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Abitare, Benessere, Enogastronomia

Trattori elettrici in arrivo

Una vera rivoluzione per l’attività agricola

Si parla da molto tempo dei consumi energetici in agricoltura che stanno diventando troppo influenti sui costi di produzione. Inoltre l’attenzione ai consumi dei combustibili fossili ha posto l’interrogativo di quali soluzioni trovare per ridurli. L’inquinamento dovuto agli eccessi di anidride carbonica è un aspetto non secondario della ricerca che porta alle macchine elettriche. Trattori elettrici in arrivo

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Sostenibilità e cambiamento

La rivoluzione green si fa sempre più imponente anche in campo agricolo. Gli agricoltori vogliono dismettere i grandi motori diesel che da sempre caratterizzano i veicoli agricoli e vogliono che siano sostenibili e facciano diminuire le spese. Molti dei trattori e macchine che sono state proposte agli operatori sul campo consentono di risparmiare anche forza lavoro perché non necessitano di nessuno alla guida. Riducono l’impronta carbonica, e l’inquinamento anche acustico, i motori elettrici sono molto silenziosi rispetto ai diesel.

Sono già tante le proposte

Le proposte che sono arrivate sul mercato sono già tante. Promettono e sono silenziosi, non hanno alcuna emissione e sono sviluppate in chiave robotica per agevolare i compiti degli agricoltori. La speranza è che consentano di applicare una migliore qualità produttiva e creare la redditività che consenta alle aziende anche di piccole dimensioni di sopravvivere degnamente.

Trattori elettrici in arrivo

Autonomi

Trattori autonomi che svolgono il lavoro senza bisogno di essere guidati costantemente. Sull’onda del successo delle auto elettriche, più consistente nel nord America rispetto all’Europa, anche i trattori elettrici stanno prendendo piede. Le batterie con cariche sempre maggiori permettono di pensare a strumenti di lavoro competitivi rispetto ai motori a scoppio. L’attuale durata della carica è di 14 ore, in un ciclo normale di lavoro, e per la ricarica servono solo 6 ore. La vita media delle batterie è calcolata in oltre 20 anni di utilizzo.

Batterie aumentabili

Se servono sforzi imponenti in alcune operazioni, è possibile aggiungere batterie supplementari per mantenere sempre alta la potenza della macchina. Sono dotati di telecamere sensoriali e sono digitalizzate. Basta impostare il lavoro sul computer di bordo e la trattrice elettrica esegue. Può effettuare le operazioni di routine come irrorare, falciare, erpicare, trasportare, diserbare, ecc. in autonomia.

Liberare energie

Il settore soffre di un invecchiamento degli operatori che hanno bisogno di dosare le forze. Sono anche una risposta alla difficoltà di reperire manodopera e al ricambio generazionale. Un agricoltore potrebbe coordinare e controllare molte attività, che vengono svolte contemporaneamente, in diversi campi della sua proprietà. La supervisione avviene attraverso un monitor collegato alle telecamere montate sulle macchine trattrici. Inoltre anche alcune delle condizioni atmosferiche potrebbero essere ignorate se a lavorare nei campi va un robot.

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Trattori elettrici in arrivo

Lavoro notturno

I trattori elettrici sono dotati di illuminazione propria e possono effettuare anche lavori di notte. La produttività può crescere mentre le spese possono diminuire e rendere più profittevoli le coltivazioni. I prezzi sono ancora un problema ma, almeno negli USA, alcuni stati concedono sconti e agevolazioni che riportano i nuovi mezzi ai costi dei diesel.

Come li chiameranno

Le aziende produttrici non vogliono entrare in competizione coi tradizionali diesel e vorrebbero trovare un modo diverso per denominarli. Non sono veri trattori le dimensioni sono ridotte rispetto ai mostri da 5.000 cavalli. Chiamarli mini-trattori robotici li fa sembrare dei giocattoli. Servirà qualcosa di diverso e con maggiore appeal, ma intanto esistono e saranno in grado di sostituire le vecchie flotte inquinanti. I costruttori puntano su una grande versatilità e con la possibilità di adattare ogni mezzo alle esigenze dell’agricoltore o del suo terreno. Trattori elettrici in arrivo

Abitare, Benessere, Eventi

Spegnere le luci potrebbe salvare milioni di uccelli

Sono tantissimi i volatili che si schiantano contro gli edifici

Sono sempre state le stelle e la luna a guidare le migrazioni e i voli notturni degli uccelli. La luce delle stelle però viene “coperta” dalle luci artificiali che noi umani utilizziamo a profusione. I migratori, già stanchi per le lunghe ore di volo, vengono abbacinate dalla troppa luminosità e perdono riferimenti. Finiscono per schiantarsi su case palazzi soprattutto se con pareti in vetro che possono sembrare trasparenti. Spegnere le luci potrebbe salvare milioni di uccelli

