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Abbattuto il sicomoro di Robin Hood

Forse per una bravata uno dei monumenti arborei più famosi è stato segato

Cresceva accanto al Vallo Di Adriano, il sistema di difesa e osservazione costruito nel nord dell’Inghilterra. Era un muro di mattoni e terreno lungo 120 chilometri con postazioni di osservazione per garantire la sicurezza dalle scorribande dei Pitti, gli attuali scozzesi. Fu un lavoro immane che durò almeno 6 anni con l’impiego di oltre 15.000 persone, un enorme sforzo umano. Il sicomoro era diventato uno dei simboli di quell’area ed era un luogo iconico. Abbattuto il sicomoro di Robin Hood

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Punto chiave di osservazione

Per la sua posizione al centro di un avvallamento era divenuto un punto chiave dove osservare il celebre Vallo. Con la sua robusta eleganza arborea, incorniciata dalle colline ero lo sfondo perfetto per moltissime foto e selfie. Aveva anche un aspetto romantico e sentimentale, molte persone qui hanno ricevuto o fatto la loro proposta di matrimonio.  C’è anche chi ha chiesto che le sue ceneri venissero disperse all’ombra delle sue fronde.

La polizia ha fermato un ragazzo

La polizia del Northumberland sta indagando su chi possa aver compiuto lo scempio. Al momento hanno messo in stato di fermo un ragazzo si 16 anni che potrebbe essere l’autore. Però la polizia ritiene che il taglio sia assolutamente professionale e forse un sedicenne non avrebbe l’esperienza sufficiente per portarlo a termine. Forse il tutto è nato da una bravata di qualcuno che aveva bevuto troppo.

Grande rabbia

Le indagini proseguono mentre aumenta la rabbia di tutti coloro che conoscevano il sicomoro e che hanno passato tempo sotto o accanto ai suoi rami. Era una meta di picnic o di sessioni fotografiche diurne e notturne, ed era diventato una vera icona arborea. Era cresciuto spontaneamente per alcuni secoli e abbatterlo non aveva alcun senso. Il sindaco della località non si da pace per lo scempio portato alla sua comunità.

Abbattuto il sicomoro di Robin Hood

Una sola motosega

Per sbatterlo avrebbero usato una motosega, che sarebbe stata maneggiata con grande abilità. Il sicomoro era uno degli alberi più fotografati d’Inghilterra e lascia un vuoto molto più ampio di quello che possiamo immaginare. Era chiamato il sicomoro di Robin Hood e a lui erano legate leggende e storie degne di un fantasy. Era diventato anche “albero inglese dell’anno” nel 2016.

Amato e rispettato

In fondo era solo un albero, ma apparteneva alla comunità, era amato, rispettato e simboleggiava la passione per il verde e per la natura incontaminata. Forse proprio queste essere così iconico ha portato alla sua fine prematura. I simboli sono sempre a rischio di essere abbattuti, rovinati o frantumati, sia per dileggio che per avversi pensieri. 

Piantarne un altro o lasciare il vuoto?

Il sindaco vorrebbe piantare un altro sicomoro nello stesso luogo, ma qualcuno ritiene che sia corretto lasciare vuoto lo spazio dove cresceva. Vedremo quale corrente vincerà, certo ci vorrebbero secoli per sostituirlo decentemente, in attesa che un altro idiota, dotato di motosega, decida che il panorama gli piace più spoglio e lo abbatta nuovamente. Abbattuto il sicomoro di Robin Hood

Credits: Northumberlandnationalpark

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La Coca-Cola la fa l’intelligenza artificiale

Se ne parla già da un po’ ma pochissimi l’hanno assaggiata

Si chiama Coca-Cola Y3000 e dovrà soppiantare la classica bevanda frizzante. E’ un tentativo di dare una nuova ricetta ed una nuova veste alla bevanda più nota in tutto il mondo. La società di Atlanta cerca di rinnovare per restare al passo coi tempi ed anzi anticiparli. Per cercare di essere attrattivi hanno utilizzato l’Intelligenza Artificiale e le informazioni ottenuta dalla clientela. La Coca-Cola la fa l’intelligenza artificiale

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Immaginate la bevanda del futuro

Hanno chiesto ai bevitori della Coca Cola cosa si aspettassero dal futuro e che cosa avrebbero voluto trovare nelle loro bottiglie e lattine. Il chatbot ha elaborato tutte queste informazioni, che sono state tante e molto circostanziate, per inventare una nuova ricetta, un mix di sapori inusuale ma accattivante.

