Anche noi italiani diamo un importante contributo a distruggere il patrimonio boschivo e forestale. Con le nostre azioni favoriamo la diffusione delle pandemie
Ci riempiamo la bocca e la testa di messaggi positivi, etici ed ecologici, eppure siamo causa di molti dei processi che portano alla deforestazione. In 25 anni le foreste che coprono il nostro pianeta sono diminuite del 3%. Troppo, e soprattutto in controtendenza con tutti i dettami per tenere sotto controllo la CO2. Ci sono aree in cui la deforestazione è stata controllata maggiormente, altre in cui è in folle escalation. Oltre un quarto delle terre emerse è coperto da foreste (27%) e quel dato dovrebbe aumentare e non diminuire. Anche noi contribuiamo alla deforestazione mondiale
Brasile in testa
La folle corsa a spianare terreni in Brasile è facilmente controllabile dai satelliti. Gli incendi che vengono utilizzati per aprire varchi in tutta l’area amazzonica sono in forte incremento. Rispetto allo scorso anno oltre il 30% in più, in un anno che era già stato disastroso. L’aspetto etico viene completamente ignorato per fare posto solo all’aspetto economico. Del resto Bolsonaro insiste a dichiarare che l’amazzonia è un affare del Brasile e che nessuno deve cercare di interferire.
Il tema è dibattuto da almeno 50 anni
Gli ecologisti battono la grancassa contro il pericolo della deforestazione già dagli anni ’70. L’opinione pubblica è più attenta e coinvolta ma le grandi compagnie non intendono rallentare le loro azioni. Se in precedenza era l’industria del legno ad essere individuata come principale colpevole, ora l’attenzione si rivolge anche ad altri settori. L’agricoltura è entrata con una massiccia presenza nei suoi processi. Le coltivazioni di caffè, soia, olio di palma e tutta la catena di produzione delle carni e delle pelli, sono tra le voci principali.
Come ridurre questo impatto?
Gli scienziati stanno cercando di capire se sia possibile integrare questi processi, richiesti dal costante fabbisogno di cibo, mantenendo la salvaguardia forestale. Le strategie ecologicamente sostenibili non sembrano in grado di fermare il processo. Cozzano con le esigenze e le scelte politiche degli stati. Molto resta da fare per rallentare e fermare lo scempio di troppi territori. Anche la Siberia sta facendo la sua parte nella distruzione di ampie aree boschive tramite incendi. Il caldo eccezionale di questi giorni aggiunge altre preoccupazioni sull’uso e consumo di quelle terre e la fusione del permafrost.
Anche l’Italia
Anche l’Italia partecipa alla sciagurata gestione delle foreste. Lo fa in molti modi, non solamente come immaginano in molti con l’acquisto di legname nobile. Il mercato italiano chiede e assorbe molti prodotti agricoli, destinati all’alimentazione umana ed animale. La soia è una coltura che ha bisogno di grandi estensioni e viene ritenuta una delle cause indirette delle più massicce deforestazioni. Anche l’olio di palma ha una fortissima richiesta, come le carni bovine che hanno bisogno di enormi latifondi. L’industria delle trasformazioni richiede anche moltissimo cuoio e pelli. Come si può ridurre l’impatto del nostro paese alla scomparsa delle aree boschive? Basterebbe, se possibile, non acquistare da quei paesi e riforestare dovunque è possibile. Ma il mercato mondiale non è pronto a fare scelte etiche
Le foreste scompaiono e arrivano le malattie
Sempre più spesso i ricercatori mettono in relazione la scomparsa delle foreste con malattie e pandemie che derivano dallo sfruttamento delle aree boschive. La contaminazione tra specie diverse porta alla diffusione di pandemie che hanno impatti tremendi sulle popolazioni. La recente pandemia Covid-19 col dubbio del trasferimento della malattia da contatto con pangolini o pipistrelli ne è una riprova. Nel recente passato abbiamo convissuto con SARS ed Ebola, entrambi traferite all’uomo da mammiferi selvatici. Eventi molto probabilmente accaduti per la restrizione delle aree in cui i selvatici erano abituati a vivere. Anche noi contribuiamo alla deforestazione mondiale
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