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Oscurità necessaria

Mantenere un buon grado di oscurità è l’unico metodo per impedire queste ecatombi. Per evitare di avere altri pennuti sulla coscienza, dovremmo attenuare la luminosità che è ormai convenzionale. Se vi siete mai soffermati a guardare quelle belle mappe luminose prese dallo spazio, avrete constatato quanto intensa è l’illuminazione di molte aree. Se si escludono le zone montane tutto il nostro territorio è una grande chiazza gialla.

Bioritmi sconvolti

La luce ha mutato anche il modo in cui gli animali ed anche gli umani hanno utilizzato i bioritmi legati all’alternanza luce-buio. Con le luci artificiali, il limite che separa le due fasi si è fatto labile. Una finta sera che non è più graduale verso il buio, ma che prosegue per tutta la durata della notte. Molte di queste luci non sarebbero necessarie e spesso sono rivolte anche verso l’alto, confondendo le idee dei volatili. Riverberate dai vetri dei palazzi e delle abitazioni, sconvolgono le conoscenze ataviche dei migratori che perdono punti di riferimento.

Moltissimi incidenti al mattino

È quando le sicurezze dei volatili vengono a mancare e che accadono molte collisioni. Molte migrazioni si svolgono di notte, quando le temperature sono più fresche ed è più agevole volare senza predatori. Le stelle se la notte è serena, sono facili da seguire ma nel momento in cui albeggia, le stelle scompaiono e le luci delle città diventano attrattive. L’improvviso cambiamento dei riferimenti causa lo stordimento dei volatili e li fa schiantare sui palazzi. Ogni mattina centinaia di uccelli vengono raccolti sui marciapiedi dove hanno terminato il loro viaggio. Vengono calcolate perdite per circa un miliardo di uccelli ogni anno.

Spegnere le luci potrebbe salvare milioni di uccelli

Invece di riposare

Quando arriva il momento che dovrebbe essere dedicato al riposo, a rifocillarsi prima di ripartire per la tappa seguente, succedono i guai. Gli uccelli già stanchi e distratti, dopo tante ore di volo, sono attratti dalle luci e compromettono per sempre il loro viaggio. Sono tanti, troppi, i tonfi che si sentono contro i muri e le vetrate cittadine. Ci sono gruppi di volontari che all’alba vanno ad ispezionare i marciapiedi cittadini, nella speranza di rintracciare uccelli che siano solo feriti o intontiti. Purtroppo sono rarissimi i migranti che possono essere salvati, mentre sono moltissimi i deceduti.

Lights Out

Un’iniziativa chiamata Lights Out cerca di sensibilizzare le amministrazioni comunali ed i privati invitandoli a spegnere o ridurre tutte le luci che non sono necessarie. L’impatto ecologico è enorme, col semplice oscuramento delle luci non indispensabili, si possono evitare moltissime collisioni. La campagna oltre a sollecitare l’abbassamento delle luci fornisce anche delle mappe relative alle migrazioni. Conoscendo in anticipo i periodi di sorvolo, possono attivare una particolare cura per evitare d’illuminare inutilmente i palazzi.

Sensibilizzazione anche dei costruttori

Tutti i costruttori di palazzi nuovi o restaurati, sono invitati ad utilizzare vetri adatti a non disorientare gli uccelli. L’inquinamento luminoso in questo modo viene ridotto ai minimi e le migrazioni possono proseguire senza vittime. Coinvolgere chiunque usufruisce delle luci artificiali diventa il modo corretto per continuare a godere della gioia del canto degli uccelli e sognare di poterli imitare nelle loro evoluzioni nel cielo. Spegnere le luci potrebbe salvare milioni di uccelli

Abitare, Benessere

Anche i polpi sognano ed hanno incubi

Un cefalopode ha inchiostrato tutto l’acquario mentre dormiva

Un polipo che vive in una vasca in un laboratorio è stato ripreso mentre dormiva. Il suo comportamento anomalo ha suscitato l’attenzione degli studiosi. Estendeva il volume del proprio corpo, mutava rapidamente colore, come se fosse sotto attacco. Il polipo viveva in Brasile ed aveva avuto incontri poco simpatici con un’altra creatura. Lo scontro era finito molto male e Costello, questo è il nome del polpo, ci aveva rimesso due tentacoli e mezzo. Accolto e monitorato in un acquario per essere studiato, ha dato parecchio da pensare ai biologi marini. Anche i polpi sognano ed hanno incubi