Nuova grafica, nuova veste e colori

L’Intelligenza artificiale non si è limitata solo al contenuto, ma elaborato anche la nuova vesta grafica. Ne è risultato un contenitore decisamente diverso dal classico rosso Coca-Cola ed anche il logo è mutato. Per annunciare la nuova versione nei giorni scorsi la Coca-Cola ha realizzato un video che è circolato sui social.

Un nome che rimanda al 3.000

Riconoscibile sin dalla lattina passata dal classico colore rosso brillante ad un lilla metallizzato, il font è chiaro, lineare e pixellato. Il logo è stato rivisitato, con una immagine che ricorda una serie di onde. Il nome scelto è Coca-Cola Y3000 Zero Sugar e già nella sottolineature viene indicata come una bibita dal sapore futurista.

Emozioni, desideri e gusti

Per raccogliere le informazioni necessarie, per formulare il corretto algoritmo, ha chiesto ai partecipanti di esprimere le loro visioni del futuro. Ha elaborato le loro emozioni, le aspirazioni, l’immaginario dei colori desiderati ed anche il gusto che vorrebbero trovare. L’impressione immediata è di trovarsi di fronte ad un drink energetico.

Quando la vedremo a scaffale?

L’uscita non è ancora stata resa nota, ma dovrebbe essere imminente. La multinazionale texana intende metterla in commercio negli Stati Uniti, Canada, Cina,  Europa ed Africa in una edizione limitata di lancio. Vuole evitare di ripetere l’errore fatto nell’occasione della New Coke, quando dovette ritirare le nuove bottiglie e lattine perché non gradite dal pubblico. Un inserimento graduale sembra il modo corretto per sondare il mercato.

Gusto di? 

I pochi che l’hanno assaggiata hanno dato una miriade di risposte diverse. Segno che la nuova ricetta è un mix inusuale che raccoglie molte informazioni e le assembla in una configurazione inattesa. Si va dal gusto di chewing-gum, allo zenzero, alla banana, ma nessuno di questi gusti ha soddisfatto completamente i degustatori. Nessuno ha indicato la Coca-Cola 3000 come migliore della tradizionale

Un altro tentativo fallito?

Solo il tempo dirà se Coca-Cola è riuscita nell’intento di attirare la clientela tradizionale o nuovi consumatori. Sinora qualsiasi tentativo di modernizzazione ha funzionate solo nella veste grafica e nel formato dei contenitori, ma non nel contenuto. Ce la farà la 3000 a vincere sul fascino della “vecchia usuale bevanda”? 

Novità o effetto nostalgia? Chi vincerà?

Per aggiungere pepe al progetto, e spingere sul pedale del futuro e futuribile hanno aggiunto alle lattine un QR code. Questo consente di raggiungere contenuti futuristici e immaginifici. Forse l’entusiasmo di chi spera in futuro a colori solleciterà a consumare il nuovo prodotto.

La Coca-Cola la fa l’intelligenza artificiale

Credits: courtesy Coca-Cola

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A caccia dei nonni

Una riscoperta o un usato sicuro?

E’ un fenomeno evidente quello dell’utilizzo dei nonni e delle nonne nell’advertising. Il rapporto tra nonni e nipoti viene sempre più sottolineato. Segue e evidenzia una situazione sempre più diffusa, in cui i nonni sono gli educatori che si sostituiscono sempre più spesso ai genitori, troppo oberati dai ritmi del lavoro. Sono loro che accompagnano e riprendono i nipotini a scuola o alle attività supplementari, nuoto, palestra, danza, calcio, ecc. A caccia dei nonni

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Uno scambio di saperi tecnologici ed esperienze

Avviene anche una sorta di scambio che consente ai più anziani di cercare di stare al passo con le tecnologie e l’utilizzo di computer e smartphones. Mentre i nonni dispensano saperi, esperienze di vita e saggezza, e pazientemente attendono che le lezioni siano finite, i nipoti illustrano i passaggi con cui utilizzare i devices, ormai indispensabili per moltissime attività. 

L’effetto cucina

Ma c’è un aspetto da non trascurare affatto, l’effetto cucina. I nipoti si appropriano e divorano i manicaretti confezionati dalle nonne e col crescere dell’età, scoprono le ricette che fanno parte della cultura alimentare tradizionale italiana ed internazionale. I nonni oltre a dispensare affetto e consentire le scappatelle che sono invise ai genitori, hanno anche la funzione di dispensatori di regali e paghette

A caccia dei nonni

Il conto a cui poter attingere

Un aspetto non secondario per rinsaldare un rapporto che parte dall’infanzia e viene rinfocolato anche con la crescita, fino a cospicui aiuti negli studi e nel metter su casa indipendente. I nonni sono un importante aiuto per raggiungere l’indipendenza anche morale e sentimentale. Sanno consigliare e danno sempre una spalla su cui accoccolarsi e sentirsi protetti e compresi.

