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Omofobia Bifobia Transfobia

Giornata mondiale contro i pregiudizi

Omofobia definisce l’intolleranza, l’odio e la paura nei confronti delle persone non eterosessuali. Il suffisso fobia indica il limite personale e i timori nell’affrontare una situazione, ed è spesso causato da un pregiudizio. Nessuno nasce omo-bi-trans-fobo, è l’ambiente culturale o familiare a costruire queste difficoltà che sfociano in disagio, paura, disgusto, rabbia e che possono portare a reazioni violente. Omofobia Bifobia Transfobia

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Educazione e luogo

Molto dipende dal tipo di educazione, dalla vicinanza alla Chiesa e dal luogo in cui si cresce. L’ingerenza determinante della cultura cattolicaimpone” parametri sessuali che influenzano anche la politica e rendono difficile raggiungere gli stessi diritti. La difficoltà per approvare il decreto Zan, ne è una prova tangibile. La morale cattolica è volta all’accoglienza ma solo se gli omosessuali, i bi e trans rinnegano la loro personalità e gusti sessuali. Posizioni insostenibili per raggiungere la parità.

Violenza e azioni intimidatorie

Solo nell’ultimo anno in Italia si sono superati i 160 casi di atti violenti o discriminatori nei confronti di omo, bi e transessuali. La nostra nazione è una delle più omofobe, nelle classifiche internazionali veniamo inseriti al 22° posto in UE, e al 34° a livello mondiale. Posizioni decisamente di rincalzo, indegne di una società civile e moderna, come ci crediamo di essere. Anche sul posto di lavoro sono molte le persone che vengono discriminate per la loro sessualità.

Messaggi ambigui

I media più o meno consapevolmente, trasmettono messaggi che possono aumentare il livello di omofobia. La censura che annulla o rende poco visibili le scene di sesso omosessuale, senza nudi e compresi innocenti baci, è un mezzo per aumentare la discriminazione. Ne ha fatto le spese anche la pubblicità, quasi solo gli spot che giungono da paesi più aperti non vengono censurati. La mancanza di modelli omosessuali positivi crea una condizione di difficoltà per i più giovani. L’incidenza percentuale di suicidi tra gli adolescenti che si scoprono gay è molto alta, soprattutto se crescono in ambienti con forte valenza cattolica.

omofobia-bifobia-transfobia

Accuse ingiustificate

Viene concessa troppo spesso un’accusa che non è supportata dai fatti. Gli omosessuali vengono equiparati ai pedofili, uno stigma durissimo da abbattere, che però non corrisponde alla realtà. I pedofili sono al 95% eterosessuali, e sono proprio molti dei religiosi pronti a schierarsi con anatemi ad avere il problema più vistoso. I casi dichiarati in seminari e collegi religiosi sono la maggioranza di quelli rilevati.

Pessima la situazione scolastica col nuovo governo

Col nuovo governo si è immediatamente notata una decisa inversione di marcia nei confronti dell’educazione scolastica. Il problema viene semplicemente annullato e dimenticato. La usuale comunicazione a tutte le scuole per una particolare attenzione alla giornata mondiale contro l’omo-bi-transfobia non è stata inviata. I ministri Roccella e Valditara accusano l’opposizione di fare cagnara per aumentare la divisione. Mentre le posizioni retrograde di associazioni reazionarie respingono ogni tipo di intervento nelle scuole etichettandole come “inutili eventi gender nelle aule”.

Posizioni di retroguardia

Sono posizioni di chi si arrocca in un mondo fantastico, dove nessun messaggio possa giungere ai “loro” figli e traviarli. È ancora la paura del cambiamento a rendere, alcune persone vincolate a principi, spesso religiosi, ostili a tutto ciò che possa essere legato al mondo LGBT. Questi timori e chiusure mentali, sfociano in sentimenti omofobici, che rendono molto complicate le vite di omo-bi-trans. Buona giornata mondiale contro l’omo-bi-trans-fobia a tutti, il paese ha bisogno di migliorare i rapporti tra società civile ed autorità. Le recenti immagini di un carabiniere che ha sposato il suo compagno in alta uniforme, hanno scatenato una serie di messaggi negativi e violenti che si possono comprendere solo come frutto di timori e paure. Sono questi messaggi a dare la vera misura di quanto l’Italia sia omofoba. Omofobia Bifobia Transfobia

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Quanto fa bene il pesce a tavola

È una convinzione sempre più accertata dagli italiani

Un italiano su tre lo consuma regolarmente, molto meno di quanto auspicato, ma comunque un buon dato. Lo considerano un alimento salubre e che contribuisce a variare i menù. In molte aree del paese è parte integrante dei regimi e delle abitudini alimentari. C’è solo uno sparuto 2% che non lo mangia mai e di solito lo fa per scelte che riguardano il gusto. Quanto fa bene il pesce a tavola

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1 volta a settimana

Oltre il 40% consuma pesce solo 1 volta a settimana, mentre il 12% lo immette nella propria routine alimentare ogni 2 settimane. Sono abbastanza pochi coloro che lo cucinano e consumano almeno due volte a settimana, talvolta tre. Purtroppo il tipo di pesce privilegiato non è mediterraneo e selvaggio. L’orata è la tipologia preferita, seguita dal salmone, dal nasello e dal merluzzo.

