Quanti alberi servirebbero per cambiare il clima terrestre riportandolo su standard decenti? Ma soprattutto, funzionerebbe?
Basterebbe piantare tantissimi alberi per fermare la tremenda deriva del riscaldamento climatico? Probabilmente si, ma non è sufficiente scavare buche qua e là e aspettare che le piantine crescano. Non può essere solo un’azione per ripulire la coscienza di chi immette CO2 in atmosfera. Per ottenere una buona efficacia, si deve smettere di aggiungere anidride carbonica a ritmi folli. Alberi piantarne miliardi per salvare il clima
Non toccare le foreste presenti
Oltre a piantare alberi si deve evitare di intaccare il patrimonio forestale esistente. Invece il trend è quello di abbattere piante su una superficie pari all’Italia ogni anno. In Brasile vengono ancora elargiti contributi a chi abbatte alberi, in Indonesia si sbancano foreste per piantare palme da olio. In questo caso il disastro è attenuato perché si piantano altri alberi, ma nessun albero giovane può immagazzinare tanta CO2 quanto un vecchio albero. Soprattutto perché è l’apparato radicale che lo trattiene nel suolo. Quando l’albero viene abbattuto rilascia ciò che ha immagazzinato.

La bufala del trilione di alberi.
L’amministrazione americana dopo aver contrastato quasi ogni progetto di conservazione ambientale, ora spara cifre a casaccio. Ha promesso di piantare 1 trilione di alberi entro il 2050, una quantità impossibile anche con la bacchetta magica. La soluzione di piantare alberi per regalarsi una facciata e continuare ad inquinare è la più semplice. Il tipo di azione che Donald Trump preferisce e di cui non dovrebbe più occuparsi a fine mandato. Lancia la patata bollente al prossimo presidente e usa un improbabile progetto sostenibile per la sua campagna elettorale.
Effetto distrazione di massa
Sono molti gli scienziati che hanno fatto rilevare come voler piantare alberi senza ridurre l’impatto dei combustibili fossili sia solo un’operazione pubblicitaria. L’effetto positivo è indubbio, potrebbe essere impattante, ma non sufficiente senza la riduzione delle attuali emissioni. Non è la soluzione alla sfida del clima, anche se è un passo nella direzione giusta. Fanno notare che anche se venissero impiegati milioni di volontari, piantare e curare una enorme quantità di alberi sarà una grande impresa.

Etiopia e Turchia
Etiopia e Turchia danno il buon esempio, coinvolgendo tutti coloro interessati al problema. In Turchia hanno piantato 11 milioni di alberi anche se a quanto pare molti non hanno attecchito. Esempi positivi ma che non riescono a reintegrare il numero di ettari persi ogni anno. È necessario fermare questo costante stillicidio di terreni disboscati, specie se si tratta delle foreste amazzoniche o delle foreste primarie. Anche le popolazioni che vivono nei luoghi riforestati hanno bisogno di fondi per sostenerli economicamente mentre la foresta si sviluppa. Chiedere di limitare il potere economico delle coltivazioni di aree povere è scorretto. Si deve chiedere la collaborazione dei locali, e questo sforzo deve essere premiato.
La scelta delle piante
Non si può piantare a casaccio. Si deve tener conto della possibilità di attecchire alle essenze che già sono presenti in loco. Oltre a privilegiare le specie occorre conoscere il terreno e la stagionalità. Piantare in estate o inverno porta enormi differenze sulla possibilità di attecchire. Servono esperienza, manualità e risorse. I primi anni sono i più difficili, servono tutori e controlli. Una foresta può crescere da sola ma se viene controllata e accudita, crescerà meglio.

Costi di gestione
Servirà denaro, è stato calcolato che piantare 60miliardi di alberi costerà tanto quanto viene stanziato annualmente per sostenere i combustibili fossili. Dirottare quei fondi sarebbe un vero esempio illuminato di sostegno del progetto. I nuovi alberi creerebbero altri posti di lavoro e incrementerebbero l’economia. Specie se si usassero alberi da frutta. Anche la qualità dell’aria urbana cambierebbe in modo significativo. Alberi piantarne miliardi per salvare il clima.
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