate vere montagne di acciaio, rame, bronzo ed altri metalli. Inoltre nel caso dei ponti le chiavi per suggellare il gesto d’amore vengono lanciate nei fiumi sottostanti, procurando altro inquinamento da metalli.

Campagne di dissuasione

Roma, Londra, Venezia, Parigi e molte altre grandi città hanno lanciato campagne informative in quel senso, arrivando anche a mettere sanzioni per i trasgressori. Ma anche questi deterrenti non funzionano sempre. Ora una nuova campagna etologica contro l’uso dei lucchetti dell’amore, sta interessando anche gli Stati Uniti, nel tentativo di salvare i condor.

Troppo amore fa male

Come le gazze sono attirati da ciò che luccica

I grandi uccelli sono attratti da tutto ciò che luccica, perciò le chiavi che vengono nel Grand Canyon vengono ingerite dai grandi uccelli spazzini. Negli stomaci di qualcuno di questi volatili sono stati trovati sia chiavi, monete ed interi lucchetti che erano riusciti a staccare. Il Grand Canyon ha questa fama di luogo estremamente romantico ed affascinante, per questo molti innamorati vi si recano e cercano di lasciarvi un segno..

Da amore eterno a morte

Le chiavi suggellano l’eternità del loro amore, bloccato per sempre con quel lucchetto, ma diventa strumento di morte per i condor. I guardaparco hanno iniziato una campagna informativa in quel senso, cercando di dissuadere gli amanti da agganciare i loro lucchetti. Fanno leva anche sul senso estetico, paragonando l’aggancio alle recinzione ad una forma di saccheggio delle bellezze del luogo. Come se si volesse imbrattare con un graffito o una bomboletta spray un luogo che è di tutti.

A rischio estinzione

I condor sono ad alto rischio estinzione perciò ogni esemplare è prezioso. Perderli per una attività che dovrebbe essere romantica sembra poco ortodosso. I condor californiani hanno il loro habitat preferenziale nell’area del Gran Canyon ma i lucchetti e le loro chiavi non li aiutano. I metalli non possono essere digeriti e ostruiscono gli stomaci degli uccelli. Se ne ingeriscono solo uno possono sopravvivere, ma se ne ingoiano diversi il gioco diventa pericoloso.

Quasi estinti negli anni ’80

La loro alimentazione aveva già rischiato di farli scomparire negli anni ’80 a causa dell’ingestione dei pallini di piombo che ingerivano con le carcasse degli animali colpiti ma non recuperati dai cacciatori. l’avvelenamento da piombo aveva ridotto la loro popolazione a soli 22 esemplari. Con una buona campagna di ripopolamento ora circa 400 condor volteggiano sul sud della California. 

Niente metalli di piccole dimensioni

I ranger chiedono di prestare molta attenzione nel lasciare all’aperto rifiuti che contengono metallo come tappi di bottiglia o simili. I condor raccolgono gli oggetti luccicanti e li portano al nido dove i piccoli rischiano di morire anche per un solo elemento metallico. I condor hanno una vita riproduttiva molto lenta e perdere nidiacei per una chiave sarebbe davvero triste e complicherebbe la loro esistenza. Troppo amore fa male

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Pics: Pixabay

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Abbattuto il sicomoro di Robin Hood

Forse per una bravata uno dei monumenti arborei più famosi è stato segato

Cresceva accanto al Vallo Di Adriano, il sistema di difesa e osservazione costruito nel nord dell’Inghilterra. Era un muro di mattoni e terreno lungo 120 chilometri con postazioni di osservazione per garantire la sicurezza dalle scorribande dei Pitti, gli attuali scozzesi. Fu un lavoro immane che durò almeno 6 anni con l’impiego di oltre 15.000 persone, un enorme sforzo umano. Il sicomoro era diventato uno dei simboli di quell’area ed era un luogo iconico. Abbattuto il sicomoro di Robin Hood

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Punto chiave di osservazione

Per la sua posizione al centro di un avvallamento era divenuto un punto chiave dove osservare il celebre Vallo. Con la sua robusta eleganza arborea, incorniciata dalle colline ero lo sfondo perfetto per moltissime foto e selfie. Aveva anche un aspetto romantico e sentimentale, molte persone qui hanno ricevuto o fatto la loro proposta di matrimonio.  C’è anche chi ha chiesto che le sue ceneri venissero disperse all’ombra delle sue fronde.