Prima voce il gioco

E’ la parte ludica quella che mantiene vivace il rapporto nonni /nipoti. Inizia coi giochi condivisi che aumentano di livello e di difficoltà man mano che si cresce. Si passa dal colorare assieme o ingaggiare sfide con la playstation o altre console elettroniche. La prima voce che i nipoti citano parlando dei nonni è la loro disponibilità a giocare e a passare tempo assieme, passeggiate, parco giochi, attività sportive, videogames, ecc… 

A caccia dei nonni

Seconda voce il cibo

La seconda voce che citano, e non è certo una sorpresa, riguarda il cibo, i pranzi, le specialità delle feste, i dolci, e tutte le bontà con cui i nonni coccolano i nipotini, anche se hanno già 40 anni. Il buon cibo consumato assieme è un ricordo indelebile, quello su cui poggiano molte delle memorie più gratificanti che riguardano la famiglia ed i nonni in particolare.

Gli insegnamenti che restano

Storie, racconti, avventure, esperienze accumulate sono quelle che restano e sono ricordi che non scolorano. Sono gli insegnamenti che i nonni hanno saputo trasmettere alle generazioni più giovani e che sono ammorbidite dal salto generazionale. Non dover forzatamente svolgere il ruolo educativo dei genitori, alleggerisce i rapporti e rende più disponibili i nipoti ad aprirsi per quanto riguarda i sentimenti. Un vecchio adagio dice che “per far innamorare una persona devi passare dal suo stomaco”, e probabilmente è proprio il rapporto costruito a tavola con ottimo cibo a rendere saldo il rapporto nonni/nipoti. A caccia dei nonni

A caccia dei nonni

Credits:Pixabay

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Una cantina con fontane di vino

Scoperta in una villa romana vicino alla via Appia una organizzatissima cantina lussuosa.

Una costruzione che fa pensare ad una attività commerciale e ludica legata alla vendemmia e al suo festeggiamento, è stata scoperta vicino a Roma. L’anno chiamata Villa dei Quintili, dal nome della gens che l’avrebbe costruita. Erano una famiglia ricca che aveva importanti ruoli di potere, servirono infatti come consoli romani attorno al 150 D.C. Una cantina con fontane di vino

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Espropriati da Commodo

Le loro fortune s’interruppero bruscamente quando l’efferato imperatore Commodo decise di eliminarli fisicamente e d’impossessarsi delle loro proprietà. Era una villa che poteva definirsi una mini città dotata di servizi essenziali e di molte comodità come un centro termale ed un teatro. Probabilmente era un luogo di delizie e di rappresentanza.

Un lusso esagerato per una cantina

Molta curiosità ha riservato il ritrovamento di una cantina che potremmo definire lussuosissima lastricata di marmi e ceramiche, con tre vasche per la pigiatura. Il luogo è talmente bello e curato, per essere una cantina, da far pensare ad un luogo destinato ad uno spettacolo rituale in onore della vendemmia. Forse fu lo stesso Commodo ad ordinare che fossero costruite in modo da rappresentare la sua ricchezza.

Pavimenti e condotte in marmo 

La scelta dei pavimenti in uno scivolosissimo marmo rosso, s’immagina vada in quella direzione, più una cantina dimostrativa che veramente produttiva. Dalle vasche di pigiatura il mosto sgorgava attraverso canali di marmo verso l’esterno dove confluiva in grandi tini dove poteva fermentare. Una festa per gli enologi e gli invitati del tempo che potevano servirsi direttamente da quelle canalizzazioni, in cui i Romani erano maestri come dimostrano i loro acquedotti.

Una cantina con fontane di vino

Sale per banchetti

La Villa Quintili era dotata di svariate sale per i convivi e banchetti, questo fa immaginare che fosse una località destinata ad essere un luogo di divertimenti. La ricchezza dei pavimenti con intarsi di svariati marmi supporta questa teoria. La curiosità riguarda piuttosto il fatto che, in loco, non si ricordino vigneti di particolare valore e che la cantina fosse una dimostrazione di ricchezza anziché una efficiente azienda vitivinicola.

Vino costoso ed esportato ovunque

Il vino era molto costoso e chi lo commerciava possedeva sicuramente buone rendite. Probabilmente i proprietari delle vigne festeggiavano copiosamente l’inizio della stagione della vendemmia che riempiva i loro tini e donava nuova consistenza ai loro capitali. i vini laziali e campani erano celebri e venduti in tutto il bacino del Mediterraneo grazie alla grande flotta commerciale e all’ottima rete stradale che i Romani avevano saputo costruire.

