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Allevato dai lupi ma non è una favola.

Allevato dai lupi ma non è una favola.

Forse avrete visto il film Entre lobos-Il bambino lupo, che racconta una storia vera, di vita selvaggia nella natura, ma senza il solito lieto fine.

Dalla lupa capitolina che allattò Romolo e Remo, o il Mowgli del Libro della giungla, sono tante le storie e leggende di animali che hanno allevato uomini. Il rapporto con il branco è sempre stato vissuto come un misto di fiaba e realtà come San Daniele coi leoni. La storia di Marco Rodriguez Pantoja però è decisamente differente. Tocca momenti drammatici quasi da fuilletton, e sembra costruita ad arte per farci ripensare al nostro ruolo e all’etica umana. Pone anche dei quesiti morali difficili da risolvere, sulla nostra abilità di comprendere la natura ed apprezzarla. Allevato dai lupi ma non è una favola

Da Cordoba alla Sierra Morena

Nato a Cordoba alla fine della seconda guerra mondiale, il piccolo Rodriguez raggranella sventure degne di un romanzo. La madre morì quando aveva solo 3 anni. Il padre non sapeva accudirlo ed aveva una grande passione per il vino, lo maltrattava e lo picchiava. Quando il padre si risposò, la matrigna non lo volle tra le scatole e riuscì a fare in modo che venisse affidato, anzi venduto, ad un pastore per sorvegliare le pecore. A soli 4 anni Rodriguez si ritrovò sulla Sierra Morena a curare ovini, senza alcuna esperienza o qualsiasi tipo d’istruzione. Il pastorello non ha conservato quasi alcun ricordo di quel periodo della sua infanzia. Tranne che il pastore si prendeva cura di lui, finché è vissuto.

A 7 anni viene abbandonato

A sette anni ricorda, però, che il suo padrone non fece più ritorno all’ovile e si ritrovò solo, disperato e con la paura di morire. Una notte un branco di lupi assalì l’ovile, uccise tutti gli agnelli ma risparmiò Rodriguez. La lupa capobranco forse intuì la disperazione e la paura di quel bambino coperto di stracci e lo portò con sé. Crebbe con loro divenendo parte del branco, imparando tutto quello che serviva per vivere e sopravvivere nei boschi. Imparò a cibarsi di bacche, funghi e della carne cacciata, a rifugiarsi nelle caverne e nelle buche dove tenersi al caldo in inverno. Rodriguez ricorda quel periodo come il più bello della sua vita. Era amato e rispettato nel suo branco. I cattivi predatori delle leggende si comportavano da vera famiglia e non da spauracchio delle favole.

Un cucciolo del branco

La lupa capobranco lo trattava come un suo cucciolo e la vita selvaggia nei boschi era l’unica che gli sembrava possibile e gratificante. Rodriguez per la prima volta nella sua vita era felice. Ma come nelle migliori favole ad un certo punto arriva l’orco o un tiranno o scombinare le carte. Per Rodriguez arrivarono i carabineros. Nel 1965, quando aveva 19 anni, e aveva già vissuto 12 anni coi lupi, venne rintracciato dalla polizia che stava battendo i boschi per stanare un ricercato. Aveva dimenticato come parlare e divenne una leggenda come il bambino o l’uomo lupo della Sierra Nevada (el niño de la Sierra). Obbligato a rientrare nella comunità umana e nella “civiltà” Rodriguez si sentiva completamente fuori luogo. Sottrarlo alla sua vita selvaggia, anziché favorirlo, lo faceva sentire sempre più insicuro. Maltrattato e tiranneggiato da bambino, e strappato dalle sue radici da uomo.

Sempre fuori posto

Non possedeva nulla, solo un nome, e un infinito rimpianto per la sua famiglia a 4 zampe. Gli diedero un alloggio e cercarono di educarlo alla vita, così come la intendono gli umani. Ma lui si sentiva fuori posto. Anche i lavori che gli vennero assegnati non lo soddisfacevano, gli permettevano di guadagnare un poco di denaro, ma si sentiva sempre preso di mira. Ogni volta qualcuno, soprattutto i datori di lavoro, cercava di trarre qualche vantaggio dalla sua condizione e gli faceva aumentare il senso di insicurezza. Non riusciva a dare fiducia a nessuno, tutta la felicità che aveva provato nel suo branco era svanita. Viveva un’esistenza triste e piena di ricordi irripetibili, come quando giocava coi cuccioli suoi fratelli. Gli umani invece di portargli benessere e felicità, gli arrecavano solo tristezza.

Ritorno sulla Sierra

Rodriguez si è sforzato di vivere con le regole dalla vita urbana, ma non funzionava. C’era sempre qualcosa che lo metteva a disagio. Tentò di tornare sulla Sierra alla ricerca dei suoi amati lupi, ma nessun branco lo ammise mai come un componente del gruppo. Era ridiventato troppo umano e quindi un nemico da cui fuggire. I lupi sono territoriali e tendono a difendere la loro comunità da qualunque elemento esterno. Solo se la capobranco lo avesse accolto avrebbe avuto qualche possibilità. Ma non avvenne. Anche l’ambiente che gli era caro, era mutato: inurbato, recintato, elettrificato, reso impraticabile per un lupo, anche se con sembianze umane. Lo sconforto di non poter più vivere con la sua famiglia a 4 zampe lo ha gettato in una grave depressione.

Di nuovo tra gli uomini

Costretto a tornare tra i suoi simili ha trovato un poco di felicità aiutando le organizzazioni di protezione della wilderness. I gruppi di sostegno agli animali selvatici si sono serviti della sua esperienza sul campo. Il suo sconfinato amore per gli animali è diventato il tema di svariati saggi e libri (anche un film). Da un decennio Rodriguez visita le scuole, racconta la sua storia ed insegna ai giovanissimi ad amare gli animali. Qualcuno critica le sue scelte di vita, altri lo appoggiano e lo prendono a simbolo dell’unione tra uomini e animali che è andata perduta. Il forzato sradicamento dal suo gruppo è stato studiato anche in chiave filosofica. Con la domanda quale diritto abbiamo di modificare il ruolo di qualcuno che è felice delle scelte che ha fatto? È giusto intromettersi nella vita altrui? Allevato dai lupi ma non è una favola

Credits: PxHere

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Allevato dai lupi ma non è una favola.
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Allevato dai lupi ma non è una favola. Un bambino ha vissuto 12 anni in branco poi è stato riportato tra gli umani perdendo la sua felicità
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