La polizia ha fermato un ragazzo

La polizia del Northumberland sta indagando su chi possa aver compiuto lo scempio. Al momento hanno messo in stato di fermo un ragazzo si 16 anni che potrebbe essere l’autore. Però la polizia ritiene che il taglio sia assolutamente professionale e forse un sedicenne non avrebbe l’esperienza sufficiente per portarlo a termine. Forse il tutto è nato da una bravata di qualcuno che aveva bevuto troppo.

Grande rabbia

Le indagini proseguono mentre aumenta la rabbia di tutti coloro che conoscevano il sicomoro e che hanno passato tempo sotto o accanto ai suoi rami. Era una meta di picnic o di sessioni fotografiche diurne e notturne, ed era diventato una vera icona arborea. Era cresciuto spontaneamente per alcuni secoli e abbatterlo non aveva alcun senso. Il sindaco della località non si da pace per lo scempio portato alla sua comunità.

Abbattuto il sicomoro di Robin Hood

Una sola motosega

Per sbatterlo avrebbero usato una motosega, che sarebbe stata maneggiata con grande abilità. Il sicomoro era uno degli alberi più fotografati d’Inghilterra e lascia un vuoto molto più ampio di quello che possiamo immaginare. Era chiamato il sicomoro di Robin Hood e a lui erano legate leggende e storie degne di un fantasy. Era diventato anche “albero inglese dell’anno” nel 2016.

Amato e rispettato

In fondo era solo un albero, ma apparteneva alla comunità, era amato, rispettato e simboleggiava la passione per il verde e per la natura incontaminata. Forse proprio queste essere così iconico ha portato alla sua fine prematura. I simboli sono sempre a rischio di essere abbattuti, rovinati o frantumati, sia per dileggio che per avversi pensieri. 

Piantarne un altro o lasciare il vuoto?

Il sindaco vorrebbe piantare un altro sicomoro nello stesso luogo, ma qualcuno ritiene che sia corretto lasciare vuoto lo spazio dove cresceva. Vedremo quale corrente vincerà, certo ci vorrebbero secoli per sostituirlo decentemente, in attesa che un altro idiota, dotato di motosega, decida che il panorama gli piace più spoglio e lo abbatta nuovamente. Abbattuto il sicomoro di Robin Hood

Credits: Northumberlandnationalpark

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Una cantina con fontane di vino

Scoperta in una villa romana vicino alla via Appia una organizzatissima cantina lussuosa.

Una costruzione che fa pensare ad una attività commerciale e ludica legata alla vendemmia e al suo festeggiamento, è stata scoperta vicino a Roma. L’anno chiamata Villa dei Quintili, dal nome della gens che l’avrebbe costruita. Erano una famiglia ricca che aveva importanti ruoli di potere, servirono infatti come consoli romani attorno al 150 D.C. Una cantina con fontane di vino

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Espropriati da Commodo

Le loro fortune s’interruppero bruscamente quando l’efferato imperatore Commodo decise di eliminarli fisicamente e d’impossessarsi delle loro proprietà. Era una villa che poteva definirsi una mini città dotata di servizi essenziali e di molte comodità come un centro termale ed un teatro. Probabilmente era un luogo di delizie e di rappresentanza.

Un lusso esagerato per una cantina

Molta curiosità ha riservato il ritrovamento di una cantina che potremmo definire lussuosissima lastricata di marmi e ceramiche, con tre vasche per la pigiatura. Il luogo è talmente bello e curato, per essere una cantina, da far pensare ad un luogo destinato ad uno spettacolo rituale in onore della vendemmia. Forse fu lo stesso Commodo ad ordinare che fossero costruite in modo da rappresentare la sua ricchezza.

Pavimenti e condotte in marmo 

La scelta dei pavimenti in uno scivolosissimo marmo rosso, s’immagina vada in quella direzione, più una cantina dimostrativa che veramente produttiva. Dalle vasche di pigiatura il mosto sgorgava attraverso canali di marmo verso l’esterno dove confluiva in grandi tini dove poteva fermentare. Una festa per gli enologi e gli invitati del tempo che potevano servirsi direttamente da quelle canalizzazioni, in cui i Romani erano maestri come dimostrano i loro acquedotti.