Naturale e povero

Il pesce più consumato è quello allevato o pescato nei mari nordici. La richiesta di un cibo salutare e buono cozza con la richiesta di pesce “naturale e povero” come il pesce azzurro di origine mediterranea. Pesce che non resta in mare troppo a lungo come branzini, saraghi, orate, trote, rombi, sogliole, o altri di grandi dimensioni. Il Mediterraneo è sempre meno pescoso è la taglia del pescato è inferiore rispetto a pochi anni fa. Urge incrementare la conoscenza di altre specie altrettanto gustose e meno care.

Quanto fa bene il pesce a tavola

Facile da cucinare

Uno degli aspetti che i consumatori tengono maggiormente in conto è la facilità di preparazione. È il trionfo del surgelato in tranci, pronto per andare in forno o padella senza perder tempo ad eviscerarlo o pulirlo. Molto amati anche i piatti a base di prodotti pronti per andare in pastella e frittura, o alla griglia, calamari, gamberoni, gamberi rossi. Apprezzatissime le cozze, i lupini, le vongole veraci mentre spopola il polpo e sono sempre più amate le alici.

Consumi molto regionali.

Il pesce viene consumato in modo molto diverso sul territorio nazionale, con ampi squilibri tra nord e sud. Probabilmente dovuti alle ricette e tradizioni culinarie legate alla vicinanza dei luoghi di pesca. Ma l’incremento dei surgelati ha in buona parte ridotto il gap delle regioni del nord che riescono ad approvvigionarsi più difficilmente di pesce fresco. In epoche di crisi economica, il pesce col suo costo elevato, resta appannaggio soprattutto dei big spender.

Salute primo motore

La prima motivazione che spinge ad acquistare pesce è la necessità di incrementare la salubrità di ciò che viene offerto a tavola. Molto consumato nelle famiglie con bambini per la convinzione che faccia bene ed aiuti lo sviluppo cerebrale. La sostenibilità è anch’essa un fattore, il pesce è messo in contrapposizione alle carni rosse, che godono di cattiva stampa recentemente. Gli allevamenti ittici non sono meno inquinanti ma questo non ha ancora raggiunto gli apici negativi di allevamenti di bovini e suini.

Quanto fa bene il pesce a tavola

Rivalutare le piccole taglie

Sono molte le specie meno conosciute ma altrettanto buone e che non rischiano di impoverire ulteriormente il Mediterraneo. L’intero ecosistema marino richiede scelte più accurate ed oculate. Rigettare in mare le specie che sul mercato non hanno attrattiva perché meno conosciute, non è il modo migliore per proteggerlo. L’impegno dovrebbe essere quello di far conoscere meglio le qualità di pesci meno noti. Una campagna informativa in tal senso, dovrebbe essere uno degli impegni più importanti del ministero.

Pesce al ristorante

La situazione non muta molto per il pesce più richiesto al ristorante dagli italiani. Cozze, polpi, calamari, vongole e lupini sono tra i più amati. Legati alle ricette tradizionali più che alla freschezza e alla disponibilità del pescato del giorno. Gli italiani non amano “rischiare” al ristorante, chiedono quasi sempre gli stessi piatti e si fanno consigliare dagli amici e dai conoscenti per la scelta dei luoghi “giusti”. C’è una leggera crescita di ordinazioni di pesce al ristorante, varrebbe la pena di tentare di spingere a scegliere qualcosa che non sia usuale. L’incremento maggiore è nelle giovani generazioni. Quanto fa bene il pesce a tavola

Quanto fa bene il pesce a tavola

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I migliori filtri per l’aria sono le piante

Un’azienda francese le modifica geneticamente per svolgere quell’azione.

