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Gli Italiani spendono meno e meglio

Gli Italiani spendono meno e meglio

Sono meno fedeli ai punti vendita, ai brand e cercano le offerte

I consumatori italiani cercano di fare fronte al diminuito potere d’acquisto, con scelte più calibrate. Eliminati o ridotti gli acquisti superflui, maggiore attenzione alle offerte a tempo limitato e a tutti i benefit che possono far ottenere sconti. I timori di una inflazione che possa rivelarsi galoppante sono rilevanti. L’attenzione ai rincari e alle strategie di marketing (shrinking) ha mantenuto alto l’interesse verso i prodotti che hanno mantenuto una linea di prezzo costante. Gli Italiani spendono meno e meglio

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Sconti prima di tutto

Tutto ciò che è scontato attrae, mantenere il carrello pieno ed ancora qualche euro nel portafoglio o nella credit card è l’interesse primario. Non tutti riescono a comprare tutto ciò che desiderano e scegliere bene è diventato un vero esercizio di economia applicata. L’economia domestica, derisa per decenni, torna a diventare un tema di cui dibattere.. Eliminati gli extra e controllate le offerte, l’altra leva più utilizzata sono i programmi fedeltà. Consentono scontistiche supplementari affidandosi a prodotti di private label (a marchio della catena).

Saggezza nello spendere

Si compra ciò che è indispensabile, soprattutto per bambini e anziani, mentre gli adulti fanno alcune rinunce. Per formaggi e salumi, ove possibile si ricorre alle private label, gli alcolici hanno subito i tagli più consistenti. Una diminuzione preoccupante riguarda frutta e verdure, articoli necessari per una buona salute e una dieta corretta. I recenti guai climatici con le alluvioni in Emilia-Romagna, aree di grandi produzioni orticole e frutticole, aggiungono preoccupazioni per ulteriori rincari.

Gli Italiani spendono meno e meglio

Stesso supermercato ma

Gli italiani mantengono la fedeltà alle strutture commerciali abituali. Frequentano le stesse catene di supermercati, ma cambiano gli articoli acquistati. C’è uno spostamento verso le gamme di prodotto medio o basso. Tutto in funzione di un risparmio abbastanza consistente da permettere di riempire il famoso carrello. Il rapporto qualità/prezzo è tenuto sempre in maggior conto e si programma meglio.

Anche in cucina

Anche in cucina le cose stanno cambiando. Le insistenti campagne per l’utilizzo di tutte le risorse e l’uso degli avanzi, anche grazie a ricette apposite, stanno funzionando. Anche nei prossimi mesi gli italiani continueranno a mantenere alta quest’attenzione ai prezzi.  Cambiano le abitudini anche rispetto ai marchi e brand, meno rispettati e riveriti. I prodotti di fascia simili ma con minore prezzo sono diventati molto attraenti.

Gruppi d’acquisto e mercati contadini

Chi può si rivolge ai mercato rionali e contadini, direttamente dal produttore al consumatore. Saltando tutta la filiera intermedia ed i costi di imballaggi e trasporti. Anche i gruppi d’acquisto che consentono sconti consistenti e supportano il lavoro degli agricoltori, godono di buona salute. A rilevare maggiormente gli aumenti dei costi sono le donne, in percentuale quasi doppia rispetto agli uomini, forse meno accurati nel fare gli acquisti. Gli Italiani spendono meno e meglio

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Un figlio agricoltore è un sogno?

un figlio agricoltore è un sogno?

Un dato sorprendente trai i desideri meno noti c’è quello di avere un figlio agricoltore

Siamo fuggiti tutti dalla campagna attratti dalla città. Cosmopolita e tentacolare o solo produttiva. Lavorare solo 5 giorni a settimana, certezza salariale, orari ristretti, weekend libero e ferie pagate. Sembrava l’Eden, la realizzazione di un sogno, poi è arrivato il disincanto. Le città non si sono dimostrate così friendly, pulite e ben organizzate. Un poco di rimpianto per quanto si è lasciato, ha cominciato a farsi strada. Una vita più semplice, ma probabilmente più sincera. Un figlio agricoltore è un sogno?

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Uno sguardo al passato

Qualcuno ha gettato uno sguardo alle proprie spalle, a ciò che aveva lasciato con un sospiro pieno di rimpianti. Coltivare una presa in giardino con 2 piante di pomodoro e basilico non è bastato a lenire il senso di aver abbandonato tutto troppo in fretta. Ora più di un italiano su tre sogna un futuro da contadino per i propri figli. Un dato che sembra in controtendenza, ma che è frutto delle nuove tecnologie che consentono un’agricoltura moderna e meno spacca-schiena.