Una cantina con fontane di vino

Sale per banchetti

La Villa Quintili era dotata di svariate sale per i convivi e banchetti, questo fa immaginare che fosse una località destinata ad essere un luogo di divertimenti. La ricchezza dei pavimenti con intarsi di svariati marmi supporta questa teoria. La curiosità riguarda piuttosto il fatto che, in loco, non si ricordino vigneti di particolare valore e che la cantina fosse una dimostrazione di ricchezza anziché una efficiente azienda vitivinicola.

Vino costoso ed esportato ovunque

Il vino era molto costoso e chi lo commerciava possedeva sicuramente buone rendite. Probabilmente i proprietari delle vigne festeggiavano copiosamente l’inizio della stagione della vendemmia che riempiva i loro tini e donava nuova consistenza ai loro capitali. i vini laziali e campani erano celebri e venduti in tutto il bacino del Mediterraneo grazie alla grande flotta commerciale e all’ottima rete stradale che i Romani avevano saputo costruire.

Cultura enoica 

La cultura enoica che seguiva le rotte commerciali romane aveva influenzato molte delle società e delle popolazioni con cui interagiva. Il vino era allo stesso tempo rituale laico e religioso. Non poteva mancare nei banchetti e nei doni agli dei. Molto vino è stato utilizzato nei secoli con scopi medicamentosi, accrescendone così l’importanza e la ricchezza morale, togliendo in parte la patina negativa legata all’ebbrezza. Una cantina con fontane di vino

Una cantina con fontane di vino
Una cantina con fontane di vino

Credits: Pixabay, unknown

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Come salvare il cioccolato più ambito del mondo

Piante di cacao creduto perduto per quasi un secolo è stato ritrovato in una sperduta valle del Perù

Nelle foreste pluviali dellEcuador, cresceva un cacao dal sapore sorprendentemente buono. Morbido, setoso e dal ricchissimo di sapore, era e usiamo il passato, il preferito di alcuni cioccolatieri disposti a pagare prezzi da capogiro per averlo.Era il celebrato Nacional coltivato già da oltre 5.00 anni. Come salvare il cioccolato più ambito del mondo

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il vero cioccolato da intenditori

Il Cioccolato con la C maiuscola, veniva coltivato in diverse aree interne dell’Ecuador.  Gli europei crearono nuove piantagioni più vicine alla costa, circa un secolo dopo che Cristoforo Colombo aveva “riscoperto” le Americhe. Non possiamo fare congetture su dove e come la malattia si propagò, ma queste splendide piante di cacao, vennero colpite dal marciume gelido, che le fece morire tutte. Un vero disastro ecologico e gastronomico.

Una fama meritata

Grazie al sapore intenso questa varietà di cacao divenne velocemente famosa. Potremmo dire che l’economia del paese venne sospinta quasi solo dal Nacional, grazie all’esplosione di richiesta proveniente dall’Europa. Amburgo era il porto in cui si svilupparono quasi tutti i commerci relativi al cioccolato tra 800 e inizio ‘900, e il Nacional era il più gradito. 

Un secolo fa la scomparsa

Nel 1919 sembrava che tutte le piante fossero scomparse e il raccolto fosse quasi azzerato. Una leggenda voleva che alcune piante si fossero salvate in una valle sperduta nel Perù. Una ricerca a tappeto degna di Indiana Jones, ha coinvolto migliaia di piante per rintracciare quell’Eldorado. La ricerca ha dato frutti ed ha appurato che la piccola valle esiste veramente. 

Come salvare il cioccolato più ambito del mondo

Cacao Nacional salvo in Perù

A sorpresa, alcune piantagioni di cacao in Perù, non furono colpite così duramente, e alcune piante del Nacional si erano salvate. Questa valle molto isolata è riuscita mantenere in vita, e sani, alcuni degli alberi originali. Esaminando il DNA delle piante più secolari hanno trovato che erano le pro-pro-nipoti delle piantagioni millenarie. Grazie al ritrovamenti di queste piante è iniziato un percorso di recupero di quel cacao prelibato. 