Quel povero Pothus che fatica a crescere nel vostro appartamento, anche se non avete il pollice verde, potrebbe essere la vostra salvezza. Lo stesso potrebbe accadere coi Ficus Benjamina, le felci, sanseveria o le altre piante che tenete in casa per godere di un poco di verde. Le piante normalmente non possono fare granché per ripulire l’aria, ma ora le cose stanno cambiando. Questa nuova generazione di piantine d’appartamento, ha la capacità di filtrare le sostanze nocive dannose che siamo costretti a respirare. I migliori filtri per l’aria sono le piante

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Il verde non è più solo per decoro

Con questo tipo di vegetazione modificata geneticamente il verde non è più solo utile per il decoro ma anche per la nostra salute. È un metodo naturale, perciò il migliore che esiste. Hanno iniziato a commercializzare un tipo di Photus, una delle piante più semplici e con meno esigenze, per svolgere il lavoro. Una delle piante in vaso più popolari, che riesce a crescere anche in penombra e con la luce artificiale. Ideale per decorare anche uffici o luoghi con poca illuminazione naturale.

Richieste alle stelle

La richiesta di poter avere una di quelle piante modificate è veramente alta. Tanto che per averla bisogna prenotarsi in una lista d’attesa. Il prezzo non è popolare, una pianta costa fino a 180 euro, ma la fila per aggiudicarsene una, è tale che l’azienda sta cercando di aumentare la produzione. Gli agenti volatili che riesce a catturare sono quelli che vanno sotto la voce VOC (composti Organici Volatili) ovvero toluene, xilene, benzene e formaldeide. Contenuti soprattutto nelle vernici dei nostri mobili.

I migliori filtri per l’aria sono le piante

Trasformano in anidride carbonica e zuccheri

Le piantine modificate possono assorbire i VOC e trasformarli da elementi nocivi in anidride carbonica che viene reimpiegata per far crescere la pianta. Aggiungendo un poco di concime i batteri riescono a trasformare le parti nocive in zuccheri, che vengono assorbiti dal terriccio. Ogni piantina viene venduta con questa scorta di batteri per facilitare il processo di conversione.

Non sono miracolose

Non sono piante miracolose, non possono filtrare ambienti molto ampi, da sole. Sarebbe necessario avere una piccola foresta di Photus ma sicuramente posso essere un valido aiuto. Gli esperimenti effettuati dalla NASA, che sono alla base di queste modifiche genetiche, utilizzavano ambienti di piccole dimensioni. In quel caso il filtraggio era evidente, mentre in ambienti più grandi è complicato misurarne la reale efficacia. La rimozione degli agenti negativi è piuttosto lenta e quindi non possono competere cogli attuali moderni sistemi di filtraggio.

I progressi continuano

I progressi però continuano e l’azienda sta cercando di ottenere risultati ancora maggiori con l’aiuto del verde e dei processi naturali. Nel frattempo altre aziende si sono applicate sulla stessa disciplina. Restiamo in attesa di verificare chi riuscirà per primo a ripulirci casa in modo efficace e senza costi energetici supplementari. Affidarci alle piante è sicuramente il metodo più sostenibile al momento. I migliori filtri per l’aria sono le piante.

I migliori filtri per l’aria sono le piante

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Robot dei vigili del fuoco di New York

Ha ispezionato un parcheggio crollato e dato informazioni importanti

Non gode di una positiva campagna di stampa il cane robot impiegato dai Vigili del fuoco della grande mela. Ma ora le cose stanno cambiando nell’opinione pubblica. Il timore che l’utilizzo di robot potesse portare ad una disumanizzazione dei servizi di polizia, sollevava molte perplessità. Il recente impiego in una ispezione ha mutato la percezione nei loro confronti. Robot dei vigili del fuoco di New York

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Crollo in un parcheggio

Un parcheggio è crollato su stesso, una persona è morta e altre 5 sono rimaste ferite. I vigili sono riusciti ad entrare e a recuperare i feriti ed il cadavere. Ma la struttura, dichiarata inagibile e pericolante, non ha permesso di continuare l’ispezione, per controllare che vi fossero altre vittime o feriti. I vigili sono stati allontanati ed al loro posto è stato inviato un cane robot.

Un lavoro encomiabile

Il cane robot ha svolto un lavoro encomiabile, ispezionando tutta la struttura ed inviando informazioni ed immagini agli agenti all’esterno. Questo ha permesso di constatare che non c’erano altre persone intrappolate, senza mettere a rischio l’integrità del corpo dei vigili. Un risparmio in garanzia dell’integrità delle vite umane, che ora fa pendere l’opinione pubblica verso il loro impiego.

Sindaco pronto a spendere

Il sindaco della città ha annunciato che intende integrare il reparto di robot impiegati nella salute e nella sicurezza pubblica. Ora quei cani robotici sono diventati importanti e la loro abilità di muoversi in qualunque tipo di terreno li rende molto graditi e simpatici. Si possono salvare vite due volte, quelle delle vittime di incidenti, crolli o calamità, e quelle dei vigili o dei poliziotti impiegati nello stesso scenario.