Ritorno alla terra

L’agro alimentare con la sua rimarcata importanza ha fatto incrementare questa voglia di ritorno alla terra. Ma mentre i genitori cominciano ad essere troppo anziani per ricominciare, i figli possono inserirsi in un mercato del lavoro sempre più importante. La scolarizzazione ha fatto innalzare il livello d’istruzione e la capacità di maneggiare strumentazioni che alleggeriscono il lavoro nei campi. Ora vangare, zappare e seminare è decisamente più semplice.

Cibo sugli scudi

Il cibo è decisamente protagonista e chi lo riesce a produrre è sicuramente un attore con un futuro positivo. I terreni incolti, a volte offerti a condizioni favorevolissime, purché vengano lavorati, hanno creato nuove opportunità. Chi è scappato dal paesello ed ha ancora la proprietà di un appezzamento, pensa che rimetterlo in funzione sia il metodo migliore per garantire futuro ai propri figli. Sono molte le piccole nuove aziende che hanno ridato vita a campi trascurati.

Produrre in proprio

Coltivare, allevare, produrre e trasformare in proprio, vendere direttamente al pubblico, hanno trasformato un modo di lavorare bistrattato, in una opportunità. La qualità della vita dei nuovi agricoltori è in deciso aumento, ed offre una chance professionale. Il grande successo degli agri-turismi spinge in quella direzione, anche le fattorie didattiche consentono un modo alternativo di vivere la campagna.

Un figlio agricoltore è un sogno?

Paesaggio e territorio

I neo agricoltori hanno il gradito compito di conservare il paesaggio e il territorio, grazie ad un’agricoltura sostenibile e biologica. Il settore biodinamico è sempre più importante, e non è da trascurare il discorso legato alle bioenergie, e alla capacità di produrre energie per sostenere, a costi vicino allo zero, delle proprie aziende. Grazie ai contributi statali ed europei, le nuove aziende agricole possono attingere a fonti economiche, che ai propri genitori erano negati.

Tutto il settore del verde

Tutto il settore legato al verde, alla cura dell’esistente e della progressiva piantumazione e manutenzione di piante, ha necessità di addetti preparati alla bisogna. Un ambito dove è possibile reintegrare persone in difficoltà, ed appoggiare politiche sociali. La conservazione della biodiversità, è essa stessa una branchia che ha una valenza legata alla sostenibilità, con un valore incommensurabile. Salvare e proteggere specie a rischio, consente di mantenere intatta la tradizione produttiva italiana, specie ora che è all’ordine del giorno.

Calcolano circa un milione di posti

Chi si è appassionato al tema, ha calcolato che potrebbero venire creati molti posti di lavoro, con questo ritorno ai campi. Forse anche un milione. In questo i fondi del PNRR potrebbero rivelarsi fondamentali. L’innovazione in chiave verde, può avvenire grazie alla formazione scientifica, che consente di condurre i fondi in modo innovativo e preciso. I metodi d’irrigazione, che fanno risparmiare acqua in tempi di gravi minacce siccitose, aiutano a migliorare i raccolti. La transizione ecologica diventa una chiave da utilizzare per aziende di successo. 

Nuove idee

I giovani portano nuove idee, portano entusiasmo ed utopie, che improvvisamente diventano realizzabili. Il futuro nell’agro-alimentare, che è sempre più rispettato e richiesto, permette di pensare ad un avvenire roseo, per chi vuole applicarsi nel settore. I genitori immaginano, ed i figli realizzano il sogno, di ritornare ad un mondo più agricolo e meno urbano. Ripartire da un mondo più attento al verde, è già un importante punto di partenza. Un figlio agricoltore è un sogno?

Un figlio agricoltore è un sogno?

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Abitare, Benessere, Enogastronomia

Trattori elettrici in arrivo

Una vera rivoluzione per l’attività agricola

Si parla da molto tempo dei consumi energetici in agricoltura che stanno diventando troppo influenti sui costi di produzione. Inoltre l’attenzione ai consumi dei combustibili fossili ha posto l’interrogativo di quali soluzioni trovare per ridurli. L’inquinamento dovuto agli eccessi di anidride carbonica è un aspetto non secondario della ricerca che porta alle macchine elettriche. Trattori elettrici in arrivo

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Sostenibilità e cambiamento

La rivoluzione green si fa sempre più imponente anche in campo agricolo. Gli agricoltori vogliono dismettere i grandi motori diesel che da sempre caratterizzano i veicoli agricoli e vogliono che siano sostenibili e facciano diminuire le spese. Molti dei trattori e macchine che sono state proposte agli operatori sul campo consentono di risparmiare anche forza lavoro perché non necessitano di nessuno alla guida. Riducono l’impronta carbonica, e l’inquinamento anche acustico, i motori elettrici sono molto silenziosi rispetto ai diesel.

Sono già tante le proposte

Le proposte che sono arrivate sul mercato sono già tante. Promettono e sono silenziosi, non hanno alcuna emissione e sono sviluppate in chiave robotica per agevolare i compiti degli agricoltori. La speranza è che consentano di applicare una migliore qualità produttiva e creare la redditività che consenta alle aziende anche di piccole dimensioni di sopravvivere degnamente.