Rimboschire l’Ecuador anche col cacao

Un’associazione ambientalista si era già posta l’obiettivo di ripopolare le zone ecuadoriane divenute incolte. Ora però il progetto si è integrato con quella rinascita, e la collaborazione tra ecologi e coltivatori s’è fatta più forte. Hanno coinvolto una quarantina di famiglie di contadini, per il rimboschimento delle piantine nate dalle vecchie piante di cacao ritrovate. L’obiettivo è contemporaneamente di riattivare il business del cacao e di ripristinare le foreste ecuadoriane

Terreni nuovamente lavorati e curati

I terreni incolti o lasciati al degrado, vengono nuovamente lavorati nella speranza che presto la foresta riprenda i suoi spazi. Il fatto che abbiano resistito alla malattia fa pensare che possano essere diventate immuni e quindi più forti e resistenti. Per facilitare il reintegro delle piante, hanno dato vita a vivai per le piantine che crescono dalle fave originale ed altre piantine vengono ibridate grazie ad innesti

Come salvare il cioccolato più ambito del mondo

Contributi ai contadini

Le famiglie che coltivano Nacional ricevono un contributo per le spese che dovranno sostenere, e per i mancati introiti per gli anni in cui dovranno attendere che comincino a dare frutti. Il Nacional ha una crescita lenta e non fruttifica molto, rispetto ad altre piante di cacao. Ma l’attesa sarà sicuramente remunerata in modo soddisfacente. Per questo le fave di Nacional sono pagate almeno il triplo delle altre. La vendita è garantita e questo aiuta i coltivatori in progetti a lungo termine. 

Proteggere e conservare

La sostenibilità del progetto si sposa con le esigenze di proteggere e conservare l’ecosistema. Il Nacional gradisce i terreni ombreggiati, perciò le piantagioni crescono con altri alberi di alto fusto in grado di produrre ombra e dare cibo e riparo anche alla fauna locale. 

Barrette da vendere in oreficeria 

Le barrette di Nacional (ora rarissime) possono arrivare a costare quasi 500 dollari. Non sareste curiosi anche voi di assaggiare questa delizia? Come salvare il cioccolato più ambito del mondo

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Come impedire agli elefanti di distruggere le fattorie 

Convivere con gli elefanti e ottenerne vantaggi

In Kenia gli elefanti stanno diventando un problema per gli agricoltori. Le fattorie si estendono in aree che un tempo erano selvagge e che consentivano ai pachidermi di muoversi in libertà sui consueti tracciati. Sentieri memorizzati dalle vegliarde capo branco e che portavano a sorgenti o pascoli. Come impedire agli elefanti di distruggere le fattorie

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Sentieri interrotti

Interrompere questi sentieri sta disorientando gli elefanti costretti a mutare i loro percorsi. in queste annate molto siccitose, la ricerca dell’acqua è fondamentale, gli ostacoli rischiano di venire travolti davanti alle esigenze vitali. Sono accaduti incidenti gravi, con abitazioni abbattute mentre i residenti erano ancora all’interno, e villaggi travolti.

Riserve d’acqua recintate

Cisterne d’acqua o stagni recintati, sono stati invasi dagli elefanti che avevano bisogno di dissetarsi. Per rallentare le intrusioni, le cisterne sono state delimitate da rocce appuntite, che impediscono ai grossi piedi dei pachidermi di avanzare senza ferirsi. Ovviamente questo ha innervosito gli elefanti costretti ad allungare i loro percorsi alla ricerca di altre soluzioni per dissetarsi.

Solo 1,5 milioni

In Kenia ci sono quai 1,5 milioni di elefanti, sembrano tanti ma sono una sparuta minoranza se comparata alla loro presenza un secolo fa. Il bracconaggio per ottenere l’avorio ha decimato la popolazione, in tutto il secolo scorso. I confini colabrodo verso Somalia ed Etiopia hanno consentito di ottenere facilmente armi da fuoco, con i quali abbattere i giganti della savana.

Trattati contro l’importazione

Ora, fortunatamente, sono stati siglati trattati che escludono l’esportazione, soprattutto verso la Cina. Il commercio di avorio si è ridotto tantissimo, è quasi scomparso. Se però la domanda dovete aumentare, c’è il rischio che il bracconaggio riprenda per il facile guadagno che consente.