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Inchiostro per tutti

I movimenti scomposti del polipo sono stati evidenziati dalla presenza nel suo acquario di molto inchiostro. Le acque erano diventate torbide come se ci fosse stata una lotta, ma Costello vive con pochi pesci di piccola taglia, che non potrebbero mai attaccarlo. Questo ha fatto immaginare che abbia avuto incubi notturni, in cui fuggiva da un nemico aggressivo. Probabilmente un ricordo di quanto accaduto mentre era ospite della barriera corallina e che gli aveva compromesso l’esistenza.

Videocamere notturne

Dopo aver riesaminato le registrazioni delle videocamere notturne i ricercatori hanno notato che la cosa si era ripetuta altre volte. Le posture di Costello erano le stesse di quando veniva attaccato nelle sue avventure diurne. Gonfiava il corpo per simulare di essere ancora più grande e mutava rapidamente i colori della pelle per nascondersi sul fondale.

Anche i polpi sognano ed hanno incubi

Brutti sogni

Non ci sono conoscenze scientifiche in proposito ma i ricercatori sono portati a pensare che si sia trattato di brutti sogni, di incubi. Dopo aver inchiostrato tutta la vasca è ritornato a dormire e al risveglio s’è comportato normalmente, come se si fosse trattato di un episodio superato. Non ci sono altre esperienze simili segnalate in campo scientifico, perciò i ricercatori hanno chiesto a tutti i loro colleghi che lavorano con i polpi di controllare i loro ospiti.

Un episodio?

Potrebbe essere stato un episodio (ripetuto più volte) di un solo esemplare, ma potrebbe essere anche un’attività cerebrale comune a tutti i cefalopodi. Misurare fisicamente le attività cerebrali di un polipo è impossibile, non ha una forma fisica definita che consenta di installare elettrodi in grado di segnalare le sue attività. L’unica soluzione è l’osservazione dei comportamenti dei polpi negli acquari che li ospitano. Repentini cambi di colore notturni erano stati segnalati, ma nessuno sinora aveva avuto manifestazioni così “violente” da arrivare a spandere inchiostro.

Deceduto

Costello è stato colpito da una infezione intestinale ed è deceduto. Non sarà più possibile osservarlo. Possiamo solo immaginare che anche altri polpi sognino, magari con le stesse costruzioni sceniche degli umani e con lo stesso coinvolgimento. In ogni caso fate bei sogni. Anche i polpi sognano ed hanno incubi

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Covid arrivato dai cani procione?

Emerge la teoria che il virus che causò il Covid-19 si diffuse per le contaminazioni tra umani ed animali

Contrariamente a quanto molti pensano, la contaminazione cha ha portato all’epidemia di Covid-19, non sarebbe causata da una fuga da un laboratorio. Non ci sono ancora elementi sufficienti per sostenerlo. Pare invece che la migrazione del virus sia avvenuta tramite contatti con animali infetti. Sinora erano stati accusati i pangolini e i pipistrelli, ma forse non sono loro i responsabili. I dati raccolti recentemente parlano di infezione avvenuta tramite i cani procione. Covid arrivato dai cani procione?

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Presenti al mercato di Wuhan

Anch’essi erano presenti al mercato di Wuhan, il luogo dove tutto ha avuto inizio. I campioni prelevati dal mercato all’ingrosso di prodotti ittici di Huanan, in Cina, contenevano sia il virus SARS-CoV-2 che materiale genetico di cani procione. Non è ancora una prova vera, ma offre uno scenario diverso rispetto a quello sinora studiato. La loro presenza non basta ad una identificazione certa, ma il fatto che fossero presenti un’area molto ristretta fa sorgere più di un dubbio.

Procioni infetti

Affermare in modo definitivo che i cani procioni infetti sono alla base dell’epidemia è azzardato. Necessita approfondimenti. Ora il report verrà analizzato dagli scienziati della OMS per valutarne fondatezza e veridicità. Quello che possiamo dire sin d’ora è che la possibilità del passaggio del virus da animali a uomini è molto più concreto. Una probabilità assai gradita agli scienziati e alle autorità cinesi, messi sotto pressione come possibili “untori”. Tutti i dati raccolti dei DNA degli animali presenti al mercato di Wuhan sono già stati condivisi con gli altri scienziati impegnati nella ricerca.