Cani robot nelle centrali nucleari

I cani robot sono diventati celebri sia per l’utilizzo in chiave di controllo turistico a Pompei, che per l’uso ispettivo in centrali nucleari. Soprannominato DigiDog era stato acquistato 3 anni fa dalla polizia locale, ma era stato impiegato pochissimo, perché i cittadini lo trovavano oppressivo. Non volevano avere a che fare con un oggetto inanimato e preferivano relazionarsi con agenti in carne ed ossa. Con il nuovo utilizzo ora è stato sdoganato, la sua utilità ne ha facilitato la “riabilitazione”.

Militarizzazione della polizia

Il timore dei cittadini che la polizia stiano seguendo una progressiva militarizzazione aveva bloccato il DigiDog. Troppi eventi negativi che hanno portato al Black Lives Matter, hanno spostato l’attenzione del pubblico, verso il pericolo che la polizia potesse utilizzarlo in modo inadeguato. Dotato di telecamere, microfoni e parzialmente armato, il cane robot poteva diventare un mezzo di offesa e questo non piaceva ai newyorchesi. Il salvataggio delle persone coinvolte nel crollo del parcheggio, ha mutato il panorama anche se il suo aspetto intimorisce ancora molte persone.

Tecnologia spaventa

La tecnologia spaventa ancora molto, questa opportunità di utilizzarla in chiave positiva forse convincerà anche i più restii. L’evento del parcheggio s’è dimostrato molto opportuno per chi caldeggia l’utilizzo della robotica. I cittadini promettono di continuare a controllare che non ci siano abusi da parte di chi lo comanda. Che vengano utilizzati per difendere e proteggere e non per offendere o creare altre separazioni tra i cittadini. Robot dei vigili del fuoco di New York

Credits: vigili del fuoco di New York

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Il cellulare compie 50 anni

Tutto è cambiato da quando esiste ed evolverà in modi sorprendenti

È cominciato con una semplice chiamata “Hey Marty” la storia della telefonia mobile e portatile. Il primo cellulare il Motorola DynaTAC, ha trasformato il modo in cui comunichiamo e restiamo in contatto col resto del mondo. Una rivoluzione industriale che ha portato quasi alla scomparsa della telefonia collegata coi fili. Oggi ci sono molti più cellulari che persone sulla Terra, con una evidente cattiva distribuzione rispetto alle aree economiche. Ma questo è un problema di difficile soluzione. Il cellulare compie 50 anni

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 Un oggetto fantascientifico

Per chi già c’era nel 1973 il cellulare era un vero oggetto fantascientifico. Era un oggetto di culto che compariva solo nei film di spionaggio, nascosto nelle scarpe o altrove. Per alcuni anni circolo il famoso mattone, il telefono con un corpo di quasi 1 chilo che veniva utilizzato nei film hollywoodiani, come simbolo di estremo potere.  I telefoni per auto esistevano già ma dato il loro peso, circa 40 chili, non potevano essere considerati come cellulari. Dovevano essere installati nel bagagliaio delle vetture e collegati con fili a microfono e cuffia che erano nell’abitacolo. Per ottenere la licenza per montarli nelle vetture, occorreva avere buona reputazione, perciò erano molto limitati.

Mezzo secolo fa

Sembrano passati eoni, ed invece, era appena 50 anni fa. In realtà il cellulare aveva avuto dei precursori già durante le seconda guerra mondiale, ma il vero passo avanti avvenne con la nascita dei transistor, che fecero ridurre le dimensioni e potenziarono i segnali radio. Si passava dal mattone a qualcosa di trasportabile agevolmente, un oggetto tascabile. Anche i tempi di ricarica passavano da 10 ad un paio di ore soltanto. L’interesse crebbe e già nel 1990 gli utenti negli USA superarono il milione, nonostante il prezzo fosse proibitivo, era di 3.500 dollari nel 1983.

Il cellulare compie 50 anni

18 miliardi in 2 anni

Le proiezioni future parlano di 18 miliardi di dispositivi in uso nel 2025. Avremo a disposizione quasi due cellulari a testa, con le ovvie sperequazioni del caso. La fantascienza ha fornito molti suggerimenti agli ingegneri, in Motorola ammettono che l’dea del flip phone (ripiegabile) è arrivata dalle serie “Star Treck”. Sempre da un romanzo di fantascienza venne l’idea per un orologio-telefono, diventato poi i-phone. La letteratura fantastica è piena di idee che sono state sviluppate in anni recenti, e molte coinvolgono il modo di comunicare. I diversi sistemi per restare in contatto hanno stimolato nuove scoperte e nuovi tentativi.