Trattori elettrici in arrivo

Autonomi

Trattori autonomi che svolgono il lavoro senza bisogno di essere guidati costantemente. Sull’onda del successo delle auto elettriche, più consistente nel nord America rispetto all’Europa, anche i trattori elettrici stanno prendendo piede. Le batterie con cariche sempre maggiori permettono di pensare a strumenti di lavoro competitivi rispetto ai motori a scoppio. L’attuale durata della carica è di 14 ore, in un ciclo normale di lavoro, e per la ricarica servono solo 6 ore. La vita media delle batterie è calcolata in oltre 20 anni di utilizzo.

Batterie aumentabili

Se servono sforzi imponenti in alcune operazioni, è possibile aggiungere batterie supplementari per mantenere sempre alta la potenza della macchina. Sono dotati di telecamere sensoriali e sono digitalizzate. Basta impostare il lavoro sul computer di bordo e la trattrice elettrica esegue. Può effettuare le operazioni di routine come irrorare, falciare, erpicare, trasportare, diserbare, ecc. in autonomia.

Liberare energie

Il settore soffre di un invecchiamento degli operatori che hanno bisogno di dosare le forze. Sono anche una risposta alla difficoltà di reperire manodopera e al ricambio generazionale. Un agricoltore potrebbe coordinare e controllare molte attività, che vengono svolte contemporaneamente, in diversi campi della sua proprietà. La supervisione avviene attraverso un monitor collegato alle telecamere montate sulle macchine trattrici. Inoltre anche alcune delle condizioni atmosferiche potrebbero essere ignorate se a lavorare nei campi va un robot.

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Trattori elettrici in arrivo

Lavoro notturno

I trattori elettrici sono dotati di illuminazione propria e possono effettuare anche lavori di notte. La produttività può crescere mentre le spese possono diminuire e rendere più profittevoli le coltivazioni. I prezzi sono ancora un problema ma, almeno negli USA, alcuni stati concedono sconti e agevolazioni che riportano i nuovi mezzi ai costi dei diesel.

Come li chiameranno

Le aziende produttrici non vogliono entrare in competizione coi tradizionali diesel e vorrebbero trovare un modo diverso per denominarli. Non sono veri trattori le dimensioni sono ridotte rispetto ai mostri da 5.000 cavalli. Chiamarli mini-trattori robotici li fa sembrare dei giocattoli. Servirà qualcosa di diverso e con maggiore appeal, ma intanto esistono e saranno in grado di sostituire le vecchie flotte inquinanti. I costruttori puntano su una grande versatilità e con la possibilità di adattare ogni mezzo alle esigenze dell’agricoltore o del suo terreno. Trattori elettrici in arrivo

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Il miele mānuka della Nuova Zelanda

La controversia per ottenere un marchio riconosciuto fallisce.

È una battaglia che si svolge tutta in Oceania quella per il miele ottenuto da una pianta che cresce solo in Nuova Zelanda e Australia. I neozelandesi volevano ottenere un brevetto per essere gli unici ad utilizzare quel nome ma non ci sono riusciti. Erano anni che cercavano di ottenere la loro DOP ma il nome era troppo generico e quindi non poteva essere registrato. Il miele mānuka della Nuova Zelanda

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L’albero del te

Mānuka è il nome di un albero dai piccoli fiori bianchi che in Australia chiamano anche albero del té. Le api che frequentano i suoi fiori producono un te dalle proprietà salutistiche molto ambite. È ritenuto un antibatterico e antimicrobico naturale e per questa proprietà viene venduto ad un prezzo molto alto rispetto ai mieli concorrenti. La battaglia si sposta quindi sul fronte economico, chi potrà utilizzare quella denominazione, anche se generica, ne ricaverà evidenti benefici. È un articolo tra i più apprezzati e desiderati in ambito salutistico. La grande domanda ha fatto aumentare notevolmente il prezzo sul mercato internazionale.

Un articolo destinato a pochi

È un articolo di lusso, destinato ai pochi in grado di spendere cifre molto alte. La valutazione di un vasetto di miele di altissima qualità da 250 grammi, può superare i 2.000 euro. Viene venduto nelle erboristerie e tramite e-commerce. Il miele di manuka previene le infezioni, favorisce anche la digestione, aiuterebbe nella cura della pelle, prevenendo l’acne. Un articolo che ha fatto ingolosire anche la malavita, che vorrebbe prenderne il controllo. Negli ultimi anni si sono moltiplicati episodi sgradevoli con furti, vandalismi, distruzione di arnie o uccisioni di api.