Cultura enoica 

La cultura enoica che seguiva le rotte commerciali romane aveva influenzato molte delle società e delle popolazioni con cui interagiva. Il vino era allo stesso tempo rituale laico e religioso. Non poteva mancare nei banchetti e nei doni agli dei. Molto vino è stato utilizzato nei secoli con scopi medicamentosi, accrescendone così l’importanza e la ricchezza morale, togliendo in parte la patina negativa legata all’ebbrezza. Una cantina con fontane di vino

Una cantina con fontane di vino
Una cantina con fontane di vino

Credits: Pixabay, unknown

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Come salvare il cioccolato più ambito del mondo

Piante di cacao creduto perduto per quasi un secolo è stato ritrovato in una sperduta valle del Perù

Nelle foreste pluviali dellEcuador, cresceva un cacao dal sapore sorprendentemente buono. Morbido, setoso e dal ricchissimo di sapore, era e usiamo il passato, il preferito di alcuni cioccolatieri disposti a pagare prezzi da capogiro per averlo.Era il celebrato Nacional coltivato già da oltre 5.00 anni. Come salvare il cioccolato più ambito del mondo

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il vero cioccolato da intenditori

Il Cioccolato con la C maiuscola, veniva coltivato in diverse aree interne dell’Ecuador.  Gli europei crearono nuove piantagioni più vicine alla costa, circa un secolo dopo che Cristoforo Colombo aveva “riscoperto” le Americhe. Non possiamo fare congetture su dove e come la malattia si propagò, ma queste splendide piante di cacao, vennero colpite dal marciume gelido, che le fece morire tutte. Un vero disastro ecologico e gastronomico.

Una fama meritata

Grazie al sapore intenso questa varietà di cacao divenne velocemente famosa. Potremmo dire che l’economia del paese venne sospinta quasi solo dal Nacional, grazie all’esplosione di richiesta proveniente dall’Europa. Amburgo era il porto in cui si svilupparono quasi tutti i commerci relativi al cioccolato tra 800 e inizio ‘900, e il Nacional era il più gradito. 

Un secolo fa la scomparsa

Nel 1919 sembrava che tutte le piante fossero scomparse e il raccolto fosse quasi azzerato. Una leggenda voleva che alcune piante si fossero salvate in una valle sperduta nel Perù. Una ricerca a tappeto degna di Indiana Jones, ha coinvolto migliaia di piante per rintracciare quell’Eldorado. La ricerca ha dato frutti ed ha appurato che la piccola valle esiste veramente. 

Come salvare il cioccolato più ambito del mondo

Cacao Nacional salvo in Perù

A sorpresa, alcune piantagioni di cacao in Perù, non furono colpite così duramente, e alcune piante del Nacional si erano salvate. Questa valle molto isolata è riuscita mantenere in vita, e sani, alcuni degli alberi originali. Esaminando il DNA delle piante più secolari hanno trovato che erano le pro-pro-nipoti delle piantagioni millenarie. Grazie al ritrovamenti di queste piante è iniziato un percorso di recupero di quel cacao prelibato. 

Rimboschire l’Ecuador anche col cacao

Un’associazione ambientalista si era già posta l’obiettivo di ripopolare le zone ecuadoriane divenute incolte. Ora però il progetto si è integrato con quella rinascita, e la collaborazione tra ecologi e coltivatori s’è fatta più forte. Hanno coinvolto una quarantina di famiglie di contadini, per il rimboschimento delle piantine nate dalle vecchie piante di cacao ritrovate. L’obiettivo è contemporaneamente di riattivare il business del cacao e di ripristinare le foreste ecuadoriane

Terreni nuovamente lavorati e curati

I terreni incolti o lasciati al degrado, vengono nuovamente lavorati nella speranza che presto la foresta riprenda i suoi spazi. Il fatto che abbiano resistito alla malattia fa pensare che possano essere diventate immuni e quindi più forti e resistenti. Per facilitare il reintegro delle piante, hanno dato vita a vivai per le piantine che crescono dalle fave originale ed altre piantine vengono ibridate grazie ad innesti

Come salvare il cioccolato più ambito del mondo

Contributi ai contadini

Le famiglie che coltivano Nacional ricevono un contributo per le spese che dovranno sostenere, e per i mancati introiti per gli anni in cui dovranno attendere che comincino a dare frutti. Il Nacional ha una crescita lenta e non fruttifica molto, rispetto ad altre piante di cacao. Ma l’attesa sarà sicuramente remunerata in modo soddisfacente. Per questo le fave di Nacional sono pagate almeno il triplo delle altre. La vendita è garantita e questo aiuta i coltivatori in progetti a lungo termine. 