Liberi come l’aria

Il concetto di libertà di comunicare senza vincoli consente di essere raggiungibili ovunque vi sia un segnale radio. È l’essenza della telefonia mobile, potersi dotare di strumenti che ci liberano dalle briglie del filo. Liberi anche di avere tra le mani un oggetto bello, di moda, colorato come piace a noi, glitterato o serio che sia. Sono arrivati in poco tempo le collaborazioni con stilisti che hanno saputo rivestire i piccoli devices in modi originali. Armani Versace e Prada tra i primi a cimentarsi nell’opera di “vestizione”. Un ulteriore passo avanti, da mezzo di comunicazione ad accessorio moda, uno strumento per evidenziare il proprio ceto e la propria appartenenza.

Suonerie e cover

Il mercato delle suonerie e delle cover modificate ad arte ha contribuito in modo formidabile alle personalizzazioni. L’accessoristica, i caricatori, le cuffiette, i bracci estensibili per fare selfie, divennero dei must have.  Le “fastidiose” suonerie, in grado di interrompere qualsiasi momento intimo, hanno portato a nuove sindromi. Il disturbo arrecato dall’uso dei cellulari ovunque, è tale che sono state scritte regole e netiquette, ma nessuna funziona veramente. A tutti noi è capitato il tizio/a che sbraita nel proprio cellulare informazioni personali, che non interessano, ma che siamo costretti ad ascoltare. Unica soluzione sarebbe strangolarlo/a ma pare che ci potrebbero essere conseguenze penali.  In alcuni locali sono comparsi cartelli che dissuadono ad utilizzare i cellulari ed invitano a conversare tradizionalmente.

Sindrome del sono necessario

Una nuova sindrome è comparsa. Quella del “sono necessario”, non posso spegnere il telefono, devo essere reperibile, e devo consultarlo spesso. Una sorte di malia che ci ha stregato, ed ha ridotto la nostra attenzione nella vita sociale. A soffrirne in modo particolare i più giovani, che non mollano il loro piccolo scettro, nemmeno mentre sono a tavola. I social media hanno dato il colpo di grazia alla nostra capacità di interagire con le persone in carne ed ossa. Preferiamo spostare la nostra attenzione verso avatar, chat o gruppi whatsapp, invece di conversare con chi abbiamo di fronte.

Il cellulare compie 50 anni



Il futuro del cellulare? I funghi

Come evolverà? La risposta che pare più credibile è “Sistemi di comunicazione basati sui funghi“. La rete di comunicazione dei funghi è già studiata da molti anni, e ci sono esempi di telecomunicazioni basate su di loro, già in uso. I miceli si comportano come i nostri neuroni, riescono a fornire prestazioni che assomigliano al modo in cui le nostre memorie e abitudini, vengono codificate nel cervello. Le nuove schede madri saranno costituite con funghi. Un aspetto non secondario sarà che potranno essere biodegradabili, e ridurranno in modo significativo i milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, che produciamo ogni anno. Il cellulare compie 50 anni

Credits: Pixabay

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Questi polli sono neri fino al cuore

Una mutazione genetica ha fatto diventare completamente neri questi rari polli

Nome scientifico di questa razza è Ayam Cemani. Originario dell’Indonesia, ha molti altri nomi alcuni davvero pittoreschi. In Toscana sarebbe l’idolo dei produttori di Chianti dove il consorzio del gallo nero è decisamente di casa. Il suo essere completamente “dark” lo fa amare molto dai seguaci del gotico, ed ha anche il pomposo nome di Pollo signore di Sith, Qualcuno si è sbilanciato pure in terminologie motoristiche e lo ha rinominato la “Lamborghini dei polli”. Questi polli sono neri fino al cuore

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Una pigmentazione rarissima

La sua particolarità non è solamente legata all’aspetto esteriore, piumaggio molto bello e lucente, ma anche al suo interno. Il pollo Cenami è nero dappertutto, piume, becco, ossa, occhi, artigli, muscoli ed interiora. Anche il suo cuore e persino la lingua sono neri. È molto probabilmente la creatura vivente con la pigmentatura più intensa che si conosca, e deve la sua insolita colorazione ad una mutazione genetica. Se lo cucinerete vi accorgerete che anche il suo petto non è bianco, sembra essere stato trattato col nero di seppia.