Una parola maori

Mānuka, è una parola Māori, un patrimonio della cultura neozelandese, pertanto, la delusione per non aver la possibilità di essere gli unici ad usare la sua denominazione, è molto cocente. Non intendono demordere, anche se questa sentenza (già la terza) ha creato malumore. La sensibilità Maori verso il rispetto delle proprie tradizioni è fortissima. È un sentimento nazionale che si nutre della storia, del passato e della dignità di un intero popolo.

In Australia festeggiano

In Australia ovviamente festeggiano ed ottenuto lo sdoganamento del nome, ora possono dedicarsi a commercializzare maggiori quantità di miele. Nonostante i costi proibitivi, la domanda internazionale di miele mānuka è sempre più consistente. La sovra-produzione rischia di far abbassare i prezzi, ma agli australiani non importa, puntano ad ottenere il controllo del mercato grazie alla quantità che possono esportare.

La battaglia prosegue

Sembra una battaglia tra dirimpettai, ma in realtà nasconde molto altro. C’è anche il bisogno di una nazione poco popolata come la Nuova Zelanda di tenere alto il proprio “blasone”. I Maori e i loro discendenti sono un popolo fiero, con un’etica basata sulla condivisione di valori. Non perdonano agli australiani le loro radici britanniche e una cultura basata solo sul business. Il miele mānuka della Nuova Zelanda

il miele manuka della nuova Zelanda

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Benessere, Enogastronomia

Spugnole tutto l’anno se vengono coltivate

Uno dei funghi più amati e ricercati nella ristorazione disponibile ad ogni stagione.

Le spugnole sono funghi decisamente stagionali, si trovano quasi esclusivamente in primavera. Pero sono molto gustose e i ristoratori le cercano per completare le loro ricette. Crescono soprattutto tra le foglie cadute di alberi cedui come olmi, frassini e meli. Ora è possibili averli a disposizione tutto l’anno grazie ad una coltura indoor. Spugnole tutto l’anno se vengono coltivate.

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Un impianto danese

Viene dalla Danimarca la soluzione che è stata brevettata. Per farle crescere serve un poco di spazio al chiuso dove possano essere controllati alcuni parametri. Innanzitutto l’umidità e la corretta percentuale di anidride carbonica, oltre alle temperature. Ci sono anche altri ingredienti da aggiungere, probabilmente, perché il piccolo miracolo avvenga, ma non tutto è svelato. La produzione è di circa 10 chili per metro quadrato.

Condizioni ideali per ricreare l’habitat perfetto

La coltivazione in spazi definiti consente di avere raccolto per tutto l’anno. A differenza dei loro fratelli selvatici hanno anche ulteriori vantaggi. Sono puliti, non presentano parassiti e insetti oltre alle lumache che sono assai golose di spugnole e le attaccano. La spugnola ha un grosso pregio nell’ottimo gusto, ma ha un problema, la sua cappella rugosa e piena di cavità, raccoglie le impurità. Ne consegue che sarebbe necessario lavarli, ma a contatto con l’acqua perdono di qualità e consistenza. Sono anche particolarmente delicati per quanto riguarda l’esposizione al sole che li secca rapidamente.

Costi piuttosto bassi per produrli

Il costo di un impianto per farli crescere è relativamente basso, simile a quello degli impianti per produrre gli champignons o altri funghi bianchi. Il prezzo invece è molto rilevante. Le spugnole fresche vengono vendute attorno ai 100 euro al chilo, mentre quelle essiccate possono arrivare a 400 euro al chilo. Sono funghi relativamente piccoli, tra 8 e 12 cm di altezza e hanno una colorazione che varia su tutta la gamma dei marroni, dalla crema fino al cacao.

Anche l’erba è una variabile

I biologi danesi hanno sperimentato molte formule ed hanno trovato quelle più facili da coltivare. Preferiscono quelle dai colori scuri, che sembrano crescere molto bene al chiuso. Hanno anche scoperto che il terriccio in cui vengono coltivati, stimola la produzione di nuovi miceli se c’è la presenza di erba. L’hanno aggiunta nelle vasche dove svolgono la produzione ed i risultati sono stati molto soddisfacenti. I funghi sono difficili da coltivare al chiuso, ma il loro sistema funziona e rende. Spugnole tutto l’anno se vengono coltivate.

Spugnole tutto l'anno se vengono coltivate

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Quanto fa bene il pesce a tavola

È una convinzione sempre più accertata dagli italiani

Un italiano su tre lo consuma regolarmente, molto meno di quanto auspicato, ma comunque un buon dato. Lo considerano un alimento salubre e che contribuisce a variare i menù. In molte aree del paese è parte integrante dei regimi e delle abitudini alimentari. C’è solo uno sparuto 2% che non lo mangia mai e di solito lo fa per scelte che riguardano il gusto. Quanto fa bene il pesce a tavola

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1 volta a settimana

Oltre il 40% consuma pesce solo 1 volta a settimana, mentre il 12% lo immette nella propria routine alimentare ogni 2 settimane. Sono abbastanza pochi coloro che lo cucinano e consumano almeno due volte a settimana, talvolta tre. Purtroppo il tipo di pesce privilegiato non è mediterraneo e selvaggio. L’orata è la tipologia preferita, seguita dal salmone, dal nasello e dal merluzzo.