Altre possibilità

Dopo aver scartato molte altre possibilità gli analisti sono arrivati ad escludere molte variabili, quella dei cani procioni sembra la più plausibile. Forse l’unica che abbia ancora senso studiare. Ovviamente molti altri ricercatori sollevano dubbi sulla qualità di questo lavoro e attendono che la OMS si esprima. I dati non sembrano esaustivi, e il timore è che gli studiosi cinesi cerchino di allontanare ogni tipo di ombra sul loro operato.

Lentezza nel condividere

Pero la Cina non ha mostrato l’apertura che un simile evento imponeva. Non tutte le informazioni sono arrivate immediatamente e rese disponibili alla comunità scientifica, che continua a mantenere forti dubbi. Il gigante cinese ha dapprima cercato di nascondere e confondere e questo ha creato molta cattiva stampa e molto senso di inappagamento in chi stava lottando per bloccare il SARS. Il dubbio che qualcosa di meglio e più rapido potesse essere fatto permane. Covid arrivato dai cani procione?

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Il miele mānuka della Nuova Zelanda

La controversia per ottenere un marchio riconosciuto fallisce.

È una battaglia che si svolge tutta in Oceania quella per il miele ottenuto da una pianta che cresce solo in Nuova Zelanda e Australia. I neozelandesi volevano ottenere un brevetto per essere gli unici ad utilizzare quel nome ma non ci sono riusciti. Erano anni che cercavano di ottenere la loro DOP ma il nome era troppo generico e quindi non poteva essere registrato. Il miele mānuka della Nuova Zelanda

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L’albero del te

Mānuka è il nome di un albero dai piccoli fiori bianchi che in Australia chiamano anche albero del té. Le api che frequentano i suoi fiori producono un te dalle proprietà salutistiche molto ambite. È ritenuto un antibatterico e antimicrobico naturale e per questa proprietà viene venduto ad un prezzo molto alto rispetto ai mieli concorrenti. La battaglia si sposta quindi sul fronte economico, chi potrà utilizzare quella denominazione, anche se generica, ne ricaverà evidenti benefici. È un articolo tra i più apprezzati e desiderati in ambito salutistico. La grande domanda ha fatto aumentare notevolmente il prezzo sul mercato internazionale.

Un articolo destinato a pochi

È un articolo di lusso, destinato ai pochi in grado di spendere cifre molto alte. La valutazione di un vasetto di miele di altissima qualità da 250 grammi, può superare i 2.000 euro. Viene venduto nelle erboristerie e tramite e-commerce. Il miele di manuka previene le infezioni, favorisce anche la digestione, aiuterebbe nella cura della pelle, prevenendo l’acne. Un articolo che ha fatto ingolosire anche la malavita, che vorrebbe prenderne il controllo. Negli ultimi anni si sono moltiplicati episodi sgradevoli con furti, vandalismi, distruzione di arnie o uccisioni di api.

Una parola maori

Mānuka, è una parola Māori, un patrimonio della cultura neozelandese, pertanto, la delusione per non aver la possibilità di essere gli unici ad usare la sua denominazione, è molto cocente. Non intendono demordere, anche se questa sentenza (già la terza) ha creato malumore. La sensibilità Maori verso il rispetto delle proprie tradizioni è fortissima. È un sentimento nazionale che si nutre della storia, del passato e della dignità di un intero popolo.

In Australia festeggiano

In Australia ovviamente festeggiano ed ottenuto lo sdoganamento del nome, ora possono dedicarsi a commercializzare maggiori quantità di miele. Nonostante i costi proibitivi, la domanda internazionale di miele mānuka è sempre più consistente. La sovra-produzione rischia di far abbassare i prezzi, ma agli australiani non importa, puntano ad ottenere il controllo del mercato grazie alla quantità che possono esportare.

La battaglia prosegue

Sembra una battaglia tra dirimpettai, ma in realtà nasconde molto altro. C’è anche il bisogno di una nazione poco popolata come la Nuova Zelanda di tenere alto il proprio “blasone”. I Maori e i loro discendenti sono un popolo fiero, con un’etica basata sulla condivisione di valori. Non perdonano agli australiani le loro radici britanniche e una cultura basata solo sul business. Il miele mānuka della Nuova Zelanda

il miele manuka della nuova Zelanda

Credits: pics from the web

Abitare, Eventi, Marketing

Un tatuaggio di Rembrandt

Un museo di Amsterdam propone un modo innovativo di amare l’arte

Siete fan di Rembrandt e vorreste possedere una sua opera? Nulla di più facile, basta prenotarsi per una visita al “Poor Man’s Rembrandt Project“, per poter avere la possibilità di un tatuaggio davvero speciale. Saranno 4 i tatuatori a disposizione per realizzare sulla vostra pelle un tatuaggio ispirato alle opere del celebre pittore olandese. Un tatuaggio di Rembrandt