Le uova no e la pelliccia

Le uova di questa razza sono l’eccezione, hanno qualche leggera sfumatura ma sono decisamente uova che potreste confondere con le altre. Il sangue, invece, resta invariabilmente rosso. Esistono altri animali completamente neri, ma sempre con particolari di altre pigmentazioni. I merli hanno il becco giallo, altri uccelli hanno occhi colorati e lingue rosa. Esistono quattro varianti di polli neri, oltre a quella indonesiana, una svedese, e due vietnamite. Una di queste, la Silkie, ha anche un piumaggio particolare, morbidissimo, che sembra più una pelliccia rispetto alle usuali penne

Polli da collezione

La relativa rarità di questi polli, ha fatto la loro fortuna. Sono diventati pollame da collezione, da esposizione e sono venduti a cifre molto alte. La loro diffusione come uccelli da esposizione, come rarità, ha permesso la loro diffusione. La iper-pigmentazione che li porta ad essere completamente neri, è una caratteristica che non passa inosservata. Mentre nel resto del mondo vengono allevati per “divertimento”, in Indonesia sono quasi sacri.

2.000 euro a coppia

Il mercato delle rarità porta a far salire i prezzi per le varietà meno diffuse, e il pollo nero non fa eccezione. La valutazione attuale è stimata in 2.000 euro per una coppia in grado di riprodursi. C’è anche un risvolto che potremmo definire spiritico o magico, legato al suo successo. I polli neri in Indonesia sono considerati dei portafortuna, dotati di potere magico. Non vengono mangiati, ma allevati ed accuditi, e solo in rari casi vengono uccisi. Vengono coinvolti in rituali che comprendono l’uso del loro sangue, ritenuto dotato di particolari poteri curativi. Gli spiriti che governano il mondo sembrano gradire in modo particolare le carni ed il sangue del pollo nero. Credono che mettere a loro disposizione qualcosa di gradito, li predisponga all’ascolto delle necessità degli umani. Questi polli sono neri fino al cuore

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Eliminare vecchie cellule per vivere senza malattie

Riuscire a sbarazzarsi delle cellule più vecchie potrebbe garantirci un invecchiamento molto più sano

È il progetto a cui stanno lavorando alcuni scienziati che tentano di creare farmaci in grado di effettuare una selezione delle cellule. L’invecchiamento è spesso la cronicizzazione di molte malattie che da sole non sarebbero pericolose o in grado di limitarci. Soprattutto il cervello è spesso vittima delle degenerazioni cellulari, che accelerano l’invecchiamento. È un mercato enorme quello che si apre, le persone invecchiano sempre più, e arrivano a farlo con una salute migliore rispetto ai loro avi. Eliminare vecchie cellule per vivere senza malattie

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Obiettivo immortalità?

L’obiettivo non è l’immortalità, anche se a qualcuno piacerebbe, ma arrivare alle ultime stagioni in uno stato di salute migliore. Invece di allungare la vita, il target è allungare la salute, regalare porzioni di vita sempre più ampie, libere da malattie. Le cellule più vecchie, arrivate ad un certo punto smettono di dividersi, ma non muoiono e non vengono espulse. Il loro ruolo, purtroppo, è quello di diventare l’ambiente tossico in cui possono svilupparsi malattie e infiammazioni. Le cellule cosiddette “senescenti” sono state collegate ad osteoporosi, diabete, ictus e altri impicci in cui spesso c’imbattiamo da anziani

Alzheimer e artrosi

Alzheimer e artrosi sono due dei malanni che colpiscono più spesso le comunità di anziani. La ricerca è rivolta in questi campi, e si spera di ottenere risultati. Ma è decisamente troppo presto per parlare di effettiva terapia. L’eliminazione delle cellule anziane non è ancora stata testata in modo rilevante, perciò dovremo attendere per conoscerne il potenziale, che non è rivolto solo alle terze e quarte generazioni, ma anche ai giovani che abbiano avuto problemi. Trattare anche le lesioni traumatiche o i postumi delle chemioterapie, apre uno scenario nuovo e assai interessante.

Eliminare vecchie cellule per vivere senza malattie

Riscontrate dopo circa 50 cicli

La senescenza delle cellule è stata notata dopo una cinquantina di cicli. Smettono di dividersi e assumono caratteristiche anomale. Gli scienziati hanno anche scoperto centinaia di geni che le cellule senescenti attivano. Lo fanno per arrestare il ciclo delle cellule, e bloccare i meccanismi naturali di autodistruzione. Le cellule senescenti non sono necessariamente un problema ma pare che restino in giro troppo a lungo. Il sistema immunitario negli anziani non riesce ad eliminarle tutte e la loro presenza può danneggiare i tessuti circostanti.