Proteggere e conservare

La sostenibilità del progetto si sposa con le esigenze di proteggere e conservare l’ecosistema. Il Nacional gradisce i terreni ombreggiati, perciò le piantagioni crescono con altri alberi di alto fusto in grado di produrre ombra e dare cibo e riparo anche alla fauna locale. 

Barrette da vendere in oreficeria 

Le barrette di Nacional (ora rarissime) possono arrivare a costare quasi 500 dollari. Non sareste curiosi anche voi di assaggiare questa delizia? Come salvare il cioccolato più ambito del mondo

Come salvare il cioccolato più ambito del mondo

Credits:Pixabay

Abitare, Benessere, Enogastronomia

Carne di cinghiale radioattiva

Test svolti in Baviera hanno rivelato importanti tracce di Cesio.

Molto materiale radioattivo è stato rilasciato in atmosfera durante i test atomici tra il 1946 e il 1966. Gli esperimenti effettuati in superficie sono ricaduti sul terreno, trasportati dai venti in quota. Quei test sono proibiti da molti anni, ma Francia e Cina hanno proseguito nei test anche dopo il ’66 (Atollo di Bikini). Carne di cinghiale radioattiva

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Non solo Chernobyl e armi ad uranio impoverito

A questi esperimenti vanno aggiunte le radiazioni dovute all’incidente di Chernobyl, che hanno occupato cieli e terreni di oltre il 40% dell’Europa. Terzo elemento le armi ad uranio impoverito che hanno contribuito a contaminare l’ambiente. I cinghiali che vagano nella Foresta Nera ed in Baviera hanno raccolto le radiazioni dal terreno e dalle piante.

Cesio ancora presente in quantità

Si pensava che fosse l’esplosione del reattore di Chernobyl la causa principale ma controllando gli isotopi di Cesio è risultato evidente che, anche i test in atmosfera avevano contribuito molto a rendere i cinghiali radioattivi. I test sulle armi effettuati a metà del secolo scorso, molti decenni prima del disastro ucraino, contribuiscono ancora in modo significativo ai livelli di cesio radioattivo nei cinghiali.

Carne di cinghiale radioattiva

Una dieta a base di tartufi

Nelle foreste bavaresi permangono elementi radioattivi che vengono  “assorbiti” col cibo dai cinghiali. Sono golosi di tartufi, i funghi che crescono sottoterra e che si alimentano dalle radici degli alberi, assorbendo così il Cesio da entrambi, terreno ed alberi. Questa loro passione li porta a scavare grandi buchi attorno alle piante, ha reso la loro carnepericolosa”.

Limiti di sicurezza superati

In alcuni casi la carne di cinghiale ha superato i limiti considerati corretti per l’alimentazione umana. Carni prelibate ma non sicure, che devono essere smaltite negli inceneritori. Il fatto che le radiazioni di quei test nucleari siano ancora presenti, è significativo della lunghissima permanenza della contaminazione radioattiva anche a distanza di 80 anni.

Due isotopi per comprendere l’origine

La differenza tra isotopi di cesio-135 e cesio-137 dimostrano l’origine delle particelle radioattive. Se il rapporto è elevato indica un’elevata percentuale di cesio radioattivo derivante da test sulle armi, mentre un rapporto basso indica un segno di esposizione a materiale proveniente da Chernobyl. Negli altri animali presenti nella foresta i livelli di contaminazione si sono ridotti. Ma non per i cinghiali a causa della loro speciale dieta ricca di tartufi. Carne di cinghiale radioattiva

Carne di cinghiale radioattiva

Credits: Pixabay

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Shrinkflation tu riduci io ti evidenzio

La guerra tra industria e grande distribuzione

Carrefour ha deciso di mettere in evidenza i prodotti alimentari, distribuiti nei suoi supermercati che applicano la shrinkflation. Ha apposto cartelli molto visibili utilizzando un brillante arancione, che comunichino ai consumatori cosa sta accadendo tra gli scaffali. Il messaggio è semplice ed incisivo e scagiona la catena di supermercati da questa inflazione silenziosa e nascosta. Shrinkflation tu riduci io ti evidenzio

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l’etichetta che evidenzia

Questo prodotto ha visto la sua capienza scendere e il prezzo praticato dal nostro fornitore salire”. Questa l’etichetta con la quale in Francia, Carrefour, accompagna 122 prodotti che applicano questa filosofia marketing. Le aziende produttrici sono molto scontente perché balena il sospetto che sia una truffa.