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Un successo enorme

Appesa s’è diffusa la notizia c’è stata una corsa a prenotarsi. Per una settimana uno studio di tatuatori si trasferirà all’interno del museo, ma le prenotazioni sono talmente tante che il rischio è di non poter accedere. I disegni tra cui scegliere sono celebri ritratti o soggetti presenti nelle opere di Rembrandt. Sono eseguiti con la tecnica della “punta secca” un metodo caro all’artista che incideva direttamente sulle lastre di stampa con un ago. Lo stesso metodo con cui gli aghi dei tatuatori inseriscono l’inchiostro nella cute.

Voglia di rinnovamento

I curatori del museo vogliono tentare un’azione di avvicinamento ai più giovani con questo escamotage. Vogliono raggiungere un nuovo pubblico e fidelizzarlo. I tatuaggi che sono così alla moda tra i più giovani, possono veicolare anche le opere d’arte e diventare uno stimolo a conoscere ancor meglio l’artista in oggetto. Il costo è molto limitato, tra i 100 e i 250 euro, a seconda della complessità del disegno. È possibile avere anche solo l’autografo di Rembrandt o il logo del museo.

Il vero studio

Il museo è negli spazi che furono la vera casa-atelier-studio dell’artista e questo rende il luogo in qualche modo speciale e d’ispirazione. Il passaggio delle opere dalle mura del museo alla pelle dei visitatori è un esempio di come l’arte possa essere veicolata in modo differente. Chi ama i tatuaggi li colleziona sul proprio corpo, proprio come si fa con le opere d’arte. Ma le opere di Rembrandt sono poche e molto costose, è più semplice averne alcune sottopelle.

Tatuatori fan

I quattro tatuatori sono grandi fan del pittore e della sua tecnica pittorica ed incisoria. La sua capacità con pochi tratti di dare personalità ai soggetti è ritenuta unica. Per questo, hanno accettato la proposta del museo, di trasferirsi dal loro studio per lavorare. L’atmosfera stessa della casa probabilmente aiuterà ad entrare in contatto con l’autore e renderà i tatuaggi veri capolavori. Un tatuaggio di Rembrandt

Credits: Poor man’s rembrandt

Benessere, Enogastronomia

Spugnole tutto l’anno se vengono coltivate

Uno dei funghi più amati e ricercati nella ristorazione disponibile ad ogni stagione.

Le spugnole sono funghi decisamente stagionali, si trovano quasi esclusivamente in primavera. Pero sono molto gustose e i ristoratori le cercano per completare le loro ricette. Crescono soprattutto tra le foglie cadute di alberi cedui come olmi, frassini e meli. Ora è possibili averli a disposizione tutto l’anno grazie ad una coltura indoor. Spugnole tutto l’anno se vengono coltivate.

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Un impianto danese

Viene dalla Danimarca la soluzione che è stata brevettata. Per farle crescere serve un poco di spazio al chiuso dove possano essere controllati alcuni parametri. Innanzitutto l’umidità e la corretta percentuale di anidride carbonica, oltre alle temperature. Ci sono anche altri ingredienti da aggiungere, probabilmente, perché il piccolo miracolo avvenga, ma non tutto è svelato. La produzione è di circa 10 chili per metro quadrato.

Condizioni ideali per ricreare l’habitat perfetto

La coltivazione in spazi definiti consente di avere raccolto per tutto l’anno. A differenza dei loro fratelli selvatici hanno anche ulteriori vantaggi. Sono puliti, non presentano parassiti e insetti oltre alle lumache che sono assai golose di spugnole e le attaccano. La spugnola ha un grosso pregio nell’ottimo gusto, ma ha un problema, la sua cappella rugosa e piena di cavità, raccoglie le impurità. Ne consegue che sarebbe necessario lavarli, ma a contatto con l’acqua perdono di qualità e consistenza. Sono anche particolarmente delicati per quanto riguarda l’esposizione al sole che li secca rapidamente.

Costi piuttosto bassi per produrli

Il costo di un impianto per farli crescere è relativamente basso, simile a quello degli impianti per produrre gli champignons o altri funghi bianchi. Il prezzo invece è molto rilevante. Le spugnole fresche vengono vendute attorno ai 100 euro al chilo, mentre quelle essiccate possono arrivare a 400 euro al chilo. Sono funghi relativamente piccoli, tra 8 e 12 cm di altezza e hanno una colorazione che varia su tutta la gamma dei marroni, dalla crema fino al cacao.