Naturale e povero

Il pesce più consumato è quello allevato o pescato nei mari nordici. La richiesta di un cibo salutare e buono cozza con la richiesta di pesce “naturale e povero” come il pesce azzurro di origine mediterranea. Pesce che non resta in mare troppo a lungo come branzini, saraghi, orate, trote, rombi, sogliole, o altri di grandi dimensioni. Il Mediterraneo è sempre meno pescoso è la taglia del pescato è inferiore rispetto a pochi anni fa. Urge incrementare la conoscenza di altre specie altrettanto gustose e meno care.

Quanto fa bene il pesce a tavola

Facile da cucinare

Uno degli aspetti che i consumatori tengono maggiormente in conto è la facilità di preparazione. È il trionfo del surgelato in tranci, pronto per andare in forno o padella senza perder tempo ad eviscerarlo o pulirlo. Molto amati anche i piatti a base di prodotti pronti per andare in pastella e frittura, o alla griglia, calamari, gamberoni, gamberi rossi. Apprezzatissime le cozze, i lupini, le vongole veraci mentre spopola il polpo e sono sempre più amate le alici.

Consumi molto regionali.

Il pesce viene consumato in modo molto diverso sul territorio nazionale, con ampi squilibri tra nord e sud. Probabilmente dovuti alle ricette e tradizioni culinarie legate alla vicinanza dei luoghi di pesca. Ma l’incremento dei surgelati ha in buona parte ridotto il gap delle regioni del nord che riescono ad approvvigionarsi più difficilmente di pesce fresco. In epoche di crisi economica, il pesce col suo costo elevato, resta appannaggio soprattutto dei big spender.

Salute primo motore

La prima motivazione che spinge ad acquistare pesce è la necessità di incrementare la salubrità di ciò che viene offerto a tavola. Molto consumato nelle famiglie con bambini per la convinzione che faccia bene ed aiuti lo sviluppo cerebrale. La sostenibilità è anch’essa un fattore, il pesce è messo in contrapposizione alle carni rosse, che godono di cattiva stampa recentemente. Gli allevamenti ittici non sono meno inquinanti ma questo non ha ancora raggiunto gli apici negativi di allevamenti di bovini e suini.

Quanto fa bene il pesce a tavola

Rivalutare le piccole taglie

Sono molte le specie meno conosciute ma altrettanto buone e che non rischiano di impoverire ulteriormente il Mediterraneo. L’intero ecosistema marino richiede scelte più accurate ed oculate. Rigettare in mare le specie che sul mercato non hanno attrattiva perché meno conosciute, non è il modo migliore per proteggerlo. L’impegno dovrebbe essere quello di far conoscere meglio le qualità di pesci meno noti. Una campagna informativa in tal senso, dovrebbe essere uno degli impegni più importanti del ministero.

Pesce al ristorante

La situazione non muta molto per il pesce più richiesto al ristorante dagli italiani. Cozze, polpi, calamari, vongole e lupini sono tra i più amati. Legati alle ricette tradizionali più che alla freschezza e alla disponibilità del pescato del giorno. Gli italiani non amano “rischiare” al ristorante, chiedono quasi sempre gli stessi piatti e si fanno consigliare dagli amici e dai conoscenti per la scelta dei luoghi “giusti”. C’è una leggera crescita di ordinazioni di pesce al ristorante, varrebbe la pena di tentare di spingere a scegliere qualcosa che non sia usuale. L’incremento maggiore è nelle giovani generazioni. Quanto fa bene il pesce a tavola

Quanto fa bene il pesce a tavola

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Benessere, Enogastronomia

Più spezie e meno sale.

Tra salute e piacere di rinnovare il gusto

C’è una propensione degli italiani a diminuire drasticamente l’uso del sale. Il timore della ritenzione idrica e dell’aumento di peso è uno degli aspetti che fanno la fortuna delle spezie e delle erbe aromatiche. Aggiungere sapore senza usare il sale è diventata un’esigenza molto sentita, perciò i distributori di vasetti o bustine di spezie vengono consultate sempre più volentieri. Più spezie e meno sale

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Trasmissioni di cucina

Al successo delle spezie hanno sicuramente contribuito le trasmissioni dedicate alla cucina trasmesse in tv. Molti cuochi ed influencer suggeriscono di aggiungere ingredienti che possano esaltare profumi e gusti dei propri piatti. I consumatori amano tentare nuove ricette con ingredienti che possano creare un gusto adatto alla propria personalità. La curiosità aiuta a sperimentare ed a mescolare ingredienti e spezie provenienti da paesi e culture lontane.