Forzare il governo

Con questa azione Carrefour scavalca il governo che aveva promesso d’intervenire in proposito ma ha, sinora, evitato di farlo. Questa inflazione mascherata è stata correttamente segnalata, ora i consumatori possono decidere autonomamente se continuare ad acquistare i loro prodotti. Alcuni prodotti sono stati ridotti e rimpiccioliti senza ritoccare i prezzi verso il basso, ma mantenendoli e in alcuni casi alzandoli

Colpisce le tasche dei consumatori

La shrinkflation è un fenomeno che colpisce molti prodotti e colpisce duramente le tasche dei consumatori, che addossano la colpa delle  difficoltà di riempire i carrello alla grande distribuzione. Ma loro hanno deciso di mettere in chiaro come stanno le cose e grazie a questi cartelli evidenziano chi sta applicando questa strategia scorretta.

Informazione corretta

Un modo corretto d’informare la clientela e lasciare a loro la decisione di cosa acquistare e cosa no. La riduzione di peso, quantità e capienza non può pesare solo sul rivenditore, mentre le aziende continuano a mantenere i loro volumi di affari. Le aziende produttrici sono molto nervose e minacciano ritorsioni per essere state colte con le mani nella marmellata.

Finalmente un disegno di legge

Il governo francese tirato per la giacchetta da questa azione di Carrefour ha promesso di mettere finalmente mano alla questione. Ad ottobre dovrebbe essere presentata una legge che obbliga i produttori ad indicare se hanno ridotto le dimensioni e i pesi dei prodotti senza cambiare prezzi o addirittura alzandoli. Prossimo escamotage, dei produttori sarà cambiare nome al prodotto o packaging. Sarà un costo importante che l’industria, ovviamente accollerà ai consumatori, ancora una volta. Shrinkflation tu riduci io ti evidenzio

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Come impedire agli elefanti di distruggere le fattorie 

Convivere con gli elefanti e ottenerne vantaggi

In Kenia gli elefanti stanno diventando un problema per gli agricoltori. Le fattorie si estendono in aree che un tempo erano selvagge e che consentivano ai pachidermi di muoversi in libertà sui consueti tracciati. Sentieri memorizzati dalle vegliarde capo branco e che portavano a sorgenti o pascoli. Come impedire agli elefanti di distruggere le fattorie

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Sentieri interrotti

Interrompere questi sentieri sta disorientando gli elefanti costretti a mutare i loro percorsi. in queste annate molto siccitose, la ricerca dell’acqua è fondamentale, gli ostacoli rischiano di venire travolti davanti alle esigenze vitali. Sono accaduti incidenti gravi, con abitazioni abbattute mentre i residenti erano ancora all’interno, e villaggi travolti.

Riserve d’acqua recintate

Cisterne d’acqua o stagni recintati, sono stati invasi dagli elefanti che avevano bisogno di dissetarsi. Per rallentare le intrusioni, le cisterne sono state delimitate da rocce appuntite, che impediscono ai grossi piedi dei pachidermi di avanzare senza ferirsi. Ovviamente questo ha innervosito gli elefanti costretti ad allungare i loro percorsi alla ricerca di altre soluzioni per dissetarsi.

Solo 1,5 milioni

In Kenia ci sono quai 1,5 milioni di elefanti, sembrano tanti ma sono una sparuta minoranza se comparata alla loro presenza un secolo fa. Il bracconaggio per ottenere l’avorio ha decimato la popolazione, in tutto il secolo scorso. I confini colabrodo verso Somalia ed Etiopia hanno consentito di ottenere facilmente armi da fuoco, con i quali abbattere i giganti della savana.

Trattati contro l’importazione

Ora, fortunatamente, sono stati siglati trattati che escludono l’esportazione, soprattutto verso la Cina. Il commercio di avorio si è ridotto tantissimo, è quasi scomparso. Se però la domanda dovete aumentare, c’è il rischio che il bracconaggio riprenda per il facile guadagno che consente.

Elefanti di foresta e di savana

Ci sono due tipi di elefanti quelli delle foreste più piccoli e riservati e quelli delle savane, molto più grandi ed intraprendenti. Per fermare le loro “invasioni” sono sorti molti progetti incruenti e naturali che cercano di limitare le loro scorribande. Un metodo consiste in una recinzione di alveari sospesi posti ai confini delle fattorie. Contengono api africane molto più agguerrite di quelle europee. Gli elefanti le temono e non si avvicinano. Se vengono molestate le api attaccano, e la loro pelle nei punti più delicati, come attorno a  occhi, bocca e proboscide, viene punta e provoca forti dolori e gonfiori.

Come impedire agli elefanti di distruggere le fattorie

Impollinazione e miele da vendere

Gli agricoltori oltre a proteggere i loro raccolti, ne traggono vantaggi grazie all’impollinazione e al commercio del miele, un altro mezzo di sostentamento per fattorie che non garantiscono grandi fatturati. Un altro metodo dissuasivo è la recinzione di peperoncino. Agli elefanti non piace, anzi li disturba, perciò ne vengono piantate molte piante attorno alle aree coltivate.