Anche l’erba è una variabile

I biologi danesi hanno sperimentato molte formule ed hanno trovato quelle più facili da coltivare. Preferiscono quelle dai colori scuri, che sembrano crescere molto bene al chiuso. Hanno anche scoperto che il terriccio in cui vengono coltivati, stimola la produzione di nuovi miceli se c’è la presenza di erba. L’hanno aggiunta nelle vasche dove svolgono la produzione ed i risultati sono stati molto soddisfacenti. I funghi sono difficili da coltivare al chiuso, ma il loro sistema funziona e rende. Spugnole tutto l’anno se vengono coltivate.

Spugnole tutto l'anno se vengono coltivate

Credits: Pixabay

Abitare, Benessere

DNA raccolto in acqua e aria

Un problema etico importante, nessun limite alla rintracciabilità personale?

Dopo le innumerevoli polemiche relative alle strutture per il riconoscimento facciale, arriva un’altra notizia inquietante. Anche il nostro DNA può essere rintracciato e riconosciuto dalle microscopiche tracce che rilasciamo in aria e acqua. Saliva, sudore o la semplice desquamazione della nostra cute sono mezzi che possono essere utilizzati a discapito della nostra privacy. DNA raccolto in acqua e aria

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Etologi indagatori

Un gruppo di etologi che stava studiando malattie di alcuni animali in difficoltà, ha scoperto che era semplice raccogliere dati relativi a queste specie, nel loro habitat. Hanno potuto riconoscere le problematiche legate alla loro salute, le loro mutazioni genetiche, la provenienza ed altre informazioni. Il progetto ha una valenza molto positiva, studiare la fauna senza entrare direttamente a contatto invadendo il loro territorio e le loro abitudini.

Eticamente discutibile

Però ha sollevato un importante problema etico. Se questo metodo fosse applicato anche agli umani, sarebbe possibile evitare che la loro privacy fosse violata? Hanno svolto una ricerca in acque marine, in acque di fiumi e spiagge sabbiose. In tutte le rilevazioni hanno trovato DNA umano e lo hanno potuto utilizzare per scansionarlo e trovare informazioni. Molte, troppe informazioni, comprese quelle sanitarie, le più intime e riservate.

DNA raccolto in acqua e aria

Troppe informazioni a disposizione

Un dato ha spaventato i ricercatori, aver individuato tra quei DNA, una malattia che potrebbe rivelarsi letale. Una informazione che potrebbe salvare la vita a chi ne venisse in possesso dell’interessato, ma anche una notizia troppo privata per essere diffusa. La massa di notizie si è rivelata molto più ampia di quanto immaginato, ed ha suscitato timori di un uso improprio. Ed è proprio questo il limite. Fin dove possiamo spingere la nostra ansia di conoscenza, anche scientifica, a scapito della sicurezza personale.

Tracciato DNA anche solo nell’aria

L’esperimento è stato ripetuto più volte, in aree diverse. In un caso i dati sono stati raggiunti semplicemente scansionando l’aria di una clinica per tartarughe. Anche in quel caso è stato possibile rintracciare tracce di DNA, che sono state raccolte anche se erano solo nell’aria. L’esperimento, ripetuto anche in Europa, sulle sponde di un torrente irlandese, ha dato gli stessi esiti. Le tracce sono state rinvenute per tutta la lunghezza del fiumiciattolo, tranne nel tratto della sorgente. Solamente su un isolotto disabitato non sono state trovati segmenti di DNA sufficienti per le rilevazioni.

Materiale troppo delicato

I dati ottenuti sono materiale delicato che qualcuno potrebbe utilizzare in modo disdicevole. Conoscere in anticipo le possibilità che una persona possa sviluppare malattie e disabilità è un grave condizionamento nel mondo del lavoro. Potrebbe causare una selezione preventiva, contraria a qualsiasi principio etico e morale. Sperare che nessuno agisca in quel senso, forse è troppo da ingenui. Ci sono tutti i motivi per essere preoccupati.