L’amore per la cucina etnica

La scoperta della cucina etnica contribuisce alla diffusione di aromi che possano ripetere anche a casa, i sapori gustati nei ristoranti etnici e fusion. È la rivincita delle spezie africane ed asiatiche come il cardamomo, la lemongrass, curry (nelle sue varianti), curcuma, cumino, ma anche della paprika. Molto utilizzati nelle cucine asiatiche, con in testa la cucina thailandese, la malese, la vietnamita e l’indonesiana. Ma già molto presenti nei paesi che hanno la cultura dell’inclusione e del melting pot. Sono in grande aumento dove l’etnicità è un valore molto richiesto, o la cucina è frutto di una mescolanza di esperienze da altri continenti. Questo avviene ad esempio nel sud degli stati uniti. La Louisiana in quel senso ha anticipato di almeno un secolo l’uso di fragranze esotiche.

Più spezie e meno sale

Tradizionale mediterranea

Le erbe aromatiche più usate sono quelle tradizionali mediterranee, dove dominano rosmarino, basilico, peperoncino e prezzemolo. Quest’ultimo come vuole il detto popolare, va davvero dappertutto. Anche maggiorana, dragoncello, origano, zafferano e pepe nero fanno parte del gotha delle più utilizzate. Anzi il pepe nero che per secoli ha costituito un’unità di misura e di ricchezza per chi la commerciava, è saldamente al primo posto delle spezie più utilizzate. Molte delle scoperte e delle rotte navali sono nate per poter recuperare le spezie che in Europa non esistevano. Servivano soprattutto a “nascondere” le cattive regole di conservazione delle carni.

Consumi in aumento

Il fascino per cibi speziati e più salutari è decisamente in aumento e a tirare le fila di questo successo sono i più giovani. Mentre le persone anziane tendono a confermare le loro ricette storiche, senza nessuna variante, i più giovani (under 50) sono stimolati a provare. Nuovi sapori, profumi e fragranze che sappiano regalare nuova vita alle portate usuali. Basta un pizzico di questo o quello, per modificare il proprio menu ed arricchirlo di emozioni. Ad esempio un risotto può essere “aggiustato” di sapore in mille modi diversi, sempre nuovo rispetto alla tradizione.

Spezie ed aromi

Spezie e aromi piacciono a tutti, i gusti degli italiani cambiano, anche grazie ad alcuni ingredienti recentemente introdotti. La salvaguardia della cucina italiana tradizionale, viene erosa da questo ventaglio di possibilità. Se non ha attecchito la pizza all’ananas, non significa che altri gusti ritenuti “folli” non possano farsi largo. Venti anni fa una pizza alla nutella o con le patatine fritte, sarebbe passata come un sacrilegio, ora viene proposta in molti luoghi specie ai bambini. Sono le donne ad essere più curiose di sperimentare le spezie, seguite dai single. Forse perché sono alla ricerca di una cucina più salutare ma che abbia più carattere. Più spezie e meno sale

Più spezie e meno sale

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Giornata mondiale della lentezza

Elogio della riscoperta della banalità

Il tempo che dedichiamo a noi stessi, non è sufficiente, ci facciamo trascinare dai ritmi della vita e del lavoro. Questo causa stress e cattive abitudini. Anche dopo aver testato lo smart working a casa ed aver migliorato la programmazione dei nostri tempi, non abbiamo compreso il valore della lentezza. Che non è solo dormire più a lungo, ma un modo per vivere ogni giorno diversamente. Imparare a dare importanza ai particolari ed alle situazioni che ci coinvolgono. Giornata mondiale della lentezza

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Una riscoperta di valori

La lentezza è una riscoperta dei valori sui quali abbiamo per troppo tempo glissato, tutto quello che non abbiamo potuto osservare con la necessaria calma. Le occasioni che ci sono passate accanto e che, per troppa fretta, e per compiacere i ritmi che ci vengono imposti, non abbiamo colto. È la riscoperta della banalità, delle cose che ci accrescono intimamente e che ci rendono consapevoli di ciò che ci circonda.

Frenesia e ritmi troppo elevati

Una vita troppo frenetica regola le nostre funzioni e ne piega le esigenze. I ritmi di sonno, veglia, lavoro, pranzo, cena, supermercato, divano, sono scanditi in modo poco funzionale ai nostri bisogni. Riprendere possesso delle nostre funzioni con un miglior rapporto velocità-lentezza è vitale per un’armonica capacità di gustare la vita.