Micro-birrifici per impiegare il miglio

Campagne ecologiche hanno favorito la creazione di micro-birrifici che utilizzano il miglio in eccedenza, per la bevanda più richiesta in Africa, la birra. Acquistano anche a prezzi molto vantaggiosi tutto il miglio prodotto delle fattorie, che così possono autofinanziarsi. Per ottenere questi prezzi di favore, gli agricoltori devono per rispettare dei disciplinari che li invitano a coesistere con gli elefanti, e a rispettare i loro corridoi. Se convivono col loro, ricevono contributi e possono aumentare i loro raccolti e profitti.

Come impedire agli elefanti di distruggere le fattorie

Nessuna costruzione sui sentieri

Devono anche impegnarsi a non espandersi nelle aree più percorse dagli elefanti. A questo scopo è stata tracciata una mappa che raccoglie tutti i sentieri. Su quei territori è vietato costruire altri fabbricati, per evitare ulteriori conflitti. Tutti i sistemi in uso stanno funzionando, api, peperoncino, finanziamenti e luci notturne alimentate da celle solari contribuiscono a permettere una convivenza pacifica, tenendo gli elefanti a distanza dalle fattorie.

Vendute quote di impronta carbonica

Per incentivare ulteriormente gli agricoltori, vengono vendute quote per l’impronta carbonica ad altre aziende. Un emolumento che favorisce i kenioti e li ha convinti a collaborare con questi progetti di salvaguardia e coesistenza. Come impedire agli elefanti di distruggere le fattorie

Come impedire agli elefanti di distruggere le fattorie

Credits: Pixabay

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Una gallina di 21 anni

Si chiama Peanut e vive in salute in una fattoria del Michigan.

Salvata quasi per caso da una nidiata dove i suoi fratelli erano già usciti dal guscio e il suo uovo sembrava destinato a finire nella spazzatura. La sua proprietaria ha sentito un timido pigolio provenire dall’interno e l’ha aiutata ad uscire dal suo guscio. Decisamente vispa e vitale ha rapidamente assunto il tipico aspetto di pallottola di piume. Peanuts non aveva il dentino sul becco che serve a rompere il guscio, per questo era in ritardo rispetto ai suoi fratelli e sorelle. Una gallina di 21 anni

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Mamma chioccia l’ha rifiutata

La madre non l’ha riconosciuta come una delle sue creature e l’ha respinta. La proprietaria allora ha deciso di curarla e nutrirla in casa in una opportuna voliera. Le cure amorevoli l’han fatta crescere ben e dopo pochi mesi Peanuts è andata a raggiungere compagne e sorelle nel pollaio. Ha avuto una vita serena ed ha prodotto tante uova da cui sono nati tanti pulcini. Ha avuto la fortuna di sopravvivere a molti dei suoi figli. Ora non è più in grado di deporre, ed ha scelto di pensionarsi.

Entrava in casa

Abituata ad una vita accanto ai suoi proprietari era abituata ad entrare in casa, dalla quale usciva a sera per andare a dormire nel pollaio. Ma un giorno ha deciso di non voler più uscire e di voler restare in casa. Le hanno costruito una piccola voliera con cibo e paglia e con una ottima vista verso l’esterno. 

Una gallina di 21 anni

Col sole esce in veranda

Nei giorni più caldi esce in veranda, razzola un po’ e si regala bagni di sole, poi rientra. Ora vive in simbiosi con la sua proprietaria, le si accoccola in grembo mentre guarda la tv o legge, oppure si fa ospitare all’interno della sua giacca mentre svolge le faccende di casa. Nella stessa fattoria oltre alle galline vengono allevati altri animali da cortile, cani e gatti, perciò Peanut non è mai sola.

La gallina più vecchia

Peanut, è arrivata a 21 anni, ed è il pollo vivente più vecchio del mondo secondo il Guinness dei Record mondiali. Non è il record assoluto, un altro pollo visse 23 anni e 152 giorni. Forse lei potrebbe arrivare a battere questo record, anche se di solito i polli non superano i 10 anni di vita. La sua proprietaria dice che è un po’ artritica ed ogni tanto barcolla o si ribalta, ma sta abbastanza bene e potrebbe farcela. In fondo si comporta come tutti i vecchietti.