Elefanti di foresta e di savana

Ci sono due tipi di elefanti quelli delle foreste più piccoli e riservati e quelli delle savane, molto più grandi ed intraprendenti. Per fermare le loro “invasioni” sono sorti molti progetti incruenti e naturali che cercano di limitare le loro scorribande. Un metodo consiste in una recinzione di alveari sospesi posti ai confini delle fattorie. Contengono api africane molto più agguerrite di quelle europee. Gli elefanti le temono e non si avvicinano. Se vengono molestate le api attaccano, e la loro pelle nei punti più delicati, come attorno a  occhi, bocca e proboscide, viene punta e provoca forti dolori e gonfiori.

Come impedire agli elefanti di distruggere le fattorie

Impollinazione e miele da vendere

Gli agricoltori oltre a proteggere i loro raccolti, ne traggono vantaggi grazie all’impollinazione e al commercio del miele, un altro mezzo di sostentamento per fattorie che non garantiscono grandi fatturati. Un altro metodo dissuasivo è la recinzione di peperoncino. Agli elefanti non piace, anzi li disturba, perciò ne vengono piantate molte piante attorno alle aree coltivate.

Micro-birrifici per impiegare il miglio

Campagne ecologiche hanno favorito la creazione di micro-birrifici che utilizzano il miglio in eccedenza, per la bevanda più richiesta in Africa, la birra. Acquistano anche a prezzi molto vantaggiosi tutto il miglio prodotto delle fattorie, che così possono autofinanziarsi. Per ottenere questi prezzi di favore, gli agricoltori devono per rispettare dei disciplinari che li invitano a coesistere con gli elefanti, e a rispettare i loro corridoi. Se convivono col loro, ricevono contributi e possono aumentare i loro raccolti e profitti.

Come impedire agli elefanti di distruggere le fattorie

Nessuna costruzione sui sentieri

Devono anche impegnarsi a non espandersi nelle aree più percorse dagli elefanti. A questo scopo è stata tracciata una mappa che raccoglie tutti i sentieri. Su quei territori è vietato costruire altri fabbricati, per evitare ulteriori conflitti. Tutti i sistemi in uso stanno funzionando, api, peperoncino, finanziamenti e luci notturne alimentate da celle solari contribuiscono a permettere una convivenza pacifica, tenendo gli elefanti a distanza dalle fattorie.

Vendute quote di impronta carbonica

Per incentivare ulteriormente gli agricoltori, vengono vendute quote per l’impronta carbonica ad altre aziende. Un emolumento che favorisce i kenioti e li ha convinti a collaborare con questi progetti di salvaguardia e coesistenza. Come impedire agli elefanti di distruggere le fattorie

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La dolce appiccicosa Baklava

Il dolce è una parte importante dell’identità culinaria di così tanti luoghi che molti popoli ne contestano l’origine

Sgombriamo subito il campo, lo troverete al maschile o al femminile, come pasticcino o torta. A noi piace al femminile, ma potete chiamarla il baklava ciò che importa è che sia buona. Tra i luoghi che sicuramente conoscono meglio e prepara meglio la baklava c’è la Turchia. Considerato il dolce nazionale per eccellenza, ha sempre un posto importante al centro delle vetrine delle pasticcerie. L’origine potrebbe essere siriana, Damasco e Aleppo sono tra le città che si contendono il primato, ma è ancora la Turchia ad averne fatto un vero business. La dolce appiccicosa Baklava.

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Pasta fillo come ingrediente particolare

Alla base del celebre dessert, tanti strati di pasta fillo, quasi trasparente e croccante ripiena di noci, sciroppo e miele. L’uso del miele la rende appiccicosa, perciò chi mangia baulava è obbligato a leccarsi le dita. La baklava viene preparata con 10 o 11 strati di pasta fillo, stesa così sottilmente da diventare una velina attraverso la quale si può vedere il mondo. Gli strati vengono ancora sovrapposti a mano, per questo il procedimento è lento e necessità di manualità molto delicata.

Non è un prodotto industriale

Esistono baklava di produzione industriale ma sono riconoscibili per lo spessore della pasta. Nessun turco, greco, afghano, iraniano, armeno o siriano porterebbe mai a casa o in dono, una torta non artigianale. I pasticceri che la preparano hanno bisogno di un training  piuttosto lungo. Un pasticcere in grado di stendere velocemente la pasta senza romperla avrà sempre un mestiere

Lo conoscevano già gli Assiri

Già gli assiri conoscevano un dolce molto simile a questo, perciò le origini si perdono nel tempo. Proprio l’area del loro impero è quella doveva baklava è diffusa e percepita come il dolce base. Il dolce che ti accompagna dall’infanzia fino alla matura età. Le versioni più vicine alle attuali risalgono a 5 secoli fa, quando a regnare era l’Impero ottomano.