Tutto nuovo, anzi nuovissimo

Le abitudini ad usufruire di tutto ciò che è nuovo, modernissimo, up-to-date, ci crea la convinzione di essere inadeguati. Troppo lenti per rincorrere ogni nuovo prodotto, ogni nuova moda, nuovo gusto, nuovo device tecnologico. Una situazione indotta da chi deve tentare di farci sentire arretrati e spingerci a correre di più per ottenere quei risultati e quei beni di cui spesso non abbiamo nessun bisogno. Nei nostri cassetti invecchiano oggetti che solo un anno fa sembravano il must, il meglio a cui aspirare per sentirsi realizzati. Quanta fatica ed impegno ci sono costati ed ora già li abbiamo dimenticati.

Com’è nata la giornata della lentezza

Il rischio è di vivere in modo superficiale, quasi automatico, utilizzando le risposte più ovvie ai problemi che incontriamo. Dobbiamo tornare al 2009, per comprendere come è nata questa iniziativa. I fondatori del Movimento Slow Food, con la loro promozione dei prodotti alimentari tipici, locali e della cultura gastronomica tradizionale, hanno dato inizio al tutto. Il loro esempio di pratiche sostenibili a sostegno dell’integrità dei prodotti alimentari, ha fatto ripensare a molti degli standard recenti. La lentezza è diventata un elemento cardine della rivalutazione della qualità, non solo agricola, del modo di intendere la vita.

Giornata mondiale della lentezza

Nasce una filosofia diversa

Dalla tavola, il concetto è traslato ad ogni aspetto della vita, uno stimolo ad apprezzare maggiormente le singole attività che compiamo. La lentezza è diventata una componente sociale ed educativa, saper apprezzare appieno, senza fretta, è il risultato a cui tendere. Da allora le manifestazioni si sono moltiplicate ed hanno coinvolto il ruolo della cultura, della conservazione dell’ambiente. Tutti questi aspetti hanno dato vita ad una sorta di filosofia dove salute e benessere sono diventati i cardini su cui poggiare le nostre abilità ed abitudini.

Maggiore attenzione a sé

L’obiettivo della Giornata Mondiale della Lentezza è quello di aiutare a ripensare il modo di vivere con maggiore attenzione a sé stessi e con la consapevolezza di contribuire a migliorare anche la vita degli altri. Interrompere l’incessante corsa che ci obbliga a regole coercitive, è il primo passo da compiere. Per onorare questo elogio del vivere con maggior calma e rispetto, vengono attivate moltissime attività, che pongono la lentezza al centro. Lo scorrere lento è un privilegio ed un diritto di cui dobbiamo impossessarci.

Attività e meditazione

Camminate lente, letture, meditazioni, attività di cucina o artigianali in cui il concetto di tempo venga dilatato e faccia parte dell’attività stessa. Non è più il tempo di tutto subito e di corsa. La lentezza svolge anche un valore educativo, soprattutto ai più giovani non viene concesso di annoiarsi, le loro giornate vengono riempite di troppe incombenze. Questo li abitua ad essere dei giovani e degli adulti frenetici che devono trovare stimoli costantemente. In fondo, saper gustare in modo adeguato quanto ci circonda è un modo di leggere in chiave sostenibile il celebre “Carpe Diem”. Giornata mondiale della lentezza

Giornata mondiale della lentezza

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Abitare, Enogastronomia, Viaggi

Questi polli sono neri fino al cuore

Una mutazione genetica ha fatto diventare completamente neri questi rari polli

Nome scientifico di questa razza è Ayam Cemani. Originario dell’Indonesia, ha molti altri nomi alcuni davvero pittoreschi. In Toscana sarebbe l’idolo dei produttori di Chianti dove il consorzio del gallo nero è decisamente di casa. Il suo essere completamente “dark” lo fa amare molto dai seguaci del gotico, ed ha anche il pomposo nome di Pollo signore di Sith, Qualcuno si è sbilanciato pure in terminologie motoristiche e lo ha rinominato la “Lamborghini dei polli”. Questi polli sono neri fino al cuore

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Una pigmentazione rarissima

La sua particolarità non è solamente legata all’aspetto esteriore, piumaggio molto bello e lucente, ma anche al suo interno. Il pollo Cenami è nero dappertutto, piume, becco, ossa, occhi, artigli, muscoli ed interiora. Anche il suo cuore e persino la lingua sono neri. È molto probabilmente la creatura vivente con la pigmentatura più intensa che si conosca, e deve la sua insolita colorazione ad una mutazione genetica. Se lo cucinerete vi accorgerete che anche il suo petto non è bianco, sembra essere stato trattato col nero di seppia.