Cinesi all’avanguardia nel controllo

In Cina sono già state svolte ricerche genetiche sulle minoranze etniche e religiose come Uiguri e Tibetani. Per noi europei sarebbero già delle pesanti violazioni dei diritti civili. Ma in Cina non si fanno scrupoli e stanno cercando, del resto, di imporre il loro sistema di controllo facciale in tutto il mondo. Serve una moralizzazione che impedisca una ennesima invasione della privacy, ma questo è delegato alla politica. DNA raccolto in acqua e aria

DNA raccolto in acqua e aria

Credits:Pixabay

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Omofobia Bifobia Transfobia

Giornata mondiale contro i pregiudizi

Omofobia definisce l’intolleranza, l’odio e la paura nei confronti delle persone non eterosessuali. Il suffisso fobia indica il limite personale e i timori nell’affrontare una situazione, ed è spesso causato da un pregiudizio. Nessuno nasce omo-bi-trans-fobo, è l’ambiente culturale o familiare a costruire queste difficoltà che sfociano in disagio, paura, disgusto, rabbia e che possono portare a reazioni violente. Omofobia Bifobia Transfobia

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Educazione e luogo

Molto dipende dal tipo di educazione, dalla vicinanza alla Chiesa e dal luogo in cui si cresce. L’ingerenza determinante della cultura cattolicaimpone” parametri sessuali che influenzano anche la politica e rendono difficile raggiungere gli stessi diritti. La difficoltà per approvare il decreto Zan, ne è una prova tangibile. La morale cattolica è volta all’accoglienza ma solo se gli omosessuali, i bi e trans rinnegano la loro personalità e gusti sessuali. Posizioni insostenibili per raggiungere la parità.

Violenza e azioni intimidatorie

Solo nell’ultimo anno in Italia si sono superati i 160 casi di atti violenti o discriminatori nei confronti di omo, bi e transessuali. La nostra nazione è una delle più omofobe, nelle classifiche internazionali veniamo inseriti al 22° posto in UE, e al 34° a livello mondiale. Posizioni decisamente di rincalzo, indegne di una società civile e moderna, come ci crediamo di essere. Anche sul posto di lavoro sono molte le persone che vengono discriminate per la loro sessualità.

Messaggi ambigui

I media più o meno consapevolmente, trasmettono messaggi che possono aumentare il livello di omofobia. La censura che annulla o rende poco visibili le scene di sesso omosessuale, senza nudi e compresi innocenti baci, è un mezzo per aumentare la discriminazione. Ne ha fatto le spese anche la pubblicità, quasi solo gli spot che giungono da paesi più aperti non vengono censurati. La mancanza di modelli omosessuali positivi crea una condizione di difficoltà per i più giovani. L’incidenza percentuale di suicidi tra gli adolescenti che si scoprono gay è molto alta, soprattutto se crescono in ambienti con forte valenza cattolica.

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Accuse ingiustificate

Viene concessa troppo spesso un’accusa che non è supportata dai fatti. Gli omosessuali vengono equiparati ai pedofili, uno stigma durissimo da abbattere, che però non corrisponde alla realtà. I pedofili sono al 95% eterosessuali, e sono proprio molti dei religiosi pronti a schierarsi con anatemi ad avere il problema più vistoso. I casi dichiarati in seminari e collegi religiosi sono la maggioranza di quelli rilevati.

Pessima la situazione scolastica col nuovo governo

Col nuovo governo si è immediatamente notata una decisa inversione di marcia nei confronti dell’educazione scolastica. Il problema viene semplicemente annullato e dimenticato. La usuale comunicazione a tutte le scuole per una particolare attenzione alla giornata mondiale contro l’omo-bi-transfobia non è stata inviata. I ministri Roccella e Valditara accusano l’opposizione di fare cagnara per aumentare la divisione. Mentre le posizioni retrograde di associazioni reazionarie respingono ogni tipo di intervento nelle scuole etichettandole come “inutili eventi gender nelle aule”.

Posizioni di retroguardia

Sono posizioni di chi si arrocca in un mondo fantastico, dove nessun messaggio possa giungere ai “loro” figli e traviarli. È ancora la paura del cambiamento a rendere, alcune persone vincolate a principi, spesso religiosi, ostili a tutto ciò che possa essere legato al mondo LGBT. Questi timori e chiusure mentali, sfociano in sentimenti omofobici, che rendono molto complicate le vite di omo-bi-trans. Buona giornata mondiale contro l’omo-bi-trans-fobia a tutti, il paese ha bisogno di migliorare i rapporti tra società civile ed autorità. Le recenti immagini di un carabiniere che ha sposato il suo compagno in alta uniforme, hanno scatenato una serie di messaggi negativi e violenti che si possono comprendere solo come frutto di timori e paure. Sono questi messaggi a dare la vera misura di quanto l’Italia sia omofoba. Omofobia Bifobia Transfobia