La dolce appiccicosa Baklava

Dolce delle feste e prezioso

Era il dolce delle feste e veniva conservato per speciali evenienze. Era il dolce delle festività ufficiali e di rappresentanza. Era costoso perché le materie prime erano “preziose”, miele, zucchero e noci. Inoltre serviva quella speciale abilità per realizzarlo. La baklava ha anche versioni salate o  “meno dolci”. Già i romani ne realizzavano una versione ripiena di formaggio e miele, insaporita con foglie d’alloro, molto energetica.

In dono ai Giannizzeri

I Giannizzeri contribuirono creare il mito della baklava in quanto durante il ramadan a loro erano riservati i vassoi del dolcetto. Era un rito molto sentito a cui seguiva una processione. I cristiani a loro volta interpretarono il dolce nel periodo quaresimale con ben 40 strati di pasta, oppure con 33 strati a rappresentare gli anni di Cristo. Questa tradizione dei 33 strati di sfoglia resiste nella torta pasqualina della tradizione genovese. Anche gli ebrei la servivano in feste rituali. Le più grandi religioni son tutte attraversate dalla dolce appiccicosità di questo dessert.

Tante varianti, spezie e sciroppi

Tipico dolce di corte, ogni rappresentante dell’Impero ottomano portava con se questa tradizione ed essendo un dolce ricco e riservati a nobili e cortigiani, contribuì a donargli un’aura mitica e quasi mistica. Non tutti gli ingredienti erano sempre disponibili e nacquero diverse varianti, la più celebre delle quali è a base di pistacchio. In altri paesi troverete profumi speziati di cannella e chiodi di garofano, in altre al posto delle noci troverete le mandorle.

Il dolce dei ricordi d’infanzia

Per la sua particolare dolcezza la baklava è il dolce dei ricordi d’infanzia. Ogni popolo riconosce nell’armonicità dei sapori del ripieno le proprie origini. Come sempre i greci rivendicano le origini del dolce e la querelle coi turchi è infinita e irrisolvibile, come quella siciliana tra arancino e arancina. Un consiglio se vi offrono baklava, mangiatela, leccatevi le dita e state zitti, non innescate nessuna polemica sul luogo d’origina. La dolce appiccicosa Baklava

La dolce appiccicosa Baklava

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Rintracciato un curry di almeno 20 secoli

E’ un mix di spezie che veniva commercializzato in tutto il sudest asiatico e che è ormai comune in ogni cucina fusion

Un nome inventato che non significa nulla

Il nome curry è stato utilizzato dagli occidentali che acquistavano i mix di spezie per esportarle in Europa. Ne sono state rintracciate tracce in antichi mortai e pestelli con gli ingredienti molto simili a quelli attualmente utilizzati. Il nome deriva dalla contaminazione di un termine tamil “kari” che significa, salsa, condimento. Non identifica un solo elemento ma una fusione di diversi ingredienti, pertanto il curry, come lo conosciamo in Europa, in Asia ha cento nomi diversi. Forse non è la spezia più antica ma sicuramente ci si avvicina. Rintracciato un curry di almeno 20 secoli

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Spezie necessarie per coprire i cattivi odori

Sono stati i coloni europei ad utilizzarlo per primi, per farsi capire dai locali e poterne fare commercio. Indicava qualsiasi pietanza speziata e le relative spezie. La necessità di insaporire le carni in modo da coprire i cattivi odori delle carni e del pesce, in tempi in cui la refrigerazione non esisteva, ne facevano un ingrediente molto gradito. Fu alla base di grandi fortune per le compagnie commerciali come quella delle Indie Orientali.