Le uova no e la pelliccia

Le uova di questa razza sono l’eccezione, hanno qualche leggera sfumatura ma sono decisamente uova che potreste confondere con le altre. Il sangue, invece, resta invariabilmente rosso. Esistono altri animali completamente neri, ma sempre con particolari di altre pigmentazioni. I merli hanno il becco giallo, altri uccelli hanno occhi colorati e lingue rosa. Esistono quattro varianti di polli neri, oltre a quella indonesiana, una svedese, e due vietnamite. Una di queste, la Silkie, ha anche un piumaggio particolare, morbidissimo, che sembra più una pelliccia rispetto alle usuali penne

Polli da collezione

La relativa rarità di questi polli, ha fatto la loro fortuna. Sono diventati pollame da collezione, da esposizione e sono venduti a cifre molto alte. La loro diffusione come uccelli da esposizione, come rarità, ha permesso la loro diffusione. La iper-pigmentazione che li porta ad essere completamente neri, è una caratteristica che non passa inosservata. Mentre nel resto del mondo vengono allevati per “divertimento”, in Indonesia sono quasi sacri.

2.000 euro a coppia

Il mercato delle rarità porta a far salire i prezzi per le varietà meno diffuse, e il pollo nero non fa eccezione. La valutazione attuale è stimata in 2.000 euro per una coppia in grado di riprodursi. C’è anche un risvolto che potremmo definire spiritico o magico, legato al suo successo. I polli neri in Indonesia sono considerati dei portafortuna, dotati di potere magico. Non vengono mangiati, ma allevati ed accuditi, e solo in rari casi vengono uccisi. Vengono coinvolti in rituali che comprendono l’uso del loro sangue, ritenuto dotato di particolari poteri curativi. Gli spiriti che governano il mondo sembrano gradire in modo particolare le carni ed il sangue del pollo nero. Credono che mettere a loro disposizione qualcosa di gradito, li predisponga all’ascolto delle necessità degli umani. Questi polli sono neri fino al cuore

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Un liquore particolarmente etico

Lo Chartreuse fanno solo i monaci francesi e a loro non interessa produrne altro

Proviamo a metterla così. Possedete un brevetto unico al mondo. Tutti chiedono il vostro prodotto e sono disposti a strapagarvi, se lo producete. Ma a voi non frega niente di guadagnare di più e mantenete lo stesso livello produttivo. Esistono due opzioni, o siete dei pazzi matricolati che soffrono di masochismo, o siete dei frati certosini dai principi etici. Un liquore particolarmente etico

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Seconda opzione

In questo caso parliamo della seconda opzione. I frati certosini che hanno la loro sede sulle Alpi francesi posseggono una ricetta esclusiva che custodiscono preziosamente. Per produrre lo Chartreuse servono 130 erbe selezionate, spezie, fiori e tanta pazienza. La lavorazione dura un anno intero e la produzione è contingentata. Pensate sia un vezzo perché loro hanno fatto voto di non curarsi del denaro e dedicarsi alla preghiera e alla contemplazione? Non è così

Mantenere i conventi

Il denaro ricavato dalla vendita del liquore serve a mantenere i conventi, i monaci ed a sostenere azioni di volontariato e assistenza. Perciò il denaro sarebbe graditissimo e utile ma c’è una questione etica di fondo. I monaci sono molto preoccupati che la raccolta delle erbe e fiori possa arrecare danni ambientali. Non vogliono che la produzione del liquore possa intaccare l’equilibrio ambientale.

Un cocktail riproposto

La richiesta è incrementata dopo che un cocktail sta avendo un grande successo. È la riproposizione del Last World, che è molto richiesto, ma la difficoltà di reperimento del liquore dei monaci sta creando imbarazzo. Recentemente i frati hanno inviato una mail ai fornitori, chiarendo che anche se la richiesta è molto forte non intendono aumentare la disponibilità del loro liquore verdognolo. I grossisti si sono messi le mani nei capelli, perché la domanda è tale che chiunque farebbe carte false pur di produrne di più. Ma i monaci sono irremovibili.

Un liquore particolarmente etico.

Compiti religiosi in primis

Non c’interessa guadagnare di più e ci distoglierebbe da quelli che sono i nostri compiti religiosi, quelli per cui siamo entrati in convento. Non c’interessano viaggi di lusso e comodità, preferiamo una vita spartana dedicata alle preghiere e alla meditazione solitaria. Teniamo più a mantenere intatto l’habitat che ci fornisce le erbe necessarie. Produciamo già un milione di bottiglie l’anno e non vogliamo superare quella soglia.

40 tonnellate di materie prime

Preleviamo 40 tonnellate di materiale e non vogliamo danneggiare il pianeta solo perché qualcuno pensa che dovremmo farlo ed avere maggiore disponibilità del liquore. A noi interessa maggiormente l’equilibrio della vita monastica, produrre maggiormente ci distoglierebbe dalle preghiere e dovremmo farci aiutare da personale esterno. Le nostre pianificazioni non riguardano il presente, ma le attività che si svolgeranno tra secoli. Amiamo le piante, le erbe e i fiori che raccogliamo vogliamo che possano essere a disposizione anche di chi verrà dopo di noi. Un liquore particolarmente etico.

Credits: Ralf-Roletschek, Pixabay