Viziata e coccolata

Riceve un’alimentazione bilanciata con l’aggiunta di vitamina D per le sue ossa. Adora lo yogurt ai mirtilli, le banane, uva e insalata, oltre al rituale becchime. Vivere in casa assieme ai padroni e al gatto di casa le fa bene, la mantiene vivace e attiva. Tutti la rispettano e la coccolano. Ora con lei vive anche una figlia quindicenne, condividono la stessa voliera e probabilmente si raccontano gossip e avventure di pollaio. Una gallina di 21 anni

Una gallina di 21 anni
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La dolce appiccicosa Baklava

Il dolce è una parte importante dell’identità culinaria di così tanti luoghi che molti popoli ne contestano l’origine

Sgombriamo subito il campo, lo troverete al maschile o al femminile, come pasticcino o torta. A noi piace al femminile, ma potete chiamarla il baklava ciò che importa è che sia buona. Tra i luoghi che sicuramente conoscono meglio e prepara meglio la baklava c’è la Turchia. Considerato il dolce nazionale per eccellenza, ha sempre un posto importante al centro delle vetrine delle pasticcerie. L’origine potrebbe essere siriana, Damasco e Aleppo sono tra le città che si contendono il primato, ma è ancora la Turchia ad averne fatto un vero business. La dolce appiccicosa Baklava.

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Pasta fillo come ingrediente particolare

Alla base del celebre dessert, tanti strati di pasta fillo, quasi trasparente e croccante ripiena di noci, sciroppo e miele. L’uso del miele la rende appiccicosa, perciò chi mangia baulava è obbligato a leccarsi le dita. La baklava viene preparata con 10 o 11 strati di pasta fillo, stesa così sottilmente da diventare una velina attraverso la quale si può vedere il mondo. Gli strati vengono ancora sovrapposti a mano, per questo il procedimento è lento e necessità di manualità molto delicata.

Non è un prodotto industriale

Esistono baklava di produzione industriale ma sono riconoscibili per lo spessore della pasta. Nessun turco, greco, afghano, iraniano, armeno o siriano porterebbe mai a casa o in dono, una torta non artigianale. I pasticceri che la preparano hanno bisogno di un training  piuttosto lungo. Un pasticcere in grado di stendere velocemente la pasta senza romperla avrà sempre un mestiere

Lo conoscevano già gli Assiri

Già gli assiri conoscevano un dolce molto simile a questo, perciò le origini si perdono nel tempo. Proprio l’area del loro impero è quella doveva baklava è diffusa e percepita come il dolce base. Il dolce che ti accompagna dall’infanzia fino alla matura età. Le versioni più vicine alle attuali risalgono a 5 secoli fa, quando a regnare era l’Impero ottomano.

La dolce appiccicosa Baklava

Dolce delle feste e prezioso

Era il dolce delle feste e veniva conservato per speciali evenienze. Era il dolce delle festività ufficiali e di rappresentanza. Era costoso perché le materie prime erano “preziose”, miele, zucchero e noci. Inoltre serviva quella speciale abilità per realizzarlo. La baklava ha anche versioni salate o  “meno dolci”. Già i romani ne realizzavano una versione ripiena di formaggio e miele, insaporita con foglie d’alloro, molto energetica.

In dono ai Giannizzeri

I Giannizzeri contribuirono creare il mito della baklava in quanto durante il ramadan a loro erano riservati i vassoi del dolcetto. Era un rito molto sentito a cui seguiva una processione. I cristiani a loro volta interpretarono il dolce nel periodo quaresimale con ben 40 strati di pasta, oppure con 33 strati a rappresentare gli anni di Cristo. Questa tradizione dei 33 strati di sfoglia resiste nella torta pasqualina della tradizione genovese. Anche gli ebrei la servivano in feste rituali. Le più grandi religioni son tutte attraversate dalla dolce appiccicosità di questo dessert.

Tante varianti, spezie e sciroppi

Tipico dolce di corte, ogni rappresentante dell’Impero ottomano portava con se questa tradizione ed essendo un dolce ricco e riservati a nobili e cortigiani, contribuì a donargli un’aura mitica e quasi mistica. Non tutti gli ingredienti erano sempre disponibili e nacquero diverse varianti, la più celebre delle quali è a base di pistacchio. In altri paesi troverete profumi speziati di cannella e chiodi di garofano, in altre al posto delle noci troverete le mandorle.

Il dolce dei ricordi d’infanzia

Per la sua particolare dolcezza la baklava è il dolce dei ricordi d’infanzia. Ogni popolo riconosce nell’armonicità dei sapori del ripieno le proprie origini. Come sempre i greci rivendicano le origini del dolce e la querelle coi turchi è infinita e irrisolvibile, come quella siciliana tra arancino e arancina. Un consiglio se vi offrono baklava, mangiatela, leccatevi le dita e state zitti, non innescate nessuna polemica sul luogo d’origina. La dolce appiccicosa Baklava

La dolce appiccicosa Baklava

Credits:Pixabay