Da un sito del Sud Vietnam 

Dalle tracce di materie prime contenute negli antichi mortai e relativi pestelli, rintracciati in un sito archeologico del sud Vietnam, i ricercatori sono riusciti a riconoscere almeno 7 ingredienti. La cosa curiosa è che quegli ingredienti sono gli stessi ancora utilizzati oggi per produrre il mix di spezie. Curcuma, chiodi di garofano, zenzero e zenzero in polvere, valanga, cannella, latte di cocco e noce moscata. Attualmente vengono aggiunti altre spezie ma tutti questi sono ancora alla base della ricetta da almeno due millenni.

un curry di 20 secoli

Tanti mortai e pestelli

La presenza di grandi quantità di pietre in cui pestare e mescolare le spezie, ha fatto comprendere che erano sicuramente destinate al commercio, e non all’uso delle piccole comunità locali. La città dove sorgeva il sito archeologico è una in una zona di collegamento tra molte via di accesso terrestre, fluviale e marino. Buoni collegamenti hanno permesso una buona circolazione del curry, in un’area che andava dall’Oceano Indiano a quello Pacifico.

Navi e carovaniere attraverso tutta l’Asia

Alla distribuzione in Medio Oriente pensarono le rotte commerciali europee o le carovaniere che trovavano sbocco sulle coste del Mediterraneo. Il sito era una sorta di collettore di spezie provenienti da diverse aree, ad esempio i chiodi di garofano vengono raccolti sono in un’area ristretta dell Indonesia, ma erano parti della ricetta. Perciò gli ingredienti arrivavano qui, erano lavorati e poi distribuiti ovunque via mare o terra.

Datazioni al carbonio

Le datazioni dei semi e delle sostanze risalgono al 200 A.C. e datano molto più in passato la conoscenza di questa ricetta. Uno dei mix profumati più longevi, ed uno dei più fortunati. Da decenni la cucina etnica si serve di spezie per rendere appetitosi i propri piatti e questa mescolanza di sapori e profumi ha fatto la fortuna di molte cucine, ad esempio la thai, la vietnamita e quella indiana, rendendo decisamente mondiale la sua sfera d’influenza. Rintracciato un curry di almeno 20 secoli

un curry di 20 secoli

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Un nuovo nemico per le Olimpiadi di Parigi

Per timori per la sicurezza la polizia francese vuole spostare i bouquinistes della Senna

I librai sono in rivolta, eliminare uno dei simboli della città delle luci sembra un sopruso. Esistono da secoli e sono uno dei luoghi iconici di Parigi, tra i più visitati e fotografati. Sono circa 4 chilometri di casotti verde scuro che ospitano ogni tipo di riviste, libri, letteratura e curiosità. Un nuovo nemico per le Olimpiadi di Parigi

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Rimuovere tutti i casotti

L’hotel de la ville s’impegna a rimuovere tutti gli stand e collocarli altrove per il periodo delle Olimpiadi e a reinstallarli nella stessa collocazione. I librai temono che sia un modo per eliminarli e chiedere maggiori affitti per il suolo occupato. Temono anche che invece dei 2-3 mesi di sosta, i casotti verranno restituiti solo dopo un anno e magari con i materiali di qualcun altro.

Mercato all’aperto

E’qui un grande mercato all’aperto, probabilmente il più grande del mondo, i casotti sono autorizzati sono 240, sempre aperti in qualunque giorno e con qualsiasi tempo. Il problema della gestione della sicurezza per un evento come i giochi olimpici, resta intatto. Controllare più volte al giorno tutti gli stand sarebbe quasi impossibile.

Nemmeno la guerra

I bouquinistes ricordano che nemmeno i tedeschi riuscirono a farli sgombrare durante la guerra e che proprio molti di loro contribuirono a diffondere documenti utili ai partigiani e nascosero armi per la liberazione. Si considerano una tradizione che non può essere smantellata a piacere.

Inaugurazione dei giochi sulla Senna

L’inaugurazione delle Olimpiadi è stato deciso che invece di avvenire in uno stadio o di un viale avverrà sulla Senna. Saranno 160 imbarcazioni a solcare il fiume e questo complica molto il lavoro per la sicurezza, i casotti sono troppi e la polizia sarebbe troppo impegnata nella sorveglianza. Per questo rimuoverli anche solo per un breve periodo sembra la soluzione più semplice.

Gare di nuoto spostate al chiuso

Liberando le rive della Senna si potrebbe lasciare spazio a moltissimi turisti, tifosi, supporter, curiosi per assistere all’evento ed alle gare. I bouquinistes rivendicano che le condizioni sono mutate, le gare di nuoto che dovevano avvenire nella Senna sono state bloccate per insalubrità delle acque. Il tentativo di rendere la Senna pulita, sono falliti, troppa flora batterica non consente di effettuare le gare in modo salubre.