Come eliminare le cellule vecchie

Se le cellule troppo vecchie sono un problema, occorre trovare il metodo per rimuoverle. Da esperimenti di laboratorio effettuati su topi, l’eliminazione delle senescenti ha allungato la loro vita e l’ha resa più sana. Questo parziale successo ha destato l’attenzione di molte case farmaceutiche che hanno stanziato fondi per altre ricerche. La caccia ai farmaci in grado di eliminare le vecchie cellule ha preso molto vigore. Il prossimo passaggio sarà arrivare a test su pazienti umani. Molto interesse anche da parte delle aziende spaziali. In questo caso si tenta di evitare l’invecchiamento cellulare accelerato causato dall’esposizione prolungata alle radiazioni nello spazio.

Risultati ancora scarsi

Cresce l’eccitazione rispetto a queste ricerche, ma siamo ancora agli esordi. Qualche piccolo successo non consente di gridare al miracolo. Gli effetti collaterali sono una preoccupazione continua. Anche se il riferimento è su pazienti che hanno avuto necessità di cure intense. L’anti-senescenza non prevede trattamenti assidui per restare in salute. Trattamenti personalizzati, come vorrebbe la medicina del futuro, validi per soggetti che necessitano di medicinali giusti al momento giusto. Senza eccessi, per restare sani e agili, ed invecchiare dolcemente senza acciacchi debilitanti. Eliminare vecchie cellule per vivere senza malattie

Eliminare vecchie cellule per vivere senza malattie
Abitare, Benessere

Le piante strillano se in pericolo

Se maltrattiamo una pianta o cerchiamo di tagliarla manda avvisi sonori.

Trattate bene le piante se non volete farle strillare. Se non date loro da bere al momento giusto o cercate di strappare un ramo loro piangeranno ed emetteranno suoni. Useranno frequenze in gamme che non sono utilizzabili per il nostro udito, ma altre piante o animali le udiranno. La leggenda del pollice verde forse si spiega così. Le piante trattate bene in qualche modo comunicano alle altre “qui si vive bene” quelle trattate male diranno “qui è un postaccio per noi”. Le piante strillano se in pericolo

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Urla rivolte anche agli animali

Noi umani non possiamo sentirle, ma probabilmente gli animali riescono ad avvertire quei suoni a 3-5 metri di distanza. Forse non sono grida di soccorso o di paura, potrebbero essere rumori di crescita o essere provocati dal vento, ma le piante quando sono stressate emettono rumori. Gli scienziati hanno volutamente trascurato e maltrattato piante di tabacco e pomodoro e le hanno microfonate. I sensori acustici, posti a una decina di centimetri dalle piante, hanno registrato i messaggi che le piante emettevano. Utilizzavano messaggi sonori diversi, a seconda del tipo di stress, quindi le piante sanno comunicare. Sanno differenziare i messaggi che vogliono mandare all’esterno.

Le piante strillano se in pericolo

Emettono rumori tutte

Tutte le piante emettono rumori, ma mentre le piante sane lo fanno circa una volta l’ora, le piante danneggiate o inaridite lo facevano tra 25 e 35 volte ogni ora. Sono dei piccoli clic e pop, non sono melodie o canti, assomigliano più ai suoni degli imballaggi pluriball quando ie facciano scoppiare. Probabilmente utilizzano le bolle d’aria intrappolate nella linfa per ottenere questi suoni. Questi segnali sonori se fossero captati dagli agricoltori potrebbero indirizzarli a regolare l’irrigazione, un elemento indispensabile nell’agricoltura moderna.

La scarsità di piogge

La scarsità delle precipitazioni rende necessario un uso sempre più personalizzato ed accorto delle risorse idriche. Ogni pianta potrebbe se riuscissimo a codificare i suoi messaggi acustici, ottenere il giusto fabbisogno, evitando sprechi. Un modo consapevole e sostenibile per un’agricoltura attenta al territorio e alle risorse disponibili. Risparmiare acqua per destinarla ad altri usi sempre più precisi è una sfida per modernizzare la produzione agricola e migliorare i consumi. Le piante strillano se in pericolo

Le piante strillano se in pericolo

Credits: Pixabay

Abitare, Eventi

Picasso nei campi

Una curiosa installazione del grande artista spagnolo

Cercate Picasso ma invece di trovarlo al Beauburg di Parigi lo trovate nascosto tra i campi. Lo ha realizzato l’artista campestre Dario Gambarin nei pressi di Verona. Per realizzare la sua installazione ha utilizzato un campo intero. Per vederlo nella sua interezza serve un drone o un aereo. Un’esperienza abbastanza rara che ha colpito la fantasia di molte persone interessate all’arte. Picasso nei campi

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50 anniversario

L’occasione per realizzare il suo “dipinto” è stato il 50° anniversario della morte di Picasso. Non si è servito di pennelli o spatole, ma ha utilizzato il suo trattore. Ha tracciato su carta la riproduzione di un celebre autoritratto dell’artista spagnolo, lo ha memorizzato e poi s’è messo alla guida. Una vera impresa perché mancano riferimenti e ha dovuto utilizzare solo la sua memoria per “fissarlo” al suolo.

