Contro una campagna demonizzante si possono adottare due strategie attacco o difesa. Birra Corona ha scelto la terza via, il silenzio.
L’assurdità di collegare il coronavirus alla notissima birra servita in tutto il mondo con una fettina di limone, è destinata a finire. Lo sappiamo tutti. Utilizzare una parte del suo nome per mettere in relazione bevanda e virus è un’azione stupida. C’è una forte dose di ironia e di voglia di sberleffo nei numerosi meme dedicati all’argomento. Un modo per disinnescare la paura del contagio e ridere dei propri timori. Birra Corona quando il silenzio è la miglior risposta
Sondaggio scatenante
Uno strano sondaggio montato in poche ore e diffuso da una società che non si occupa normalmente di sondaggi aveva dato un esito sorprendente. Il 38% degli americani aveva dichiarato di non voler più acquistare la birra Corona perché lo collegava al Covid-19. Rimbalzato su molte testate e divulgato dalla rete lo pseudo sondaggio ha scatenato dibattiti, spesso poco felici, e l’ironia dei social.
La sfortuna dell’omonimia
Chi ha avuto genitori poco accorti che hanno affibbiato nomi che possono diventare oggetto di battute, sa bene quanto possa essere sgradevole quella situazione. Nel business le omonimie accadono, fanno parte della storia del marketing. Gli esempi sono innumerevoli e molti sono veramente casuali. Una parola, un nome o un logo quando vengono tradotti in una lingua straniera possono avere effetti esilaranti o grevi. Per questo uno studio accurato di nomi e assonanze prima di depositare un brand o un marchio è sempre più necessario. A lungo andare l’effetto si riduce o annulla, ma nel breve, gli effetti possono essere molto sgradevoli.
Niente commenti
Corona ha evitato ogni tipo di commento pubblico. La somiglianza del nome esiste ma per rispondere ai meme e alle battute circolate in rete, sarebbe servito un plotone di addetti. Non deve essere stato semplice per l’azienda mantenere un profilo così basso. Sinora la strategia utilizzata nei casi di attacchi da parte dei social media era d’intervenire e rispondere smorzando i toni. Un tentativo di riportare nella normalità qualunque critica. Ogni azienda ha addetti dedicati alle pubbliche relazioni in rete, pronti ad intervenire per rinsaldare la reputation aziendale.
Una mossa sorprendente
Proprio per questo silenzio la strategia di Corona crea un precedente interessante. Una nuova fase del modo di interagire con il web. Anziché essere pronti a reagire e contrattaccare, rispondere col silenzio. Un modo quasi ascetico di reagire ad un attacco che non avrebbe ragione d’esistere. Forse è l’assurdità dell’argomento che facilita il compito. Nessuno crede veramente che la birra Corona sia in qualche modo in relazione col coronavirus. Tanto vale lasciare sgonfiare la bolla senza fargli fare il botto.
Cavalcare la tigre
Se le persone possono divertirsi a fare battute, vale la pena sottolineare che i marchi rivali di Corona hanno evitato di cavalcare il momento. C’è stata una certa moderazione e non hanno inferito, forse memori che la situazione potrebbe ripetersi a loro sfavore in un prossimo futuro. La strategia di birra Corona sta facendo scuola e nei gruppi specializzati frequentati dai pubblicitari, è decisamente il top trend da alcune settimane.
Cosa accade a scaffale
In realtà nonostante questa pessima associazione le vendite rimangono forti ed i consumatori continuano ad apprezzare la loro bevanda preferita. Per dimostrare che questa indesiderata campagna denigratoria non ha avuto effetti, la società ha pubblicato i resoconti delle vendite. Nelle settimane dove i meme sono stati diffusi in rete, Corona ha segnato un +5%. Il silenzio sembra veramente aver pagato, come e meglio di una nuova campagna promozionale. Birra Corona quando il silenzio è la miglior risposta.
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