Chiuso per pochi giorni

Saltato il programma olimpico nelle acque libere del fiume non si comprende tutta la smania di spostare i loro casotti. I bouquinistes sono disposti a tenere chiuso per alcuni giorni in occasione dell’apertura dei Giochi, per facilitare le ispezioni a patto di non doversi spostare baracca e burattini. La diatriba continua e forse non si risolverà prestissimo. 

Business minimo

I bouquinistes non vendono molto, il loro business è limitato, anche perché devono sottostare ad un regolamento specifico. I loro libri e riviste devono essere del 75%, mentre solo il 25% può essere riservato agli articoli e souvenir turistici. Molti lamentano che una interruzione anche solo di un paio di mesi, rischia di metterli sul lastrico. Il governo ha promesso che la rimozione, e ricollocante saranno a loro spese, per evitare esborsi troppo ingenti.

Chi vincerà?

Resta il problema del cambiamento di panorama a cui i turisti e i residenti non sono abituati. La polizia si dice disposta a discutere coi librai che a loro volta lamentano di non essere stati consultati preventivamente e di trovarsi davanti a decisioni calate dall’alto. Come finirà? Sport o cultura? Chi vincerà? Un nuovo nemico per le Olimpiadi di Parigi

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Il turismo diventa disturbante per i residenti

I turisti che visitano le grandi città stanno obbligando a modificare le abitudini dei cittadini locali

Questo avviene un poco ovunque. Le grandi masse concentrate nelle città e nelle località più celebri tendono a modificare il sistema di rapporti tra residenti e turisti. Ma un esempio emblematico di come la situazione possa evolvere in modo negativo, arriva dalla Spagna, da Barcellona. Una delle città abituata a vivere all’aperto, a consumare tapas in piccoli locali con tavolini al servizio dei consumatori. Il turismo diventa disturbante per i residenti

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Tapas sono per coppie e gruppi

I proprietari dei ristoranti e dei locali che servono tapas (i numerosi assaggi, bocconcini o antipasti serviti su fette di pane), si rifiutano di far accomodare i clienti singles. Obbiettivo ovviamente è che ai tavolini siedano turisti, che sono sempre almeno in coppia o gruppo, che sono big spender e sono attratti dall’esperienza di consumare bocconcini gomito a gomito con altri avventori.

Tavoli rifiutati ai residenti

Molti residenti abituati a consumare da soli si sono visti rifiutare i loro tavolini preferiti, perché i camerieri hanno l’ordine di dare spazio ai turisti che accorrono in massa e consumano molto di più. Impossibile anche prenotare per chi pranza, cena, o consuma tapas. La cosa si sta estendendo anche ai ristoranti.

Il turismo diventa disturbante per i residenti

Andare in periferia

Per poter consumare da soli si deve andare in periferia, nelle zone dove i turisti non arrivano o vengono attratti. Una cosa che fa arrabbiare i residenti abituati a muoversi a piedi. Ma i locali più celebri sono ovviamente quelli situati in centro, nella zona delle Ramblas, del Poble Sec, o nelle viuzze della zona medievale. 

Sale l’irritazione

Sta salendo il livello d’irritazione dei residenti catalani abituati a consumare a qualsiasi ora e senza contare il numero di persone con cui lo fanno.  Questa restrizione del loro potere di consumare li sta facendo incavolare. Qualcuno s’è spinto fino ad offrire  denaro extra per compensare l’extra introito dei turisti. Ma sono stati respinti perché creerebbero dei precedenti e i ristoratori vogliono mantenere questa possibilità di maggiori incassi. 

Barcellona ai barcellonesi

I ristoratori preferiscono mantenere una linea che coinvolga tutti i locali per poter evitare che altri si siedano, da soli, ai tavolini. I turisti, da sempre una grande risorsa economica per la città, ora sono invisi ai residenti, che vorrebbero poter proseguire nel mantenere le loro abitudini. Del resto sono barcellonesi e non passanti, e vorrebbero che gli fosse riservato il rispetto dovuto a chi qui vive tutto l’anno. Ma come sempre, il denaro è il discrimine. Il turismo diventa disturbante per i residenti

Il turismo diventa disturbante per i residenti

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