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Abitare, Benessere, Enogastronomia

Quanto fa bene il pesce a tavola

È una convinzione sempre più accertata dagli italiani

Un italiano su tre lo consuma regolarmente, molto meno di quanto auspicato, ma comunque un buon dato. Lo considerano un alimento salubre e che contribuisce a variare i menù. In molte aree del paese è parte integrante dei regimi e delle abitudini alimentari. C’è solo uno sparuto 2% che non lo mangia mai e di solito lo fa per scelte che riguardano il gusto. Quanto fa bene il pesce a tavola

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1 volta a settimana

Oltre il 40% consuma pesce solo 1 volta a settimana, mentre il 12% lo immette nella propria routine alimentare ogni 2 settimane. Sono abbastanza pochi coloro che lo cucinano e consumano almeno due volte a settimana, talvolta tre. Purtroppo il tipo di pesce privilegiato non è mediterraneo e selvaggio. L’orata è la tipologia preferita, seguita dal salmone, dal nasello e dal merluzzo.

Naturale e povero

Il pesce più consumato è quello allevato o pescato nei mari nordici. La richiesta di un cibo salutare e buono cozza con la richiesta di pesce “naturale e povero” come il pesce azzurro di origine mediterranea. Pesce che non resta in mare troppo a lungo come branzini, saraghi, orate, trote, rombi, sogliole, o altri di grandi dimensioni. Il Mediterraneo è sempre meno pescoso è la taglia del pescato è inferiore rispetto a pochi anni fa. Urge incrementare la conoscenza di altre specie altrettanto gustose e meno care.

Quanto fa bene il pesce a tavola

Facile da cucinare

Uno degli aspetti che i consumatori tengono maggiormente in conto è la facilità di preparazione. È il trionfo del surgelato in tranci, pronto per andare in forno o padella senza perder tempo ad eviscerarlo o pulirlo. Molto amati anche i piatti a base di prodotti pronti per andare in pastella e frittura, o alla griglia, calamari, gamberoni, gamberi rossi. Apprezzatissime le cozze, i lupini, le vongole veraci mentre spopola il polpo e sono sempre più amate le alici.

Consumi molto regionali.

Il pesce viene consumato in modo molto diverso sul territorio nazionale, con ampi squilibri tra nord e sud. Probabilmente dovuti alle ricette e tradizioni culinarie legate alla vicinanza dei luoghi di pesca. Ma l’incremento dei surgelati ha in buona parte ridotto il gap delle regioni del nord che riescono ad approvvigionarsi più difficilmente di pesce fresco. In epoche di crisi economica, il pesce col suo costo elevato, resta appannaggio soprattutto dei big spender.

Salute primo motore

La prima motivazione che spinge ad acquistare pesce è la necessità di incrementare la salubrità di ciò che viene offerto a tavola. Molto consumato nelle famiglie con bambini per la convinzione che faccia bene ed aiuti lo sviluppo cerebrale. La sostenibilità è anch’essa un fattore, il pesce è messo in contrapposizione alle carni rosse, che godono di cattiva stampa recentemente. Gli allevamenti ittici non sono meno inquinanti ma questo non ha ancora raggiunto gli apici negativi di allevamenti di bovini e suini.

Quanto fa bene il pesce a tavola

Rivalutare le piccole taglie

Sono molte le specie meno conosciute ma altrettanto buone e che non rischiano di impoverire ulteriormente il Mediterraneo. L’intero ecosistema marino richiede scelte più accurate ed oculate. Rigettare in mare le specie che sul mercato non hanno attrattiva perché meno conosciute, non è il modo migliore per proteggerlo. L’impegno dovrebbe essere quello di far conoscere meglio le qualità di pesci meno noti. Una campagna informativa in tal senso, dovrebbe essere uno degli impegni più importanti del ministero.

Pesce al ristorante

La situazione non muta molto per il pesce più richiesto al ristorante dagli italiani. Cozze, polpi, calamari, vongole e lupini sono tra i più amati. Legati alle ricette tradizionali più che alla freschezza e alla disponibilità del pescato del giorno. Gli italiani non amano “rischiare” al ristorante, chiedono quasi sempre gli stessi piatti e si fanno consigliare dagli amici e dai conoscenti per la scelta dei luoghi “giusti”. C’è una leggera crescita di ordinazioni di pesce al ristorante, varrebbe la pena di tentare di spingere a scegliere qualcosa che non sia usuale. L’incremento maggiore è nelle giovani generazioni. Quanto fa bene il pesce a tavola

Quanto fa bene il pesce a tavola

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