Ritratti nei campi

Ha realizzato altri ritratti sui suoi campi, soprattutto di soggetti politici internazionali. La sua tavolozza di colori è data da ciò che coltiva, le stoppie del granturco, il grano o la soia. Deve decidere in anticipo e pianificare le coltivazioni che vorrà portare a termine per averli a disposizione. Dopo il disegno, arrivano la semina e il raccolto a fissare linee e colori.

Opere effimere da gustare dall’alto

Sono opere e ritratti destinati a decadere rapidamente, bastano vento, pioggia e l’azione del sole a modificare le sue opere. Gambarin è molto legato alle opere di Picasso che ritiene essere un maestro da cui si può sempre imparare. Le sue opere in effetti spaziano per quasi un secolo con una grande varietà di segni e stili, una piccola enciclopedia del ‘900 artistico. Picasso nei campi

Credits: Gambarin, wikipedia

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Un liquore particolarmente etico

Lo Chartreuse fanno solo i monaci francesi e a loro non interessa produrne altro

Proviamo a metterla così. Possedete un brevetto unico al mondo. Tutti chiedono il vostro prodotto e sono disposti a strapagarvi, se lo producete. Ma a voi non frega niente di guadagnare di più e mantenete lo stesso livello produttivo. Esistono due opzioni, o siete dei pazzi matricolati che soffrono di masochismo, o siete dei frati certosini dai principi etici. Un liquore particolarmente etico

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Seconda opzione

In questo caso parliamo della seconda opzione. I frati certosini che hanno la loro sede sulle Alpi francesi posseggono una ricetta esclusiva che custodiscono preziosamente. Per produrre lo Chartreuse servono 130 erbe selezionate, spezie, fiori e tanta pazienza. La lavorazione dura un anno intero e la produzione è contingentata. Pensate sia un vezzo perché loro hanno fatto voto di non curarsi del denaro e dedicarsi alla preghiera e alla contemplazione? Non è così

Mantenere i conventi

Il denaro ricavato dalla vendita del liquore serve a mantenere i conventi, i monaci ed a sostenere azioni di volontariato e assistenza. Perciò il denaro sarebbe graditissimo e utile ma c’è una questione etica di fondo. I monaci sono molto preoccupati che la raccolta delle erbe e fiori possa arrecare danni ambientali. Non vogliono che la produzione del liquore possa intaccare l’equilibrio ambientale.

Un cocktail riproposto

La richiesta è incrementata dopo che un cocktail sta avendo un grande successo. È la riproposizione del Last World, che è molto richiesto, ma la difficoltà di reperimento del liquore dei monaci sta creando imbarazzo. Recentemente i frati hanno inviato una mail ai fornitori, chiarendo che anche se la richiesta è molto forte non intendono aumentare la disponibilità del loro liquore verdognolo. I grossisti si sono messi le mani nei capelli, perché la domanda è tale che chiunque farebbe carte false pur di produrne di più. Ma i monaci sono irremovibili.

Un liquore particolarmente etico.

Compiti religiosi in primis

Non c’interessa guadagnare di più e ci distoglierebbe da quelli che sono i nostri compiti religiosi, quelli per cui siamo entrati in convento. Non c’interessano viaggi di lusso e comodità, preferiamo una vita spartana dedicata alle preghiere e alla meditazione solitaria. Teniamo più a mantenere intatto l’habitat che ci fornisce le erbe necessarie. Produciamo già un milione di bottiglie l’anno e non vogliamo superare quella soglia.

40 tonnellate di materie prime

Preleviamo 40 tonnellate di materiale e non vogliamo danneggiare il pianeta solo perché qualcuno pensa che dovremmo farlo ed avere maggiore disponibilità del liquore. A noi interessa maggiormente l’equilibrio della vita monastica, produrre maggiormente ci distoglierebbe dalle preghiere e dovremmo farci aiutare da personale esterno. Le nostre pianificazioni non riguardano il presente, ma le attività che si svolgeranno tra secoli. Amiamo le piante, le erbe e i fiori che raccogliamo vogliamo che possano essere a disposizione anche di chi verrà dopo di noi. Un liquore particolarmente etico.

Credits: Ralf-Roletschek, Pixabay